Mario Toscano
Come storico, Mario Toscano ha fornito un contributo fortemente innovativo, anche sul piano della metodologia storiografica, agli studi sulle relazioni internazionali segnando il passaggio dalla tradizionale storia diplomatica, basata sulla ricostruzione della politica estera di un Paese, alla storia dei trattati e della politica internazionale come disciplina storico-giuridica che studia i rapporti fra gli Stati sulla base della attività dei governi e utilizza come fonte primaria i documenti diplomatici e la memorialistica. Il suo nome è però legato anche a un’intensa attività diplomatica che lo ha reso protagonista importante della politica estera dell’Italia del secondo dopoguerra.
Nato a Torino il 3 giugno 1908 e morto a Roma il 17 settembre 1968, Mario Enzo Toscano trascorse gli anni giovanili a Novara dove, dopo il suicidio del padre Giacomo e il nuovo matrimonio della madre Armida con il magistrato Alberto Mazza, si era trasferita la famiglia. Qui, in un ambiente di tradizioni laiche e liberal-conservatrici, compì gli studi superiori al liceo Carlo Alberto avvicinandosi anche alla politica. Si laureò in giurisprudenza a Milano con una tesi sul problema delle minoranze dell’Europa postbellica e, successivamente, in scienze politiche a Pavia con una tesi sui negoziati diplomatici che portarono alla conclusione del Patto di Londra del 1915. Ottenuta nel 1932 la libera docenza in diplomazia e storia dei trattati, Toscano, i cui interessi per la politica internazionale si erano già manifestati durante gli studi universitari e si erano affinati durante il pur breve periodo trascorso a Ginevra presso l’Istituto di alti studi internazionali, tentò il concorso per entrare nella carriera diplomatica. Questa antica aspirazione venne però frustrata dalla decisione del ministero degli Affari esteri di non includerlo, malgrado il brillante esito degli esami, nella lista dei vincitori in quanto si riteneva che il suicidio del padre potesse in qualche misura riflettersi sulla sua stabilità emotiva e caratteriale.
Escluso, così, dalla carriera diplomatica, puntò allora su quella universitaria, alla quale affiancò un’intensa attività pubblicistica e di organizzatore culturale, e su quella politica. La vicinanza di Toscano al fascismo, più esattamente alla sua componente di derivazione nazionalista e liberale che vedeva nel regime una forma di restaurazione dell’ordine e di garanzia della stabilità sociale, oltre che una modalità di realizzazione di uno Stato nazionale capace di trasformare l’Italia in una grande potenza, era iniziata durante gli anni degli studi secondari. Iscrittosi, diciottenne, a Novara al Partito nazionale fascista, divenne segretario del locale GUF (Gruppo Universitario Fascista), nel 1932 primo segretario della sezione novarese dell’Istituto di cultura fascista e nel 1934 fu nominato vice-podestà della città piemontese. Tuttavia, questa pur brillante carriera politica venne bruscamente interrotta nel 1938 dal varo della legislazione antisemita. Figlio di padre ebreo, Toscano si vide revocare gli incarichi politici e amministrativi ricoperti a Novara, pur se riuscì a ottenere per sé l’‘arianizzazione’, un provvedimento che gli permise, almeno in un primo tempo, di poter continuare sia nell’insegnamento universitario (intrapreso come professore incaricato di storia dei trattati e politica internazionale nell’ateneo torinese dopo il tentativo di dedicarsi alla carriera diplomatica), sia nello svolgimento di un’intensa attività di ricerca e promozione culturale. Entrato nella terna vincitrice del primo concorso per la cattedra di storia dei trattati e politica internazionale nel 1939, fu chiamato nel 1940 a insegnare quella disciplina presso l’Università di Cagliari. Nel novembre dello stesso anno, peraltro, la sua arianizzazione venne revocata ed egli fu sospeso dall’insegnamento.
