FALCO, Mario
Nacque a Torino l'11 marzo 1884 da Achille, torinese, commerciante, con interessi anche in Estremo Oriente, e da Annetta Pavia, di Casale Monferrato. Secondogenito dopo Emma e primo dei fratelli Guido, Gino e Giorgio - lo storico della Santa Romana Repubblica - tutti nati tra il 1883 e il 1888, crebbe nella Torino gozzaniana descritta con tanta efficacia dal (di poco) più giovane A. C. Jemolo nelle pagine di Anni di prova, studiando al liceo classico "M. d'Azeglio" e poi alla facoltà di giurisprudenza, dove si laureò, il 7 luglio 1906, con una tesi in diritto ecclesiastico, relatore Francesco Ruffini. Sulle orme del maestro che si era recato a perfezionarsi in diritto canonico e in diritto ecclesiastico statuale a Lipsia con E. Friedberg, il F. studiò nella stessa università con U. Stutz, il quale, in quegli anni, veniva costruendo la sua teoria della "spiritualizzazione" del diritto canonico e sviluppando la tesi, che il F. adotterà, della separazione, sul piano didattico, della storia dal sistema del diritto ecclesiastico.
Assistente all'istituto giuridico dell'università di Torino, primo a voti unanimi nel concorso di diritto ecclesiastico del 1910, salì giovanissimo sulla cattedra di tale disciplina nell'università di Macerata il 31 genn. 1911, per poi passare a quelle dell'università di Parma (dal 20 nov. 1912) - dove raggiunse nel 1915 il grado di ordinario - e dell'università statale di Milano (dal io ott. 1924). In queste sedi insegnerà anche, per incarico, successivamente storia del diritto italiano, istituzioni di diritto romano, legislazione comparata, storia del diritto romano, diritto coloniale e diritto canonico (Milano, Archivio d. Università, Stati matricolari e di servizio, fasc. Falco Mario). Il 14 dic. 1938 era dispensato dal servizio in applicazione delle leggi razziali (Boll. uff. d. Min. d. Educazione nazionale) n. 15, 11 apr. 1940) e, nel gennaio successivo, gli venne liquidata la pensione. Risulta iscritto al Partito nazionale fascista dal 31 luglio 1933.
Il 7 giugno 1922 il F. aveva sposato la ferrarese Gabriella Ravenna, nata il 3 maggio 1897; a Parma, il 28 apr. 1923 era nata la primogenita, Anna Marcella, e a Milano, il 28 genn. 1929, la seconda figlia Graziella.
Il matrimonio lo inserì in un ambiente ebraico diverso da quello più "liberale" del Piemonte: la moglie Gabriella era figlia di Celina (detta Marcella) Padoa, veneziana ma originaria di Cento, e di Felice Ravenna (figlio di Leone, presidente degli avvocati della città e rabbino onorario), avvocato anch'egli, esponente di grande rilievo dell'ebraismo nazionale, primo presidente della Federazione sionista italiana (N. Sokolow lo vorrà incontrare a Roma, nell'aprile del 1917, prima di essere ricevuto dal card. P. Gasparri e da Benedetto XV), presidente del Consorzio "volontario" della comunità e poi, dopo i decreti del 1930 e 1931, sulle Comunità israelitiche e sull'Unione, presidente dell'Unione delle comunità israelitiche italiane dal 1931 al 1937. I Ravenna, ebrei osservanti, aperti all'idea sionista e di elevata posizione sociale, appartenevano all'alta borghesia ferrarese come quei Magrini che Giorgio Bassani ha rappresentato nella famiglia Finzi-Contini, dando, nel ben noto romanzo, il quadro completo di una realtà, la società israelitica locale, nei suoi costumi e nel suo linguaggio, nei suoi complessi rapporti e nella sua cultura, nei suoi drammi interiori e nel suo serrarsi insieme di fronte all'assedio delle discriminazioni e persecuzioni che colpiranno lo stesso F., privandolo della cattedra.
Quelle stesse persecuzioni lo porteranno, dopo qualche anno, a spegnersi per una malattia cardiaca il 4 ott. 1943, nella casa di alcuni contadini dei Ravenna in Alberone di Ro (prov. Ferrara), dove si era rifugiato, con la famiglia, dopo l'8 settembre.
