STURANI, Mario
– Nacque il 5 luglio 1906 ad Ancona, terzogenito di Ludovico, militare di carriera, e di Paola Bellati, casalinga.
Gli Sturani, antica e nobile famiglia originaria della Serbia, nel corso del XVI secolo si erano stabiliti a Ragusa (attuale Dubrovnik) e, successivamente, nei primi decenni del Seicento, ad Ancona.
Ancora bambino si trasferì con la famiglia a Torino. Nel 1921 si iscrisse alla quarta classe del ginnasio ‘moderno’, che prevedeva l’insegnamento di una lingua straniera e del disegno in sostituzione del greco, al liceo Cavour, dove strinse una profonda e duratura amicizia con Cesare Pavese. Nell’autunno del 1924, a seguito della bocciatura per il solo latino, s’iscrisse all’Istituto superiore per le industrie artistiche di Monza, dove fu allievo di Ugo Zovetti, titolare della cattedra di decorazione pittorica.
Nello stesso periodo avviò la sua attività espositiva partecipando alla I Mostra di avanguardia organizzata nel marzo del 1924 dal movimento futurista torinese presso le salette sotterranee del caffè Teatro Romano di Torino: il giovane Sturani, con lo pseudonimo di Ivan Benzina, vi presentò una serie di acquerelli (opere disperse).
Nell’estate del 1927, ottenuto il diploma, fece ritorno a Torino. Rinsaldando i contatti con il gruppo dei futuristi facente capo a Fillìa (Luigi Colombo), in ottobre presentò alcuni dipinti all’ambiente ‘novatore’ allestito nelle sale al primo piano del caffè Milano di piazza Castello, e nei mesi successivi (novembre-dicembre) espose Ritratto decorativo della signorina K.W., Architetture musicali, Il fulmine e Tuareg (ripr. in Mario Sturani..., 1990, p. 23) alla Mostra di trentaquattro pittori futuristi alla galleria Pesaro di Milano. Sempre nel 1927 iniziò a lavorare con la ditta torinese LENCI (Ludus Est Nobis Constanter Industria), per la quale progettò soprattutto ceramiche (prodotte in poche decine di pezzi), ma anche giocattoli in legno, arazzi, mobili, elementi di arredo e motivi decorativi per stoffe; inoltre collaborò con Sergio Tofano alla realizzazione delle scenografie e dei costumi per la commedia La regina in berlina con Bonaventura staffetta dell’ambasciatore, che debuttò al teatro Argentina di Roma il 2 febbraio 1928. Nel dicembre del 1929 alla galleria Pesaro di Milano inaugurò la Mostra delle ceramiche LENCI, e tra i novantacinque oggetti esposti (vasi dipinti, sculture, ciotole, lampade) trentadue erano riferibili a Sturani. L’anno seguente le medesime opere figurarono nell’ambito della IV Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne di Monza.
Sturani seppe rinnovare il repertorio formale e decorativo delle ceramiche LENCI in chiave antiretorica, rifuggendo gli stilemi dell’arte di regime. Riuscì a contemperare le esigenze della riproduzione seriale con la libertà inventiva dell’ispirazione artistica: sulle superfici dei vasi, ad esempio, traspose i soggetti naturalistici a lui cari, trasfigurandoli a volte in toni favolistici; in altri casi un certo gusto déco (Le signorine, ripr. ibid., p. 104), i ritmi dinamici d’ascendenza futurista (Scatola pupazzo, 1930, ripr. in LENCI. Sculture in ceramica, 2010, fig. 61) o le scomposizioni cubiste, al pari delle eleganti stilizzazioni novecentiste (Falconiere e castellana, ripr. in Mario Sturani..., 1990, p. 120), informano invariabilmente sia gli elementi d’arredo sia gli oggetti d’uso comune (Tazzine da caffè Musica, ripr. in LENCI. Sculture in ceramica, 2010, p. 60). I contenitori a ciotola, caratterizzati spesso da un ponte che collega i bordi e funge da piano d’appoggio per gruppi e scene di figurine, furono tra le sue più celebri invenzioni plastiche (Danza di contadini, 1930, ripr. ibid., fig. 121).