Per quanto professionalmente emarginato, continuò a pubblicare saggi e articoli in riviste di studi storici e politici dirette da studiosi di origine liberal-conservatrice o nazionalista critici nei confronti del nuovo corso del regime, ma soprattutto coltivò contatti e relazioni con personalità del mondo della cultura come Gioacchino Volpe e Federico Chabod, che ne apprezzavano l’intelligenza critica e la serietà di studioso, e strinse un profondo legame di amicizia, destinato a consolidarsi nel tempo, con l’allora giovane storico Giuseppe Vedovato. Dopo l’armistizio del settembre 1943, Toscano, ormai ideologicamente lontano dal fascismo, decise di rifugiarsi in Svizzera dove rimase fino alla primavera del 1945 e dove approfondì il rapporto di amicizia con Luigi Einaudi che si trovava anch’egli in territorio elvetico e che aveva conosciuto quando aveva iniziato a insegnare a Torino. Rientrato in Italia e ripreso l’insegnamento presso l’Università di Cagliari, si trasferì a Roma dove nel 1946 fu nominato consulente storico dell’Ufficio studi e documentazione del ministero degli Affari esteri, una struttura della quale, poi, avrebbe assunto la direzione conservandola fino alla morte. Con il sostegno prestigioso di Chabod, riuscì a convincere l’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi a creare, analogamente a quanto era stato fatto in altri Paesi, una commissione che si occupasse della pubblicazione dei documenti diplomatici italiani a cominciare dalla fondazione del Regno d’Italia. L’iniziativa, che prevedeva un centinaio di volumi ed era articolata in serie temporali, coinvolse i maggiori studiosi italiani di storia diplomatica e fu portata avanti parallelamente al riordino dell’immenso materiale archivistico e documentario conservato presso il ministero degli Affari esteri.
L’attività di Toscano, in questo periodo postbellico, non si limitò agli studi storici, all’insegnamento universitario, alla condirezione della «Rivista di studi politici internazionali» del suo amico Vedovato e al lavoro di consulenza presso il ministero degli Affari esteri, ma, poco alla volta, finì per sfiorare la diplomazia e interagire appieno con la gestione della politica estera italiana: non a caso, infatti, dopo l’elezione di Einaudi alla presidenza della Repubblica (1948), fu chiamato più volte a predisporre per il capo dello Stato appunti e relazioni, di natura storico-diplomatica, sulle più significative questioni di politica estera e sul ruolo dell’Italia in campo internazionale. La passione per la ricerca storica e l’interesse per l’attività pubblica convivevano in Toscano ed ebbero possibilità di esplicarsi meglio dopo che egli ebbe ottenuto nel 1953 il trasferimento, come professore universitario, da Cagliari a Roma presso la facoltà di Scienze politiche. Qui riuscì a raccogliere, attorno a sé e alla cattedra della quale era titolare, un gruppo di giovani studiosi e collaboratori – da Gianluca André a Pietro Pastorelli a Giustino Filippone Thaulero – i quali finirono, di fatto, per costituire una squadra compatta, una vera e propria scuola storiografica, che gli fu di supporto sia nel lavoro accademico sia in quello politico-diplomatico.
Gli anni Cinquanta e Sessanta furono per Toscano anni intensi di lavoro, tanto sotto il profilo della ricerca quanto sotto il profilo della sua presenza nella vita pubblica come consigliere di ministri, come consulente dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) del quale era stato uno dei fondatori, come commentatore e analista di politica estera, come organizzatore culturale e punto di riferimento di un vero e proprio cenacolo della cultura politica e della storiografia liberaldemocratica italiane. Con la nomina di Gaetano Martino a ministro degli Affari esteri nel 1954, crebbe il peso di Toscano all’interno del ministero, ben presto divenuto di fatto superiore a quello di un collaboratore o consigliere del ministro al punto che, spesso, i suoi suggerimenti risultarono determinanti sia nel rinnovamento stesso dei vertici ministeriali e dei quadri diplomatici sia nella individuazione e gestione delle linee di politica estera di un Paese ancorato saldamente alla scelta atlantica. Tale peso venne parzialmente ridimensionato durante la stagione del cosiddetto neoatlantismo, quando la guida della politica estera italiana fu nelle mani di Amintore Fanfani, ma tornò a essere determinante con l’arrivo di Aldo Moro alla Farnesina, al punto che Toscano poté legare, in particolare, il suo nome ai negoziati sulla questione dell’Alto Adige. Nel complesso, il suo contributo come consigliere di politica estera fu rilevante come il suo lascito di studioso e fondamentale per la definizione di una strategia di politica estera che consentisse a un Paese come l’Italia, marginalizzato dalla sconfitta militare, di riacquistare un ruolo nella comunità internazionale in un’epoca caratterizzata, prima, dalla contrapposizione delle superpotenze atomiche e, poi, dall’emergere delle spinte verso la distensione. I volumi dell’«Annuario di politica internazionale» dell’ISPI, che egli curò e coordinò dal 1951 fino alla morte premettendovi accurate analisi della situazione politica internazionale, riflettono le sue visioni della politica estera italiana. Fortissimo fu anche il suo impegno per sviluppare la presenza della cultura italiana all’estero come segretario generale della Commissione nazionale italiana per l’UNESCO (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization).