"Morì di dolore", scriverà Cesare Magni ricordandolo ai lettori di Temi (n.s., I [1945], 1, pp. 194 ss.). Al suo funerale quasi clandestino, due giorni dopo, mancava il rabbino, ricercato, ed erano assenti tutti i maschi Ravenna. La moglie e le figlie, dopo un avventuroso viaggio a Roma, troveranno fraterno, ma rischioso rifugio nella casa romana della famiglia Jemolo fino alla liberazione della città. Di lì proseguiranno, nel 1946, per la Palestina. La suocera, in fuga verso il Nord, verrà arrestata dai Tedeschi a Verona agli inizi di dicembre e deportata nei campi di sterminio.
Eppure proprio il F. e Felice Ravenna, in una singolare combinazione politica e familiare - dopo i primi colloqui del '27 tra Mussolini e il rabbino maggiore di Roma, Angelo Sacerdoti - erano stati i protagonisti, rispettivamente da parte del governo fascista e del Consorzio delle comunità ebraiche, delle trattative per sistemare i rapporti degli ebrei italiani con lo Stato all'indomani della conciliazione con il Vaticano, e in pratica gli autori sia del r.d. 30 ott. 1930, n. 1731 - che conteneva le norme sulla costituzione della comunità e sull'organizzazione dell'ebraismo italiano - sia dei r.d. 24 sett. 1931, n. 1279, che approvava l'elenco delle Comunità riconosciute, e 19 nov. 1931, n. 1561, che costituiva il regolamento di applicazione del r.d. 1731 del 1930.
Infatti, dopo un incarico ufficiale al F. nel '21 di "condurre innanzi la pratica per l'unione delle Comunità" (il F. a F. Ravenna, 23 giugno 1921, Carte Falco) e dopo una prima fase di studio nel 1927, affidata dal Consorzio ad una commissione composta dal F. e dagli avvocati Giulio Foà e Angelo Sullam, e successivamente alla presentazione, il 25 nov. 1928, da parte del presidente del Consorzio, Angelo Sereni, di un promemoria, redatto dal F., con le richieste delle Comunità israelitiche, il guardasigilli Alfredo Rocco nominava, il 22 marzo 1929, una commissione incaricata di predisporre un disegno di legge per la riforma e la unificazione delle norme sulle università israelitiche.
Presieduta dal sen. Adolfo Berio e composta dal F., come professore di diritto ecclesiastico dai rappresentanti dei ministeri della Giustizia N. Consiglio, e degli Interni G. Raimoldi, nonché dal rabbino maggiore Angelo Sacerdoti e dall'avvocato Angelo Sereni, in rappresentanza degli ebrei italiani, la commissione terminò i lavori nell'ottobre del 1929 presentando uno schema di provvedimento legislativo ed una relazione, redatta anch'essa dal Falco. Avvalendosi della delega per rivedere la legislazione sui "culti ammessi" contenuta nella legge 24 giugno 1929, n. 1159, il governo, accogliendo le proposte della commissione, emanava le ricordate norme sulle Comunità israelitiche e sulla Unione destinata a "curare e tutelare gli interessi generali degli israeliti" italiani. Primo presidente dell'Unione sarà il suocero del F., l'avvocato Felice Ravenna.
Presentando la nuova legislazione in una serie di conferenze del 1931 a Milano, Ferrara, Modena, Trieste e Torino (in questa città alla presenza del suo maestro, Ruffini, che aveva manifestato qualche perplessità su alcune disposizioni), il F. ne metterà in evidenza i punti fondamentali e confuterà i giudizi critici di carattere politico, contestando sia che lo Stato italiano avesse "carattere cattolico", sia che esso avesse imposto agli ebrei "contro la loro volontà, il nuovo ordinamento", sia che avesse creato, comunque, "una distinzione di razza che già prima non esistesse", sia che intendesse "utilizzare gli ebrei per la propaganda italiana nel bacino del Mediterraneo".
Rivendicherà, invece, la piena rispondenza della normativa ai principi così della libertà collettiva del culto, come della libertà della coscienza individuale, concludendo, "con franche parole, ebreo ad ebrei": "abbiate coscienza del vostro essere; adempite i vostri doveri; esercitate i vostri diritti; vivificate la lettera della legge con lo spirito; fate che essa sia, come noi l'abbiamo tenacemente voluta", un'arma di difesa "contro le forze disgregatrici dell'indifferenza e dell'assimilazione, uno strumento possente per la conservazione ed il progresso dell'ebraismo, per il conseguimento dei supremi ideali di Israele" (M. Falco, Lo spirito della nuova legge, pp. 17-22).
