RADICE, Mario
RADICE, Mario. – Nacque a Como, secondo di quattro figli (Pietro, Felicita e Rita) il 1° agosto 1898 da Carlo e da Elvira Vitali. La sua formazione artistica cominciò parallelamente agli studi: nel 1912 iniziò a prendere lezioni private, insieme all’amico Manlio Rho, dal pittore Achille Zambelli e dallo scultore Pietro Clerici, seguendo inoltre i corsi serali dell’Istituto pro cultura popolare e quelli tenuti la domenica presso un’associazione di imbianchini e decoratori. Nel 1916 si diplomò perito commerciale e ragioniere.
La partenza nel 1918 per il servizio militare e la nomina a sottotenente di artiglieria durante la Grande Guerra lo portarono a viaggiare attraverso l’Europa, prima a Vienna e in Polonia, poi in Albania.
Nel 1920 fu assunto come impiegato contabile presso la Società anonima ferrovie ed imprese elettriche a Camerino, frequentando inoltre la locale facoltà di medicina veterinaria, tuttavia abbandonata nel 1922.
In quest’epoca, attraverso la frequentazione costante dello zio materno Guido Vitali, direttore generale delle cartiere di Fabriano, Radice familiarizzò con le qualità materiali della carta, nozioni che gli sarebbero tornate utili per essere assunto, nel 1923, presso la cartiera di Malavedo, a Lecco, per poi passare, come operaio specializzato, alla cartiera Vonwiller di Romagnano Sesia, dove conobbe Rosetta Martini, sposata nel gennaio del 1928. L’anno dopo nacque la prima figlia, Francesca.
I progressi ottenuti nella messa a punto di procedimenti innovativi e vantaggiosi per la produzione della pergamena vegetale lo indussero nel 1927 a fondare la società Mario Radice & C., con sede a Bergamo. Continuò a praticare la pittura nelle ore libere dal lavoro, avvicinandosi all’avanguardia internazionale.
Una copia de La peinture moderne di Amédée Ozenfant e Charles-Édouard Jeanneret (Le Corbusier), donatagli dalla futura moglie nel 1926, assume i contorni di un’apertura iniziatica alle tendenze più innovative, secondo un purismo formale che lo orientò verso la «linea dell’arte moderna basata sull’esaltazione dell’esprit de géométrie e del ritmo costruttivo in funzione lirica» (G. Ballo, Le fonti culturali della prima formazione, in Ballo, 1973, p. 20).
Intanto, il successo della sua ditta fu tale che gli venne proposto dalla cartiera Vonwiller e da quelle di Besozzo e Maslianico un vantaggioso contratto, da lui firmato, per interrompere la produzione di carta su tutto il territorio italiano. Radice pensò comunque di proporre all’estero i nuovi procedimenti, e nel 1928 fu assunto dall’importante Papelera argentina di Buenos Aires.
Tornò in Italia nel febbraio del 1930, stabilendosi a Como e decidendo di dedicarsi unicamente alla pittura, coltivata nel suo primo studio comasco in via delle Cinque Giornate, condiviso con Rho. Il loro sodalizio, cui si unì il più giovane Giuseppe Terragni, venne a formare il primo nucleo del cosiddetto Gruppo Como, insieme di personalità orientate verso il rinnovamento delle arti e dell’architettura – lontano tanto dal liberty quanto dallo stile Novecento –, operanti tra Como e Milano all’insegna di una feconda apertura internazionale. Seguirono due anni intensi che portarono Radice a viaggiare nuovamente all’estero, e a Parigi in particolare, dove entrò in contatto con Fernand Léger.
Attorno al 1932-33 fu coinvolto nell’allestimento della sala «O» di Terragni alla Mostra della rivoluzione fascista nel palazzo delle Esposizioni a Roma.
Disegnò inoltre mobili per la ditta Augusto e Filippo Proserpio di Mariano Comense, ottenendo nel 1933 il primo premio alla Mostra nazionale dell’artigianato di Firenze.
Fu tra i fondatori della Società editoriale Quadrante e della rivista omonima, diretta da Massimo Bontempelli e Pier Maria Bardi e vicina alla galleria Il Milione. L’esperienza di Quadrante, che auspicava una visione d’insieme di architettura e arti figurative, fu certamente cruciale per Radice.
