NANNINI, Mario Ferdinando Attilio
– Nacque a Buriano, frazione del comune di Quarrata, nel Pistoiese, il 13 maggio 1895 da Cesare, proprietario terriero, e Giulia Buti.
Dopo la morte del padre e il tracollo finanziario della famiglia (1901) la proprietà dei Nannini fu acquistata nel 1904 dalla contessa Gabriella Spalletti e la madre, insieme ai tre figli, si trasferì a Pistoia.
Conclusi gli studi tecnici, Nannini si iscrisse al Regio Istituto nazionale di chimica tintoria e tessitura Tullio Buzzi di Prato, dove si diplomò nel 1913. Contemporaneamente iniziò a dedicarsi alla pittura (Panni tesi, 1911-12; ripr. in Morozzi, 1995, p. 89 tav. 33), nonostante l’ostilità materna, incoraggiato in tale scelta dalla zia paterna Ester. Nel 1913 conobbe Ardengo Soffici e con lo scultore Andrea Lippi e i pittori Alberto Caligiani e Giulio Innocenti frequentò l’architetto Giovanni Michelucci; tramite quest’ultimo, a partire dal 1914 coinvolto da Renato Fondi nel circuito artistico-letterario della rivista La Tempra, strinse amicizia con Emilio Notte, già conosciuto a Prato nel 1912.Il Primo ritratto della zia Ester del 1913-14 (Firenze, coll. Nannini Vivoli; ripr. ibid., p. 57 tav. 1) e Zia Ester al balcone del 1914 (Modena, coll. priv.; ripr. ibid., p. 60 tav. 4) testimoniano gli esordi dell’artista, che appaiono improntati a una ritrattistica vagamente intinta di primitivismo, riscontrabile nel rigore stereometrico della prima figura, immersa in uno spazio irreale dominato dall’arabesco dell’enorme poltrona; caratterizza invece una carica espressiva la seconda immagine, che si staglia nera contro il paesaggio, rivelando l’influenza di Notte.
In questo periodo Nannini prese a dipingere nelle campagne pistoiesi, con Caligiani, scene agresti di taglio postmacchiaiolo (Pagliai, Vangatore, 1914-15) e postimpressionistico (Cameretta, 1914-15; entrambe: Firenze, Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia), nelle quali si libera gradualmente della tradizione ottocentesca, attraverso una ricerca di solidità che trascende il dato naturale, o una linea sintetica e stilizzata: mezzi con i quali ripercorre le fondamentali evoluzioni del linguaggio artistico europeo tra Ottocento e Novecento, utilizzando come modello tematico e poetico la vita e il paesaggio di Buriano. Sempre con Caligiani, tra il 1914 e il 1915, soggiornò a Firenze, dove strinse amicizia con Primo Conti ed entrò in contatto con il gruppo di pittori e scrittori che avrebbe dato vita nel 1916 alla rivista L’Italia futurista diretta da Emilio Settimelli e Bruno Corra. Sua fidanzata divenne la poetessa futurista Fanny Dini, vicina a Maria Ginanni e Conti. Nel 1914 partecipò alla I Esposizione invernale toscana di Firenze con grandi disegni a carboncino (Il bacio alla Croce, I consigli dell’ava, Il suono dell’organo e Le esequie funerarie; ripr. in Morozzi, 1995, pp. 92-95 tavv. 37-40) che nell’autonomia espressiva della tecnica grafica pagavano un debito nei confronti dell’ambiente artistico incentrato attorno a Fondi e a Giovanni Costetti, ispiratori, nel 1913, della Mostra del bianco e nero alla Famiglia artistica pistoiese.
I soggetti affrontati, figure scabre di gente di campagna, e il registro figurativo spigoloso, in cui «sembra già contenuta in potenza la rottura della linea e la scomposizione angolare» (Parronchi, 1958, p. 172), avvicinano questi disegni al realismo esistenziale di artisti come Moses Levy e Lorenzo Viani, dei quali Nannini era venuto a conoscenza tramite Lippi.
Ottenuto il rinvio al servizio di leva per debole costituzione fisica, nel 1915 espose nel palazzo delle Esposizioni a Firenze cinque dipinti figurativi d’impostazione postmacchiaiola (Il pellegrino chiromante, Le discussioni, I maggiaiuoli, Paesaggio, Il mio paese) e, a Pistoia, presso la Reale Accademia degli Armonici, due opere ugualmente di stampo figurativo (Case, Giornata senza sole: tutte di ubicazione ignota). Nel gruppo dei giovani artisti pistoiesi, che allora rappresentavano le tendenze anticonformiste della cittadina, circolavano Lacerba e i Quaderni della Voce dedicati ai ‘maestri moderni’ come Vincent van Gogh e Paul Cézanne, la lezione dei quali è riscontrabile, rispettivamente, in Sera d’inverno (1915; Modena, coll. priv.; ripr. in La città e gli artisti, 1980, p. 165 tav. 3) e in una serie di nature morte, tra le quali Natura morta con brocca d’acqua (1915-16; Firenze, coll. priv.; ripr. in Morozzi, 1995, p. 67 tav. 11), dove l’inserto a collage di un ritaglio di giornale rivela l’attenzione rivolta ai Trofeini dipinti da Soffici nel 1914-15.
Risultato abile alla visita di leva, venne arruolato nel I reggimento granatieri con destinazione Roma, città nella quale rimase fino al 1916 e dove da un anno risiedeva anche Fondi. Dopo il congedo andò ad abitare presso la zia Ester a Buriano (1916-17), dove la sua ricerca arrivò in breve tempo alle prime scomposizioni e compenetrazioni cubo-futuriste: Sintesi di paese, Paesaggio (Pistoia, coll. priv.; ripr. in Morozzi, 1995, pp. 70 s. tavv. 14-15) e Figure + paesaggio (Brescia, Pinacoteca civica Tosio Martinengo).
