MAZZA, Mario
– Nacque a Genova, il 7 giugno 1882, da Alfonso, tipografo, e da Maria Nicora.
Primogenito di sette figli, studiò nella sua città presso il ginnasio Andrea Doria e l’istituto Cristoforo Colombo, con una breve ma significativa esperienza, a quindici anni, presso il collegio salesiano di Varazze, dove insegnava l’insigne botanico G. Gresino: lì il M. ebbe occasione di sviluppare la sua predisposizione per le scienze naturali, campo nel quale indirizzò la scelta degli studi universitari.
Necessità economiche indussero il M. a percorrere la via dell’insegnamento elementare: ottenuta la licenza magistrale presso la scuola normale di Oneglia e compiuto il periodo di tirocinio, il M. prese servizio nell’anno scolastico 1905-06 presso le scuole elementari S. Angeli di Genova, dove insegnò fino al 28 febbr. 1921. Nel frattempo (1905) si era iscritto alla facoltà di lettere e filosofia, dove si laureò nel 1912 con una tesi su «La pedagogia sperimentale». A quegli anni risale anche il contatto con U. Pizzoli, fondatore dell’Istituto pedagogico sperimentale di Crevalcore presso Bologna. La forte motivazione che il M. investì nella missione educativa fu spesa fin dall’inizio anche al di fuori delle mura scolastiche.
Già nel 1904 aveva cominciato con alcuni colleghi universitari un’attività volontaria di doposcuola rivolta a giovani sottratti alla strada, che ebbe sede presso il vecchio oratorio della chiesa di S. Nicolosio; sorse così la prima «Gioiosa», il cui nome rimandava esplicitamente all’attività dell’educatore umanista Vittorino da Feltre. Il progetto pedagogico del M. mirava a un vasto movimento di iniziative per l’educazione popolare, sostenuto, in tutta l’Italia, dall’opera di volontari capaci di superare l’impostazione della scuola tradizionale e uniti da un comune motivo ispiratore: la centralità della questione educativa nell’opera di costruzione dell’identità nazionale degli Italiani.
Questo intendimento fu illustrato nel 1905 in un opuscolo dal titolo Juventus juvat - Organizzazione nazionale per l’educazione, firmato dal M. insieme con M. Ratto e G. Paganini. Le espressioni di diniego raccolte fra le personalità della cultura che erano state interpellate per costituire il gran consiglio della Juventus juvat indussero a ridimensionare il proposito originario, ma l’iniziativa del M. proseguì in ambito locale.
L’incontro con lo scautismo di R. Baden-Powell avvenne nel 1910, in seguito alla nascita dei Ragazzi esploratori italiani (REI) di F. Vane e R. Molinari. Insieme con J.R. Spensley, medico inglese attivo in diverse iniziative benefiche e sportive, il M. volle costituirne la sezione genovese, facendovi confluire la Gioiosa.
Nel metodo scout egli vide parecchie affinità con quanto andava sperimentando, già da qualche anno, nella scuola e fuori tanto che, pur essendosi in seguito allontanato dai REI (1912) accusando la dirigenza locale di averne compromesso il carattere apolitico, egli diede alla nuova Gioiosa, sorta presso il chiostro delle Vigne, caratteri esplicitamente ispirati allo scautismo.
Dal nuovo corso della Juventus juvat scaturì l’organizzazione dei Ragazzi esploratori cattolici italiani, alla quale, con il sostegno iniziale di alcuni esponenti della locale Gioventù cattolica italiana (GCI) e, per loro tramite, dell’autorità ecclesiastica, il M. diede consistenza con la fondazione di altre Gioiose nell’ambito della diocesi.
Il 16 genn. 1916 la GCI e la Federazione delle attività sportive cattoliche italiane dettero vita all’Associazione scautistica cattolica italiana (ASCI). Con essa il metodo di Baden-Powell, che nel mondo ecclesiale aveva suscitato forti resistenze da parte della gerarchia e dell’opinione più tradizionalista, otteneva ufficialmente cittadinanza fra le organizzazioni giovanili cattoliche.
