LEVI, Mario Giacomo
Nacque a Padova il 16 apr. 1878, da Giacomo e da Marianna Padoa. Terminati gli studi liceali, si iscrisse al corso di laurea in chimica presso l'Università di Padova, dove primeggiava la figura di R. Nasini, uno dei fondatori degli studi di chimica fisica in Italia. Nel vivace ambiente culturale dell'istituto chimico patavino il L. divenne allievo di G. Carrara, allora assistente di Nasini, e uno fra i principali esponenti italiani dell'elettrochimica. Il L. si laureò nel luglio del 1900, con Carrara e la tesi - Sopra l'elettrostrizione degli ioni solventi organici, immediatamente pubblicata in Gazzetta chimica italiana, 1900, vol. 30, pt. II, pp. 197-217 - gli meritò la nomina a secondo preparatore presso l'istituto chimico.
Le prime ricerche del L. furono nei campi cari alla scuola di Nasini, compreso un insolito studio sul potere rotatorio del quarzo alla temperatura dell'azoto liquido, pubblicato nel 1901.
Nel 1902, avendo vinto una borsa ministeriale di perfezionamento all'estero in chimica industriale, il L. si trasferì alla Technische Hochschule di Karlsruhe, per compiere ricerche di elettrochimica presso l'istituto di chimica fisica, fondato due anni prima da Max Le Blanc. Di ritorno a Padova, conseguita nel 1903 la libera docenza in chimica generale, venne incaricato dell'insegnamento di elettrochimica e dimostrò eccellenti doti didattiche. Il L. tenne l'incarico fino al 1906, quando Nasini, con decisione inaspettata, si trasferì a Pisa portando con sé i suoi migliori allievi, tra cui il L., che nella nuova sede ottenne la promozione ad aiuto. Nell'Università toscana il L. fu incaricato di chimica applicata; nel 1906 vinse una cospicua borsa di studio per partecipare al VII Congresso di chimica applicata di Londra (1909) e condivise con A. Coppadoro, futuro direttore de La Chimica e l'industria, un ulteriore premio messo in palio dall'Associazione chimica industriale di Torino per la comunicazione più interessante dal punto di vista industriale.
Le ricerche del periodo padovano e di quello pisano si svolsero con forte continuità in almeno tre campi. Il primo è quello della vocazione iniziale del L., l'elettrochimica; a Padova studiò la preparazione elettrolitica dei persolfati e degli iposolfiti, e condusse ricerche avanzate con solventi non acquosi; a Pisa spostò la sua attenzione sullo studio del borace e della sua preparazione tecnica per via elettrolitica, giungendo a prendere un brevetto su questo processo (brevetto italiano n. 81357). La seconda area di ricerca è strettamente connessa ai filoni di indagine del suo maestro Nasini. Nell'ottobre 1904 Nasini aveva condotto con sé F. Anderlini e il L. nella seconda spedizione padovana a Larderello per misurare la radioattività e la quantità di emanazione (radon) presenti nei soffioni boraciferi. Ulteriori ricerche vennero condotte sulla radioattività di sorgenti termali e dei prodotti vulcanici nella disastrosa eruzione del Vesuvio dell'aprile 1906. Il terzo settore di ricerca coltivato dal L. negli anni padovani e pisani è di indirizzo più spiccatamente applicativo, con due riferimenti precisi: la preparazione del cloro e la sintesi di acido cloridrico puro (brevetto italiano n. 85175). La preparazione tecnica del borace, cui si è accennato, condusse a importanti risultati, estesi e pubblicati anche dopo l'assunzione della cattedra palermitana (Nuovi studi sulla preparazione tecnica del borace, in collab. con S. Castellani, in Gazz. chimica italiana, 1910, vol. 40, pt. I, pp. 138-176; Nuovi studi sulla preparazione del borace, in collaborazione con O. Garavini, ibid., 1911, vol. 41, pt. I, pp. 756-781).
L'11 nov. 1909 il L. fu nominato professore ordinario di chimica tecnologica alla Scuola per ingegneri di Palermo, e il 20 marzo 1910 sposò a Pisa Adriana Bellina Coen Pirani.
