POMPEI, Mario
POMPEI, Mario. – Nacque a Terni il 3 febbraio 1903 da Carlo, giornalista corrispondente locale del Messaggero, e da Annalena Pia Fantozzi, maestra elementare.
Nel 1909, in seguito al passaggio del padre alla Tribuna, si trasferì a Roma con la famiglia, dove proseguì gli studi che avrebbe interrotto all’indomani del primo conflitto mondiale, durante la frequenza del ginnasio Torquato Tasso e della scuola di arti applicate di Francesco Randone. Fin dall’infanzia mostrò di possedere quel talento creativo poliedrico e fuori dal comune che presto lo avrebbe reso noto e apprezzato come illustratore, scenografo, scrittore, designer, autore teatrale, radiofonico e infine televisivo. Già durante gli anni di guerra organizzava insieme al fratello minore Franco degli spettacoli privati di marionette due dei quali, L’elisir di lunga vita e Giovannino senza terra, vennero rappresentati anche a villa Savoia per la famiglia reale.
Fondamentale per il futuro di Pompei fu l’incontro con Vittorio Podrecca, titolare del celebre Teatro dei piccoli, dove si allestivano spettacoli di marionette: una della realtà teatrali più avanzate del tempo, fucina di sperimentazioni «che per la stantia scenografia italiana dell’epoca rappresenta il guizzo, la scintilla di genialità liberatoria dalla […] tradizione basso-ottocentesca» (E. Gottarelli, in Mario Pompei, 1993, p. 101). Tra il 1919 e il 1923 il giovanissimo Pompei fu chiamato a disegnare per il Teatro dei piccoli, accanto ad artisti del valore di Fortunato Depero ed Enrico Prampolini, scene e costumi di una decina di spettacoli di marionette, da La gazza ladra a Cappuccetto rosso (per il quale collaborò con Prampolini), riscontrando un immediato successo di critica.
Contemporaneamente agli esordi in campo teatrale, dal 1921 iniziò la sua attività come illustratore sul periodico Noi e il mondo, cui fecero presto seguito Cuor d’oro, La Donna, Il giornalino della domenica, Vita femminile e Novella; testate nazionali che dettero modo al giovane Pompei di dimostrare la sua duttilità artistica e la sua capacità di lavorare con pari efficacia sia per il pubblico adulto sia per quello infantile. Negli anni seguenti collaborò a numerosissimi periodici, fra i quali ricordiamo Fanciullo, Le scimmie e lo specchio (dal 1923), il Corriere dei piccoli e Il Balilla (dal 1925), Lidel, Cordelia, Il Travaso delle idee (dal 1927), Mondo bambino, La Gazzetta del popolo – Sezione per i piccoli, Il dramma, Le grandi firme, Noi e il mondo, Marforio (ne fu redattore capo dal 1944), L’Espresso (dal 1945), La Gazzetta dei piccoli (dal 1946), Nostro figlio (dal 1953). L’attività da illustratore si estese anche al campo del manifesto (ne realizzò una trentina fra il 1923 e il 1957) e del libro: il primo fu Fratello di Podrecca, pubblicato nel 1922, data in cui Pompei partecipò anche, a Firenze, alla mostra «Artisti italiani del libro». In quello stesso anno venne fondato a Roma dai fratelli Bragaglia il Teatro degli indipendenti, di cui Pompei fu assiduo frequentatore, stringendo rapporti con Anton Giulio Bragaglia, il cui libro Jazz band illustrò nel 1929; contemporaneamente partecipava alle riunioni del Cenacolo, un gruppo di giovani intellettuali amanti del teatro al quale si univa spesso anche suo padre Carlo.
Nel 1923, mentre svolgeva il servizio militare, debuttò nel teatro di prosa, allestendo le scenografie degli spettacoli La signora delle Camelie e Romanzo, che segnarono l’inizio di una decennale collaborazione con l’attrice e regista russa Tatiana Pavlova, per la quale Pompei mise in scena sette spettacoli di successo e con cui intrecciò una trascinante relazione sentimentale. Nel 1925 incontrò Luigi Pirandello, che lo chiamò a collaborare come scenografo a vari spettacoli del suo Teatro d’arte. Da quel momento l’impegno di Pompei in campo teatrale divenne sempre maggiore, coinvolgendolo, oltre che come scenografo e costumista per varie produzioni e compagnie, anche come commediografo. In poco meno di un quarantennio di attività, dal 1919 al 1958, disegnò all’incirca 550 bozzetti di scenografie e migliaia di costumi per teatri italiani ed esteri, spaziando in tutti i generi teatrali, dall’opera lirica (fra l’altro lavorando presso il teatro dell’Opera di Roma dal 1935) alla prosa (per i fratelli De Filippo, Dina Galli, la compagnia Morelli-Cervi e altri); dal varietà (per Ettore Petrolini nel 1929, con Ottobrata e Nerone; Totò, Carlo Dapporto, le compagnie Viarisio-Tofano, Osiris-Macario e altre) all’operetta (collaborando dal 1934 all'iniziativa di teatro mobile Carro di Tespi promossa dall’Opera nazionale dopolavoro), fino al balletto, lavorando per molti coreografi e danzatori, tra cui Aurel Milloss e Attilia Radice (per un elenco dettagliato degli allestimenti teatrali di Pompei si rinvia a Mario Pompei, 1993, pp. 203 ss.).