Risalenti al 1916, i dipinti sono giocati su una rigorosa bicromia verde-grigio mutuata da Braque e Picasso e sulla ripetizione di un modulo iconografico cuneiforme debitore dei paesaggi di Braque del 1908-09. Nonostante la difficoltà di lettura del soggetto – raramente infatti la rappresentazione va oltre il dato figurativo – Nannini si mostra in sintonia con l’affezione di Soffici ai dati elementari della natura.
Opera dai risvolti cruciali e drammatici è, invece, Piero Sabelli del 1917 (Pistoia, collezione Fondazione Cassa di risparmio di Pistoia e Pescia; ripr. in Morozzi, 1995, p. 76 tav. 20), dipinta con foga e dettata dall’urgenza di testimoniare uno stato d’animo di dolore e di protesta contro la morte dell’amico, volontario ufficiale del genio, nella quale Nannini usa gli inserti tipografici propri della poetica futurista per alzare un convinto grido di pace, con la parola «pax» che campeggia in alto. Sempre al 1917 risale l’unica prova poetica finora conosciuta di Nannini, Elica (Fiesole, Archivio Fondazione e Museo Primo Conti), dove l’artista prende spunto da un’immagine futurista di tecnologica aerodinamicità per comporre una dichiarazione d’amore.
La poesia fu inviata a Conti alla fine dello stesso anno, nella speranza, disattesa, di vederla pubblicata su L’Italia futurista. Altra delusione derivò dal mancato inserimento nell’elenco dei pittori futuristi pubblicato nel numero di dicembre della medesima rivista fiorentina i cui esponenti, interessati a proseguire la battaglia di Lacerba, si erano posti in antitesi al futurismo propugnato da Soffici, Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini nei confronti dei quali Nannini era considerato troppo vicino; solo nel 1960 un’opera di Nannini (Strada di campagna, Firenze, coll. priv.; ripr. in La città e gli artisti, 1980, p. 169 tav. 11) fu esposta alla Mostra storica del futurismo (a cura di Guido Ballo) organizzata dalla XXX Biennale di Venezia.
Al lasso di tempo compreso tra la fine del 1917 e gli inizi del 1918 risale il cosiddetto periodo del lirismo tipografico di Nannini. Lettere a stampa e scritte di giornale entrano direttamente a far parte dell’immagine dipinta, con effetti visuali analoghi al paroliberismo. È il caso di Vaso di fiori + paesaggio (Modena, coll. priv.; ripr. in Morozzi, 1995, p. 80 tav. 24) e La Nazione(1917-18; Brescia, Civici Musei d’arte e storia; ripr. ibid., pp. 80 s. tavv. 24-25), caratterizzati da solida costruzione, densità di pigmento e fluida articolazione spaziale e capaci di ritagliarsi una propria originalità di ricerca. Ricerca che conosce un’ulteriore evoluzione nel quarto e ultimo ritratto della zia Ester (Zia Ester futurista, 1918; Firenze, coll. priv., ripr. ibid., p. 83 tav. 27), che si affranca dalla lezione di Soffici attraverso l’esempio di Jean Metzinger, interessato a utilizzare il linguaggio cubista senza per questo rinunziare alla riconoscibilità del soggetto rappresentato.
Nel 1918, nuovamente in attesa di essere arruolato, si impiegò in un’azienda pistoiese come disegnatore tecnico, progettando di costituire a Pistoia un gruppo futurista con Conti, Lucio Venna, Notte e Achille Lega e di organizzare un’importante mostra futurista itinerante da Pistoia in diverse città della Penisola come si evince da una cartolina postale inviata a Conti nel 1918 (Morozzi, 1995, pp. 125 s).
Mentre si accingeva a partire per il fronte interno, morì a Pistoia il 24 ottobre 1918, vittima dell’epidemia di spagnola.
Fonti e Bibl.: A. Parronchi, Il futurista in incognito M. N. (1895-1918), in Paragone, VIII (1957), 85, pp. 87-99; Id., Artisti toscani del primo Novecento, Firenze 1958, pp. 159-180; C. Bruni - M. Drudi Gambillo, Dopo Boccioni. Dipinti e documenti futuristi dal 1915 al 1919, Roma 1961, pp. 12, 60-67; M. Drudi Gambillo - T. Fiori, Archivi del futurismo, Roma 1962, pp. 424 s., 436; Arte moderna in Italia 1915-1935 (catal.), Firenze 1967, pp. 89, XXI; A. Parronchi, in La città e gli artisti: Pistoia tra avanguardie e Novecento (catal., Pistoia), a cura di C. Mazzi - C. Sisi, Firenze 1980, pp. 162-172; Futurismo a Firenze 1910-1920 (catal.), a cura di F. Bagatti - G. Manghetti - S. Porto, Firenze 1984, tav. X, pp. 152-155; C. D’Affitto - A. Parronchi - S. Bartolini - R. Morozzi, M. N. un futurista a Pistoia (1895-1918) (catal., Pistoia, 1995-96), Firenze 1995; R. Morozzi, in Arte del Novecento a Pistoia, a cura di C. Sisi, Cinisello Balsamo 2007, pp. 27-40; S. Porto, in Il dizionario del futurismo, a cura di E. Godoli, II, Firenze 2001, pp. 778 s.