Sette anni dopo le leggi razziali vanificheranno le sue speranze, lo priveranno della cattedra, lo emargineranno dalla professione (potrà solo preparare delle memorie per amici avvocati come Edoardo Ruffini - che aveva, da parte sua già perso la cattedra di storia del diritto italiano per aver rifiutato, insieme col padre Francesco, il giuramento di fedeltà al regime - e come Piero Calamandrei) e lo escluderanno da ogni attività editoriale.
Jemolo ha voluto far riferimento, nel XXV anniversario della sua scomparsa, ai "voltagabbana, ai professori ed avvocati che, amici od allievi devoti fino al giorno prima, fingevano di non vederlo incontrandolo per via, agli ebrei che cercavano ascendenti ariani" e ricordare di avergli fermato una lettera "bellissima letteralmente e sdegnatissima, scritta ad un alto magistrato che dirigeva una enciclopedia giuridica la quale aveva sì stampato [dopo il '38] una sua voce preparata da gran tempo, ma omettendo la firma" (A. C. Jemolo, M. F., p. 667).
Sempre in relazione al rapporto degli ebrei italiani con la "patria" e, poi, con il regime fascista, si può ancora ricordare che il F. fu interventista e prese attiva parte alla grande guerra prima come sottotenente di complemento del genio (50° reggimento, minatori), poi come maggiore di complemento nel corpo della giustizia militare (avvocato militare della 9ª armata).
Se, in queste ultime funzioni, riuscì a salvare la vita a due soldati condannati a morte dopo l'annuncio dell'armistizio, come tenente del genio aveva pubblicato a Torino nel 1917un volumetto dal titolo Doveri e diritti del soldato. Manuale per gli allievi caporali, per facilitare la "compiuta e perfetta conoscenza dei regolamenti", ma anche la loro "assoluta padronanza" in modo da poterli far "penetrare nelle menti dei giovani che entrano nell'esercito", in quanto possedere le norme che riguardano la disciplina e il servizio militare è, a suo avviso, altrettanto importante della "preparazione tecnica, l'addestramento alla battaglia". Un modello di chiarezza e di precisione che travasava la "routine della vita militare in concetti giuridici impeccabili" (A. C. Jemolo, M. F., p. 665).
Secondo testimonianze familiari, tra il dicembre 1942 e l'estate del '43, il F. avrebbe collaborato, per il tramite di Giorgio Fuà, con Adriano Olivetti alla preparazione di un progetto di costituzione per l'Italia libera. Tra il 1910 e il 1938 fu in diretto rapporto con Benedetto Croce - che aveva non poco influito sulla sua formazione soprattutto in materia di concetti giuridici, un rapporto della cui intensità testimonia anche una lettera di Croce a Gentile del 4 luglio 1916 (B. Croce, Lettere a G. Gentile, Milano 1981, pp. 519-520) e che si mantenne vivo, con regolare scambio di lettere, fino all'inizio degli anni Quaranta. È assai probabile anche che, attraverso il fratello Giorgio, abbia avuto relazioni con storici come F. Chabod e C. Morandi che Ernesto Sestan ricorda nelle vivissime pagine dedicate all'amico e collega torinese (E. Sestan, Scritti vari, III, pp. 405-429).
