Berenson, Marisa
Attrice cinematografica statunitense, nata a New York il 15 febbraio 1947. Fisico asciutto e viso dai lineamenti morbidi e regolari, la B. si è imposta, negli anni Settanta, come uno dei volti più noti del jet set internazionale. Popolare più per il suo fascino che per le apparizioni cinematografiche, ha comunque mostrato di possedere un interessante talento, che è stato messo in luce a partire dalla sua interpretazione in Cabaret (1972) di Bob Fosse.
Nipote dello storico dell'arte Bernard Berenson e della creatrice di moda Elsa Schiaparelli, la B. iniziò la sua carriera come modella e fu fotografata più volte dalla rivista "Vogue". Esordì sul grande schermo, nel 1971, quando Luchino Visconti la volle in Morte a Venezia per interpretare il ruolo della moglie di Gustav von Aschenbach, il compositore intimamente scosso dall'inaspettata passione per un ambiguo adolescente. Qui la B., in un film su un tema difficile quale quello del rapporto tra arte e vita, seppe esprimere una notevole sensibilità interpretativa che, l'anno seguente, esibì anche in Cabaret ‒ il musical di Fosse ispirato alla commedia di J. van Druten ‒ nel ruolo di Natalia, la ricca ebrea vittima delle persecuzioni razziali nella Berlino degli anni Trenta. Nel 1975 fu la fragile lady Lyndon, facoltosa nobildonna inglese sposata per interesse da Redmond Barry, il protagonista dell'affresco storico di Stanley Kubrick Barry Lyndon. Seppure tanto nota da apparire, per es., nel ruolo di sé stessa in un episodio del programma televisivo The Muppet show (1976), nel corso degli anni Ottanta e Novanta la B. non ha avuto la possibilità di esprimersi appieno come attrice, a eccezione di alcune interpretazioni interessanti, come quelle in S.O.B. (1981) di Blake Edwards, in Flagrant désir (1985) di Claude Faraldo, in White hunter, black heart (1990; Cacciatore bianco, cuore nero) di Clint Eastwood e in Il giardino dei ciliegi (1992) di Antonello Aglioti.