REVELLI BEAUMONT, Mario
REVELLI BEAUMONT (di Beaumont), Mario. – Di antiche origini nobiliari piemontesi, nacque a Roma il 25 giugno 1907 da Abiel Bethel, noto progettista di armi, e da Lucia Bonomi.
Studiò e si diplomò all’Accademia militare della Nunziatella, a Napoli, ma contemporaneamente coltivava la passione per le belle arti, sostenuto da una zia, figurinista di moda. Appassionato di meccanica e di motori, già a diciassette anni collaborò con il fratello Gino (Luigi) che gestiva a Torino un’avviata officina meccanica e concessionaria di motociclette (la ditta Galloni, attiva tra il 1919 e il 1932) e che più tardi, divenuto ingegnere, seguì le orme paterne. Fondò, infatti, insieme a un imprenditore genovese, Francesco Nasturzio, la Società anonima Revelli Manifattura Armaguerra di Cremona, per la produzione del fucile semiautomatico di sua concezione mod. 39 e di armi a ripetizione ordinaria mod. 91. Con Gino, Mario progettò una motocicletta da corsa, che guidò poi con successo in gare di crescente rilievo. Nel settembre del 1925 in sella alla GR (Galloni Revelli) 500, una moto da competizione dotata di motore inglese Jap di 499 cc, vinse il Gran premio delle Nazioni all’autodromo nazionale di Monza, da poco inaugurato. Promessa del motociclismo, l’«adolescente campione», come lo definirono le cronache, conquistò il titolo di campione d’Europa, in competizione con noti professionisti come Achille Varzi, poi passato all’automobilismo. Una serie di gravi incidenti gli fecero però abbandonare lo sport motociclistico. Si dedicò quindi professionalmente al disegno di carrozzerie di automobili, il settore in cui soprattutto eccelse, adottando un approccio innovativo che tentava, in anticipo sui suoi tempi, di creare una sintesi fra forma e funzione.
Personaggio quanto mai originale, Revelli può essere considerato il primo stilista free lance della storia dell’automobile, precursore di una figura professionale che si sarebbe diffusa solamente nel secondo dopoguerra. Le sue eccezionali doti artistiche, unite a una formazione prettamente tecnica, gli permisero di proporsi ai carrozzieri torinesi del suo tempo come disegnatore raffinato e preparato, in grado di coniugare le esigenze industriali e costruttive con il buon gusto e l’eleganza richiesti dalle fuoriserie di lusso.
A partire dal 1925-26 realizzò figurini di carrozzeria per gli Stabilimenti Farina, Garavini, Ghia, Montescani e Casaro, ma è con Vittorino Viotti che Revelli strinse i rapporti più stretti e con il quale realizzò molti dei suoi primi capolavori.
Introdotto dal padre presso il senatore Giovanni Agnelli, ottenne all’inizio del 1929 l’incarico dalla Fiat di disegnare le versioni di lusso di quasi tutta la gamma: le 514, 521, 522 e 525 con carrozzerie spyder e coupé royal. Nel 1931 realizzò, insieme con Viotti che la costruì in serie, la 525 SS, una delle più straordinarie sportive della Fiat; collaborò poi con Giacinto Ghia per la definizione della Fiat 514 ‘Coppa delle Alpi’ (1931) e dell’ancora più celebre 508 S ‘Coppa d’Oro’ (1933).
Dopo essersi affermato come uno dei migliori interpreti delle linee sportive a cavallo fra gli anni Venti e gli anni Trenta, Revelli divenne uno dei più forti promotori dell’evoluzione aerodinamica della carrozzeria italiana. Disegnando per Giovanni Bertone e per Viotti, contribuì in modo significativo alla transizione dalle forme ancora estremamente codificate e manieriste delle vetture dei primi anni Trenta a quelle dinamiche e fortemente modellate del periodo successivo.
In collaborazione con l’ingegnere Rodolfo Schaeffer (direttore della progettazione delle carrozzerie alla Fiat), realizzò la 1500, che nel 1935 sancì il definitivo passaggio dell’automobile italiana alle forme aerodinamiche, portando a termine un processo evolutivo iniziato nel biennio precedente con alcune realizzazioni di Viotti e Bertone, soprattutto su châssis Fiat 518 ‘Ardita’ e Lancia Augusta.
