LANDI, Mario
Nacque a Messina il 12 ott. 1920 da Giulio e Giulia Nicotra.
Il L. trascorse l'infanzia a Taormina, ma tornò poi a gravitare su Messina, dove aveva maggiori opportunità di soddisfare i suoi interessi per il mondo dello spettacolo, da cui si sentì attratto fin dall'adolescenza. Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza (conseguì la laurea in seguito), ma la passione per il teatro lo spinse, ancora molto giovane, a trasferirsi a Roma per frequentare l'Accademia nazionale d'arte drammatica.
In questo periodo di formazione, ebbe fra i compagni di studi nomi destinati a una brillante carriera: tra gli attori V. Gassman, Rossella Falck, A. Celi, Lea Padovani, e tra i registi L. Squarzina.
Si diplomò in regia teatrale nel 1944, esordendo al teatro Eliseo di Roma in Nozze di sangue di F. García Lorca. L'anno seguente, ancora a Roma, mise in scena Gioventù malata, di F. Bruckner, al teatro Manzoni, e La frontiera, di L. Trieste, al Quirino (4 luglio).
Si trasferì successivamente a Milano, attratto dalla stimolante temperie culturale di quella città. Trovò inizialmente lavoro nella casa editrice di un cugino, ma fu un'esperienza destinata a durare poco, vista la sua difficoltà ad adattarsi ai tempi e agli orari della routine impiegatizia; continuò invece a dedicarsi intensamente al teatro (il 20 nov. 1946 mise in scena, all'Excelsior, Cronaca di Trieste), conducendo una vita bohémienne e frequentando artisti e registi, fra cui G. De Santis e C. Lizzani. Come questi ultimi anche il L. tentò la carriera giornalistica, collaborando per un periodo con il settimanale Film d'oggi, per il quale redigeva cronache cinematografiche e teatrali per la rubrica "Prima visione". Sempre a Milano frequentò il circolo culturale Diogene che ospitava all'epoca, con letture e rappresentazioni, personalità di spicco del teatro italiano quali G. Strehler e P. Grassi e, fra gli interpreti di maggior spessore, Gassman, Diana Torrieri, T. Carraro.
Presso il circolo mise in scena una sessantina di pièces, dimostrando uno spiccato interesse per gli autori italiani: L. Capuana, L. Pirandello, A. De Benedetti, Sem Benelli, B. Cicognani, G.C. Viola. Il L., anche nei suoi scritti critici, rimproverava però al teatro italiano un approccio alla regia troppo scolastico e una considerazione eccessiva, quasi sacrale, per la figura dell'autore; per questo volle cimentarsi anche con testi di scrittori nuovi e in odore di anticonformismo, come L. Trieste, A. Moravia, P. Levi, F. Jovine, assumendo in prima persona il peso finanziario di alcuni allestimenti, ripagati talvolta da un buon successo di pubblico ma talvolta penalizzati dalla censura.
Al 1949 risale l'esordio del L. nella regia cinematografica con Canzoni per le strade, una commedia musicale, interpretata da L. Tajoli e Antonella Lualdi, che riscosse un modesto successo; continuò tuttavia a lavorare per il cinema anche come sceneggiatore (nel 1951 collaborò, infatti, alla sceneggiatura de I due sergenti di C.A. Chiesa).
Nel 1952, in linea con il suo temperamento artistico, eclettico e aperto alle novità, il L. intraprese alla RAI (Radio audizioni Italia) la carriera di regista per la televisione, allora agli esordi, sotto l'egida del primo direttore dei programmi televisivi, S. Pugliese, il quale, anche per i suoi precedenti di commediografo, tendeva a privilegiare giovani di formazione teatrale.
Le prime trasmissioni in video erano ancora in fase sperimentale e il mestiere era tutto da inventare. Il L. fu, insieme con A.G. Majano, M. Ferrero e D. D'Anza, un pioniere di questa professione. Per prepararvisi si recò a Londra, dove fece un periodo di pratica presso la televisione britannica, la British Broadcasting Corporation (BBC); qui apprese il metodo detto della "camicia di ferro", secondo il quale, per poter praticare la diretta, le riprese erano preparate minuziosamente in anticipo e ogni inquadratura e movimento della telecamera erano prestabiliti. Grazie all'impiego di questa tecnica il L. riuscì ad abbattere tempi e costi di produzione, guadagnandosi la fama di regista più veloce della TV.