La produzione e l’operosità scientifica di Toscano non vennero sacrificate dalla sua attività politico-diplomatica e ne furono anzi stimolate, come attestano, per un verso, la sua copiosa produzione saggistica e le sue ricerche storiografiche su momenti ed episodi di storia del Novecento e, per altro verso, i suoi commenti ai fatti internazionali e alle scelte di politica estera dell’Italia consegnati soprattutto alle pagine della «Rivista di studi politici internazionali», della «Nuova antologia», di «La comunità internazionale», di «Storia e politica» e di altre riviste e quotidiani. Il suo lavoro di storico trasse alimento dalla profonda conoscenza e dalla quotidiana frequentazione degli archivi del ministero degli Affari esteri e dalla sua capacità di lettura critica dei documenti, e si caratterizzò per la sua dimensione innovativa basata sul privilegiamento delle fonti diplomatiche italiane e straniere, ma anche sulla memorialistica. A lui, dopo la morte, è stato intitolato l’Istituto diplomatico del ministero degli Affari esteri.
Il primo volume di carattere storico pubblicato nel 1934 da Toscano fu Il patto di Londra, con una prefazione di Arrigo Solmi, lo storico e giurista di estrazione nazional-liberale con il quale egli si era laureato nell’ateneo pavese e che, allora sottosegretario all’Educazione nazionale, era uno studioso i cui interessi si erano progressivamente ampliati passando dalla storia giuridica medievale a quella del Risorgimento, con particolare attenzione al momento genetico dell’idea nazionale, al problema dell’unità dello svolgimento storico italiano e a taluni aspetti della politica estera nazionale, segnatamente quelli relativi ai rapporti fra Italia e Francia. Il lavoro, metodologicamente costruito, oltre che sull’utilizzazione di documenti ufficiali, anche su quella della memorialistica allora disponibile e considerata integrativa, si muoveva, in un’ottica nazionalistica, proprio lungo la direttrice interpretativa di Solmi, soprattutto nella valorizzazione del ruolo svolto da Sidney Sonnino per portare il Paese in guerra.
Strettamente collegato al precedente, come parte di una generale storia diplomatica dell’intervento italiano, fu il successivo volume, pubblicato nel 1936, con il titolo Gli accordi di San Giovanni di Moriana: il lavoro ricostruiva le fasi che avevano portato il 26 aprile 1917, a San Giovanni di Moriana, alla firma di quel patto d’intesa tra Francia, Italia e Regno Unito che aveva assegnato all’Italia, integrando il Patto di Londra, una vasta zona d’influenza in Asia Minore. Attento al peso dell’opinione pubblica sulle scelte della politica estera, il lavoro, oltre che sulla documentazione diplomatica italiana, era costruito su una lettura esegetica di quelle raccolte di fonti diplomatiche russe dedicate ai negoziati delle potenze dell’intesa con vari Paesi che il governo sovietico aveva cominciato a pubblicare in volumi tematici, a partire dalla seconda metà degli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta, e che, pur redatte con fini propagandistici, contenevano materiali, fino allora inediti preziosi per gli storici, utili per la ricostruzione dei retroscena diplomatici.
Il tema delle vicende diplomatiche italiane alla vigilia della Prima guerra mondiale e durante il conflitto fu sempre caro a Toscano, che vi ritornò più volte, per es., nel lavoro su La Serbia e l’intervento in guerra dell’Italia (1939) o, ancora, in L’Italia e la crisi europea del luglio 1914 (1940) o, infine, nel saggio su Le cause della grande guerra ed i residuati bellici del Trattato di Versaglia (1941). In questi lavori Toscano propose un approccio diplomatico, concentrato cioè prevalentemente sui comportamenti e sugli atti dei negoziatori o uomini di governo (in una parola sull’attività diplomatica delle potenze interessate), combinato però con un tentativo di analisi, di più ampio respiro, di tutti quei fattori che, su un piano economico e sociale, avevano finito per determinare quello stato generale di tensione destinato a sfociare in un conflitto armato. E, ancora, studiando in particolare l’attività della diplomazia italiana, fissò l’attenzione sui problemi che essa si era trovata ad affrontare, da quello della tutela di interessi specificamente nazionali a quello relativo alla questione della stabilità generale europea.
