FRANGIPANE (Frangipani), Mario
Nato a Roma nel 1574 da Muzio e da Giulia Strozzi, apparteneva da una delle più antiche famiglie romane. Seguendo l'esempio del padre, distintosi nelle battaglie di Jarnac (1569) e di Lepanto (1571), e dell'avo materno Piero, celebre generale del sec. XVI, si avviò alla carriera militare, insieme con i fratelli Lelio e Pompeo. Fece le sue prime esperienze come capitano "venturiere", dapprima in Francia, nel 1591, al seguito della spedizione inviata da papa Gregorio XIV in soccorso della Lega cattolica, poi nelle Fiandre, durante i successivi tre anni. Ancora a proprie spese si recò in Ungheria all'assedio posto da un esercito congiunto di truppe pontificie e imperiali a Strigonia (Esztergom), rimanendo ferito durante l'assalto decisivo, il 25 ag. 1595.
Questi suoi meriti lo imposero all'attenzione della corte di Roma che, alla fine del 1597, si preparava alla guerra per assicurare la devoluzione del Ducato di Ferrara alla Santa Sede. Il F. fu nominato governatore dell'armi di Ravenna, cioè comandante supremo delle truppe dislocate in quella città e nei suoi dintorni.
Subito il F. rivelò al card. Pietro Aldobrandini, soprintendente generale dell'esercito, una situazione grave, caratterizzata dall'inesperienza delle truppe, da carenze nelle fortificazioni e da problemi di approvvigionamento. Anche le ispezioni al confine diedero esiti scoraggianti, sicché, sfumati i piani di invasione degli Stati di Cesare d'Este, aspirante alla successione, persino la difesa della Romagna si presentava difficoltosa. Fu invece la diplomazia a concludere, nel gennaio 1598, la devoluzione di Ferrara.
Nella primavera del 1601 il F. passò al servizio degli Spagnoli, prendendo parte all'infelice spedizione di Giovanni Andrea Doria contro Algeri. Sulla via del ritorno ottenne dalla corte spagnola una pensione di 600 scudi annui che gli sarebbe stata versata a Napoli. Tornato a Roma, con la vendita nel 1607 di uno dei suoi fabbricati a Mario Farnese, duca di Latera, per 14.000 scudi poté dare inizio ai lavori per la costruzione di un nuovo palazzo, in piazza S. Marco, di fronte alla residenza degli ambasciatori veneziani. Nel 1614 la posizione patrimoniale del F. ebbe un definitivo consolidamento: insieme con il fratello Pompeo entrò, infatti, in possesso dell'eredità di un ramo dei Frangipane ormai estinto.
Nel marzo 1621 il neoeletto papa Gregorio XV lo nominò generale dell'armi di Ferrara: in questa veste, fino al giugno 1622, il F. attese al compimento delle fortificazioni volute da Paolo V. Aveva così raggiunto, seppure per un breve periodo, il vertice della gerarchia militare pontificia. Per questo, in occasione degli armamenti del 1625, originati dalla crisi tra le potenze cattoliche per il controllo dei forti della Valtellina, il successore Urbano VIII Barberini lo chiamò nel proprio consiglio di guerra. Ma gli spazi del F. si fecero presto angusti, a causa della rapida ascesa di Torquato Conti, duca di Guadagnolo. Il F. si rifiutò di dividere con quest'ultimo il comando generale della cavalleria arruolata nonostante le pressioni dell'ambasciatore spagnolo a Roma. Proprio le sue dichiarate simpatie per la corte spagnola, d'altro canto, non gli permisero negli anni seguenti maggiori favori alla corte dei Barberini.
Nel 1640 fu al centro di un caso giudiziario rilevante: imputato per l'omicidio di un certo Carlo Manardi, trovato morto nel carcere del suo feudo di Nemi, venne arrestato e condotto in Castel Sant'Angelo, dove rimase per quasi due anni.
Il rigore dimostrato da Urbano VIII era dovuto in parte alla figura della vittima, fratello di un funzionario della giustizia, in parte, verosimilmente, alle mire della Camera apostolica sui beni e terreni del F., stimati quasi 150.000 scudi e comprendenti, oltre al marchesato di Nemi, alcune tenute alle porte di Roma. Infatti, celibe e senza prole, il F. nel 1639 aveva fatto testamento a favore dei Frangipane di Croazia, contravvenendo alle costituzioni pontificie in materia di alienazione dei feudi.
Il F. fu scarcerato nel settembre 1642, per intercessione del card. Antonio Barberini, che lo nominò suo consigliere militare in uno dei frangenti più delicati della guerra di Castro (1641-44), quando le truppe ostili del ribelle duca di Parma, Odoardo Farnese, si avvicinavano al Patrimonio di S. Pietro. Ma si trattò di un incarico poco più che formale.
Alla fine della guerra, invece, le attenzioni del F. si concentrarono su Nemi: fece costruire un nuovo convento e una chiesa per i francescani, riedificò la chiesa parrocchiale, intitolandola alla Concezione e ampliò il suo palazzo di una nuova ala. Spinto dall'interesse antiquario, commissionò, inoltre, indagini di scavo per identificare il sito dell'antico tempio di Diana e di reperti venuti alla luce, tra cui una statua acefala rappresentante Diana cacciatrice col cane, che furono sottoposti all'esame degli eruditi.
Dopo aver corretto il testamento a favore del card. A. Barberini, morì a Roma il 25 genn. 1654, facendosi seppellire, invece che nella cappella Frangipane di S. Marcello al Corso, nella chiesa parrocchiale di Nemi.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Fondo Borghese, III, 22b, ff. 296r-310r; Fondo Pio, 44, ff. 114r-115r; Arch. di Stato di Roma, Miscellanea famiglie, 80, fasc. I, passim; Roma, Arch. stor. Capitolino, Fondo Maccarani, Testamento di Mario Frangipane (1654); Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 4846, f. 41rv; 8796, ff. 2rv, 19r; Ottob. lat. 2335, f. 45v; Urb. lat. 1082, f. 12r; 1089, f. 188r; 1091, f. 499v; 1095, ff. 230v, 236rv, 259v; Vat. lat. 8354, ff. 16v, 145v; F. Zazzera, Della famiglia Frangipani, Napoli 1617, pp. n.n.; I.F. Tomasini, De donariis ac tabellis votivis…, Utini 1639, pp. 212 s.; J.A.F. Orbaan, Documenti sul barocco in Roma, Roma 1920, p. 85; G. Bentivoglio, Memorie e lettere, a cura di G. Panigada, Bari 1934, p. 353; G. Gigli, Diario romano (1608-1670), a cura di G. Ricciotti, Roma 1958, pp. 195, 215, 428 s.; T. Bulgarelli, Gli avvisi a stampa a Roma nel '500, Roma 1967, p. 181; Casimiro da Roma, Memorie istoriche delle chiese e dei conventi dei frati minori della provincia romana, Roma 1744, pp. 195, 199 s.; C. Trasmundo-Frangipane, De Frangipanibus Illyricis eorumque consanguineis, Romae 1870, pp. 21 s., 24; G. Tomasetti, La Campagna romana, II; Roma s.d., I, pp. 405 s. 407 n. 1; G. Moroni, Diz. di erudizione stor.-eccles., XXIX, pp. 33-37.