PONZO, Mario
PONZO, Mario. – Nacque a Milano il 23 giugno 1882 da Giuseppe e da Rosa Marro.
La famiglia, di antiche origini cuneesi, si trovava nel capoluogo lombardo perché il padre, generale dell’esercito reduce delle guerre di indipendenza, vi prestava servizio.
Dopo gli studi liceali si iscrisse alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Torino. Al secondo anno, in occasione dell’esame di anatomia, conobbe Federico Kiesow, psicofisiologo allievo di Wilhelm Wundt, chiamato a Torino da Angelo Mosso nel 1894 per guidare la sezione di psicologia sperimentale interna all’Istituto di fisiologia. Fu Kiesow a indirizzare Ponzo verso gli studi psicologici, affidandogli, ancora studente, il compito della ricerca istologica dei calici gustativi.
Nel 1906 Kiesow ottenne a Torino una delle prime tre cattedre italiane di psicologia e avviò un istituto di psicologia sperimentale autonomo. Ponzo, laureatosi il 7 luglio di quell’anno, fu chiamato dal direttore a ricoprire il ruolo di primo assistente dell’Istituto. In tale ambiente ebbe la possibilità di formarsi assieme ad altri giovani allievi di orientamento sperimentalista, fra i quali Luigi Agliardi, Arturo Fontana, Luigi Botti, Raoul Hahn. Attraverso il maestro entrò in contatto con i più noti psicologi italiani e stranieri, da Agostino Gemelli a Sante De Sanctis, da Wundt a Ewald Hering.
A Torino si impegnò nell’analisi dei fenomeni percettivi, soprattutto delle sensazioni di gusto e peso, delle rappresentazioni spaziali, delle illusioni ottiche (a una delle quali fu dato il suo nome), dei processi psicomotori e dei fenomeni legati all’attività respiratoria (Intorno ad alcune illusioni nel campo delle sensazioni tattili sull’illusione di Aristotele e fenomeni analoghi, in Archiv für die gesamte Psychologie, 1910, n. 16, pp. 307-345). Dalla lettura di Malombra di Antonio Fogazzaro (Milano 1881), con il quale intrattenne anche una corrispondenza, trasse spunto per indagini nel campo dell’attività rappresentativa e immaginativa. Nel luglio del 1910 conseguì a Torino la libera docenza in psicologia sperimentale.
Influenzato dalle tradizioni militari della famiglia e dall’ideale di patria da essa trasmessogli – il fratello Ezio, tenente dei bersaglieri, trovò la morte a Psithos, nel maggio 1912, durante la guerra italo-turca – decise, nel 1915, di prendere parte da volontario alla Grande Guerra. Da giugno fu in prima linea al seguito di un battaglione di bersaglieri, con il grado prima di sottotenente e poi di capitano medico. Partito per l’Albania nel marzo 1918, tornò in Italia nel settembre 1919 congedandosi dalle forze armate. Al rientro fu premiato con vari riconoscimenti al valore militare e nel giugno 1922 sposò Luisa Sebes, con la quale ebbe quattro figli: Ezio (1923, anch’egli poi psicologo), Franca (1925), Anna e Clara (1933).
Nell’istituto torinese iniziò a occuparsi anche di selezione, orientamento professionale e sicurezza sul lavoro, cercando di tenere insieme, sulla scorta degli insegnamenti di Wundt, Kiesow e Gustav Fechner, ricerche di laboratorio e loro applicazione. Nel 1925 grazie all’ingegnere Enrico Gatti, impegnato nella riorganizzazione di un istituto industriale di Torino, tenne il primo corso in Italia di orientamento professionale agli insegnanti di una scuola di avviamento professionale.
Da questa esperienza nacque il volume, di notevole diffusione, Alla ricerca delle attitudini dei giovani. Guida di psicotecnica applicata all’orientamento professionale (Torino 1929), con prefazione di Gino Olivetti. Nello stesso periodo, presso l’istituto industriale Omar di Novara, in collaborazione con Gatti che ne era diventato direttore, portò avanti ricerche sulle abilità manuali dei giovani delle scuole di tirocinio (I lavori d’officina nelle scuole professionali in rapporto con l’orientamento professionale, in Archivio italiano di psicologia, 1931, n. 8, pp. 242-250, con E. Gatti).
Al lavoro di psicologo aveva intanto affiancato quello di psichiatra manicomiale. Conseguita la specializzazione in clinica psichiatrica, dal 1919 al 1931 lavorò presso il manicomio torinese di Collegno. Qui diresse un ambulatorio per la profilassi delle malattie mentali, si occupò di prevenzione sociale (alcolismo, sostanze stupefacenti), di medicina legale e del collocamento dei pazienti dimessi dall’ospedale psichiatrico. Fu inoltre coinvolto nel caso dello ‘smemorato di Collegno’, una vicenda di identità contesa che ebbe molta risonanza sia nella comunità scientifica sia nell’opinione pubblica.
