KONOPNICKA, Marja (nata Wasiłowska)
Poetessa polacca, nata a Suwałki il 23 maggio 1842, morta a Leopoli l'8 ottobre 1910. Dopo il matrimonio (1862) dimorò dieci anni in campagna presso Kalisz e nel 1876 si stabilì a Varsavia, ove rimase sino al 1890, quando fu espulsa dalla Polonia russa. Dopo dodici anni di soggiorno all'estero (Francia, Svizzera, Italia), ebbe, nel 1902, quale dono nazionale per la sua attività poetica e sociale, un podere a Žarnowiec in Galizia, e vi trascorse gli ultimi anni.
Dall'influenza romantica e in primo luogo di Słowacki (v.), che determina la forma e l'atmosfera poetica delle sue prime creazioni (Romans wiosenny; "Romanzo primaverile"; W górach, "Nelle montagne", 1877), la K. si libera cercando accenti nuovi che la mettano in grado di farsi paladina dei deboli e umili, e specialmente dei contadini. Si sente però in questa ricerca una tendenziosità troppo programmatica che rende l'espressione non di rado artificiale, retorica (Co to jest žycie?, "Cos'è la vita?"; Mojżesz, "Mosè"), incerta di sé, in dissidio con una fede che si sente profonda ma che in lei contrasta con le ingiustizie subite dall'umanità travagliata (Ty nam Boże nie stroj ziemi, "Non adornarci, Iddio, la terra"; Ja się nie skaržę, "Non mi lamento"). Ma col tempo il tono si calma, e la poesia, liberata dal soverchio pathos, si fa più immediata, più personale, più ricca; senza che la poetessa abbia bisogno di rinunziare alla sua missione di confortatrice (ciclo Z łąk i pół, Dai prati e dai campi; Łzy i pieśni, Lagrime e poesie; ecc.). Ritmicamente questo placarsi della K. si manifesta spesso in un'aderenza ai canti popolari (con palese influenza di T. Lenartowicz); spiritualmente, in un contatto più intimo con la natura. Ma qui non si ferma l'evoluzione della K.: l'ampliarsi e approfondirsi della sua cultura letteraria (che abbraccia i moderni e gli antichi) e il fecondo abbandonarsi alle più svariate impressioni di viaggi conducono a un grande arricchimento e irrobustimento della sua poesia che raggiunge il suo momento culminante nel volume Italia (scritto negli anni 1893-99, pubblicato nel 1901 a Varsavia). Il paesaggio e l'arte italiani (soprattutto la pittura) si rifrangono nell'anima sensibile della K. con grande varietà di ritmi e vivacità di colori, ai quali serve pur sempre da sfondo, accrescendone per contrasto l'efficacia, la meno lieta e meno serena, ma più cara patria polacca. Nelle raccolte successive (Nowe pieśni, Canti nuovi, 1905; Glosy ciszy, Le voci del silenzio, 1906) la sua poesia ritorna in parte agli accenti popolari e in parte si fa più riflessiva, più sentenziosa. Più caduca è la poesia epica della K. che attraverso racconti poetici conduce alla grande epopea Pan Balcer w Brazylji (Il signor B. nel Brasile, 1910), ove in sei lunghi canti è raccontata la vicenda di un gruppo di emigranti polacchi in Brasile. Ricca di pregi formali (l'ottava rima vi è trattata con grande maestria) e di efficaci descrizioni, quest'opera non è priva di prolissità. La K. ha scritto infine alcune novelle, saggi letterarî e va ricordata anche come traduttrice di alcuni poeti tedeschi e delle liriche di Ada Negri.
Ediz. completa a cura di F. Czubek, voll. 10, Varsavia 1916-25. Traduzione ital. del vol. Italia, di C. Agosti Garosci e Clotilde Garosci, Roma 1929 (con introduzione).
Bibl.: J. Dickstein-Wieleżyńska, K., Varsavia 1927; Z. Bessażanka, Podłoże historyczno-społeczne poezji ludowej Lenartowicza i Konopnickiej (La base storico-sociale della poesia popolare di L. e K.), in Pamiętnik literacki, XXVI-XXVII (1930).