• Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X

PELINO, Mario

di Ezio Mattiocco - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)
  • Condividi

PELINO, Mario

Ezio Mattiocco

– Nacque a Sulmona, in provincia dell’Aquila, da Alfonso ed Anna Susi il 24 agosto 1892, penultimo di sei figli (Achille, Carolina, Riccardo, Nina, Mario, Elisa).

Frequentò la locale Scuola d’Arte e Mestieri, distinguendosi, in particolare, nella grafica e nella plastica (suoi elaborati, tra i quali un autoritratto modellato in argilla, si conservano nel Museo dell’Arte e della Tecnologia Confettiera annesso alla fabbrica di confetti di via Stazione Introdacqua in Sulmona). Abbandonò la scuola prima di aver conseguito la maturità per lavorare nell’azienda di famiglia, della quale assunse la direzione alla morte del padre.

Il casato dei Pelino, originario di Introdacqua (Aq), da generazioni operava nel campo della mercatura dei liquori e dei confetti; Berardino di Francesco Pelino, vissuto nella seconda metà del XVIII secolo, si era dedicato alla viticoltura e al commercio delle mandorle, la cui produzione locale – prima che il prosciugamento del lago Fucino inducesse sensibili mutamenti climatici anche nella Conca Peligna – era ragguardevole e costituiva una fonte di reddito sussidiario non trascurabile per i piccoli proprietari terrieri della zona. Frutto ben quotato sui mercati, essiccato o tostato che fosse, rappresentava assieme allo zucchero un costituente essenziale – se non esclusivo – del confetto classico. Il figlio Panfilo allargò i propri interessi alla produzione del vino e, dopo di lui, il figlio Francesco Paolo incrementò notevolmente il fatturato dell’azienda, accumulando una buona fortuna che consentì alla numerosa prole di ampliare l’attività in settori disparati. Il primogenito Panfilo esordì come grossista di polvere da mine, poi attivò un cementificio in provincia di Pescara; l’altro figlio Luigi, trasferitosi a Sulmona, negoziò in liquori e paste alimentari e lo stesso fece l’altro figlio Antonio, rimanendo però legato al borgo natio. Alfonso, nato nel 1858, ultimo dei figli maschi, nel 1883 si trasferì anch’egli nella vicina città ovidiana, aprendo un esercizio di liquori e generi coloniali, e una piccola fabbrica di confetti nel centro urbano, nei pressi di quella che allora era piazza Maggiore, poi intitolata all’Eroe dei Due Mondi.

Sulmona vantava una secolare tradizione nella fabbricazione dei confetti, che in epoca preindustriale consisteva nel far aderire zucchero di canna cristallizzato attorno ad un nucleo costituito essenzialmente, ma non necessariamente, da una mandorla, secondo una tecnica segreta che i confettieri di casa Pelino pare si tramandino di padre in figlio, ricetta che esclude tassativamente l’uso di amido e collanti di altro genere che, allora come oggi, ne sminuiscono la bontà.

L’origine dei confetti è oscura: chi la riferisce addirittura ai Romani, chi agli arabi, chi ai longobardi; sicuramente, anche se non proprio assimilabili alle odierne confetture, erano ben conosciuti già nel Trecento. Folgore da San Gimignano li menziona nel XV dei sonetti scritti per l’armamento di un cavaliere; “greco e confetti” furono fatti venire durante la quinta giornata del forzato esilio di boccaccesca memoria, per rinfrancare Andreaccio affaticato per «ragionamenti lunghi ed il caldo grande»; dell’usanza di lanciarli nei matrimoni ne accenna, nel Quattrocento, Vespasiano da Bisticci. Talora furono finalizzati a scopi meno nobili: confetti avvelenati – a dir di Giovanni Villani – furono mandati da Manfredi al giovane Corradino di Svevia.

Anche delle confecture sulmonesi, intendendo con tale termine più che frutta sciroppata – come vogliono alcuni – quasi sicuramente nuclei di mandorle o noci rivestiti di miele in qualche modo cristallizzato, si hanno indizi fin dal Trecento e tradizione vuole che già alla fine del secolo successivo monache e novizie di clausura del monastero benedettino di Santa Chiara in Piazza Maggiore li intrecciassero con nastri colorati e fili di seta, ricavandone cestini, grappoli, spighe e fantasiose composizioni floreali. In speciali occasioni e in ricorrenze solenni, queste leccornie infiocchettate venivano offerte a principi, personaggi illustri ed ecclesiastici di alto rango, quasi sempre conservate in pregiate confectere di varia forma e dimensione. Spesso, infatti, queste bomboniere ante litteram erano lavorate in metallo cesellato, rifinite a bulino e impreziosite da smalti policromi, veri capolavori di oreficeria, arte in cui gli argentieri sulmonesi eccelsero nel medioevo. Con l’avvento della canna da zucchero prima e col diffondersi dello zucchero di barbabietola poi, la produzione sulmonese fece registrare impennate eccezionali. A metà Ottocento le fonti attestano dodici fabbriche capaci di sfornare 100.000 chilogrammi all’anno di confetture di ogni sorta: di cedro, limone, mandorle, fragole, arancio, menta, pistacchio, cacao etc. Tanta floridezza fu seriamente compromessa dopo l’unità d’Italia dalle molte fabbriche aperte altrove e dalla concorrenza francese che sottraeva larghe fette di mercato ai piccoli produttori abruzzesi.