Tra il 1928 e il 1930 Sturani dipinse una serie di quadri di piccole dimensioni, dai toni intimisti, raffiguranti paesaggi (Periferia, 1928, ripr. in Mario Sturani..., 1990, p. 38) o nature morte (Vaso di begonie, 1929, ripr. ibid., p. 39).
In questi anni frequentò abitualmente il gruppo degli ex allievi del liceo Massimo d’Azeglio, che si radunava intorno al professor Augusto Monti, e strinse profonda amicizia con Giulio Carlo Argan, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio e Massimo Mila.
Nell’inverno del 1931 lasciò Torino e andò a vivere a Parigi, rimanendovi fino all’estate del 1932. Fu assunto nei laboratori di arte decorativa annessi ai grandi magazzini Au printemps, ma non poté mantenere l’impiego poiché, dopo l’attentato al presidente Paul Doumer, furono revocati i permessi di lavoro a tutti gli stranieri. Nella capitale francese incontrò Lionello Venturi, esule, ed ebbe modo di visitare presso la galleria Georges Petit la prima retrospettiva dedicata a Pablo Picasso, rimanendone fortemente turbato per la forza espressiva e le invenzioni formali e tecniche delle opere esposte.
Rientrato a Torino, decise di dedicarsi sporadicamente alla pittura, che divenne una pratica quasi privata. Riprese la collaborazione con la LENCI, progettando sia ceramiche sia mobili, con un impegno e una continuità che ebbero le caratteristiche di un impiego fisso. Lavorò, inoltre, in qualità di grafico-illustratore per l’editore Frassinelli, ideando le copertine di alcuni libri: Il processo di Franz Kafka (ripr. ibid., p. 57); Moby Dick di Herman Melville (1932, tradotto da Pavese); L’armata a cavallo di Isaak Babel (1932); Riso nero di Sherwood Anderson (1932); Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain (1933).
Il 2 marzo 1935 si sposò con Luisa Monti, dalla quale ebbe due figli (Carlo ed Enrico). Nel corso del decennio, perseguendo un interesse della fanciullezza, avviò da autodidatta gli studi entomologici, che lo portarono alla pubblicazione nel novembre del 1942, presso l’editore Einaudi, di Caccia grossa fra le erbe, un libro di divulgazione, frutto sia di ricerche e consultazioni bibliografiche sia di osservazioni naturalistiche, corredato da tredici illustrazioni a colori a piena pagina (le tavole originali sono conservate presso l’istituto di entomologia agraria e apicoltura dell’Università di Torino) e da quarantotto disegni a inchiostro, nei quali raffigurò con minuzioso realismo gli insetti nel loro habitat. Da tali illustrazioni sviluppò la serie dei Paesaggi minimi, costituita da dipinti a tempera di piccolo formato (Paesaggi minimi: ragno e fiammiferi, 1943, ripr. in Mario Sturani, 1990, p. 61).
Nel 1943 fu sfollato con la famiglia nel Canavese e, dopo essere stato inserito con la moglie in una lista di ostaggi per aver protetto e ospitato un gruppo di ebrei, si rifugiò in alta montagna, nei pressi di Pont Canavese, dove fu attivo protagonista della Resistenza come partigiano nella brigata Matteotti.
Terminata la guerra, tornò a Torino e riprese il lavoro alla LENCI, divenendone direttore artistico, e gli studi di entomologia. Allo stesso tempo si dedicò con crescente impegno alla divulgazione: realizzò le illustrazioni dei libri di testo per le scuole elementari dell’editore Gheroni; le copertine dei quaderni prodotti dalle Cartiere Burgo; i giochi didattici per bambini, tra cui L’allegro ABC (De Silva, Torino 1947) e L’allegro zio Bertoldo (S.A.S. Editrice San Paolo, Torino 1947). Inoltre, lavorò a un romanzo (Il maglione rosso), di chiara matrice autobiografica, nel quale raccontò l’esperienza parigina e la successiva presa di coscienza politica, e che fu proposto alla casa editrice Einaudi, ma, stroncato da Pavese, rimase inedito.