Attento osservatore di ogni aspetto progettuale, Revelli non si limitò, tuttavia al solo contributo stilistico. Con la Fiat 1500 – che veniva progettata in assoluta libertà a partire dal foglio bianco – Revelli ebbe, infatti, l’opportunità di rivoluzionare l’automobile anche del punto di vista architetturale, con il primo esempio di approccio consapevole all’ergonomia. Spostò i sedili più in basso, impostando una posizione di guida più sdraiata, che garantiva un comfort maggiore e movimenti più agevoli, permettendo allo stesso tempo di abbassare anche il baricentro della vettura migliorandone così la stabilità.
Oltre che un grande stilista, Revelli fu anche estremamente fecondo nell’ideare concetti e sistemi innovativi nel settore automobilistico, che stupiscono per la loro importanza e ancor più per la modernità delle idee: inventò e brevettò, infatti, nel 1927 i deflettori apribili delle porte, nel 1931 la chiusura centralizzata, nel 1933 gli alzacristalli con comando a spirale, nel 1940 il volante ad assorbimento di energia, primo futuribile approccio alla sicurezza del guidatore.
Nella seconda metà degli anni Trenta spinse ancora oltre i suoi studi sull’aerodinamica, collaborando con la SIATA (Società Italiana Applicazioni Tecniche Auto-Aviatorie) e nuovamente con Viotti, con il quale realizzò anche la Maserati 4CM da record per l’ingegnere Giuseppe Furmanik, sviluppata presso il Centro sperimentale di ricerca aeronautica di Guidonia (1937). Studiò anche l’architettura a guida avanzata, che teorizzò per un concetto avveniristico di taxi (veicoli simili sarebbero stati costruiti solo a partire dagli anni Cinquanta) e poi applicò concretamente su diversi autobus di Candido Viberti e più tardi sui veicoli commerciali SIATA, durante la seconda guerra mondiale.
Nell’aprile del 1937 si sposò con Luciana Ansaldi, dalla quale ebbe l’anno successivo il primo figlio, che chiamò Bethel Abiel, come suo padre. Nel 1941 nacque il loro secondo figlio, Michele.
Personaggio estremamente schivo e sempre concentrato sul futuro, alla fine degli anni Trenta Revelli evolse il suo concetto di aerodinamica iniziando a proporre modelli con frontale a ‘prua di nave’ che trovarono applicazione presso la Fiat (1100 A e 1500 C, 1939) e, in modo ancora più ricercato, in alcune creazioni di Viotti, Pinin (Giovanni Battista) Farina e Bertone. Disegnò anche diversi veicoli pubblicitari, fra cui alcuni famosi per l’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), dimostrazione di quanto ampia fosse la sua visione progettuale e creativa dell’automobile; in quel periodo Revelli godette di una fama vastissima – peraltro in un’epoca in cui la figura dello stilista automobilistico o, più in generale, del designer industriale era ancora del tutto sconosciuta – tanto che venne persino incaricato da Italo Balbo (allora governatore della Libia) di progettargli una ‘carovana’ (cioè un’abitazione mobile ricavata da un autobus con rimorchio), poi costruita da Viberti.
Durante la guerra condusse anche alcuni innovativi studi sulla mobilità urbana, realizzando nel 1941 il prototipo di una microvettura elettrica (chiamata elettropattino), e poi si dedicò a prodotti di ambito militare, progettando rimorchi, cucine da campo e persino un sistema che metteva in movimento le ruote dell’aereo prima dell’atterraggio, per agevolarlo.
Dopo esser stato per breve tempo incarcerato a Torino dagli occupanti tedeschi e liberato dai partigiani, a guerra conclusa riprese a disegnare automobili. Collaborò con Ghia, con Pinin Farina, SIATA, CANSA (Costruzioni Aeronautiche Novaresi SA), Moretti e con la carrozzeria francese Figoni & Falaschi, contribuendo in modo importante alla definizione del nuovo stile automobilistico del dopoguerra, più compatto e ‘pulito’ rispetto al decennio precedente.
