GUARNIERI, Mario Luigi
Nacque a Ostiano, nel Cremonese, il 28 ag. 1886 da Giuseppe e da Maria Teresa Bozzetti, in una famiglia di modeste condizioni economiche. Il padre, sellaio, lo avviò agli studi tecnici a Cremona, ma il G. preferì dedicarsi all'attività politica e sindacale. Iscrittosi nel 1902 al Partito socialista italiano (PSI), divenne segretario della sezione di Ostiano e collaborò ai periodici L'Avanguardia socialista di Milano e L'Eco del popolo di Cremona. L'anno successivo, nominato segretario aggiunto della Camera del lavoro di Cremona, svolse un'intensa attività come propagandista politico nelle zone limitrofe. Nei primi mesi del 1904 fu scelto quale delegato prima al congresso regionale socialista lombardo (Brescia, 14-15 febbraio) e poi al congresso provinciale dei contadini (Cremona, 27-28 marzo).
Nel corso di quello stesso anno, in giugno, trasferitosi a Corteolona, vicino Pavia, organizzò la sezione locale del PSI e appoggiò la candidatura di W. Mocchi; il 10 luglio fondò il periodico La Parola dei poveri che, durante la sua breve esistenza, appoggiò la costituzione di cooperative.
Stabilitosi a Novara, il G. assunse la carica di segretario della locale Camera del lavoro e diresse il settimanale socialista Il Lavoratore (settembre 1904 - aprile 1906). Come dirigente sindacale, nel 1905 organizzò gli scioperi dei ferrovieri e delle mondine, subendo un primo processo per "adunata sediziosa", da cui venne assolto per l'energica difesa dell'avvocato P. Gherardini. Trasferitosi a Biella, il 9 apr. 1906 assunse la direzione del periodico Il Corriere biellese che tenne sino al 3 genn. 1909. Nella duplice veste di delegato e di direttore del periodico biellese, il G. partecipò al IX Congresso nazionale socialista (Roma, 7-10 ott. 1906), dove tenne un'ampia relazione sui rapporti tra partito e sindacato.
Durante la permanenza a Biella, il G. - insieme con R. Rigola e D. Rondani - appoggiò le lotte operaie dei tessitori delle fabbriche di Mongrando e di Andorno. Sulle colonne del suo giornale dedicò largo spazio alle loro rivendicazioni, polemizzando con gli industriali che intendevano trattare direttamente con i loro dipendenti: l'azione del G. mirava a combattere la pregiudiziale sulla rappresentanza sindacale e a rilanciare in particolare la Lega tessile come componente fondamentale della Camera del lavoro.
Processato per alcuni articoli antimilitaristi, il 19 febbr. 1908 fu condannato a un anno e 15 giorni di carcere ma si sottrasse alla cattura riparando a Lugano. Il 7 febbr. 1909, ritornato a Biella, fu arrestato, ma grazie a un indulto scontò solo 15 giorni di pena.
A Biella il G. aveva conosciuto B. Buozzi, e su invito di quest'ultimo il 21 sett. 1911 si trasferì a Torino, assunto come funzionario dalla Federazione italiana operai metallurgici (FIOM); ebbe, inoltre, l'incarico di dirigere il periodico della categoria, Il Metallurgico. Dall'8 sett. 1912 al 1° maggio 1913 fu anche redattore del settimanale La Battaglia sindacale, sorto allo scopo di contrastare l'estremismo dei gruppi sindacalisti rivoluzionari.
Su questo fronte il G. si qualificò come uno dei più validi collaboratori di Buozzi, del quale condivideva il "riformismo pratico", ovvero un sindacalismo moderato diretto a migliorare concretamente e per gradi la condizione dei ceti operai.
Scoppiato il conflitto mondiale, il G. partecipò alla campagna contro la guerra promossa dai socialisti torinesi. Il 13 sett. 1915 il G. fu nominato segretario della Camera del lavoro di Torino; si impegnò attivamente nella difesa dei lavoratori inviati al fronte e nel soccorso alle loro famiglie. Al Congresso nazionale della FIOM (25 giugno 1916), entrò a far parte della segreteria generale sostenendo, insieme con Buozzi ed E. Colombino, la partecipazione operaia ai comitati regionali di mobilitazione industriale e, nello stesso anno e sempre insieme con Colombino, fu scelto come rappresentante dei metallurgici nel comitato centrale per la mobilitazione industriale.
