Sansone, Mario
Critico letterario (nato a Lucera nel 1900), professore nell'università di Bari. Sul fondamento iniziale della lezione crociana ha concentrato la sua esperienza di teorico dell'arte e di lettore di poesia verso l'integrazione e l'affinamento della metodologia critica risalente al De Sanctis. Soprattutto i suoi studi danteschi rispecchiano in maniera organica questo duplice interesse teorico-critico; stimolati originariamente dal problema storico dell'interpretazione e valutazione del messaggio crociano, s'inseriscono in seguito nella rinnovata critica dantesca degli ultimi decenni, coerentemente con l'impegno d'inverare talune premesse del Croce e di superarne i limiti nella prospettiva di una più integrale considerazione dell'opera d'arte.
L'indicazione del saggio crociano (La poesia di D., Bari 1921) come un punto fermo nella moderna critica dantesca (cfr. Aspetti della interpretazione critica della Commedia: dal 1920 al 1965, in Atti del Convegno di studi su D. e la Magna Curia, Palermo 1967; D. e B. Croce, in D. e l'Italia meridionale, Firenze 1966, 29-59; D. nella critica crociana e postcrociana, in Atti del Convegno di studi su aspetti e problemi della critica dantesca, Roma 1969, 49-62) impegna il S. nella duplice polemica in difesa della corretta e autentica interpretazione dei concetti di unità poetica e unità dialettica, di struttura e poesia, e contro la dilagante tendenza ad applicare il principio del nesso di struttura e poesia all'interpretazione dell'unità poetica della Commedia. L'esigenza di storicizzare la poesia dantesca venne già additata in una discussione sulla " Natura e limiti del rapporto di struttura e poesia nella critica dantesca " (Studi di storia letteraria, Bari 1950, 95-170) come un pericolo metodologico, che ha reso spesso sterili e contraddittorie le proposte di una serie di pur valorosi critici nei trent'anni trascorsi dalla pubblicazione del libro del Croce. Nel far giustizia ai meriti del Croce per aver additato in La Poesia la via di una soluzione e per aver offerto concreti esempi del superamento critico della lettura romantica e dell'esegesi positivistica, il S. avvia attraverso le sue ‛ lecturae ' un discorso organico sulla necessità di rileggere D. per coglierne i valori espressivi, i significati culturali e il loro rapporto nello spirito dantesco.
Su questa linea, due dei canti più tipici dell'interpretazione desanctisiana (If X e XXXIII; v. le relative ‛ lecturae ', la prima edita a Firenze nel 1961, la seconda raccolta in Nuove letture III, ibid. 1969, 143-187), hanno offerto l'occasione di cogliere, attraverso un'interpretazione del testo libera da propositi dimostrativi, una più discreta dimensione umana dei personaggi, e la stessa unità poetica degli episodi, ricondotta non alla logica della struttura teologico-morale, ma a un motivo dello spirito di D., il senso dell'ingiustizia umana, che si riflette anche nei necessari elementi strutturali. E se nella lettura del I del Purgatorio (Roma 1955) il duplice esame della poesia e della struttura avvia il critico a ricondurre all'unitaria atmosfera del canto, che è nell'attesa e nel presagio del divino, anche taluni elementi allotri chiariti nel loro proprio significato, a ridimensionare certo realismo psicologico e a precisare i contorni, resi meno rigidi, della figura di Catone, nella lettura del XXI del Purgatorio (Firenze 1966) e del XXVII del Paradiso (ibid. 1968) la considerazione della struttura, così rilevante specie nel secondo canto, non impedisce al critico di recuperare fra l'altro alla poesia dantesca, attraverso un esame del particolare ‛ tempo espressivo ' di D., parte di ciò che sembra dovuto a mere esigenze dottrinali e che invece appartiene alla ‛ poesia didascalica ' della Commedia. In tal modo perfino un canto così ‛ teologico ' come il VII del Paradiso (Nuove lett. V) può ricondursi alla sorgente della poesia dantesca, non confondendo i piani d'indagine critica, ma riconoscendo nell'effettiva espressione dantesca il momento in cui il discorso intellettuale assume il ritmo di un'epopea.
Bibl. - A. Leone De Castris, M.S., in I critici, Milano 1969, V, 3547-3566.