Anche il periodo relativo alle origini del secondo conflitto fu oggetto di particolare interesse per Toscano, come dimostra il fatto che furono personalmente da lui curati, e pubblicati fra il 1952 e il 1965, ben sette volumi dei Documenti diplomatici italiani, per l’esattezza il XII e il XIII dell’ottava serie (1935-1939) e i primi cinque della nona serie (1939-1943), trattanti nel complesso il periodo compreso fra il 23 maggio 1939 e il 28 ottobre 1940, cioè dalla firma del Patto d’acciaio all’invasione italiana della Grecia. Proprio a Le origini diplomatiche del Patto d’Acciaio egli dedicò nel 1948 uno studio, poi rivisto e ampliato nel 1956, che gli assicurò notorietà internazionale e che venne tradotto nel 1967 in lingua inglese. Utilizzando sia la documentazione diplomatica internazionale allora disponibile sia la memorialistica e la letteratura sull’argomento sia, ancora, i materiali inediti provenienti dall’Archivio storico del ministero degli Affari esteri, egli effettuò una minuta ricostruzione delle fasi che portarono alla stipula dell’alleanza con il nazionalsocialismo, a partire dalle elusive risposte di Benito Mussolini ai primi generici approcci di Adolf Hitler in occasione del suo viaggio in Italia nel 1938, fino alla elaborazione del testo definitivo e alla firma del Patto d’acciaio nonché alle immediate reazioni di Londra e di Parigi. Nel lavoro egli sottolineò l’impopolarità del patto e mise bene in luce gli equivoci e il complesso groviglio di motivazioni, politicamente errate, alla base della scelta italiana, a cominciare dall’idea illusoria di poter mettere a freno per un certo tempo le iniziative naziste. Lo studio delle origini diplomatiche del secondo conflitto mondiale fu, nel secondo dopoguerra, al centro dell’attenzione storiografica di Toscano. A questo tema egli dedicò molti saggi e interventi congressuali oltre ai due piccoli, ma densi lavori sugli accordi Molotov-Ribbentrop e sulle relazioni italo-sovietiche fra il 1940 e il 1941, apparsi rispettivamente nel 1952 e nel 1953, con i titoli L’Italia e gli accordi tedesco-sovietici dell’agosto 1939 e Una mancata intesa italo-sovietica 1940-1941.
Le ricerche di Toscano sul periodo compreso fra le due guerre mondiali, che lo accreditarono presto come uno dei maggiori studiosi della politica estera fascista, e quelle sull’immediato dopoguerra sono consegnate a numerosi saggi, spesso originati dalla pubblicazione della documentazione diplomatica internazionale e dal lavoro di riordino delle fonti diplomatiche italiane del ministero degli Affari esteri, in gran parte raccolti nei due volumi pubblicati nel 1963 con il titolo Pagine di storia diplomatica contemporanea. Tra questi saggi, di notevole interesse è il lavoro pionieristico sulla ripresa delle relazioni diplomatiche fra l’Italia e l’Unione Sovietica nel 1943 e nel 1944, portata avanti attraverso colloqui bilaterali tra il segretario generale del ministero degli Affari esteri italiano Renato Prunas e il rappresentante sovietico nella Commissione consultiva per l’Italia Andrej J. Vyšinskij. Toscano sottolineò come l’iniziativa italiana per la ripresa di relazioni dirette con Mosca fosse stata originata dalla delusione e dall’amarezza del governo Badoglio per il fallimentare esito dei tentativi fatti presso Gran Bretagna e Stati Uniti per annullare l’armistizio e ottenere lo status di alleanza, ma precisò che essa, sul terreno diplomatico, non portò gli effetti sperati e finì anzi per provocare sospetti e risentimenti da parte di Londra e di Washington e per determinare un conseguente inasprimento delle condizioni di armistizio.
Al momento drammatico della caduta del regime fascista, agli eventi che si conclusero con la sottoscrizione degli armistizi di Cassibile e di Malta e alla dichiarazione di cobelligeranza dell’Italia, Toscano dedicò il volume pubblicato nel 1966 con il titolo Dal 25 luglio all’8 settembre, che aveva come sottotitolo Nuove rivelazioni sugli armistizi fra l’Italia e le Nazioni Unite e che era basato su una analisi puntuale delle fonti diplomatiche americane rese note in quel periodo e sulle fonti italiane ancora, all’epoca, inedite e relative ai sondaggi italiani per far uscire il Paese dal conflitto prima della caduta di Mussolini. Questo capitolo, in particolare, offriva agli studiosi importanti rivelazioni non soltanto su diversi approcci, sempre segreti e autorizzati dal governo fascista, con gli alleati, ma anche su altri sondaggi o negoziati promossi all’insaputa di Mussolini da esponenti della famiglia reale, dal Duca d’Aosta alla Principessa di Piemonte, e dal maresciallo Badoglio.