Autore prolifico, e tra i più poliedrici, diresse varietà e riviste, sceneggiati e rivisitazioni di classici, creando, grazie alla contaminazione tra le diverse esperienze, una cifra stilistica e narrativa originale, adatta al nuovo mezzo di comunicazione.
Esponente della generazione dei registi che portarono il teatro in TV (con lui F. Enriquez, A. Brissoni, S. Bolchi, Majano, D. Guardamagna), la sua prima riduzione fu L'orso di A. Čechov, girato presso gli studi RAI di Torino, appositamente allestiti per l'occasione, cui seguirono, nel corso della sua lunga carriera, più di un centinaio di commedie; tra l'altro fu il primo a portare Pirandello sul piccolo schermo, con Così è (se vi pare), nel 1954. Nel marzo 1953 firmò poi il primo "originale" televisivo, un testo cioè espressamente creato per il nuovo mezzo: Il tunnel, di H. Agg e M. Costanduros.
Tra le numerosissime produzioni tratte da opere letterarie che il L. diresse per la TV, si segnalarono senz'altro, rimanendo a lungo nell'immaginario collettivo della "prima" televisione, gli sceneggiati Cime tempestose, tratto dal romanzo di E. Brontë (trasmesso a puntate dal 12 febbraio al 4 marzo 1956, con successo tale da essere replicato in luglio; interpreti M. Girotti, Anna Maria Ferrero, A. Francioli), di cui il L. curò anche la sceneggiatura, insieme con Trieste, e dove l'introduzione del rumore fuori campo, in funzione diegetica, rappresentò un'interessante innovazione stilistica. E Canne al vento (in quattro puntate, dall'8 nov. 1958, con C. D'Angelo, Cosetta Greco, F. Interlenghi), in cui la lettura del L. sottolineava "la "parte maledetta" o almeno i risvolti torbidi, più di quanto non avesse fatto la stessa autrice del romanzo Grazia Deledda" (O. De Fornari, in Grasso, p. 90). Tra il 1957 e il 1963 si ricordano ancora: Il romanzo di un maestro, Il bambino da un soldo, Gli oggetti d'oro, Ragazza mia.
L'eclettismo del L., insieme con le rigide necessità della produzione televisiva nella sua fase iniziale, lo portò ad attraversare tutti i generi del piccolo schermo; si misurò, quindi, anche con il varietà, in cui esordì nel 1954 con I cinque sensi sono sei, uno spettacolo di scenette satiriche e canzoni con E. Pandolfi, Antonella Steni, Febo Conti, su testi di Dino Falcone.
Nel 1955 diresse Casa Cugat, che lanciò in Italia la coppia X. Cugat - Abbe Lane e il cha-cha-cha; tra il 1954 e il 1959, curò alcune edizioni di uno fra i varietà più seguiti di quegli anni, Un, due, tre, con U. Tognazzi e R. Vianello. Diresse anche un'edizione fra le più popolari di Canzonissima, quella del 1960-61, su testi di A. Amurri e Faele, con Lauretta Masiero, A. Tieri e O. Lionello, che si segnalò, tra l'altro, per aver definitivamente lanciato la cantante Mina; sulla stessa linea d'onda nel 1963 curò la regia de Il cantatutto, per i testi degli stessi autori. Anche in questo specifico settore il L. si affermò come "uno dei migliori registi di varietà della RAI, dotato di un irriverente gusto dell'ironia sempre temperato però da un'istintiva misura" (Enc. della televisione [Garzanti]).
Ma fu forse nell'ambito del racconto poliziesco che il L. raccolse i maggiori successi.
Oltre a una ripresa della celebre serie del tenente Sheridan con U. Lay, nel 1963 (Ritorna il tenente Sheridan, in sei puntate), nel 1967 firmò la regia degli sceneggiati Dossier Mata Hari e Questi nostri figli. L'anno seguente curò i sei telefilm de I racconti del maresciallo, andati in onda fra gennaio e febbraio, che raccolgono nove episodi dal libro di M. Soldati, con Turi Ferro nel ruolo en titre del maresciallo Arnaudi.