La realizzazione più significativa di quegli anni fu, però, senza dubbio la ‘giardinetta’, ovvero una carrozzeria pratica ed economica, costruita in acciaio e legno (il metallo era ancora difficile da reperire e il suo uso veniva così ridotto al minimo), che permetteva di dare una risposta versatile e concreta alla grande necessità di motorizzazione popolare del periodo della ricostruzione. Fu realizzata a partire dal 1946 in molte varianti da Viotti e dalla meno nota carrozzeria Fissore di Savigliano (Cuneo), ma presto fu imitata – il più delle volte senza l’autorizzazione di Revelli – da quasi tutti i carrozzieri italiani e da molti stranieri.
Alla fine degli anni Quaranta iniziò a collaborare con la casa francese SIMCA (Société Industrielle de Mécanique et Carroserie Automobile), disegnando la Huit 1200 (1949, un’evoluzione della Fiat 1100) e la Aronde (1951) e riprese il suo rapporto con la Fiat partecipando, seppure con un ruolo non di primo piano, allo sviluppo della berlina 1400 (1950). Una consulenza con la General Motors, iniziata nel 1952, lo trattenne poi negli Stati Uniti per un biennio, nel quale si dedicò allo studio delle subcompact, le prime city cars, e altre ricerche futuribili.
Rientrato in Europa, tornò a collaborare con la SIMCA, instaurando un rapporto durato per oltre un decennio, da cui nacquero la Vedette (1954), la 1000 (1961) – che costituisce probabilmente il suo ultimo capolavoro, estrema sintesi di razionalità e funzionalità – e la 1300/1500 (1963). Nel medesimo periodo si occupò anche di aggiornare lo stile delle vetture di lusso francesi Facel Vega. È nota anche la collaborazione di Revelli con la casa motociclistica Aermacchi, per la quale disegnò la carrozzeria dell’avveniristico modello Chimera (1956), una moto totalmente carenata con il motore monocilindrico orizzontale a quattro tempi di 175 cc, nel quale esigenze tecniche meccaniche si sposavano in maniera originale con l’industrial design.
Cessata nel 1963 la collaborazione con la SIMCA, ormai controllata dalla Chrysler, Revelli operò a Grugliasco (Torino) e a Parigi intensificando i rapporti mai cessati con imprese e centri di ricerca statunitensi. Per conto della Bridgeport Brass Company e della Copper Development Association realizzò nel 1967 la Exemplar I (costruita da Sergio Coggiola su base Buick Grand Sport) per mostrare le potenzialità del rame e dell’ottone nel mondo automobilistico; seguì la Exemplar II del 1972 (su base Chevrolet Toronado), che affrontava il tema della vettura riconfigurabile con un inconsueto tetto a soffietto.
Si dedicò successivamente all’attività didattica, impegnandosi anche nella creazione di uno schedario mondiale dell’automobile e collaborando al corso di progettazione dell’Art Center College of design di Pasadena e della Scuola di arte applicata e design di Torino.
Morì il 29 maggio 1985 a Grugliasco, dove viveva e lavorava da tempo.
Il suo archivio è conservato dal nipote, Oscar Michele Revelli di Beaumont.
Fonti e Bibl.: Carrozzeria italiana: cultura e progetto (catal.), a cura di A.T. Anselmi, Milano 1978; Fiat 1899-1989. An Italian industrial revolution, Milano 1989; Carrozzeria italiana: cultura e progetto. Atti del Convegno... 1978, Roma 1981; A.T. Anselmi, Automobili Fiat, Milano 1986, passim; D. Giacosa, Progetti alla Fiat prima del computer, Milano 1989, passim; E. Deganello, M. R. di B., il piacere di progettare, in Auto d’Epoca, 1990, n. 1, pp. 62-71; P. Fissore, Carrozzeria Fissore, Vimodrone 1991, passim; V. Moretti, Ghia, Milano 1991; A. Bersani - P. Fissore, Dal disegno al design. Storia della carrozzeria in Piemonte dalla carrozza all’automobile, Torino 1999, passim; A. Prunet, Pininfarina. Arte e industria 1930-2000, Vimodrone 2000, passim; L. Greggio, Bertone 90 years, 1912-2002. Il catalogo, Vimodrone 2002; A. Farneti, Campione pure in moto, in La Manovella, febbr. 2008, p. 54 s.; L. Greggio, La velocità del pensiero, in Ruoteclassiche, dic. 2011, pp. 104-113; A. Sannia, Carrozzeria Viotti, Torino 2012; Id., Moretti, Torino 2012, ad indicem.