MARCUCCI, Mario
– Nacque a Viareggio il 26 ag. 1910, penultimo dei sette figli di Carlo, capitano di piccolo cabotaggio, e di Adele Mallegni.
Conseguita la licenza media inferiore nel 1924 presso la scuola tecnica comunale di Viareggio, dopo avere svolto svariati lavori, all’età di diciassette anni s’imbarcò con il padre e il fratello maggiore. Nelle pause di lavoro coltivava la passione per il disegno e per la pittura, in cui si era cimentato da autodidatta sin da fanciullo.
L’ambiente familiare, semplice ma di radicati valori e solidi sentimenti, costituì un forte punto di riferimento affettivo e improntò la vita del M. a un’austerità di costumi che contraddistinse anche il suo fare pittorico («povertà che non è solo umiltà ideale o castità e semplicità di mezzi espressivi, ma […] uno strumento drasticamente selettivo di percezione formale, di visione del mondo»: Garboli, p. 12), come conferma il frequente utilizzo di supporti casuali quali la pagina di un giornale, un foglio di quaderno, il fondo di una scatola, la matrice di un bollettario di vendita, il rovescio di una cartolina, un pezzo di carta da pacchi.
Fin dalle prime opere, degli anni 1927-30, il M. predilesse la pittura a olio e l’acquerello, mostrando attenzione verso soggetti tratti dall’ambiente domestico e familiare, dando prova di «una pittura libera, irriflessa, spontanea» e di «scarso interesse per la messa in evidenza del disegno», come testimonia Carrozza viareggina durante la sosta del 1930 (Antognoli, p. 33). Sostanzialmente naïf, tra i sedici e i diciotto anni egli subì comunque l’influsso dei macchiaioli, in particolare di S. Lega e G. Fattori, dei quali aveva potuto vedere alcuni quadri nelle esposizioni estive al caffè Barsanti di Viareggio.
Durante il servizio di leva (1930-32), che svolse come furiere nella R. Marina a La Spezia, strinse amicizia con i concittadini coetanei Mario Tobino, psichiatra e scrittore, che ha lasciato testimonianza di questa lunga consuetudine nel racconto Il barattolo rosso compreso in Sulla spiaggia di là dal molo (Milano 1966), e con Cesare (Luca) Ghiselli, scrittore e poeta. Con questo il M. instaurò un sodalizio artistico, che ebbe molta importanza sulla sua formazione.
Il M. ottenne il primo riconoscimento nel 1932, quando, ancora militare, presentando Cabine sul mare vinse un premio di 1000 lire, risultando primo al concorso di pittura organizzato in occasione del premio letterario Viareggio.
Dopo il congedo militare, il M. rientrò a Viareggio, dove, dal 1933 al 1938 tenne l’amministrazione di una barca da pesca e rinsaldò l’amicizia con Ghiselli e Tobino, con i quali soleva discutere di pittura e poesia in una casupola in legno presso la spiaggia di Levante. Insieme frequentarono l’Eolo, il caffè-cinema-teatro sul lungomare di Viareggio, dove il M. ebbe modo di confrontarsi con i tanti pittori e letterati che frequentavano la Versilia.
Fondamentale fu l’incontro con Gino Parenti che, nel 1934, recensì la mostra del M. tenuta al Kursaal (il casinò allora esistente a Viareggio), soffermandosi su due autoritratti a olio del 1933 (collezione privata: ripr. in M. M.: autoritratti…, tavv. III s.).
Attraverso Parenti, il M. si avvicinò all’opera di Scipione (Gino Bonichi) e M. Mafai, da cui derivò, dalla metà degli anni Trenta, una pittura «dominata da una visione atmosferica della realtà» (Parronchi, 1968, p. 35), della quale è testimonianza Figura di ragazza (1935: collezione privata: ripr. in 100 opere di M. M.…, tav. IV).
Nel 1937 il M. vinse, ex aequo con Fabio Sargentini, il premio Viani in un concorso per artisti toscani annesso alla settima edizione del premio letterario Repaci, ottenendo la stima di Carlo Carrà, che lo presentò nelle pagine dell’Ambrosiano come giovane pittore promettente.
Negli anni seguenti il M. ottenne tuttavia riconoscimenti più da parte di letterati e poeti che da critici d’arte. Al settembre 1939 risale l’incontro con Alessandro Parronchi, che lo introdusse nella cerchia dei letterati residenti a Firenze, tra cui Mario Luzi, Eugenio Montale, Carlo Betocchi, Romano Bilenchi e Antonio Delfini, i quali trovarono nelle opere del M. il corrispettivo pittorico del loro sentire poetico.