Al di fuori di queste tematiche, prevalentemente collegate con le vicende italiane del periodo compreso fra i due conflitti mondiali, Toscano pubblicò nel 1950 i due volumi dal titolo Guerra diplomatica in Estremo Oriente (1914-1931). I trattati delle ventuno domande, considerati generalmente la più matura e significativa delle sue opere storiografiche. Frutto di un lunghissimo lavoro di ricerca e di una continua revisione, questo studio, iniziato sul finire degli anni Trenta per impulso di Chabod, ma ripreso e aggiornato nell’immediato dopoguerra, ricostruisce magistralmente, in maniera dettagliata e documentata, l’attività della diplomazia internazionale in Estremo Oriente durante e dopo la Prima guerra mondiale e, in particolare, ripercorre le fasi dei negoziati cino-giapponesi che nel maggio del 1915 si conclusero con i cosiddetti trattati delle ventuno domande imposti dal Giappone al governo cinese, i quali, nell’interpretazione dello studioso, contenevano i germi dell’espansionismo nipponico e costituivano la premessa dell’occupazione della Manciuria nel 1931. L’attenzione dedicata alle reazioni dell’opinione pubblica cinese, russa, inglese, francese, statunitense, ma anche l’utilizzazione critica e comparata delle fonti diplomatiche internazionali e l’individuazione e analisi delle motivazioni storiche e ideologiche delle direttrici della politica estera giapponese hanno fatto sì che quest’opera, largamente apprezzata a livello internazionale, venisse considerata un esempio paradigmatico di quel superamento della storia diplomatica tradizionalmente intesa nella direzione di una storia delle relazioni internazionali più articolata e complessa cui è rimasto legato il nome di Toscano.
Di grande respiro, sia sotto il profilo dell’arco temporale trattato sia sotto quello della massa e della tipologia documentaria utilizzata, è l’ultima opera di Toscano, la densa Storia diplomatica della questione dell’Alto Adige, pubblicata nel 1967, che si avvale anche dell’esperienza diretta dell’autore come delegato alle Assemblee generali delle Nazioni Unite a partire dal 1956 e della sua partecipazione ad alcuni degli incontri fra i ministri degli Esteri dell’Italia e dell’Austria. La trattazione prende le mosse dall’annessione dell’Alto Adige all’Italia all’indomani della conclusione della Prima guerra mondiale, e sottolinea come la richiesta italiana di annessione di quel territorio fosse stata dettata non da motivazioni di tipo imperialistico, ma da considerazioni di natura puramente strategica, facendo notare come la prima idea di accompagnare l’attribuzione della frontiera del Brennero all’Italia con la concessione di un’autonomia agli abitanti di lingua tedesca fosse stata di origine americana e precedente la firma dell’armistizio di Villa Giusti. Dopo aver ripercorso, sulla base della documentazione archivistica e diplomatica, le vicende della questione altoatesina in periodo prefascista e fascista, il lavoro segue in dettaglio i negoziati che portarono all’accordo De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946, le modalità di applicazione di tale accordo, lo sviluppo della controversia italo-austriaca, fino alla metà degli anni Sessanta funestati da un’ondata di attentati terroristici in Alto Adige.
L’impostazione metodologica adottata da Toscano nelle sue ricerche è chiarita nel corposo manuale, pubblicato nel 1963, di Storia dei trattati e politica internazionale, nato invero dall’insegnamento e per l’insegnamento, ma fondamentale per capire la portata del contributo dello studioso al superamento della concezione tradizionale della cosiddetta storia diplomatica a favore di una concezione della disciplina che, occupandosi dei rapporti tra gli Stati a livello dei governi e basandosi soprattutto sulle fonti documentarie e sulle fonti memorialistiche, non trascuri quel complesso di elementi (opinione pubblica, forze economiche, fattori geografici ecc.) che influiscono sulla condotta della politica estera e che vengono ‘filtrati’ attraverso l’azione concreta svolta dai governi e dai loro rappresentanti diplomatici.