Nel 1926 assunse il ruolo di direttore della messinscena presso la Compagnia stabile di Roma diretta da Francesco Prandi, che aveva sede presso il teatro Odescalchi e con cui collaborò fino al 1929 alla realizzazione di trentotto spettacoli, esordendo anche come autore con le commedie La sentinella del Re e Il caffè dell’avvenire. Le scenografie realizzate nel 1926 per Parisina di Gabriele D’Annunzio gli valsero gli elogi di Margherita Sarfatti e dello stesso D’Annunzio. Tra i suoi estimatori ci fu anche il celebre critico teatrale Silvio D’Amico, con il quale strinse un’amicizia destinata a durare per tutta la vita; sulla rivista fondata da D’Amico, Scenario, Pompei pubblicò diversi articoli critici tra il 1935 e gli anni Quaranta.
Dal 1927 divenne direttore artistico del Teatro delle fiabe di Andreina Pagnani, per il quale scrisse e realizzò nel 1928 Le tre figliole di Pinco Pallino, prima versione di una fortunatissima fiaba musicale rimessa in scena nel 1930 con il titolo Le peripezie di Pinco Pallino e con un allestimento in panno Lenci, frutto della collaborazione fra Pompei e la celebre azienda di arti applicate Ars Lenci. Il buffo personaggio, poi divenuto Babbo Pallino, fu anche protagonista dall’anno seguente di storie a vignette pubblicate sul giornalino della Rinascente Mondobambino e inoltre venne messo in commercio sotto forma di pupazzo, inaugurando una prolifica attività di Pompei nel campo del giocattolo, sviluppatasi grazie alla collaborazione con l’ENAPI (Ente Nazionale Artigianato e Piccole Industrie). Per questo ente l’artista progettò diversi pupazzi dal moderno design geometrico e stilizzato, la cui realizzazione fu affidata agli esperti artigiani sardi Tosino Anfossi ed Eugenio Tavolara. Con quest’ultimo Pompei instaurò un’assidua cooperazione basata su un’idea di produzione in serie in cui il giocattolo era concepito «come gadget modernamente inserito in una strategia pubblicitaria» (G. Altea, in Mario Pompei, 1993, p. 93), che condusse tra il 1931 e il 1932 alla realizzazione di numerosi pupazzi ispirati a personaggi delle sue illustrazioni, come Pierino e Saputino Saputello, e ai costumi tipici del folklore regionale italiano. Interrottosi il sodalizio con Tavolara, i pupazzi di Armando il pittore e Isolina Marzabotto vennero realizzati nel 1933 dall’artigiano torinese Amleto Marocco. In quello stesso anno Pompei si sposò con Lucia Chierchia, detta Lucetta, dalla quale ebbe due figli, Stefano (1934) e Rita (1938).
In questi anni d’intenso impegno professionale su più fronti creativi, Pompei maturò un suo inconfondibile stile sia come scenografo sia come illustratore, esprimendosi al meglio nel genere leggero. In tale ambito creò ambientazioni gaie e luminose e allegri personaggi umoristici, con campiture piatte di colori vividi e un segno grafico sapientemente essenziale imbevuto dei più raffinati umori culturali del suo tempo, tra eleganze art déco e sintesi geometriche di matrice cubo-futurista ed espressionista che rivelano «un utilizzo garbato e non drammatico della deformazione avanguardista» (R. Bossaglia, in Mario Pompei, 1993, p. 21). Nel 1928, ormai scenografo affermato a livello europeo, fu il più giovane tra gli invitati alla mostra di scenografia della XVI Biennale di Venezia. Nel campo dell’illustrazione e della caricatura un importante riconoscimento fu l’invito alla mostra «I 14 della Gazzetta» (Torino, 1932), dove espose insieme a noti disegnatori della Gazzetta del popolo come Marcello Dudovich, Sergio Tofano, Leo Longanesi e altri. Nel 1937, all’apice del successo e del benessere economico, acquistò una casa sul mare Adriatico, a Marzocca di Senigallia, che divenne per lui un’oasi di pace cui si legò profondamente.