Il L., tuttavia, deve la sua notorietà in questo specifico genere soprattutto a Le inchieste del commissario Maigret, sedici episodi in quattro cicli trasmessi tra il 1964 (il primo, Un'ombra su Maigret, andò in onda il 27 dicembre) e il 1972 (l'ultimo, Maigret va in pensione).
Ispirata al celebre personaggio creato da G. Simenon, la serie fu uno dei più grandi successi televisivi del tempo, un "capolavoro di finezza psicologica, attenzione ai dettagli, gusto del racconto popolare" (Tabanelli). Il protagonista era interpretato da G. Cervi, la cui presenza nel cast si deve a una fortunata intuizione del L., che lo scelse contro la volontà del produttore. Rispetto al suo omologo letterario, e alla versione francese, il Maigret televisivo - nel ritratto che il L., sottraendolo "alla matrice celtica in cui l'aveva tenuto Gabin" (L. Pestelli, in Grasso, p. 176), ne volle tracciare, validamente sostenuto e quasi guidato dalla personalità artistica del grande Cervi - "era un commissario che aveva famiglia oltre che umanità. Era una dimensione nuova rispetto all'immagine di investigatore completamente identificato nel lavoro, disegnata magistralmente da Simenon" (Bolzoni). Sulla scia di questo successo il L., nel 1966, girò anche un film, Maigret a Pigalle.
Leggermente diradata ma sempre rilevante la sua produzione degli anni Settanta. Del 1973 è Nessuno deve sapere, uno sceneggiato sulla 'ndrangheta che, nonostante i problemi con la censura, fu molto apprezzato non solo in Italia ma anche oltre confine, in Francia e Germania. Risale allo stesso anno lo sceneggiato Serata al Gatto nero. Seguirono, nel 1979, lo sceneggiato Accadde ad Ankara e la serie La vedova e il piedipiatti. Furono questi i suoi ultimi lavori prima di lasciare la televisione di Stato.
Tra i numerosi premi conseguiti dal L. nel corso della carriera si ricordano la Maschera d'argento (1955), il Microfono d'argento (1957), i premi Napoli (1958) e Torre Eiffel (1959).
Durante il lungo percorso artistico e professionale come regista televisivo il L. aveva continuato a dedicarsi al cinema con una certa regolarità, realizzando per lo più film di consumo, che ebbero tuttavia una distribuzione limitata, un modesto successo di pubblico e furono fondamentalmente ignorati dalla critica.
Della produzione cinematografica si ricordano: nel 1953 Siamo tutti milanesi, tratto dall'omonima commedia di A. Fraccaroli, sceneggiato dal L. in collaborazione con l'autore e con P. Tellini, e interpretato da C. Campanini, U. Tognazzi e C. Croccolo; dieci anni dopo la trasposizione del racconto biblico Giacobbe ed Esaù, con M. Serato e F. Giachetti. Seguirono Le impiegate stradali (Batton story), commedia con Marisa Merlini e Femy Benussi del 1976, mentre del 1978 è Supersexy market, ancora con la Benussi. Nel 1979 il L. diresse due pellicole, Giallo a Venezia e Il viziaccio. La sua ultima fatica cinematografica fu uno strano horror, Patrick vive ancora, del 1980.
Ritiratosi a vita privata, continuò a coltivare la passione per la scrittura, che lo aveva visto in passato autore di originali televisivi.
Il L. morì a Roma il 18 marzo 1992.
Fonti e Bibl.: M. Landi, TV or not TV, in Cinema, n.s., marzo 1953, n. 105, pp. 132 s.; A. Grasso, Storia della televisione italiana, Milano 1992, ad ind.; F. Bolzoni - M. Foglietti, Le stagioni del cinema, Soveria Mannelli 2000, pp. 166-172; G. Tabanelli, Il teatro in televisione, Roma 2002, pp. 20 s. e passim; Enc. della televisione (Garzanti), Milano 1996, pp. 385 s.; Diz. del cinema italiano, I registi, Roma 1993, p. 139; Filmlexicon degli autori e delle opere, III, col. 841.