Non vastissima la produzione del F. - circa 90 titoli costituiscono la sua bibliografia ma non solo spaziante in molti campi dalla teoria generale del diritto alla storia del diritto canonico, dal diritto ecclesiastico italiano e tedesco al nuovo diritto della Chiesa cattolica -, e sempre assillata dalla necessità della perfezione, bensì segnata da alcuni contributi fondamentali, che restano, ancor oggi, validi punti di riferimento se nel 1992 si e ristampata (Bologna, Il Mulino) la sua basilare Introduzione allo studio del Codex iuris canonici, apparsa a Torino nel 1925, e se il suo Corso di diritto ecclesiastico vide, tra il 1930 e il 1938, ben quattro edizioni. Tra le principali tematiche affrontate vanno menzionati gli studi dedicati al regime della proprietà ecclesiastica e al suo riordinamento nel diritto italiano e in quello tedesco (Il riordinamento della proprietà ecclesiastica. Progetti italiani e sistemi germanici, Torino 1910; La comunità ecclesiastica bavarese, ibid. 1915), i vari scritti dedicati alle disposizioni "a favore dell'anima", la prolusione parmense su Il concetto giuridico di separazione della Chiesa dallo Stato (ibid. 1913) e il discorso su La politica ecclesiastica della Destra (ibid. 1914), dedicati al discusso tema dei concetti giuridici, ma anche, come pure il volumetto Le prerogative della S. Sede e la guerra (Milano 1916), rilevanti nel dibattito di politica ecclesiastica. Al matrimonio, pre- e postconcordatario, dedicò non poche ricerche, come pure alle complesse questioni delle decime - con studi esemplari come quelli sui "quartesi" nel Veneto, Ilquartese della parrocchia di Grisolera: contributo allo studio dei quartesi del Veneto (Padova 1936) - e agli accordi lateranensi che furono anche oggetto di una conferenza ad Oxford nel '34 (The legal position of the Holy See before and after the Lateran agreements, Oxford 1935); oltre ai molti studi minori in materia di enti ecclesiastici, di Ordini religiosi, di diritto processuale e commerciale - tra i quali lo scritto Le fonti del diritto commerciale della Città del Vaticano (Città di Castello 1930) - e di storia del diritto canonico, vanno segnalate le molte ed organiche ricerche sulla condizione giuridica degli ebrei e dell'ebraismo collegate alla ricordata opera di preparazione della normativa sulle Comunità israelitiche, nonché alcuni scritti di argomenti più specificamente "ebraici" come le Parole di un ebreo italiano (Torino 1920).
Sicuramente influenzato dall'impostazione metodologica e dagli ideali "ottocenteschi" del suo maestro, Francesco Ruffini, al quale lo legò un lungo, intenso e devoto rapporto d'amicizia, e del quale raccoglierà, nel 1936, in due volumi, gli Scritti giuridici minori (Milano 1936), il F. si caratterizza, soprattutto nei molti scritti di minore mole, per una costante e rigorosa attenzione al criterio positivo ed esegetico.
Ma le opere nelle quali il F. dà sicuramente il meglio della sua speculazione, non irrelata, però, dalla prospettiva dell'insegnamento al più alto livello, sono il Corso di diritto ecclesiastico, in due volumi, stampato a Padova in ben quattro edizioni, costantemente rivedute, ampliate e aggiornate, tra il 1930 (prima ediz.) e il 1938 (quarta ediz. riv. e ampliata) e la fondamentale Introduzione allo studio del Codex iuris canonici, che rappresentò il primo originale e integrale approccio di un giurista "laico" alla codificazione del diritto della Chiesa cattolica latina del 1917 e che si collocò immediatamente tra le più importanti "guide" alla nuova legislazione canonica dedicate dai giuristi europei a quella che fu, certamente, una svolta profonda nell'ordinamento ecclesiastico.
Se, come è stato osservato, il Corso appare, anche per la stringatezza delle premesse e delle valutazioni di carattere generale, "un testo quasi esclusivamente dedicato all'esposizione della normativa", e se tale impostazione è certamente "coerente con le convinzioni scientifiche dello studioso piemontese", non va escluso che il F., come altri non pochi giuristi attivi durante il ventennio, da un lato intendesse ridurre al minimo "apprezzamenti" e "sguardi d'insieme" che "avrebbero inevitabilmente costretto a prendere atto dei motivi ideali che avevano guidato il legislatore liberale", dall'altro volesse evitare, mantenendosi ad un livello essenzialmente esegetico di trattazione, di avventurarsi in valutazioni della politica ecclesiastica del fascismo con il rischio di coinvolgimenti - resi più delicati dalle funzioni svolte dall'autore nella predisposizione della normativa "israelitica" - o, quanto meno, di consensi impliciti - di cui abbondava la dottrina ecclesiastica "cattolica" - alla politica religiosa di un regime che, come aveva denunciato in tante occasioni il suo maestro Ruffini, era responsabile