Nell'ambito dei comitati la sua azione fu guidata, oltre che dalla volontà di tutelare l'attività sindacale, anche dall'intenzione di impedire agli industriali di "profittare della cosiddetta unione sacra per negare miglioramenti alla classe lavoratrice"; con particolare riferimento alla condizione degli operai metallurgici pubblicò sull'Avanti! una serie di articoli per smentire la voce che questi godessero di una situazione economica privilegiata (Avanti!, 23, 26, 27 febbr. 1918).
Il 23 apr. 1918 organizzò uno sciopero alle officine del Lingotto per la riduzione dell'orario di lavoro, senza però ottenere risultati concreti di fatto raggiunti solo nel febbraio dell'anno successivo.
Nel corso del "biennio rosso" il G., come gli altri dirigenti della FIOM, si trovò a dover far fronte a una situazione di pesante conflittualità, contraddistinta da un massiccio aumento degli scioperi e da uno stillicidio di piccole e grandi vertenze. Sulle colonne del Metallurgico e dei quotidiani romani Il Tempo e Il Paese, il G. cercò di sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo alle conquiste del sindacalismo riformista tentando anche di evitare che l'ondata di conflittualità si propagasse ad altri settori dell'industria torinese.
Questa presa di posizione gli causò violenti attacchi da parte di G.M. Serrati che, sull'Avanti!, lo accusò di tradire la causa della classe operaia favorendo comportamenti compromissori. Il G., allora, indirizzò una lettera all'organo socialista in cui difendeva l'indipendenza della sua attività pubblicistica e riconfermava i suoi principî socialisti.
In effetti il G. non si oppose alla costituzione dei consigli di fabbrica, cercando piuttosto sia di smussarne le punte più eversive rispetto alla consueta prassi sindacale sia di ricondurli nell'ambito di un più cauto progetto di "controllo sindacale"; in conclusione, nel congresso straordinario della Camera del lavoro tenuto a Torino nel dicembre 1919, il G. presentò un ordine del giorno che, per le riserve espresse sui consigli di fabbrica, ottenne solo 26.000 voti contro i 38.000 in favore di quello presentato da G. Boero.
Nel 1920 le critiche di Serrati furono riprese su L'Ordine nuovo da A. Gramsci, il quale espresse giudizio negativo riguardo all'attività pubblicistica del G., accusato di essere stipendiato da troppe e differenti organizzazioni, di svolgere un'azione deleteria nel movimento operaio e di essere cedevole nei confronti del padronato torinese. Ne seguì un'acre e lunga polemica, che si protrasse per diversi mesi e toccò svariati e importanti questioni dibattute in quegli anni quali la molteplicità degli incarichi nel partito politico, la funzione degli intellettuali, la presenza di infiltrati nelle organizzazioni operaie, il ruolo del funzionariato sindacale e quello della FIOM nella vertenza FIAT (cfr. per es.: M. Guarnieri, Due veri fenomeni barnumiani, in Il Grido del popolo, XXVII [1921], 2; e A. Gramsci, L'ombra di Thiers, in L'Ordine nuovo, III [1921], 6).
Nel biennio 1920-21 il G., oltre a guidare l'ufficio stampa della FIOM, fu direttore del Grido del popolo, capo redattore del foglio Torino nuova e corrispondente torinese del Resto del Carlino e dell'Avanti!. Ma nella sua attività giornalistica non sembrano riscontrarsi elementi che confermino le critiche di Serrati e di Gramsci.
In un periodo di grave crisi economica, determinata dalla riconversione industriale seguita alla guerra, e della conseguente mobilitazione operaia, egli in realtà si distinse per l'insistenza con cui cercò di salvaguardare le 8 ore lavorative, i minimi salariali e il riconoscimento delle commissioni interne. Al V congresso della Confederazione generale del lavoro (Livorno, 26 febbraio - 3 marzo 1921), ritornò sul tema dei consigli di fabbrica e criticò i comunisti per la loro tendenza a subordinare la lotta sindacale a quella politica, ovvero a "dare maggiore importanza alle funzioni politiche che a quelle sindacali" (cfr. Relazione, p. 28).