In una fase di declinante fortuna del confetto, Alfonso Pelino arrivò a Sulmona pieno di iniziative, tese a ridare ossigeno e prospettive al settore. Il modesto laboratorio impiantato nei pressi di piazza Maggiore fu solo una soluzione provvisoria, in attesa che lo stabilimento progettato alla periferia dell’abitato, completato l’iter burocratico, divenisse operativo. Nel 1905 era una realtà, capace di mettere a frutto le innovazioni tecnologiche offerte in particolare dall’uso industriale della corrente elettrica, destinate a rivoluzionare la tradizionale lavorazione manuale.

Per affiancare la produzione di confetti e delle artistiche bomboniere, entrò in funzione il settore liquori con alcune specialità tipiche della casa, quindi quella del “citrato di magnesia”, commercializzato con l’etichetta di “citrato effervescente”, prodotto secondo una nuova ricetta e con i nuovi macchinari inventati e brevettati dal figlio Mario che, seppur giovanissimo, lavorava ormai a tempo pieno nell’azienda di famiglia. In quei primi anni del Novecento la ditta Pelino andò allargando la sfera degli interessi commerciali, fino ad affermarsi decisamente in campo nazionale, conseguendo importanti riconoscimenti ed onorificenze nelle varie esposizioni in Italia e all’estero.

Nel 1920, intanto, Mario sposò Agnese Susi, figlia di un ricco proprietario terriero di Introdacqua, dalla quale ebbe quattro figli: Alfonso (7 gennaio 1922), Anna (11 marzo 1923), Olindo (9 febbraio 1924) e Giulia (6 febbraio 1929).

Alla morte del pardre Alfonso, il 30 maggio 1921, la fabbrica di via Introdacqua passò a Mario, che si mantenne rigorosamente fedele agli ideali paterni: qualità ed innovazione. Senza rinnegare il passato e la tradizione – fu lungimirante conservatore e raccoglitore di vecchie attrezzature e cimeli dell’era preindustriale – aprì alle nuove tecnologie; ancor prima di assumere la direzione dell’azienda fece impiantare, tra i primi in città, una linea telefonica che, oltre tutto, permetteva di contattare in tempo reale i punti vendita. Dotato di grandi capacità organizzative, accolse tra i suoi strumenti di lavoro la macchina da scrivere e fu convinto assertore della funzione essenziale della pubblicità. Nel 1912, fu tra i primi a Sulmona ad acquistare un’automobile che lo affrancò dalle rigide cadenze degli orari ferroviari, consentendogli autonomia e spostamenti tempestivi di indubbia utilità nella conduzione degli affari. Non per caso nel 1968 l’Automobil Club d’Italia gli conferì la medaglia d’argento come Pioniere del volante. Ma pur tra i molteplici impegni imprenditoriali, Mario Pelino riuscì a distinguersi in altri campi.

All’innata propensione per la grafica, che gli sarà d’aiuto nella progettazione di nuovi macchinari e strumenti di lavoro, associò la passione per la musica; fece parte di orchestre come primo e secondo violino, si dedicò all’insegnamento e compose valzer e ballate di un certo successo, tanto che il figlio Olindo nel suo Dizionario bibliografico del 1976 e quindi nel repertorio dei Personaggi di cultura del 1998, lo schederà come “musicista”.

Fu mecenate e presidente del Concerto musicale di Introdacqua, animatore del Gruppo corale di Sulmona e fondatore dell’Associazione musicale istrumenti con archi (AMICA), complessi che riscossero larghi consensi nelle manifestazioni folcloristiche e canore della regione. Fu presidente dell’asilo d’infanzia Regina Margherita di Sulmona, membro del Cda della Casa Santa dell’Annunziata, del Comitato di Patronato per l’Assistenza alle famiglie dei detenuti e della Commissione governativa della Congregazione di Carità; né fece mancare il suo apporto alla vita civile della città e della regione. Partecipò alla Grande guerra e nella seconda comandò la Milizia contraerea locale. Fu commendatore al merito della Repubblica Italiana.