Nell’ottobre 1939 il M. si trasferì per breve tempo a Firenze in una stanza in affitto a piazza Donatello; ma già un mese dopo fu richiamato alle armi e inviato in Sardegna, nell’isola della Maddalena, dove rimase, salvo brevi interruzioni, dal novembre 1939 all’inizio del 1941.
Il periodo trascorso alla Maddalena fu essenziale per la pittura del M.: la luce si incorpora al colore, l’ombra viene abolita e diventa materia-colore che sorge dal fondo, come una boule de lumière (Parronchi, 1942, p. 17), la sua arte attinge «una piena maturità di stile» (Id., 1985, p. 15). Appartengono a questo periodo Porta de La Maddalena (1939 circa: Viareggio, collezione privata), Paesaggio (La Maddalena) (1939: Ibid., collezione Annamaria e Vittorio Baccelli), Paesaggio de La Maddalena (1940: Lucca, collezione privata), Porta aperta (1940: Viareggio, collezione privata), Porta (1940: Firenze, collezione Romano Bilenchi).
Nel 1940 il M. espose nella galleria Il Milione a Milano, presentato da Antonio Delfini, che per primo mise in rapporto la sua pittura con quella di Giorgio Morandi, raffronto divenuto successivamente canonico così come quelli con Ottone Rosai e Filippo Tibertelli De Pisis.
Il riconoscimento, a livello nazionale, della sua opera avvenne nel 1941 quando il M. vinse il terzo premio Bergamo, allora il concorso artistico di maggior prestigio in Italia dopo la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma, cui aveva partecipato con Fiori (ubicazione ignota), un piccolo Autoritratto (1939-40: collezione privata) e un Paesaggio (ubicazione ignota) realizzato alla Maddalena.
Trasferito a Pola e a Livorno, dopo il congedo dal servizio militare (25 luglio 1944), il M. fu ospite di Parronchi nei pressi di Greve in Chianti, nelle cui vicinanze ritrovò la famiglia sfollata da Viareggio.
La pittura di quegli anni è una pittura umbratile, che mostra un incupirsi dei toni tanto che gli oggetti sembrano emergere a mala pena dai colori bruni del fondo, come testimonia Patate (1943: Lucca, collezione privata, proveniente dalla collezione Carlo Cassola). A quel periodo appartiene anche Annaffiatoio (1943: Viareggio, collezione privata).
Dopo la Liberazione il M. si trasferì a Firenze, dove aprì uno studio in via dei Serragli, per tornare poi nuovamente a Viareggio. Appartengono a questo periodo il ritratto di Alessandro Parronchi (1945: Firenze, collezione Alessandro Parronchi) e il ritratto di Romano Bilenchi (1945-52: Ibid., collezione Romano Bilenchi).
Nel dopoguerra il M. mantenne una linea lontana da quelle correnti influenzate da ideologie politiche che dominavano il dibattito sull’arte, seguitando una pittura lirica di stampo intimista e dai modi pittorici corsivi, asciutti, improntata al tonalismo.
Di quel periodo sono Ragazzo con fiore (1947) e Orto (muro e ramo fiorito) (1948), entrambi a Viareggio in collezione privata, che mostrano come il maggiore interesse del M. fosse quello di conoscere come «di volta in volta la luce-colore renda percepibili le cose, sveli la loro consistenza non solo visiva ma anche emotiva» (Serafini, p. 14).
Dopo aver esposto alla galleria Il Fiore di Firenze nel 1945, vinse nel 1946 il premio Prato e nel 1948 prese parte alla V Quadriennale romana.
Nel 1948 il M. ottenne un importante riconoscimento con l’invito alla XXIV Biennale di Venezia, dove espose una natura morta, un paesaggio e tre ritratti, tra cui quello di Carlo Puccinelli (detto il Billi) (1947-48). In quell’occasione rimase colpito dalla pittura di P. Picasso: lo testimoniano alcune opere di riferimento cubista, come Darsena (1950), realizzate tra la fine degli anni Quaranta e i primissimi Cinquanta.
Nel 1949 il M. espose alla Vetrina di Chiurazzi a Roma, presentato da Aldo Palazzeschi. È di quell’anno Autoritratto (1949: Firenze, Galleria degli Uffizi, Collezione degli autoritratti).
