RAPISARDI, Mario
Nacque a Catania il 25 febbraio 1844 e vi morì il 4 gennaio 1912. Nella città natale trascorse la più gran parte della vita, professore di letteratura italiana in quell'università. Un mattimonio infelice con la toscana Giselda Foianesi (da cui il R. si separò per gli amori di lei con G. Verga), un'avventura (non ultima causa di quei dissapori coniugali) con la Contessa Lara (v.), un più pacato e duraturo legame con Amelia Poniatowski Sabernich: ecco, nella vita passionale del poeta, quel che ha lasciato traccia più o meno profonda nella sua opera. Più fecondi d'ispirazione poetica furono in lui gli affetti nati dalla meditazione religiosa e filosofica, comunque poi sia da giudicare, di là dalla poesia, la "filosofia" del R. Notissima, e importante non solo per i numerosi scritti a cui diede occasione, ma per la ripercussione profonda che ebbe sull'animo del poeta, è la sua violenta polemica col Carducci, originata da un'allusione satirica del R. nel poema Lucifero e attizzata anche da scrittori ostili al Carducci, come P. Fanfani. Sopraffatto, il R. si trasse in disparte in un atteggiamento disdegnoso e superbo, come di titano fulminato; e come una vittima da vendicare lo considerarono sempre alcuni suoi fedelissimi, facendo della difesa di lui una questione d'onore regionale. Ne venne di conseguenza che molti (e fu ingiustizia) non videro nel R. se non un idolo provinciale, una gloria isolana senza consistenza, tenuta su dall'orgoglio dei conterranei. La solitudine portò il R. a ispirazioni meno ambiziose, ma anche meno torbide, più umane, in sostanza più poetiche e meno letterarie. Quella ferita, che fece soffrire fino all'ultimo l'orgoglio dell'uomo, aiutò il poeta, senza ch'egli se ne rendesse conto, a meglio conoscer sé stesso, a ritrovare la sua vena profonda.
Il R. aveva incominciato con versi lirici in cui il facile canto è più o meno infrenato dalla disciplina umanistica (raccolti poi, insieme con altri, nelle Ricordanze, 1872); ma s'era ben presto volto, per le vie dischiuse in Italia dal Prati, agli ampî poemi d'ispirazione filosofica, per i quali ebbe l'occhio a Goethe, a Byron, a Lamartine e più tardi a V. Hugo, ma che in realtà, per il suo macchinoso modo di poetare e per la troppo visibile inserzione di pezzi di bravura, dànno piuttosto l'impressione d'un Monti attardato e aggiornato. La Palingenesi (1868) canta l'accordo tra la fede e il progresso, sulla base d'una riforma religiosa che darà al genere umano l'unità morale e la pace. Lucifero (1877) è invece il poema dell'anticlericalismo, in cui Satana simboleggia il progresso debellatore d'ogni superstizione, e il cattolicismo vi è irriso nei suoi dogmi e nei suoi santi con oscene scurrilità che farebbero pensare, se non fosse la pesantezza retorica, al Voltaire della Pucelle e al Parny della Guerre des Dieux, ma più ancora ricordano il Casti. Venne poi Giustizia (1883), raccolta lirica di contenuto, se non d'ispirazione, sociale, anzi socialista. Il Giobbe (1884) è una trilogia storico-filosofica in cui l'eroe biblico è assunto a simbolo dell'umanità sempre in cammino, ma che si ritrova sempre dinnanzi all'angoscioso mistero della natura muta e impassibile: in questo poema la religiosità naturalistica e il pessimismo cosmico a cui il R. è pervenuto e in cui si fermerà gli dettano a volte accenti di vera poesia. Liberati dalla faticosa macchina del poema, questi ritornano più schietti e potenti nelle Poesie religiose (1887), in cui il R. si rivela il poeta di quell'ansia metafisica che fu ignota al suo avversario Carducci: qualcuno ha parlato di ascendenze lontane, di Magna Grecia, di filosofi eleati: è, se mai, un greco di Sicilia che ritrova sé stesso nel pessimismo cosmico di certi parnassiani francesi (Sully Prudhomme, p. es., e soprattutto Leconte de Lisle, con cui il R. ebbe comune non solo la rievocazione sconsolata delle grandi civiltà antiche, ma anche il gusto delle traduzioni dai classici: non sarà inutile ricordare che il R. tradusse, oltre che Catullo e Orazio, Lucrezio; e non meno significativa è la sua traduzione del Prometeo liberato di Shelley). Gli Epigrammi (1888) ritraggono voci e colori della vita quotidiana, spesso felicemente, con pacata tristezza e amorosa attenzione alle piccole cose. Questa ispirazione, insieme con quella delle Poesie religiose, si ritrova nei Poemetti (1885-1907). Le tre raccolte rappresentano, per consenso ormai comune, il miglior R. L'Atlantide (1894), grosso poema di fede socialista in ottave accademiche, è una ricaduta nella macchinosa e frigida allegoria e, dove indulge a digressioni satiriche, nella polemica plateale.