A Palermo il L. si trovò immerso in un diverso clima culturale, in una Sicilia stretta tra la crisi permanente dell'industria dello zolfo e la delusione per lo sfiorire delle prospettive di eccellenza scientifica aperte negli ultimi decenni dell'Ottocento. Il L., comunque, si impegnò nella valorizzazione delle risorse locali con ampi contributi sui metodi di analisi degli zolfi, in connessione con il problema della loro classificazione e valutazione commerciale.
Tali contributi apparvero fra il 1914 e il 1915 negli Annali di chimica applicata, la importante rivista fondata da E. Paternò, il chimico che allora dominava la scena disciplinare italiana.
Il primo numero della nuova rivista si aprì proprio con un significativo studio del L. sulla preparazione tecnica dell'idrogeno: Sopra la decomposizione dei formiati in relazione alla preparazione tecnica dell'idrogeno (in Ann. di chimica applicata, I [1914], pp. 1-24, in collab. con A. Piva).
Sul piano strettamente disciplinare il L. pubblicò a Palermo, negli anni accademici che vanno dal 1910-11 al 1912-13, i tre volumi di un Corso di chimica tecnologica, destinati a rimanere a lungo un riferimento obbligato nel campo. Su un piano più generale nel 1918 fondò l'Istituto superiore commerciale e coloniale di Palermo, di cui fu direttore dalla fondazione al 1920.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale il L. poté dare ampio supporto alle industrie siciliane addette a produzioni di interesse militare. L'appoggio fu offerto sia in veste di consulente personale sia mediante le attrezzature dell'Istituto, così che nell'ottobre 1916 il direttore della Scuola di ingegneria palermitana ebbe buon gioco nell'argomentare la richiesta di esenzione dal servizio militare del Levi.
Al congresso romano del marzo 1916 della Società italiana per il progresso della scienza il L. tenne una relazione con un titolo del tutto tecnico, Le industrie italiane minerarie e chimiche di prodotti inorganici (in Annali di chimicaapplicata, 1916, vol. 5, pp. 152-160). Nel discorso gli aspetti di informazione e di politica industriale non mancarono, in particolare in riferimento ai rapporti fra chimica italiana e agricoltura. Ma anche di fronte alla guerra il L. non ebbe esitazioni, sebbene la condanna della guerra risultasse unita al dovere di servire la patria. L'atteggiamento antinterventista di Paternò, direttore degli Annali, era cosa nota, e nei primi anni del conflitto fu attestato anche dalla pubblicazione dei contributi critici del L., del suo maestro Nasini e di altri, sostanzialmente contrari alla guerra.
Durante il conflitto il L. fece parte di numerosi comitati governativi, fra cui vanno menzionati il Comitato di mobilitazione industriale, il Comitato per le industrie chimiche, e quelli su specifici problemi chimici quali i gas asfissianti, l'azoto e i sali di potassio.
Al termine della guerra, tra la fine del 1920 e i primi mesi del '21, il L. venne chiamato a Bologna, sulla cattedra di chimica docimastica, poi trasformata in chimica tecnologica secondo accordi precedenti il trasferimento. Nella sede bolognese il L. trovò nuovo spazio per le sue iniziative in favore delle applicazioni tecnologiche della chimica, e nel 1922 fondò la Scuola superiore di chimica industriale. Ma già nel settembre 1923 il decreto Gentile sull'università soppresse varie istituzioni di insegnamento e di ricerca, dalle scuole di veterinaria alle scuole di chimica. Così l'Università di Padova perse la sezione di ingegneria chimica e l'Istituto autonomo di chimica industriale. Il L. riuscì a resistere alla smobilitazione utilizzando i cospicui fondi di un lascito, e trasformando il suo istituto in organismo privato riconosciuto dallo Stato.
Il passaggio da Palermo a Bologna non segnò per il L. una semplice progressione accademica in quanto le sue indagini e quelle dei suoi allievi si rivolsero essenzialmente ai vari problemi collegati ai combustibili: dallo studio dei processi di idrogenazione all'analisi sul campo delle risorse disponibili per la nazione.
Il continuo flusso di ricerche e di pubblicazioni culminò nel 1926, con la costituzione a Bologna da parte del ministero dell'Economia nazionale di una speciale Sezione di studi sui combustibili, la cui direzione venne affidata al Levi.