L’approvazione ecclesiastica ad experimentum dello statuto della Juventus juvat, ottenuta nel 1915, pose il M. nelle condizioni di poter aderire all’ASCI rivendicandovi un ruolo da precursore. Nominato commissario regionale per la Liguria, egli ottenne dal conte M. Gabrielli di Carpegna, commissario centrale dell’ASCI, che le unità da lui fondate conservassero la denominazione di Gioiosa e che ad alcune di esse fossero assegnati i primi numeri di matricola.
Nel 1917 il M. fu nominato commissario ispettore dell’ASCI, con il compito di supportare il consolidamento tecnico e metodologico delle unità che sorgevano sul territorio nazionale. Nello stesso anno pubblicò di sua iniziativa il periodico L’Esploratore italiano, vissuto pochi mesi.
Agli occhi del M. lo scautismo si innestava quasi senza soluzione di continuità nella sua precedente riflessione pedagogica, alla luce delle cui prospettive religiose e nazionali egli si sentiva libero di reinterpretarne il metodo. Al contrario Carpegna, anche in virtù di una formazione che gli consentiva di partecipare direttamente alla dimensione internazionale del movimento – mentre il M. ne ebbe una prima significativa esperienza con il jamboree (raduno) del 1920 – e di un rapporto stretto quanto disinibito con la gerarchia ecclesiastica, preferì indirizzare l’ASCI su una linea di fedeltà all’archetipo britannico, facendosi custode dell’originalità del metodo e dell’autonomia dell’Associazione in campo politico ed ecclesiale.
Per questa differenza di impostazione, ma soprattutto per le tensioni che contrapposero il M. ai vertici romani, restò insoddisfatta la sua aspettativa di vedersi riconosciuto un ruolo di primo piano nell’organizzazione scout, che lo aveva spinto a lasciare l’insegnamento per trasferirsi nella capitale (1921). Dopo la morte di Carpegna, nel 1924, egli coltivò invano la speranza di succedergli.
Avvicinatosi con la moglie Lisa De Nardo (sposata a Genova il 18 maggio 1914) alla Compagnia di S. Paolo, nel 1925 il M. cominciò a collaborare con l’Opera cardinal Ferrari di Milano, per incarico della quale organizzò a Roma la prima casa del fanciullo.
Le case – altre ne sorsero poi a Roma, Milano, Genova e Venezia – offrivano ai ragazzi attività ludiche e di laboratorio in un contesto poco formalizzato. Nell’ambito della sua collaborazione con l’Opera cardinal Ferrari, il M. ne diresse inoltre l’istituto tecnico e il settimanale per ragazzi Il Corrierino.
L’istituzione dell’Opera nazionale Balilla (ONB) comportò la soppressione delle organizzazioni concorrenti, fra cui fu annoverata l’ASCI, che già era stata particolarmente esposta alla violenza squadrista. Nel 1928 i vertici prevennero l’iniziativa governativa deliberandone lo scioglimento. Il M., che avrebbe voluto essere tenuto in considerazione come possibile tramite per una soluzione di compromesso con il regime, deplorò l’esito della crisi.
Rispetto al suo ideale di ricomposizione dell’identità nazionale e religiosa degli Italiani attraverso l’educazione – che è forse il riferimento principale per comprendere il favore con cui egli guardò per alcuni anni al regime – lo scautismo era pur sempre un mezzo e non un fine: non avendo assunto consistenza l’ipotesi di «fascistizzare» gli scout per garantirne la sopravvivenza, il M. coltivò il proposito di «scautizzare» i balilla, cercando per un po’ di tempo di tenersi in contatto con alcuni educatori dell’ASCI per incanalare nell’ONB le motivazioni e gli strumenti che essi avevano investito nell’esperienza scout.
Interrotta la collaborazione con l’Opera cardinal Ferrari, nel 1928 il M. prese servizio come insegnante straordinario presso la scuola elementare N. Tommaseo di Roma, tornando a sviluppare nell’ambito scolastico un percorso sperimentale eclettico, segnato via via dalle suggestioni positiviste degli esordi, dall’incontro con l’idealismo e infine con il personalismo. Venuto a contatto con i pedagogisti G. Lombardo Radice, N. Padellaro, L. Volpicelli, G. Gabrielli, V. Chizzolini, M. Casotti, M. Agosti, ebbe collaborazioni significative con L’Educazione nazionale, I Diritti della scuola, Scuola italiana moderna.
