Vargas Llosa, Mario
Vargas Llosa, Mario. – Scrittore, giornalista e politico peruviano, naturalizzato spagnolo (n. Arequipa 1936), premio Nobel per la letteratura nel 2010. Passa l’infanzia tra Cochabamba (Bolivia) e Piura (Perù) famiglia materna. Nel 1946 il padre appare improvvisamente per portarlo, insieme alla madre, a Lima. La serenità del giovane V. L. è sconvolta dalla grettezza della figura paterna proprio mentre il clima di terrore si sta espandendo a tutto il Perù. Durante il regime di Manuel Odría, il padre prova a stroncare sul nascere la sua passione per la scrittura con la disciplina militare obbligandolo a frequentare l’accademia militare Leoncio Prado di Lima, che abbandona dopo due anni per studiare legge e letteratura all’università San Marco. Laureatosi nel 1958, s’impone all’attenzione della critica internazionale trasfigurando il senso di oppressione e ostilità vissuto tra le mura domestiche, nelle inquietudini di un intero Paese. In opere come Los jefes (1959; trad. it. I capi, 1978) e, soprattutto, nel celebre La ciudad y los perros (1963; trad. it. La città e i cani, 1967), V. L. racconta le umiliazioni e lo svilimento dell’individualità vissuto da ragazzo all’interno di un’istituzione totale come l’accademia Prado, che gli costano la censura e il rogo pubblico dei suoi testi in Perù. La particolare tecnica narrativa corale, ricca di sovrapposizioni dei piani narrativi, salti temporali e figure metafisiche recuperate dall’antica mitologia peruviana, si affina ancora di più in romanzi come La casa verde (1966; trad. it. 1970), Los cachorros (1968; trad. it. I cuccioli, 1978) e Conversación en la «Catedral» (1969; trad. it. Conversazione nella cattedrale, 1971), veri e propri affreschi degli abusi di potere, delle violenze e delle miserie del Perù degli anni della dittatura. Deluso dagli esiti della rivoluzione cubana, si dedica a nuove tematiche spaziando dalla letteratura umoristica, con Pantaleón y las visitadoras (1973; trad. it. Pantaleon e le visitatrici, 1975), a quella erotica, con La tía Julia y el escribidor (1977; trad. it. La zia Julia e lo scribacchino, 1979). Nelle opere che chiudono il 20° sec., La guerra del fin del mundo (1981; trad. it. La guerra della fine del mondo, 1983), Historia de Mayta (1984; trad. it. Storia di Mayta, 1985), Quién mató a Palomino Molero? (1986; trad. it. Chi ha ucciso Palomino Molero?, 1987), El hablador (1987; trad. it. Il narratore ambulante, 1988), Lituma en los Andes (1993; trad. it. Il caporale Lituma sulle Ande, 1995); Los cuadernos de don Rigoberto (1997; trad. it. I quaderni di don Rigoberto, 1997), V. L. mantiene alto il suo impegno politico che lo porta a candidarsi per le elezioni presidenziali del 1990, sostenuto da una coalizione liberale di centrodestra. Dopo la sconfitta elettorale, che getta il Perù nello spietato regime di Alberto Fujimori, V. L. entra nel 21° sec. con La fiesta del chivo (2000; trad. it. La festa del caprone, 2001), ritratto corale e spietato del dittatore della Repubblica Dominicana Rafael Leónidas Trujillo, detto il caprone, e dell’attentato in cui perse la vita nel 1961, a cui seguono El paraíso en la otra esquina (2003; trad. it. Il paradiso è altrove, 2003), un romanzo che intreccia la vita e i viaggi del pittore francese Paul Gauguin, alle lotte e alle speranze di sua nonna Flora Tristan, una delle pioniere del movimento femminista e influente scrittrice d’ispirazione socialista durante la prima metà del 19° sec., e un altro dedicato a una storia d’amore impossibile tra un traduttore e una guerrigliera in partenza per Cuba, Travesuras de la niña mala (2006; trad. it. Avventure della ragazza cattiva, 2006). Nel 2010 V. L. pubblica l’ultimo tassello di quella 'cartografia delle strutture del potere' e delle 'acute immagini della resistenza, rivolta e sconfitta dell'individuo', grazie a cui riceve il premio Nobel per la letteratura, con El sueño del Celta (2010; trad. it. Il sogno del Celta, 2011), romanzo biografico sulla vita del patriota irlandese Roger Casement, diplomatico dell’Impero britannico tra i primi europei testimoni degli orrori, le violenze e i massacri del colonialismo occidentale sulle popolazioni d’Africa e d’America Latina a cavallo tra Ottocento e Novecento, che ha denunciato e sensibilizzato l’opinione pubblica sugli atroci metodi impiegati dalle compagnie coloniali per costringere le popolazioni del Congo, del Perù e del Brasile a lavorare nei campi di raccolta del caucciù.