ROMANI, Mario
– Nacque a Milano il 12 settembre 1917 da Ernesto, direttore di produzione dell’Isotta Fraschini, e da Carlotta Bonazzi.
Crebbe con i fratelli maggiori Bruno e Giulia nella città lombarda in piena trasformazione urbanistica e sociale. Iscritto nel 1933 al regio istituto di studi commerciali Nicola Moreschi, diretto da Arturo Labriola, si coinvolse nell’esperienza degli oratori milanesi e dell’Unione dei giovani di Azione cattolica della parrocchia di S. Pietro in Sala. Mentre la formazione scolastica e familiare gli trametteva i valori dell’intrapresa economica, dal cattolicesimo ambrosiano acquisì la tensione morale che coltivava nel profilo educativo un’alterità identitaria alla cultura fascista. Maturò allora una particolare disposizione a collegare l’esigenza di comprensione della realtà alla condivisione formativa. Diplomatosi come ragioniere e perito commerciale nel 1937, respinse proposte di impiego immediato e si iscrisse alla facoltà di scienze politiche dell’Università cattolica del S. Cuore (UCSC), con piena adesione alla sua missione come testimoniano i suoi interventi del 1938 su Azione giovanile. Partecipò dunque intensamente alla vita universitaria e fin dal 1939 Francesco Maria Vito e Amintore Fanfani gli richiesero studi compilativi per la Rivista internazionale di scienze sociali. Conseguita la laurea in economia e commercio nel maggio del 1941, pubblicò la tesi La distribuzione geografica dei fenomeni economici nell’Impero romano e fu chiamato all’UCSC come assistente volontario nell’ambito della storia economica.
Vinto il concorso per insegnare negli istituti tecnici statali, nel 1942 fu chiamato a prestare il servizio militare e mandato in zona di guerra in Africa settentrionale. Catturato dalle truppe britanniche negli scontri di Capo Bon del maggio del 1943, fu tenuto in campo di prigionia negli Stati Uniti. Rimpatriato nell’ottobre del 1945, dopo un fidanzamento prolungato dal conflitto, il 27 dicembre sposò Enrica Cremoncini; la nascita, nel 1946 e nel 1948, dei figli Luca e Marco accompagnò la ripresa del suo impegno di ricercatore e di educatore.
In tale veste prese parte al gruppo di docenti universitari cui la Chiesa affidò la formazione civile dei cattolici in vista dell’Assemblea costituente. Dal 1946 animò le attività dell’ufficio studi del centro regionale dell’Istituto cattolico di attività sociali e dal 1950 l’Istituto sociale ambrosiano; nella rivista Realtà sociale d’oggi, da lui diretta (1947-54), è possibile seguire il suo ampio programma d’indagine sulle dinamiche socioeconomiche dell’Europa occidentale, dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti. Le acquisite competenze scientifiche e la consapevole necessità di «modernizzare la cultura dei cattolici e quindi la loro presenza civile» (Zaninelli - Saba, 1995, p. 58) lo condussero a concentrare la sua riflessione sul nesso tra rafforzamento del sistema democratico e riconoscimento della rappresentanza sociale.
Dal 1949 nel consiglio nazionale della Democrazia cristiana (DC), il suo approccio richiamò l’attenzione di Giulio Pastore, che richiese ad Agostino Gemelli la collaborazione del giovane studioso. All’inizio del 1950 il rettore dell’UCSC assicurò che il ‘suo’ docente avrebbe partecipato alla costituzione di un ufficio studi della nuova organizzazione che stava sorgendo dall’unificazione dei «sindacati liberi», purché potesse continuare la ricerca e stabilizzare la sua posizione accademica. Cominciò allora per Romani un periodo di gravosi viaggi tra Milano e Roma, mentre in famiglia alla precoce morte del secondogenito seguì nel 1952 la nascita del terzo figlio, chiamato anch’egli Marco, e nel 1953 del quarto, Federico.
Intanto il suo profilo intellettuale si imponeva a livello nazionale. Costituita la Confederazione italiana sindacati lavoratori (CISL), infatti, promosse la cultura di un «sindacato nuovo» nell’esperienza italiana, superando concezioni che da inizio Novecento subordinavano i sindacati ai partiti politici e alle istituzioni statali.