Pubblicato postumo, nel 1981, per iniziativa di colleghi e amici per onorarne la memoria, il volume Corsivi di politica estera 1949-1968 raccoglie i commenti, raggruppati per grandi temi di politica estera, che egli, ogni tre mesi, andò pubblicando sulla «Rivista di studi politici internazionali». Il volume, che contiene una presentazione generale di Vedovato e introduzioni alle singole sezioni tematiche di Gastone Guidotti, Roberto Gaja, Pastorelli, Mario Mondello, Franco Valsecchi, Felice Catalano, Luca Dainelli, André, Ettore Anchieri, tutti ambasciatori o colleghi amici dell’autore, è non soltanto un omaggio allo studioso, ma anche una preziosa testimonianza della vastità dei suoi interessi e della sua acutezza di analisi oltre che della sua capacità di teorizzazione delle dinamiche internazionali. Vi emerge, fra l’altro, la sua concezione dell’equilibrio internazionale realizzatosi al termine della Seconda guerra mondiale come «equilibrio delle impotenze» cristallizzatosi attorno a un sistema di trattati internazionali e attorno al possesso di ordigni bellici distruttivi: un equilibrio dal quale discende la necessità del prolungamento di una situazione di pace, ma dal quale, al tempo stesso, deriva la possibilità per le potenze non atomiche di poter partecipare, nella competizione Est-Ovest, alla formazione della politica occidentale.
Le minoranze di razza, di lingua, di religione nel diritto internazionale, Torino 1931.
Il patto di Londra. Storia diplomatica dell’Intervento italiano (1914-1915), prefazione di A. Solmi, Bologna 1934.
Gli accordi di San Giovanni di Moriana. Storia diplomatica dell’intervento italiano, 2° vol., 1916-1917, Milano 1936.
Le convenzioni militari concluse fra l’Italia e l’Intesa alla vigilia dell’Intervento, Milano 1936.
La Conferenza di Montreux e la nuova convenzione degli Stretti, Milano 1938.
La Serbia e l’intervento in guerra dell’Italia, Milano 1939.
Sicurezza collettiva e garanzie internazionali nei trattati di Westfalia, Milano 1939.
Costituenti europee post-belliche 1918-1932, Firenze 1946.
Le origini diplomatiche del Patto d’Acciaio, Firenze 1948 (seconda ed., riveduta e ampliata, 1956).
Guerra diplomatica in Estremo Oriente. 1914-1931. I trattati delle ventun domande, 2 voll., Torino 1950.
L’Italia e gli accordi tedesco-sovietici dell’agosto 1939, Firenze 1952.
Una mancata intesa italo-sovietica nel 1940 e nel 1941, Firenze 1953.
Pagine di storia diplomatica contemporanea, 2 voll., Milano 1963.
Storia dei trattati e politica internazionale, Torino 1963.
Dal 25 luglio all’8 settembre. Nuove rivelazioni sugli armistizi fra l’Italia e le Nazioni Unite, Firenze 1966.
Storia diplomatica della questione dell’Alto Adige, Bari 1968.
Corsivi di politica estera 1949-1968 per la Rivista di studi politici internazionali, Milano 1981.
F. Curato, Ricordo di Mario Toscano, «Il Politico», 1968, 4.
L. Dainelli, Ricordo di Mario Toscano, «Rivista di studi politici internazionali», 1968, 4.
P. Pastorelli, La storia delle relazioni internazionali negli studi e nell’insegnamento di Mario Toscano, «Rivista di studi politici internazionali», 1968, 4.
G. Spadolini, Ricordo di Mario Toscano, «Nuova antologia», 1968, fasc. 2014.
P. Pastorelli, Mario Toscano e la storia dei trattati, «Storia e politica», 1969, 4.
G. Vedovato, Politica estera italiana e scelta europea, Firenze 1979.
Federico Chabod e la ‘nuova storiografia’ dal primo al secondo dopoguerra (1919-1950), Atti delle Giornate di studio, Milano, 1983, a cura di B. Vigezzi, Milano 1983.
E. Di Nolfo, Gli studi di storia delle relazioni internazionali in Italia, «Storia delle relazioni internazionali», 1986, 2.
E. Serra, Manuale di storia delle relazioni internazionali e diplomazia, Milano 1996.
E. Di Nolfo, Prima lezione di storia delle relazioni internazionali, Roma-Bari 2006.
L. Monzali, Mario Toscano e la politica estera italiana nell’era atomica, Firenze 2011.