Opere: Edizione delle opere complete a cura dell'autore: Poemi, liriche e traduzioni (vol. unico, Palermo 1912). Scritti postumi editi a cura di A. Tomaselli: Nuove foglie sparse, poesie (ivi 1914); Lettere a C. Reina (ivi 1914); Pensièri e giudizi (ivi 1915); Epistolario (Catania 1922); Un santuario domestico, commedia (Catania 1923); Scherzi, versi siciliani (Catania 1933); Prose, poesie e lettere postume, a cura di L. Vigo Fazio (Torino 1930); Raccolta di poesie scelte dai poemi e dalle liriche, con introduzione e commento di N. Vaccalluzzo (Palermo 1930).
Bibl.: La critica, III, pp. 108-109, 481-482; VI, p. 343; IX, p. 337; XII, p. 132: Rassegna bibliogr. della lett. ital., XX, pp. 25-30. - Sulla polemica Carducci-R., l'opuscolo Carducci e R., Bologna 1881; G. Carducci, Confessioni e battaglie, s. 1ª, Roma 1882 (poi in Carducci, Opere, IV, pp. 359-84); L. Natoli, Giobbe e la critica italiana, Catania 1884; Onoranze a M. R., Catania 1899; B. Croce, La letteratura della nuova Italia, II, 3ª ed., Bari 1929, pp. 179-202 (il saggio sul R. è del 1904); S. Sottile Tomaselli, Il moderno Bettinelli: M. R. giudicato da B. Croce, Palermo 1905; A. De Gubernatis, M. R., profilo, Palermo 1912; A. Anselmo, M. R., Messina 1912; G. A. Cesareo, in Fanfulla della domenica, 14 gennaio 1912; G. S. Gargano, in Marzocco, 14 gennaio 1912; V. G. Gualtieri, M. R., Modica 1912; D. Garoglio, M.R. epico, in La voce, 9 maggio 1912; G. A. Borgese, La vita e il libro, 3ª serie, Torino 1913; G. Perticone, L'opera di M.R., Palermo 1913; C. Pascal, La vita e l'opera poetica di M. R., Palermo 1914; F. Tauro de Tintis, L'arte e il pensiero di M. R., Recanati 1920; G. Samperisi, La poesia di M. R., Palermo 1922; A. Stazione Russo, Saggi sulle liriche di M. R., Vibo Valentia 1928; N. Cappellani, M. R., Catania 1931; G. Jannone, I primi passi di M. R. e le sue relazioni con P. Fanfani, in Civiltà moderna, 1931; A. Tomaselli, Commentario rapisardiano, con numerose lettere di illustri scrittori al R. (molte indicazioni bibliografiche), Catania 1932; P. P. Trompeo, Rapisardiana, in Cultura, 1932; E. Bevilacqua, Rapisardiana, in Catania, rivista del comune, 1932.