Venuto a mancare E. Molinari, il più noto chimico industriale del tempo, nel giugno 1927 il L. fu chiamato a Milano alla cattedra di chimica tecnologica dell'Istituto tecnico superiore (Politecnico), dove giunse portando con sé la sezione di studi sui combustibili, nonché l'allievo C. Padovani come vicedirettore della sezione.
Per oltre un decennio il L. fu perfettamente integrato nel contesto politico e industriale del capoluogo lombardo. Nell'aprile 1925 aveva aderito al Manifesto degli intellettuali del fascismo, e nel marzo 1926 si era iscritto al Partito nazionale fascista (PNF), prestando giuramento di fedeltà al regime il 4 dic. 1931.
Nel novembre 1932 il L. fece parte del Consiglio superiore delle miniere, del consiglio di amministrazione dell'Associazione nazionale per il controllo della combustione, della commissione ministeriale per le sostanze radioattive; nel campo della politica della ricerca fu membro di tre organismi del Consiglio nazionale delle ricerche (comitato nazionale chimico, commissione per i combustibili, commissione per i problemi stradali).
Nel Politecnico di Milano, oltre a essere direttore dell'istituto di chimica industriale e della sezione per i combustibili, fu direttore della scuola di termotecnica e della scuola per l'industria del gas. Questa era stata fondata dal L. anche sulla base della sua lunga esperienza nei consigli di amministrazione delle Officine comunali del gas, prima a Palermo (1915-20) e poi a Bologna (1922-27). In questa situazione il L. fu chiamato a Roma anche per incarichi riservati e, nel marzo 1931, poté presentare a Mussolini, in una udienza particolare, i primi due volumi di una imponente raccolta di Studi e ricerche sui combustibili (I-VI, Roma 1927-38).
Il sesto volume fu l'ultimo che testimonia della scuola del L., giacché nel novembre di quell'anno venne emanato il r.d.l. n. 1728, contenente "provvedimenti per la difesa della razza italiana". Il 30 nov. 1938 il ministro G. Bottai firmò il decreto che dichiarava "dispensato dal servizio" il L. a partire dal 14 dicembre successivo.
Tuttavia, mentre procedeva il forzato pensionamento del L., ebbe inizio una vicenda parallela, interessante perché illustra le contraddizioni interne al regime nate dall'adozione delle leggi razziali. Il 16 novembre, per adempiere agli obblighi amministrativi imposti dal r.d.l. n. 1728, il ministro delle Corporazioni, F. Lantini, inviò personalmente una lettera al L. in quanto direttore della Sezione combustibili del Politecnico di Milano. Con la lettera venne tolta al L. la direzione della sezione (che fu affidata a C. Padovani), ma con la stessa lettera il ministro confermò il L. nelle sue funzioni: veniva infatti affermato che era intenzione del ministero continuare ad avvalersi della collaborazione del L. come consulente in materia di combustibili, conservandogli l'assegno di direzione, nonostante la sospensione formale dalle funzioni. Anche il ministero dei Lavori pubblici continuò ad avvalersi della consulenza del L. fino a tutto il 1941.
Le necessità belliche acuivano i già gravi problemi dei combustibili, e in particolare quello dei carburanti, così nel 1940 la Sezione combustibili - ancora diretta in realtà dal L. - fu trasformata in una Stazione sperimentale per i combustibili, di più ampia autonomia amministrativa e di maggior rilievo tecnologico.
Dopo l'armistizio dell'8 sett. 1943 il L., in esilio in Svizzera, trovò modo di continuare la sua attività di insegnante tenendo dal gennaio 1944 al luglio 1945 dei corsi di chimica industriale presso la Scuola per ingegneri di Losanna.
Il 12 luglio 1945 il L. rientrò a Milano per riprendere servizio, presso il Politecnico, il 17 dello stesso mese. Più tardiva, invece, la reintegrazione accademica, che giunse solo cinque anni dopo la ripresa effettiva delle lezioni al Politecnico: con decreto 31 ott. 1950 si assegnava una cattedra in soprannumero a trentasei docenti, fra cui il L., "allontanati dal servizio per ragioni politiche o razziali".