Ponzo fu il primo a visitare lo smemorato, sottoponendolo a test psicodiagnostici (Contributo alla psicologia della testimonianza. La prova della bandiera, in Archivio italiano di psicologia, 1923, n. 2, pp. 230-244), e ad affidarlo a una delle due famiglie che riconosceva il proprio caro nell’uomo senza memoria ricoverato in manicomio nel 1926. Per questa vicenda fu sottoposto a molte critiche, come in generale altri psichiatri e psicologi che non riuscirono per mezzo della loro scienza a risolvere il mistero.
Alla fine degli anni Venti, parve aprirsi per Ponzo la possibilità di ottenere una cattedra di psicologia sperimentale all’Università di Padova. Dopo la morte di Vittorio Benussi, suicidatosi nel 1927, si scatenò infatti una lotta per la sua successione. Gemelli, De Sanctis e Kiesow parevano uniti nel sostenerlo, ma alla fine il posto non fu bandito. La cattedra di psicologia sperimentale la ottenne a Roma, per concorso, nel 1931, alla Facoltà di medicina e chirurgia. Prese il posto di De Sanctis (anche nella direzione dell’Istituto di psicologia) passato l’anno prima all’insegnamento di clinica delle malattie nervose e mentali della stessa Università. Accordi in tal senso erano stati presi da tempo, con scambio di corrispondenza tra Ponzo e De Sanctis, il contributo di Gemelli e l’intervento di Kiesow.
Il 19 gennaio 1932 Ponzo tenne la prolusione al suo insegnamento. Fu l’occasione per affrontare le Tendenze odierne della psicologia come scienza del dinamismo della vita psichica (Archivio italiano di psicologia, 1932, 10, pp. 69-102) e chiarire la sua impostazione teorica. Tenne innanzitutto ad affermare il valore della psicologia sperimentale come scienza autonoma. Poi, entrando in questioni specifiche, teorizzò la psicologia dell’azione. Riferendosi al dinamicismo di William James e al funzionalismo di Édouard Claparède, sostenne la necessità di analizzare la singola azione come punto di partenza per studiare nel complesso l’agire umano.
A Roma trovò Ferruccio Banissoni, già da un decennio assistente presso l’Istituto. Assieme a Banissoni, Gemelli, Giulio Cesare Ferrari e altri psicologi si schierò con il regime per la «più grande fra le battaglie impegnate fino ad oggi dal fascismo, la battaglia per l’autarchia», concetto affermato nella primavera del 1939, durante la lezione inaugurale che tenne al Corso di cultura in psicotecnica del lavoro, svolto per iniziativa del ministero dell’Educazione nazionale all’Istituto (Psicotecnica e autarchia, in Rivista di psicologia, 1939, n. 35, pp. 285-298, in particolare p. 298). Varie furono le iniziative che videro Ponzo protagonista in questo ambito. Presso l’Istituto di psicologia fondò, nel 1932, il Centro psicotecnico di consulenza e di ricerche, convenzionato con l’Ente italiano per l’organizzazione scientifica del lavoro (ENIOS). Dal 1935 fece parte con Gemelli, Banissoni e Maria Gasca Diez della commissione per l’orientamento professionale, voluta dal ministero dell’Educazione nazionale allo scopo di avviare corsi per insegnanti e studenti degli istituti tecnici. Fu vicepresidente della commissione permanente per le applicazioni della psicologia, promossa da Gemelli nel gennaio 1939 presso il Consiglio nazionale delle ricerche. Dal 1943, per volontà del ministro Giuseppe Bottai, diresse la commissione per lo studio dell’orientamento professionale. In una prospettiva interdisciplinare e psicoigienica, fu inoltre attivo nella Lega italiana di igiene e profilassi mentale (LIPM), fondata da Ferrari assieme ad altri nel 1924, nella quale ricoprì il ruolo di consigliere.
L’attività di Ponzo non si limitò all’Italia. A conoscenza dell’inglese, del tedesco e del francese, fin dai tempi di Torino, stimolato in tal senso da Kiesow, pubblicò in varie testate straniere, fece parte delle redazioni di riviste estere, come Psychological Abstracts e Psychological Reports, e per anni fu il rappresentante italiano nell’Associazione internazionale di psicologia applicata, fondata da Éduard Claparède nel 1920. Prese inoltre parte a molti convegni all’estero e nel settembre 1929 fu il solo che dall’Italia, in qualità di delegato ufficiale del governo, partecipò al Ninth International Congress of Psychology tenuto alla Yale University.