Fin dal giugno del 1950 l’ufficio studi della CISL delineò un moderno sistema di relazioni industriali, evidenziando la natura associativa del sindacato e l’ampliamento della sua sfera d’azione nell’impresa, nel settore industriale e nella dimensione internazionale; alimentò l’opposizione all’intervento legislativo sulla rappresentanza sindacale, ripropose la centralità dell’azione contrattuale (rafforzata da contratti collettivi integrativi aziendali) nelle politiche salariali per la crescita socioeconomica, impostò le scelte sindacali per l’integrazione europea.
Individuò nel sindacato un soggetto sociale in grado di contribuire allo sviluppo economico dell’Italia, avviando nella seconda metà del Novecento «un risorgimento sociale», così come la seconda metà dell’Ottocento aveva visto «il risorgimento politico» (Tendenze e linee di sviluppo del movimento sindacale, in Sindacalismo, I, 1° luglio 1951, p. 16). La sua formazione scientifica gli consentì una lucida comprensione delle profonde difficoltà che si opponevano alla sua innovativa proposta: gli squilibri derivanti dal processo di unificazione nazionale, l’eredità culturale del fascismo, l’arretratezza del mondo imprenditoriale, le stesse resistenze di sindacati che, come nel caso della Confederazione generale italiana del lavoro (CGIL), riproponevano conflitto di classe e subordinazione ai partiti. Per superare poi le obiezioni di un mondo cattolico abituato a pensare il sindacato in chiave confessionale e di pura organizzazione professionale, non rinunciò a promuovere un ampio disegno riformatore, aperto alle altre forze sociali, dialogando con le culture socialdemocratiche e liberali.
Nella DC si distinse dalle posizioni che nel 1951 portarono Giuseppe Dossetti a ritirarsi dalla vita politica, senza peraltro entrare nella corrente di Amintore Fanfani; piuttosto partecipò al gruppo di Forze sociali, attivo tra il 1952 e il 1957, per dar voce nel partito all’elaborazione della CISL. Accanto a Pastore, diresse un’imponente opera di educazione sociale che ebbe il suo perno nel Centro studi della CISL, costituito a Firenze con articolati corsi e settimane di formazione per il gruppo dirigente confederale. Con lo stesso intento di favorire la crescita civile del mondo del lavoro nell’industrializzazione dell’Italia, partecipò al Comitato nazionale per la produttività, al Comitato per lo sviluppo e la programmazione del Piano Vanoni, alla Commissione Giacchi per la riforma dell’Istituto per la ricostruzione industriale (IRI).
L’uscita dal sindacato di Pastore, per il quale avviò nel 1958 la rivista Il Nuovo Osservatore, costituì per Romani un importante momento di riflessione, mentre avvertiva anche una certa diffidenza nel mondo accademico per il suo impegno intellettuale nel sindacato. Ottenuta nel 1959 la cattedra di storia economica e fondato l’Istituto di storia economica e sociale all’UCSC, continuò ad alimentare l’elaborazione culturale del movimento sindacale. Membro del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) fin dal suo insediamento, ritenne che le parti sociali dovessero partecipare per altre vie a processi di consultazione e di decisione in materie socioeconomiche: spinse perciò la CISL a richiedere la conferenza triangolare per lo sviluppo economico, che si tenne nel 1961, nel tentativo di affermare una concertazione tra attori sociali e istituzionali nella quale essi potessero assumere liberamente proprie responsabilità per incrementare l’occupazione e il reddito. Auspicò anche la costituzione di fondi d’investimento attraverso risparmio aggiuntivo negoziato «nel contratto collettivo di lavoro»; il sindacato avrebbe così contribuito alla crescita economica e insieme orientato gli «impieghi di risorse» potendo «concertare il governo di un certo flusso di risparmio» (Mario Romani. Sindacalismo libero e società democratica, Roma 2007, p. 100). Le sue proposte poggiavano peraltro su una feconda stagione di studi: dal 1962 professore ordinario e fondatore dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, approfondì le tesi sul prevalere dell’equilibrio agricolo-commerciale nell’economia lombarda tra Settecento e Ottocento e svolse una pluriennale ricerca sulla storia economica italiana nel XIX secolo.