Dopo avere insegnato, fra il 1932 e il 1935, presso la scuola parificata pontificia Pio X, nel 1937 il M. ottenne la direzione della scuola sperimentale L. Franchetti, dove poté proseguire su larga scala i suoi esperimenti, caratterizzati da una dichiarata sintonia con i principî della scuola attiva.
Dopo la caduta del regime e la liberazione di Roma, il 27 luglio 1944 la Commissione centrale per l’epurazione sospese il M. dalle sue funzioni, ma l’8 febbr. 1945 ne accolse il ricorso, deliberandone la reintegrazione nei ruoli dell’insegnamento elementare. Dall’amministrazione scolastica il M. fu poi distaccato alla Pontificia opera di assistenza come consulente pedagogico; inoltre collaborò con l’Istituto Paedagogium, promosso dall’Università cattolica del Sacro Cuore e dall’editrice La Scuola per la formazione dei docenti. La ricostituzione dell’ASCI a partire dal 1943 lo vide fra i protagonisti.
Nonostante l’autorità riconosciutagli in campo tecnico e formativo, la tardiva presa di distanza dal regime fu tra i fattori che limitarono drasticamente le sue prospettive di carriera all’interno dell’organizzazione scout; il M. continuò tuttavia a occuparsi dei campi scuola per gli educatori e si impegnò nello scautismo per adulti, fondando nel 1954 il Movimento adulti scout cattolici italiani (MASCI).
Nel 1951 la sua aspirazione a dirigere un istituto modello che fosse anche luogo di formazione per i docenti, a stretto contatto con un contesto sperimentale, trovò una via di realizzazione nel collegio dell’Ente nazionale assistenza orfani dei lavoratori italiani (ENAOLI) che ebbe sede inizialmente a Cortona, fra i ruderi in parte ristrutturati dell’antico convento di S. Margherita.
Nel 1953 il M. trasferì l’istituto a villa Bernini Buri, una residenza settecentesca alla periferia di Verona, dove abitò fino alla morte, avvenuta il 21 nov. 1959.
Nella storia della pedagogia italiana, nonostante la notorietà raggiunta per alcuni anni come autore di testi di didattica e di narrativa per ragazzi – fra cui il fortunato Gioia (Brescia 1950) per le scuole elementari e i racconti di Pipper mint. Avventure di un ragazzo che non voleva diventare esploratore (ibid. 1948) – e per quanto il suo primo biografo G. Zanini abbia sottolineato l’originalità del «metodo naturale» del M. per l’apprendimento della lettura (Il metodo naturale nella I classe, Brescia 1949) rispetto al metodo globale di O. Decroly, il M. viene ricordato soprattutto come colui che intese applicare all’ambiente scolastico i principî dello scautismo, al di là delle dimensioni più ampie dei suoi interessi pedagogici ed esperienze didattiche.
Fonti e Bibl.: Genova, Associazione Centro studi e documentazione scout Mario Mazza, Arch. Mario Mazza; G. Zanini, M. M., profilo di un educatore, Genova 1984; A. Trova, Alle origini dello scautismo cattolico in Italia, Milano 1986, ad ind.; M. Gecchele, La personalità e l’opera di M. M., in Scautismo ed educazione alla pace, a cura di E. Butturini - M. Gecchele, Verona 1998, pp. 149-217; M. Sica, Storia dello scautismo in Italia, Roma 2006, passim; V. Schirripa, Un pacifisme inachevé? L’itinéraire des scouts catholiques italiens au-delà du militarisme, in Pour la paix en Europe. Institutions et société civile dans l’entre-deux-guerres, a cura di M. Petricioli - D. Cherubini, Bruxelles 2007, pp. 407-428. Si vedano inoltre: U. Barbano, M. M., in Enc. italiana della pedagogia e della scuola, III, Roma 1970, p. 646; Diz. stor. del movimento cattolico italiano, 1860-1980, III, Casale Monferrato 1984, s.v.; Enc. pedagogica, Brescia 1990, sub voce.