Partecipò alla Biennale di Venezia ancora nel 1950 e nel 1954, e vinse alcuni premi tra cui «8x10» a Roma nel 1951, il quinto premio Michetti a Francavilla al Mare nel 1953 e il premio Il Fiorino a Firenze nel 1954, in cui espose Autoritratto (1954: Firenze, Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti).
Si trasferì quindi per qualche anno a Roma; il soggiorno fu stimolante per gli incontri e i rapporti personali, come quello con Alberto Moravia che nel 1954 presentò una personale del M. alla galleria Il Pincio, ma non portò conseguenze avvertibili nella sua pittura (Garboli, 1987, p. 13). Risale a quel periodo Porta arancione (terrazzo romano) (1954 circa: Viareggio, collezione Paoli).
Dal 1954 la partecipazione del M. alle rassegne artistiche più importanti si fece meno assidua: tra le rassegne principali fu invitato a prendere parte alle Quadriennali romane fino al 1965 e, nel 1960, alla mostra tenuta a Ferrara sul «Rinnovamento dell’arte in Italia dal 1930 al 1945».
Al breve periodo romano seguì un nuovo soggiorno fiorentino, che durò fino all’alluvione del 4 nov. 1966, quando, distrutto dall’acqua il suo atelier, il M. rientrò definitivamente a Viareggio, con Carla Emilia Fontanini, che sposerà il 23 sett. 1985.
Nel 1968 la galleria d’arte Farsetti di Prato gli dedicò una mostra di cento opere raccogliendo in catalogo i contributi dei suoi maggiori estimatori, mentre le Edizioni Pananti di Firenze dettero inizio nel 1984 alla pubblicazione dei Quaderni Marcucci, piccole raccolte tematiche a corredo di mostre, stampandone cinque numeri, fino al 1987.
Nel 1984, prima di essere colpito da un ictus, che lo portò alla quasi completa cecità, il M. si dedicò all’imitazione dei pittori italiani del Medioevo con opere quali Madonna da Giotto (Viareggio, collezione privata) e a imitazioni da Masaccio (per esempio Dal tributo, 1974), al quale è stato accostato per la solidità della pittura.
Negli anni Ottanta espose presso le gallerie Farsetti di Prato, Il Milione di Milano e Pananti di Firenze; mentre a Viareggio fu allestita una mostra personale in occasione del sessantunesimo premio letterario Viareggio-Repaci, nel 1990.
Il M. morì a Viareggio il 2 maggio 1992.
Oltre alle opere citate, nella Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti a Firenze sono conservate Cabine a Follonica, 1932; Paesaggio, 1940; Strada, 1942; Piazzetta, 1946 circa; Piazza Piave, 1946. Se non diversamente indicato, per le opere citate si fa riferimento a M. M.: 1910-1992. Gli occhi del Novecento.
Fonti e Bibl.: Viareggio, Comune, Arch. dell’Ufficio di stato civile; C. Carrà, Mostra d’arte a Viareggio, in L’Ambrosiano, 31 luglio 1937; A. Parronchi, M. M., Firenze 1942; Id., Lavoro di M., in Id., Pregiudizi e libertà dell’arte moderna, Firenze 1964, p. 276; 100 opere di M. M. (catal.), Prato 1968; M.: imitazioni da Masaccio (catal., galleria Pananti), a cura di A. Parronchi, Firenze 1975; M. M.: la luce ininterrotta (catal., galleria del Milione), a cura di C. Garboli, Milano 1985; M. M.: autoritratti dal 1933 al 1981 (catal., galleria Farsetti), Milano 1985 (presentazione di A. Moravia); C. Garboli, La fortuna di M., Firenze 1987; M. Cancogni, in M. M.: acquerelli, Firenze 1987, pp. 7-11; Omaggio a M. M. 61° premio Viareggio-Repaci (catal., Viareggio), Firenze 1990; Il Premio Bergamo 1939-1942. Documenti, lettere, biografie (catal., Bergamo), a cura di M. Lorandi - F. Rea - C. Tellini Perina, Milano 1993, pp. 42-44, 234 s.; Omaggio a M. M. (catal., Crevalcore-Medicina-Grizzana Morandi), a cura di M. Pasquali, Firenze 1993; M. M.: 1910-1992. Gli occhi del Novecento (catal.), a cura di A. Serafini, Lucca 2005 (in part., A. Serafini, M. M., Gli occhi del Novecento, pp. 11-21; P.E. Antognoli, M. M.: note sulla formazione, pp. 31-40; E. Crispolti, Per il M. «romano», pp. 59-64).