Tornato alla direzione dell'istituto milanese il L. partecipò attivamente alla ricostruzione dirigendo in modo impeccabile una struttura di ricerca che non aveva eguali in Italia. L'istituto di chimica industriale del Politecnico, ben finanziato dal CNR e dalla Montecatini, venne diviso in tre sezioni largamente autonome, ciascuna delle quali diretta da uno scienziato di grande prestigio: G. Natta, ormai orientato verso la chimica degli alti polimeri; A. Quilico, uno fra i migliori chimici organici italiani, e Padovani che continuava a occuparsi della chimica dei combustibili.
Il 6 sett. 1946 il L. assunse la presidenza della sezione lombarda della rinnovata Società chimica italiana (SCI, nome assunto nel 1947) di cui il 24 marzo 1950 divenne presidente, primo a essere regolarmente eletto dopo decenni di nomine governative.
Il L. morì a Milano, dopo lunga malattia, il 9 dic. 1954.
Il L. fu insignito di numerose onorificenze, tra cui quella di grande ufficiale della Corona d'Italia (marzo 1935). Il 10 apr. 1954 gli fu conferito il titolo di professore emerito.
La divisione di chimica industriale della SCI ha istituito una medaglia intitolata al L. per le innovazioni apportate ai processi della chimica industriale.
Fonti e Bibl.: Il fascicolo personale del L., conservato a Roma presso l'Archivio centrale dello Stato, contiene i documenti ufficiali della vita accademica, compreso un foglio matricolare del 1927 corredato di una sua fotografia. Il fascicolo personale dell'Archivio generale del Politecnico di Milano è particolarmente ricco di carte, anche autografe, riguardanti le drammatiche vicende seguite alle leggi razziali. Le indicazioni archivistiche relative all'esilio svizzero sono nel Rapporto generale della Commissione per la ricostruzione delle vicende che hanno caratterizzato in Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadini ebrei da parte di organismi pubblici e privati, Roma 2001, p. 247.
Necrologi: A. Coppadoro, in La Chimica e l'industria, XXXVII (1955), pp. 2-5; D. Meneghini, ibid., pp. 303-305; G. Natta, in La Ricerca scientifica, XXV (1955), pp. 1323-1332, con ritratto e bibl. completa.
L'11 nov. 1957 si tenne presso l'istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano la prima manifestazione della Fondazione Mario Giacomo Levi, promossa da colleghi, collaboratori e allievi del L. e da numerose industrie allo scopo di tenere al Politecnico conferenze e lezioni per celebrarne la memoria (cfr. Fondazione M.G. Levi, in La Chimica e l'industria, XLI [1959], pp. 83-85, 310-313). Gli estratti dei discorsi e della conferenza furono tirati a parte in opuscolo per cura dell'istituto di chimica industriale con il titolo Manifestazione 11.XI.1957.
Per la politica razziale del fascismo si veda G. Israel - P. Nastasi, Scienza e razza nell'Italia fascista, Bologna 1998 (per il L., pp. 162, 316, 323). Sulle diverse voci all'interno del regime contro l'allontanamento del L. dall'insegnamento: E. Signori, Le leggi razziali e le comunità accademiche. Casi, problemi, percorsi nel contesto lombardo, in Una difficile modernità. Tradizioni di ricerca e comunità scientifiche in Italia, 1890-1940, a cura di A. Casella et al., Pavia 2000, pp. 456 s., 463, 479, 482; nello stesso volume si veda, in particolare: L. Cerruti, La comunità dei chimici nel contesto scientifico internazionale: 1890-1940, pp. 196-255; A. Karachalios, I chimici di fronte al fascismo. Il caso di Giovanni Bonino (1899-1985), Palermo 2001, p. 47. Il ruolo del L. nella politica della ricerca del CNR nel secondo dopoguerra è trattato in L. Cerruti, La chimica, in Per una storia del Consiglio nazionale delle ricerche, a cura di R. Simili - G. Paoloni, II, Roma-Bari 2001, pp. 196-201, 206, 242-244. Da ultimo, sotto il comune titolo I chimici e il fascismo. Una vicenda tutt'altro che dimenticata (in La Chimica e l'industria, LXXXV [2003], pp. 26 s.), sono stati pubblicati due opposti punti di vista, rispettivamente di A. Girelli e di L. Cerruti, sulla partecipazione del L. alla politica del regime.