della violazione e poi della soppressione di tutti i diritti di libertà. Anche nel caso del F., quindi, "il tecnicismo giuridico si prestava ugualmente bene ad occultare il proprio assenso alle premesse ideologiche del dato normativo che ad organizzare una linea difensiva contro interpretazioni imperniate su uno spirito della legge che non si condivideva" (S. Ferrari, Ideologia e dogmatica nel diritto ecclesiastico. Manuali e riviste (1929-1979), Milano 1979, pp. 147 ss.). Nonostante, inoltre, l'adozione dello schema didattico tradizionale dei manuali di diritto ecclesiastico - persone/enti/patrimonio/matrimonio -, con progressiva espansione nelle successive edizioni della parte dedicata al diritto matrimoniale anche come terreno di "incontro-scontro" tra Stato e Chiesa, è stato messo in luce che, pur in termini effettivamente ristretti, permane nel Corso del F. "una preoccupazione per le libertà individuali, a quei tempi non troppo comune" e, comunque, assente nei corsi di altri docenti più inclini ad evidenziare i profili istituzionalistici della disciplina" (ibid., pp. 150, 214 s.). Costante, comunque, la preoccupazione di dare ai concetti giuridici, specialmente nella parte dedicata al diritto statuale, "la stessa precisione che essi sono venuti acquistando negli altri rami del diritto pubblico" anche per situare la disciplina, in molte università allora insegnata da docenti di altre materie, al giusto e rigoroso livello che le competeva grazie anche agli sviluppi istituzionali e dogmatici prodotti dal nuovo sistema di rapporti tra Stato e Chiesa, da un lato, e dalla codificazione del diritto canonico dall'altro (Corso, I ediz., pp. VII s.).
A quest'ultimo tema il F. aveva, invece, dedicato, qualche anno prima, l'ampia ed organica Introduzione al codice di diritto canonico promulgato il 27 maggio 1917 da Benedetto XV. Un volume che Jemolo giudicava "opera indispensabile, unica nella letteratura giuridica italiana, mentre poche le fanno raffronto (e direi che la nostra primeggi) in quella di altri paesi" (A. C. Jemolo, necrol. in Riv. di diritto privato, [1943], p. 260) e che è stata recentemente ancora considerata "un essenziale punto di riferimento per chi intenda impegnarsi nello studio di questi problemi in quanto, oltre ad offrire un'ampia e accurata ricostruzione del processo di formazione della prima codificazione, ne prospetta una valutazione critica che merita tuttora molta attenzione" (G. Feliciani, M. F. e la codificazione, in M. Falco, Introd. allo studio del "Codex iuris canonici", a cura di G. Feliciani, Bologna 1992, p. 15).
Se appare scontato il collegamento con la parallela opera di U. Stutz, Der Geist des Codex iuris canonici, apparsa a Stoccarda nel 1918, anche alla luce dei menzionati rapporti tra i due studiosi, la posizione del F. nei confronti della codificazione appare del tutto originale non solo perché "secondo il canonista italiano la codificazione andava considerata come il passaggio decisivo verso la equiparazione del diritto canonico alle altre scienze giuridiche", ma anche per l'adozione di criteri strettamente giuridici che la distingue nettamente dai "commentari", che si diffonderanno nel corso degli anni Venti, consacrando la "nuova dignità raggiunta, agli occhi dei giuristi laici, dal diritto della Chiesa" (R. Astorri, L'Introduzione del F. nel dibattito sulla codificazione, in Falco, Introduzione..., 1992, pp. 51 s., 67 s.). Attenta alla storia del processo di codificazione, alla sistemazione del codice e al suo rapporto con il diritto anteriore, l'opera si articola in una serie di successivi capitoli dedicati alle fonti di produzione, ai soggetti, ai diritti soggettivi e agli atti giuridici, allo stato clericale, religioso e laicale, agli uffici e al magistero, al matrimonio, alle cose sacre e ai beni ecclesiastici, al diritto penale e ai procedimenti giudiziari e disciplinari, per concludersi con pagine penetranti ed ancora valide sul carattere e il valore del codice canonico. Giudicata negativamente, in genere, dalle riviste cattoliche italiane - la Civiltà cattolica (LXXVI [1925], 2, p. 446) lamenterà la "mancanza di una soda formazione canonica e teologica" e la rivista Studium aggiungerà che l'autore ha preso il partito di "rendersi ipercritico passionale" (S. Biccari, in Studium XXII [1926], I pp. 158-164) - l'Introduzione sarà molto apprezzata dalla canonistica cattolica belga. Oltre al giudizio complessivamente positivo di F. Claeys Bouuaert sulle Ephemeridès theologicae Lovanienses (III [1926], pp. 89-92), il canonista J. Creusen scriverà sulla Nouvelle Revue théologique (LV [1928], p. 613) che le migliori introduzioni allo studio del Codex erano dovute a due giuristi laici, il tedesco Stutz é l'italiano F., il primo dei quali - osservava - non era neppure... cattolico.