Come illustratore di libri lavorò per diverse case editrici fra cui Cappelli, La Nuova Italia, Novissima, Bemporad, in vari settori, compreso quello scolastico, dimostrando di padroneggiare molteplici registri espressivi (per un ampio repertorio delle opere scritte e/o illustrate da Pompei e degli editori e periodici per cui lavorò, si rinvia a Mario Pompei, 1993, pp. 200 ss.). Ma le sue creazioni più fortunate restano quelle rivolte al giovanissimo pubblico, uscite in volumi come, fra gli altri, Il libro delle burle di Ornella (1930), «quanto di più elegante e brioso l’artista abbia prodotto affidandosi alle risorse del puro colore» (M. Magnani, in Mario Pompei, 1993, p. 34) e soprattutto su periodici come il Corriere dei piccoli, la Gazzetta del popolo, Il Balilla e altre testate, per le quali inventò personaggi destinati a permanere lungamente nell’immaginario collettivo con le loro storie a vignette educative e divertenti, accompagnate da didascalie in versi da lui stesso scritte: Il prode Anselmo, Pierino la peste, Bici e Bauci, Pulcinella, Armando il pittore, Isolina Marzabotto, Saputino, Pio Peretola, Tippe Toppe, Gano di Maganza, per citare i più noti.
Nel 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, Pompei venne chiamato alle armi come sottotenente di complemento dell’esercito e inviato in Sardegna, dove fu promosso tenente. Tuttavia, a causa della sua debole salute, dal 1941 ritornò a Roma, dove fino al 1943 prestò servizio presso l’Ufficio stampa e propaganda del Regio esercito. Dopo l’8 settembre, rifiutatosi di aderire alla Repubblica di Salò, restò per mesi nascosto in casa propria fino alla liberazione nell’estate del 1944.
Nel dopoguerra e negli anni Cinquanta, oltre a proseguire l’attività teatrale e illustrativa, si cimentò come autore di letteratura per ragazzi scrivendo e illustrando il romanzo Un aquilone sui tetti (1957) e diversi racconti per il Giornale d’Italia, raccolti nei volumi La piroga di Kivo (1956), La spada di legno (1958), La guerra delle ciambelline (1959, postumo).
Sorretto lungo tutta la sua carriera da un’inventiva vulcanica e da un costante desiderio di sperimentazione, Pompei si misurò fino agli ultimi giorni di vita, ottenendo sempre risultati notevoli, con tutti i settori dello spettacolo e dell’industria culturale, compresi il cinema (tra l’altro con le scenografie di Nerone scritto e interpretato da Ettore Petrolini, diretto da Alessandro Blasetti nel 1930); la radio (scrivendo fra gli anni Trenta e Cinquanta oltre settanta commedie e fiabe radiofoniche di grande successo) e la televisione, per la quale ideò pionieristiche trasmissioni per ragazzi trasmesse dal 1954 al 1958, tra cui spicca La scatola magica.
Tale inesausta e quasi incredibile versatilità creativa fece indubbiamente di Pompei «un protagonista di un quarantennio di storia culturale del nostro paese, un genio del fantastico» (E. Balzaretti, in Mario Pompei, 1993, p. 142).
Morì a Roma il 28 ottobre 1958, senza poter vedere ultimato il suo allestimento dell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti presso il teatro Tarakazuka di Tokio.
Fonti e Bibl.: Artisti italiani del libro (catal.), a cura di M. Tinti - A. Forti - C. Cainelli, Firenze 1922, p. 31; C. Ratta, Gli adornatori del libro in Italia, I-IX, Bologna 1923-1927, VIII, tavv. 197-198, vol. IX, tavv. 141-142; XVI Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia (catal.), Venezia 1928, p. 25; V. Mariani, Storia della scenografia italiana, Firenze 1930, p. 109; C. Ratta, Artisti moderni italiani, Bologna 1931, p. 9, tav. 98; P. M., in A. De Angelis, Scenografi italiani di ieri e di oggi, Roma 1938, ad vocem, pp. 180, 183, tavv. LXXI-LXXII; E. Prampolini, Lineamenti di scenografia italiana, Roma 1950, p. 13, tav. 43; S. D’Amico, Palcoscenico del dopoguerra, II, Torino 1953, p. 276; Id., Storia del teatro drammatico, IV, Milano 19533, p. 295 e passim; L. Ramo, Storia del varietà, Milano 1956, p. 152; P. M., in H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh.s, III, Leipzig 1956, p. 610; Gec (E. Gianeri), Storia della caricatura, Milano 1959, p. 228 e passim; C. Pavolini, P. M., in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1961, pp. 319-322 e tav. f.t.; M. P., in I primi eroi, sotto la direzione di F. Caradec, Milano 1962, ad vocem, pp. 249-251; L. Becciu, Il fumetto in Italia, Firenze 1971, p. 306; A. Faeti, Guardare le figure. Gli illustratori italiani dei libri per l’infanzia, Torino 1972, p. 316 e passim; G. Genovesi, La stampa periodica per ragazzi, Parma 1972, p. 58 e passim; L’altra faccia del pupazzetto. M. P., a cura di P. Pallottino, Bologna 1978; P. Pallottino, Storia dell’illustrazione italiana, Bologna 1988, p. 136 e passim; Ead., M. P. Quarant’anni di scenografia italiana, in Quindi, nov. 1989, pp. 10-13; Ead., Pompei, Viterbo 1991; M. P. Scenografo, illustratore e cartellonista 1903-1958 (catal., Ferrara), a cura di P. Pallottino, Milano 1993.