Dopo la scissione di Livorno il G. aderì al Partito socialista unitario e collaborò con il gruppo riformista di F. Turati e di C. Treves. Dopo la marcia su Roma si trasferì a Milano dove, negli anni 1924-25, fu caporedattore de La Giustizia, organo dei riformisti milanesi, e pubblicò la prima raccolta antologica degli scritti di G. Matteotti per "rendere omaggio alla memoria di un combattente valoroso, caduto tragicamente nella guerra implacabile che sosteneva contro il regime della dittatura fascista" (Avvertenza, in G. Matteotti, Reliquie, a cura di M. Guarnieri, pref. di C. Treves, Milano 1924, p. 21).
Nel maggio 1925 ritornò a Torino, dove assunse la direzione dell'ufficio stampa della FIAT e collaborò per qualche tempo a La Stampa. Costretto a lasciare anche questa collaborazione per il suo impegno antifascista, il G. trovò lavoro prima come pubblicista e poi come impiegato presso la fabbrica Wamar. In seguito, l'abbandono definitivo dell'attività politica e la condotta non particolarmente ostile verso il regime convinsero le autorità a radiarlo, il 16 genn. 1931, dal casellario politico.
Dopo la caduta del fascismo, e fino al 1973, svolse l'attività di redattore della Libertà economica, giornale torinese dell'Associazione commercianti.
Il G. morì a Torino il 10 nov. 1974.
Tra i suoi numerosi scritti si ricordano: I tre otto, Biella 1906; La mobilitazione industriale. Relazione presentata al Congresso nazionale della Fiom (Roma, 1-4 nov. 1918), Torino 1918; La Federazione metallurgica durante la guerra, in Problemi del lavoro, II (1919), pp. 22-24; Assalti sindacalisti alla Federazione metallurgica, e La questione dei consigli operai nelle fabbriche, in Battaglie sindacali, 15 nov. 1919; La CGdL e l'esperimento torinese. Prima la cronaca, ibid., 1° maggio 1920; Maggio 1915. Torino rossa contro la guerra (in collaborazione con A. Leonetti), Milano 1920; Ricevuta di ritorno, in Il Grido del popolo, 1921, n. 13; Sul colloquio Buozzi-Mussolini, in La Giustizia, XXXVIII (1923), n. 3; I consigli di fabbrica, Città di Castello 1921; Relazione Guarnieri sui consigli di fabbrica, in M. Guarnieri - L. Colombino, Relazione sui consigli di fabbrica, X Congresso della Resistenza, V della Confederazione generale del lavoro, Livorno 1921, Milano [1921], pp. 27-36; Operai e tecnici nella fabbrica razionalizzata, Torino 1945; Controllo sulle industrie e socializzazione, ibid. 1945; Settembre 1920: occupazione delle fabbriche. Rivoluzione o no?, in Almanacco piemontese, 1970, pp. 118-121; Un indirizzo famoso: corso Siccardi 12. Storia intorno a un palazzo, ibid., 1977, pp. 36-49 (le pp. 45-49 comprendono una lettera del G. ad A. Viglongo e alcune considerazioni di quest'ultimo sull'attività sindacale del Guarnieri).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, f. 2562; A. Gramsci, Un socialdemocratico. M. G., in Lo Stato operaio, III (1925), n. 13; Il Partito socialista italiano nei suoi congressi, II, 1902-1917, a cura di F. Pedone, Milano 1961, p. 55; A. Gramsci, Scritti 1915-1921, a cura di S. Caprioglio, Milano 1968, pp. 155-161; Id., Per la verità. Scritti 1913-1926, a cura di R. Martinelli, Roma 1974, ad ind.; P. Spriano, Torino operaia nella Grande Guerra (1914-1918), Torino 1960, ad ind.; Id., Gramsci e l'Ordine nuovo, Roma 1965, pp. 33, 90; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, pp. 629, 632; V. Castronovo, Giovanni Agnelli. La biografia del fondatore della Fiat, Torino 1971, ad ind.; P. Spriano, Storia di Torino operaia e socialista. Da De Amicis a Gramsci, Torino 1972, ad ind.; A. Leonetti, Da Andria contadina a Torino operaia, Urbino 1974, pp. 173, 188; A. Andreasi, G. M., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, II, Roma 1976, pp. 604-606; La FIOM dalle origini al fascismo 1901-1924, a cura di M. Antonioli - B. Bezza, Bari 1978, ad ind.; Storia del movimento operaio, del socialismo e delle lotte sociali in Piemonte, III, L'età giolittiana, la guerra e il dopoguerra, Bari 1979, ad ind.; L. Morando, Le donne socialiste nel Biellese (1900-1918), Vercelli 1984, pp. 36, 41, 267, 268.