Per la Mostra dell’abitazione della V Triennale d’arte di Milano eseguì il pannello ad affresco raffigurante dei lottatori e un nudo di donna, destinato alla sala studio della Casa per le vacanze di artista sul lago costruita per l’occasione in parco Sempione (poi demolita), il cui progetto (di Terragni, Pietro Lingeri, Mario Cereghini, Adolfo Dell’Acqua, Gabriele Giussani, Gianni Mantero, Oscar Ortelli, Carlo Ponci) vinse il gran premio internazionale.
È del 1933 l’olio Partita di pallone, che, pur figurativo, già presenta una stasi e una tensione geometrica che prefigurano l’imminente evoluzione verso l’astrattismo.
Nel 1934 iniziò a collaborare con l’architetto Luigi Zuccoli (vicino a Terragni), con il quale progettò quello stesso anno la tomba di Mariella Testoni al cimitero Monumentale di Como e più tardi, nel 1936, quella dell’aviatore Nino Rocco Invernizzi (non realizzata). Ancora con Zuccoli disegnò ed eseguì, nel 1935, gli interni della libreria Antonio Noseda, della cappelleria Marelli e della tappezzeria Cappi a Como.
Con Terragni, Lingeri e Cesare Cattaneo collaborò nel 1935 all’allestimento della sala del Canottaggio nella Mostra dello sport di Milano. Quello stesso anno trasferì lo studio nella milanese via Guglielmo Pepe, in un edificio disegnato da Terragni e Lingeri, che nei seminterrati «luminosissimi» avevano realizzato degli studi d’artista, occupati, tra gli altri, da Aligi Sassu e Lucio Fontana (Radice, 1979).
Nel febbraio del 1936 ricevette l’incarico ufficiale per l’impresa decorativa cui il suo nome è rimasto maggiormente legato: le decorazioni parietali per la sala del direttorio e il salone delle adunate dell’ormai quasi terminata casa del fascio di Como, alla quale probabilmente già lavorava nei mesi precedenti.
Pur maturato in stretta collaborazione con Terragni, il suo intervento decorativo (distrutto dopo la Liberazione) costituiva un inserimento a posteriori rispetto all’architettura razionalista (Caramel, 1989, p. 79), con cui tuttavia entrò in perfetto dialogo grazie a un’interpretazione organica dell’astrattismo, disponibile alla formulazione e all’accompagnamento di strutture comunicative (fotografie e scritte) legate al programma ideologico della casa stessa.
Meditativo e sensibile, la tendenza di Radice alla forma organizzata non si risolve in austeri schematismi, cercando al contrario di lasciare emergere nell’ordine visivo, perennemente ricercato, una profonda matrice umana e simbolica. Nelle decorazioni l’eco di Piet Mondrian e del neoplasticismo olandese, presente nella formazione di Radice, è stemperata in una costante attenzione a «riproporre una profondità sul piano, dinamicamente e luministicamente, facendo avanzare e indietreggiare le sezioni geometriche» (Radice, 1972, p. 10), portando a interagire con la pittura una dimensione spaziale tipica dell’architettura.
Alla VI Triennale internazionale di architettura e arti decorative di Milano del 1936 presentò, in parco Sempione, la monumentale scultura astratta Fontana, progettata con Cattaneo e destinata al piazzale di Camerlata (frazione di Como). Il modello a grandezza naturale, per la cui costruzione furono usati cemento e finta pietra al posto del marmo bianco previsto nel progetto, fu demolito nel 1937, sebbene Radice, in una nota del 1962, ne attribuisse la distruzione a un bombardamento. La fontana venne poi ricostruita a Como nel 1960 (La fontana di Camerlata, a cura di L. Cavadini, Cernobbio 2012, pp. 26-37).
Ancora quell’anno espose tre Composizioni ad affresco nella Mostra di pittura moderna italiana di villa Olmo a Como, che, curata da Alberto Sartoris, riuniva per la prima volta i principali rappresentanti dell’astrattismo italiano (Fontana, Rho, Osvaldo Licini, Enrico Prampolini, Fausto Melotti, Alberto Magnelli, Atanasio Soldati, Luigi Veronesi, Gino Ghiringhelli, Mauro Reggiani).
In un susseguirsi di iniziative, nel 1937 progettò con Rho l’allestimento a Como, sempre a villa Olmo, della sala delle medaglie d’oro e del sacrario dei caduti nella Mostra coloniale celebrativa per il primo annuale della vittoria imperiale. Espose inoltre sette dipinti dal titolo Composizione, eseguiti tra il 1934 e il 1937, alla mostra «La pittura nella scuola moderna di Milano», curata da Sartoris e inaugurata a settembre nello stesso luogo.