A metà degli anni Sessanta l’impresa civile avviata da Romani, intanto, parve prendere forma nelle relazioni industriali: i risultati dell’azione formativa per una partecipata soggettività sociale (lanciò anche un Istituto per lo sviluppo culturale dei lavoratori), il diffondersi della contrattazione articolata e le prospettive di importanti accordi-quadro interconfederali sembrarono confortare gli sforzi condotti tra numerose difficoltà. Alla fine del decennio, tuttavia, il riproporsi del primato dei partiti sulle dinamiche sociali nel quadro del centro-sinistra, sovrapponendosi al rilancio di un’unità sindacale organica sostenuta da contrastanti progetti di egemonia dei tre maggiori sindacati, misero in discussione all’interno della CISL la sua proposta, talora fraintesa e corrotta nello stesso linguaggio sull’autonomia degli attori sociali da letture neoclassiste, antindustriali e di antagonismo politico. Alla vigilia dell’‘autunno caldo’ del 1969 era ormai evidente una «divaricazione», per usare le parole di Bruno Storti, tra le posizioni di Romani e quelle della segreteria confederale.
Impegnato in qualità di prorettore dell’UCSC a riformare l’università di fronte alla crisi sociale emersa con la contestazione giovanile, convinto che essere cattolici non fosse una «adesione a sistemi di conoscenza particolari, quanto invece ragione di vita» (Mario Romani. Il risorgimento sindacale in Italia. Scritti e discorsi (1951-1975), a cura di S. Zaninelli, Milano 1988, p. 805), continuò a essere un punto di riferimento per l’importante minoranza della CISL costituitasi nel marzo del 1971 e, più in generale, per la cultura sociale italiana, assumendo la presidenza della Fondazione Giulio Pastore, sorta nello stesso anno. A lui si rivolse ancora all’inizio del 1975 la stessa DC nel programmare l’avvio del nascente Istituto di studi superiori Alcide De Gasperi.
Morì a Milano il 26 marzo 1975 per sopraggiunte complicazioni dopo un intervento chirurgico cui si era sottoposto per motivi precauzionali.
Tra le opere e gli scritti principali (oltre al testo citato): Appunti sull’evoluzione del sindacato, Milano 1951; L’agricoltura in Lombardia dal periodo delle riforme al 1859. Struttura, organizzazione sociale e tecnica, Milano 1957; Storia economica d’Italia nel secolo XIX. 1815-1914, I-II, Milano 1968-1976; Aspetti e problemi di storia economica lombarda nei secoli XVIII e XIX, Milano 1977.
Fonti e Bibl.: Milano, Università cattolica del S. Cuore, Archivio dell’Istituto di storia economica, Carte M. R.; altra rilevante documentazione è conservata nell’Archivio della Fondazione Giulio Pastore, nell’Archivio storico della CISL e nei fondi archivistici della DC conservati presso l’Istituto Luigi Sturzo. Per un profilo biografico cfr. S. Zaninelli, M. R., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, II, I protagonisti, Casale Monferrato 1982, pp. 552-556; S. Zaninelli - V. Saba, M. R. La cultura al servizio del sindacato nuovo, prefazione di A. Caloia, Milano 1995. Sul dibattito pubblico relativo alla sua proposta sindacale: M. R. Il sindacalismo libero e la società democratica, a cura di A. Ciampani, Roma 2007. Circa l’impatto della sua opera cfr. anche A. Ciampani, Lo Statuto del sindacato nuovo (1944-1951). Identità sociale e sindacalismo confederale alle origini della CISL, Roma 1991, ad ind.; A. Ferrari, La cultura riformatrice. Uomini, tecniche, filosofie di fronte allo sviluppo (1945-68), Roma 1995, ad ind.; M. R. Il sindacato che apprende. Le lezioni di M. R. alla XII e XIII settimana confederale di studio della CISL (1966-1967), a cura di G. Bianchi, Roma 1995; V. Saba, Quella specie di laburismo cristiano. Dossetti, Pastore, R. e l’alternativa a De Gasperi, 1946-1951, Roma 1996, ad ind.; F. Totaro, Non di solo lavoro. Ontologia della persona ed etica del lavoro nel passaggio di civiltà, Milano 1998, ad ind.; V. Saba, Il problema storico della CISL. La cittadinanza sindacale in Italia nella società civile e nella società politica (1950-1993), Roma 2000, ad ind.; L’autunno sindacale del 1969, a cura di A. Ciampani - G. Pellegrini, Soveria Mannelli 2013, ad indicem.