Ricoprì numerosi incarichi: componente della Commissione Distrettuale delle Imposte Dirette, del Comitato comunale di disciplina del Commercio, rappresentante della Provincia nella Scuola Professionale Gentile Mazzara, nella Banca agricola industriale di Sulmona, nella Commissione dei tributi locali, Presidente dell’Associazione Commercianti e socio onorario della Cassa di Risparmio dell’Aquila.

In campo sportivo fu attivissimo nel promuovere manifestazioni di vario genere, finanziando in particolare squadre ciclistiche che, oltre a rappresentare un prezioso veicolo pubblicitario per la propria attività industriale, contribuirono alla diffusione dello sport tra i giovani, meritoria opera apprezzata dalla Federazione ciclistica italiana, che lo gratificò della medaglia d’oro.

Morì il 13 giugno 1973 a Sulmona.

La fabbrica con l’attività commerciale connessa fu ereditata dai figli Alfonso e Olindo che – intorno al nucleo di cimeli costituito da vecchi macchinari, arnesi, attrezzature e documenti, raccolti e conservati dal padre – crearono nei locali annessi allo stabilimento di via Introdacqua il Museo dell’Arte e della Tecnologia Confettiera, un unicum nel suo genere, ufficialmente riconosciuto dal ministero dei Beni Culturali con decreto del 23 gennaio 1992.

Fonti e Bibl.: Negli archivi locali esistono solo nomi di confettieri registrati nei catasti, ma nulla di attinente ai Pelino.

A. De Nino, Le confetture di Sulmona, in La Gazzetta di Sulmona dell’8 agosto 1874; P. Serafini, Scritti varii, Pescara 1913, pp. 185 s.; G. Susi, Il casato Pelino e la storia dei confetti di Sulmona, Sulmona 1962; O. Pelino, Dizionario bibliografico degli Abruzzesi, Sulmona 1976, pp. 86 s.; F. Sardi De Letto, La città di Sulmona, III, Sulmona 1978, pp. 225-232; F. Cercone, I Confetti di Sulmona fra storia e folklore, Sulmona 1985; O. Pelino, Personaggi di Cultura e di Arte nel Centro Abruzzo, Sulmona 1998, pp. 112 s.; Bicentenario della casa - 1783-1933, Sulmona 2000; indicazioni sull’azienda anche al sito www.confettimariopelino.com/

Categorie
  • BIOGRAFIE in Industria
Tag
  • FOLGORE DA SAN GIMIGNANO
  • VESPASIANO DA BISTICCI
  • PROVINCIA DELL’AQUILA
  • CORRADINO DI SVEVIA
  • EROE DEI DUE MONDI
Vocabolario
Marìa
Maria Marìa. – Nome proprio di donna, frequente nel mondo ebraico, forse di antica origine egiziana; in partic., nome della Madonna, madre di Gesù. Le tre Marie, Maria madre di Gesù, Maria di Cleofa e Maria di Magdala, le quali accompagnarono...
mariano²
mariano2 mariano2 agg. [dal lat. Marianus, der. del nome Marius «Mario»]. – Che si riferisce a Gaio Mario, uomo politico dell’antica Roma (157-86 a. C.), avversario di Silla nelle guerre civili: partito m. (e come sost., i mariani, i seguaci...
  • Istituto
    • Chi Siamo
    • La nostra storia
  • Magazine
    • Agenda
    • Atlante
    • Il Faro
    • Il Chiasmo
    • Diritto
    • Il Tascabile
    • Le Parole Valgono
    • Lingua italiana
    • WebTv
  • Catalogo
    • Le Opere
    • Bottega Treccani
    • Gli Ebook
    • Le Nostre Sedi
  • Scuola e Formazione
    • Portale Treccani Scuola
    • Formazione Digitale
    • Formazione Master
    • Scuola del Tascabile
  • Libri
    • Vai al portale
  • Arte
    • Vai al portale
  • Treccani Cultura
    • Chi Siamo
    • Come Aderire
    • Progetti
    • Iniziative Cultura
    • Eventi Sala Igea
  • ACQUISTA SU EMPORIUM
    • Arte
    • Cartoleria
    • Design & Alto Artigianato
    • Editoria
    • Idee
    • Marchi e Selezioni
  • Accedi
    • Modifica Profilo
    • Treccani X
  • Ricerca
    • Enciclopedia
    • Vocabolario
    • Sinonimi
    • Biografico
    • Indice Alfabetico

Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. © Tutti i diritti riservati

Partita Iva 00892411000

  • facebook
  • twitter
  • youtube
  • instagram
  • Contatti
  • Redazione
  • Termini e Condizioni generali
  • Condizioni di utilizzo dei Servizi
  • Informazioni sui Cookie
  • Trattamento dei dati personali