Tra gli scritti del F., oltre a quelli segnalati nell'elenco di pubblicazioni riportato in calce a L. Scavo Lombardo, M. F., in Il Diritto ecclesiatico, LIV (1943), pp. 332 s., citati nel testo, vanno aggiunti tra quelli di argomento ebraico: In memoria degli ebrei della Comunità di Torino caduti in guerra, Torino 1921; Il nuovo ordinamento delle Comunità israelitiche italiane, estratto da Israel, 20 genn. 1931; Lo spirito della nuova legge sulle Comunità israelitiche italiane, in La Rassegna mensile di Israel, VI (1931), 1-2, pp. 3-22; Sulla condizione giuridica delle minoranze religiose in Italia, estratto da Israel, 13 sett. 1934; Necrologio di Angelo Sacerdoti, s. n. t. Tra gli scritti giuridici: recensione a F. Ruffini, Perché Cesare Baronio non fu papa, in Archivio della R. Società romana di storia patria, XXXIV (1910), pp. 545 ss., Sul principio della irretroattività della legge, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, VII (1917); I militari ed i termini processuali perentori, ibid., IX (1919); Sull'apertura di credito confermato, ibid., XII (1922); Sui giudizi di commutazione in denaro di decime in natura, in Temi emiliana, I (1924); Noterelle di giurisprudenza, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, XVI (1926); La fase più recente del movimentoper la tutela della proprietà scientifica, ibid., XX (1930); Il conferimento dei benefici ecclesiastici secondo il diritto vigente e secondo il disegno di riforme della legislazione ecclesiastica, in Rivista di diritto pubblico e e della pubblica amm. in Italia. La giustizia amministrativa (1927); Errore sulle qualità o condizione improprie non verificate?, in Giurisprudenza italiana (1933); F. Ruffini, in Rivista di filosofia (1934); F. Ruffini, in Rivista di diritto civile, IV (1934); Le disposizioni relative alla materia ecclesiastica nel progetto del terzo libro del Codice civile, Milano 1937; Parere sul patrimonio di tre chiese parrocchiali palatine (con introduz. di A. C. Jemolo), in Il Diritto ecclesiastico, 1967).
Fonti e Bibl.: Necrol., in Il Diritto ecclesiastico, LIV (1943), pp. 331 ss.; in Temi emiliana, XX (1943), 2, p. 133; in Temi, n.s., I (1945), 1, pp. 194 ss.; in Rivista di diritto privato, XIII (1943), pp. 1, pp. 258-261; Milano, Archivio d. Università degli studi, Stati matricolari e di servizio, fasc. "Falco prof. Mario"; presso la famiglia a Milano: Carte Falco; Roma, Archivio storico Unione d. Comunità ebraiche italiane, Fondo Attività dell'Unione, busta 25(a)-(b); Roma, Archivio centrale dello Stato, Pres. del Cons. dei min., Atti 1930-33; Boll. ufficiale del Ministero dell'Educaz. naz., 1940, ad Ind.; A. C. Jemolo, Anni di prova, Vicenza 1969 (rist. con introduzione di F. Margiotta Broglio, Firenze 1991); Id., M. F. nel XXV anniversario della scomparsa, in La Rassegna mensile di Israel, XXXIV (1968), 12, pp. 663-667. Vedi inoltre F. Margiotta Broglio, La qualificazione giuridica delle relazioni tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica, in Archivio giuridico "F. Serafini", CLXV (1963), 1-2, pp. 1-60; S. Sorani, L'assistenza ai profughi ebrei in Italia (1933-1947), Roma 1983, p. 20; Associazione amici università di Gerusalemme, Quel 1938 sul filodei ricordi, a cura di A. Colombo, Milano 1988 (ciclostilato fuori commercio); E. Sestan, Scritti vari, III, Storiografia dell'Otto e Novecento, a cura di G. Pinto, Firenze 1991, pp. 405-429.