Tra i progetti decorativi si segnalano quelli per il palazzo della Civiltà italiana e per il palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi (quest’ultimo progettato da Terragni, Lingeri, Cattaneo) nella mostra celebrativa del ventennale fascista, prevista a Roma nel 1942 (Esposizione universale - E42).
Sul primo e unico numero della rivista Valori primordiali, fondata con Lingeri, Terragni, Franco Ciliberti e Adriano Ghiron, pubblicò nel 1938 Composizione G.R.U. 35/B (Como, Pinacoteca civica), soggetto cui lavorava da alcuni mesi e in cui sintetizzava elementi desunti dalla grafica suprematista e una serrata tensione costruttivista, frutto del forte legame stabilito con l’architettura, da lui intesa come chiave per intendere «le arti plastiche» nel loro complesso (Radice, 1979, p. 12).
Nel suo costante interessarsi al dominio delle arti applicate, partecipò nel 1938 alla IX Mostra d’arte-I Mostra nazionale del cartellone e grafica pubblicitaria del sindacato interprovinciale fascista di belle arti nel palazzo della Permanente a Milano. Nel dicembre dello stesso anno fu presente alla mostra «Dopo il Novecento», a Milano, curata da Ciliberti e Raffaello Giolli, esponendo con Rho, Ghiringhelli, Soldati, Licini, Reggiani, mentre nel 1939, in coincidenza con il suo avvicinamento al futurismo, partecipò alla III Quadriennale d’arte nazionale al palazzo delle Esposizioni a Roma, nella sezione curata da Filippo Tommaso Marinetti (i suoi dipinti figuravano con quelli di Licini, Rho, Soldati). Avviò inoltre la riflessione sul tema del «ritratto segreto» (R. S.) e sul soggetto dei Crolli, dominante durante il secondo conflitto mondiale.
Animato da una profonda fede cattolica, per alcuni anni lavorò con Cattaneo al progetto per una chiesa moderna, secondo un forte sodalizio interrotto solo dalla morte dell’architetto nel 1943, anno in cui scomparve anche Terragni.
Nella mostra del futurismo italiano, organizzata da Marinetti alla Biennale di Venezia del 1940, Radice presentò tre dipinti sul tema dell’«aeroritratto segreto». Espose anche alla Triennale d’Oltremare di Napoli una Geometria africana. Il 10 giugno 1940, all’ingresso dell’Italia in guerra, fu chiamato al fronte in Val d’Aosta, per poi essere congedato l’anno successivo.
Formatosi nel 1941 il Gruppo dei primordiali futuristi (con sede a Como-Milano), Radice ne firmò lo statuto con Rho, Ciliberti, Carla Badiali, Cattaneo, Lingeri, Marcello Nizzoli, Licini (cui si aggiungevano idealmente Sartoris e Soldati). Nel dicembre dello stesso anno espose, presso la galleria Mascioni di Milano, alla mostra del Gruppo primordiale futurista Sant’Elia, cerchia cui Radice aveva nel frattempo aderito.
Alla Biennale di Venezia del 1942, nel padiglione del futurismo italiano, ordinato da Marinetti, presentò Dinamismo astratto a sbarre in verde e azzurro, Dinamismo astratto sinuoso in verde e bruno, Dinamismo astratto serrato in arancio e violetto, Dinamismo astratto retto in verde e giallo.
Nel 1943 nacque la figlia Maria Barbara e nello stesso anno Radice tenne una personale alla Galleria d’arte moderna di Milano, esponendo inoltre alla IV Quadriennale di Roma (Crollo e Allarme). Il Ritratto del radiologo Giulio Spagnoli, attestazione del perdurare, sottotraccia all’astrattismo, di un figurativismo di discendenza quattrocentesca, fu esposto nel 1947 al Palais des expositions di Ginevra nella Mostra campionaria italiana in Svizzera, alla cui organizzazione Radice partecipò.
A partire dal 1948 espose con costanza alla Biennale di Venezia (1950, 1952, 1954, 1956, 1958, 1966). Tra il 1949 e il 1950 fu impegnato nel pannello decorativo per l’esterno della casa dell’ingegnere Franco Carcano, disegnata dall’architetto Ico Parisi, e in vari interventi per la Fiera campionaria di Bergamo.
Nel 1951 fu presente alla mostra «Arte astratta e concreta» nella Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, e a quella della «Jeune peinture italienne» al Centre d’art italien di Parigi, curando inoltre l’allestimento, con Lingeri e Giovanna Pericoli, di alcune sale della IX Triennale milanese.