Nel 1947 furono dati alle stampe presso l’editore torinese De Silva due volumi illustrati di grande formato: Vita delle farfalle e La luna. In quest’ultimo, dedicato a Pavese, l’autore inserì tavole raffiguranti suggestivi paesaggi lunari. Nello stesso anno Sturani pubblicò l’articolo Notizie ecologiche ed etologiche sul ‘Carabus Olympiae’ Sella nel Bollettino dell’Istituto di entomologia dell’Università di Bologna, cui ne fece seguito uno apparso nel 1948 tra le pagine del Bollettino della Società entomologica italiana (Un nuovo tipo di aspiratore, vol. 78, pp. 31 s.).
Per oltre un trentennio l’attività di Sturani entomologo si svolse nell’ambito dell’Istituto di entomologia agraria dell’ateneo torinese, e i suoi studi furono ampiamente apprezzati anche dal mondo accademico per il valore scientifico e il rigore metodologico con il quale furono condotti. Uno dei principali meriti a lui ascrivibili è quello di aver ritrovato e allevato il Carabus Olympiae, un coleottero che si riteneva estinto da decenni a causa della spietata caccia dei collezionisti e dei mercanti d’insetti.
All’inizio degli anni Cinquanta Sturani collaborò con Il Pioniere (settimanale per ragazzi del Partito comunista italiano) e illustrò i quattro volumi di La vita degli animali (UTET, Torino 1950).
Verso la metà del decennio riprese l’interesse per la pittura e si dedicò a una serie di tempere su carta, che espose nel 1955 alla galleria La Bussola di Torino. In questi lavori sviluppò alcuni soggetti tipici dei Paesaggi minimi, che ampliò con una sorta di nature morte raffiguranti licheni, fiori secchi, legni tarlati o scorze di frutta disposti su fogli di carta velina e indagati con meticolosità quasi fotografica (Muschi e cortecce, 1955, ripr. in Mario Sturani, 1990, p. 65). In altri fogli dipinse scorci e oggetti del suo quotidiano (Il mio tavolo, 1954, ripr. ibid., p. 67), e in altri sviluppò i temi della finestra socchiusa e dei paesaggi di Bonassola, località della costa ligure dove era solito trascorrere i mesi estivi.
Nel 1956, su invito di Argan, partecipò con due opere alla Mostra 18 pittori torinesi organizzata dalla galleria L’Incontro di Roma.
Nel 1965, per i tipi della Loescher, uscì la prima edizione dei tre volumi di Come perché. Corso di osservazioni scientifiche per la scuola media, un testo divulgativo a carattere didattico che Sturani scrisse e illustrò disegnando tavole di mirabile capacità descrittiva.
Nel corso degli anni Sessanta e Settanta proseguì gli studi entomologici concentrandosi sulla famiglia dei coleotteri carabidi, e pubblicando regolarmente saggi, tra cui le fondamentali Osservazioni e ricerche biologiche sul genere Carabus (in Bollettino della Società entomologica italiana, 1962, n. 41, pp. 85-202) e articoli sulle principali riviste italiane e straniere del settore.
Morì a Torino il 18 febbraio 1978.
Fonti e Bibl.: M. S. Opere dal 1923 al 1936 (catal.), a cura di M.M. Lamberti, Torino 1978; M. S. 1906-1978, a cura di M.M. Lamberti, Torino 1990; E. Gaudenzi, Novecento. Ceramiche italiane. Protagonisti e opere del XX secolo, I, Dal liberty al decò, Faenza 2005, pp. 43, 169, 220; Disegnare gli insetti. Un’arte e una scienza (catal., Roma), a cura di A. Vigna Tagliani - N. Falchi - M. Mei, Latina 2009, pp. 60-63; LENCI. Sculture in ceramica 1927-1937 (catal.), a cura di V. Terraroli - E. Pagella, Torino 2010, pp. 13, 15, 18-28, 31, 41, 43-47, 49, 50, 56-60, 227-246; Art déco. Gli anni ruggenti in Italia. 1919-1930 (catal., Forlì), a cura di V. Terraroli, Cinisello Balsamo 2017, pp. 332, 421 s.