Nell’ottobre del 1935, affinché gli fosse «concesso l’onore di essere posto al servizio della Patria in armi ovunque e comunque» (Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale dell’istruzione universitaria, Professori ordinari (1940-1970), b. 384, f. Ponzo, Mario, lettera di Ponzo al ministro dell’Educazione nazionale, 29 ottobre 1935), inoltrò al ministero domanda di arruolamento volontario. La richiesta non fu accolta a causa della scarsa forza lavoro in servizio all’Istituto.
Dopo l’8 settembre 1943 si aprì per Ponzo un periodo angoscioso. Con l’Italia divisa e Roma occupata, la famiglia si era infatti trasferita nel Nord Italia e per un lungo periodo non ne ebbe notizie.
Nonostante la dichiarata volontà di collaborazione di alcuni psicologi, che più volte avevano ostentato il favore del regime, e le varie iniziative, la psicologia era stata progressivamente marginalizzata dal fascismo – con l’appoggio del neoidealismo, impegnato in questo scopo già da inizio secolo –, non solo nella scuola e nell’università, ma anche nella ricerca e nella professione. Alla fine del conflitto, dopo tanta autarchia psicotecnica, quella di Ponzo era l’unica cattedra di psicologia rimasta in tutti gli atenei pubblici d’Italia e gravi erano i ritardi accumulati rispetto ad altri Paesi. Ponzo si trovò così paradossalmente a svolgere, negli anni della ricostruzione, il ruolo di unico baluardo per la psicologia, lavorando al fianco di chi aveva avversato il regime e si stava impegnando affinché l’Italia repubblicana si dotasse di professionisti indispensabili nella prassi, ma anche nello sviluppo istituzionale e civile del Paese.
Nell’autunno del 1946 prese parte al Convegno per studi di assistenza sociale (Milano 1947), tenutosi a Tremezzo (Como), sotto gli auspici del ministero dell’Assistenza postbellica. Qui con Nicola Perrotti, Cesare Musatti, Guido Calogero e la moglie di quest’ultimo, Maria Comandini, affermò la necessità di adottare in Italia nuove forme di organizzazione nell’ambito psicologico e dell’assistenza sociale, sul modello francese e anglosassone. Nel 1947 assieme ai Calogero e a Perrotti contribuì alla fondazione a Roma del Centro per l’educazione professionale degli assistenti sociali (CEPAS). Lo stesso anno si rese autonomo da tale esperienza, costituendo presso l’Istituto di psicologia da lui diretto, con l’appoggio dell’Associazione lavoratori sociali italiani (ALSI), la Scuola nazionale per dirigenti del lavoro sociale, alla quale parteciparono anche Perrotti e Calogero e altri insegnanti come Benigno Di Tullio e Alfredo Niceforo (cfr. La formazione di Assistenti sociali polivalenti in una Scuola moderna, in Homo Faber, II (1951) 2, pp. 447-450). Intorno al 1950 istituì, sempre all’interno dell’Istituto, un Centro universitario del fanciullo, sul modello dei centri medico-psicopedagogici che si stavano diffondendo in Italia. Attraverso la collaborazione di vari specialisti il Centro si proponeva di seguire e assistere i bambini nei loro bisogni materiali, biologici, psicopedagogici, di orientamento e sanitari (cfr. Il Centro Universitario del Fanciullo presso l’Istituto di Psicologia dell’Università di Roma, in Prevenzione degli infortuni, 1950, vol. 2, n. 1, pp. 19-28).
Intanto, dal 1943 aveva preso il posto di Cesare Colucci alla presidenza della Società italiana di psicologia, che non si riuniva in un congresso nazionale dal 1936. Dopo la guerra si adoperò per la sua riorganizzazione, promuovendo un nuovo Convegno a Roma nel 1951. Ricoprì la carica di presidente fino al 1959, quando fu costretto a lasciare per le sue condizioni di salute.
Dal novembre 1952 fu collocato fuori ruolo e rimase in quella posizione per cinque anni, durante i quali tenne conferenze sui temi della psicologia e continuò a frequentare assiduamente l’Istituto e a lavorare nei centri che aveva creato. A succedergli in cattedra fu Leandro Canestrelli, terzo idoneo al concorso di Palermo del 1950, suo collaboratore fin dagli anni Trenta e curatore del Corso di psicologia secondo le lezioni del prof. Mario Ponzo (Roma 1947). Nel 1957 andò definitivamente in pensione e l’anno successivo fu nominato professore emerito.
Morì a Roma il 9 gennaio 1960.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio storico dell’Università di Roma La Sapienza, AS.3965-1, 2, ad nomen; Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica istruzione, Direzione generale dell’istruzione universitaria, Professori ordinari (1940-1970), b. 384, ad nomen.
L. Canestrelli, Ricordo di M. P. (1882-1960), in Rivista di psicologia, 1961, 55, pp. 3-32.