Un suo affresco fu collocato, nel 1952, nella chiesa di S. Maria Assunta di Carbonate (Como), mentre l’anno dopo eseguì i mosaici per l’interno e l’esterno della casa di Armando Bini a Monte Olimpino, ancora nel Comasco.
La sua presenza a iniziative espositive italiane ed estere, presso musei e gallerie private, andò intensificandosi sempre di più. Nel 1954 fece parte della giunta tecnica ed esecutiva della Triennale di Milano, nel 1955 espose alla Quadriennale di Roma. Nel 1958 vinse il premio Einaudi con una personale alla Biennale e l’anno seguente partecipò alle Quadriennali di Torino e Roma. Lavorò inoltre ai bozzetti per il progetto, non realizzato, di quattro vetrate per il Duomo di Como.
L’impegno nell’arte religiosa continuò nel 1963 con un bassorilievo ligneo per la chiesa di S. Maria dell’Osa a Fonteblanda (presso Orbetello) e nel 1965 con l’esecuzione su suoi disegni di un ciclo di vetrate per l’Istituto missionario delle assistenti laiche internazionali di Milano.
Dopo l’antologica alla galleria Lorenzelli di Milano nel 1962 e la presenza nel 1965 alla IX Quadriennale di Roma, fu invitato nel 1966 da Carlo Ludovico Ragghianti alla grande mostra «Arte moderna in Italia 1915-1935» in palazzo Strozzi a Firenze. Il suo nome non mancò alle mostre che ripercorrevano le tappe storiche dell’arte astratta, a cominciare da «Aspetti del primo astrattismo italiano», tenuta a Monza nel 1969. Egli stesso avrebbe pubblicato, nel 1979, Memorie del primo astrattismo italiano.
Nel 1973, anno della monografica curata da Guido Ballo, ricevette dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro per meriti artistici, mentre nel 1976 si tenne una mostra itinerante organizzata dalla galleria Marlborough, sua attiva sostenitrice insieme alla milanese Lorenzelli.
Ancora una grande personale riunì le sue opere alla Promotrice di belle arti di Torino nel 1977, mentre nel 1982 un’antologica a villa Malpensata, a Lugano, ne presentò al pubblico più di trecento.
Morì a Como il 25 luglio 1987.
Fonti e Bibl.: Rovereto, Museo d’arte moderna e contemporanea-Mart, Fondo Mario Radice.
M. R., galleria Lorenzelli, testo di M. Valsecchi, Milano 1962; 20 disegni di M. R., testo di F. Russoli, Milano 1962; M. R., con un’antologia di scritti, galleria d’arte Martano, testo di P. Fossati, Torino 1968; M. R. (catal., Marlborough galleria d’arte), testo di G. Ballo, Roma 1971; R. (catal., galleria Annunciata), a cura di N. Ponente, Milano 1972, anno XXXII, cat. n. 6; G. Ballo, M. R., Torino 1973; M. R. (catal., Marlborough galleria d’arte, Zurigo-Roma), Roma 1976; M. Radice, Memorie del primo astrattismo italiano degli anni ’30 e ’40, Lugano 1979; M. R., pittura e disegni (catal.), Lugano 1982; L. Caramel, Attualità di M. R. (catal., galleria L’Isola), Roma 1985; M. R., a cura di A. Maugeri, Como 1986; F. Cajani, A proposito di M. R., Besana Brianza 1988; L’arte e l’ideale: la tradizione cristiana nell’opera di Cesare Cattaneo e M. R., a cura di L. Caramel, Milano 1988; L. Caramel, Le decorazioni di M. R. e Marcello Nizzoli per la casa del Fascio di Como di Terragni, in L’Europa dei razionalisti, a cura di L. Caramel, Milano 1989, pp. 78-89; M. R./Carte, opere dal 1929 al 1974, olii, tempere, guazzi, pastelli, acquarelli, matite, carboncini, testo di F. Gualdoni, San Polo di Reggio Emilia 1996; L. Caramel, R.: catalogo generale, Milano 2002; M. R., 1898-1987: retrospettiva (catal., Como), a cura di L. Caramel, Milano 2002; C. Casero, M. R. e l’architettura, in Archipittura. Interrelazioni fra le arti a Como nell’età del razionalismo (catal., Como), a cura di A. Longatti - L. Caramel, Lipomo 2005; E. Di Raddo, Dalla decorazione all’integrazione delle arti, ibid, pp. 65-71; M. R.: architettura, numero, colore (catal., Rovereto), a cura di G. Marzari, Milano 2014.