Vedi MARMO dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MARMO (v. vol. iv, pp. 860-870)
Si raccolgono qui talune osservazioni sull'impiego dei marmi in età romana e protobizantina e sulla loro provenienza quali risultano da nuove ricerche che integrano e talora correggono quanto precedentemente pubblicato.
Nell'esposizione viene seguito un ordine geografico, da occidente ad oriente.
a) Algeria. - Dai pressi di Orano i Romani trassero numerosi alabastri, perloppiù rossi e rosati, noti a Roma in età moderna col nome di "alabastri a pecorella". Essi sono abbondantemente rappresentati nelle grandi terme di Gemila, insieme con un marmo conchiglione giallorosato, noto (a Roma) col nome di "occhio di pavone rosa". Gli alabastri algerini furono, a quanto sembra, importati a Roma in età piuttosto tarda (III-IV secolo). Dai pressi di Jol-Cesarea i Romani trassero anche un granito, assai usato localmente, ma solo di rado esportato a Roma.
b) Tunisia. - Oltre il ben noto m. di Numidia o "giallo antico" a Chentou, i Romani trassero dalla Tunisia il marmo violetto del Djebel Oust (assai usato localmente, ma raramente esportato a Roma), gli alabastri rossi e gialli del Djebel Oust (terme d'inverno a Thuburbo Maius, ecc., Roma), la "lumachella d'Egitto", e l'"astracane dorato" dai pressi di Thuburbo, usati in età augustea e flavia (esempî nella Palestra e nella Casa dei Cervi ad Ercolano), la "lumachella rosea", assai usata localmente, ma rara a Roma (colonne di palazzo Sciarra), il "nero antico" proveniente dal Gebel Azeiza.
c) Libia. - Le pietre più importanti provenienti dalla Libia sono le brecce nuvolate gialle e rosa, rappresentate a Leptis e in edifici tardi di Roma (villa sopra la cisterna delle Sette Sale, villa presso il Circo di Massenzio, Ostia).
d) Egitto. - La maggior parte delle pietre egiziane usate in epoca romana provenivano dal deserto orientale egiziano. Dalla regione del Mons Porphyrites (Gebel Dokhan) provenivano, oltre il porfido rosso, il porfido verde, tratto dalle cave orientali, immediatamente sopra il tempio di Serapide, ed il porfido nero, da varie località della zona. Ambedue sono rappresentati nella Domus Augustana di età flavia. Un altro porfido nero a grandi cristalli "serpentino nero" era cavato ad Umm Towat, a SE del Gebel Dokhan, non lontano da Umm Balad, dove sono le cave di una dolente bianco-verdastra. Ambedue queste pietre sono rappresentate nella Domus Augustana.
Più a S, nel uadi Semna, chiamato in antico Ophiate (cui è da sottintendere probabilmente monte, come nel caso del porphyrites e del Claudianus) erano le cave di un gabbro dioritico o metagabbro assai diffuso (palazzi del Palatino, Villa Adriana, ecc.), il cosiddetto "granito verde della sedia" (varietà a macchia grande e minuta) nel quale, come dimostra il toponimo, è da vedere l'antico "ofite". Dal uadi Hammamat provenivano infine la grovacca chiamata dagli Egiziani "pietra bekhen" e dai Romani basanite (ora impropriamente chiamata "basalto verde") e la breccia verde (lapis hekatontalithos). Nel uadi Fawakhi erano le cave di un granito minuto grigiorosato rappresentato ad Ercolano ed a Pompei. Dal uadi Atallah, presso il uadi Hammamat, proveniva la bella serpentina, da cui è stato ricavato il cane presentemente nel Palazzo dei Conservatori. Presso le ben note cave del Gebel Fatireh o Mons Claudianus, da cui proveniva il "granito del Foro" sono, nel uadi Bārūd, quelle del "granito bianco e nero", rappresentato nei palazzi imperiali del Palatino. Da Assuan (Syene) oltre il granito rosa, provenivano varie specie di graniti neri già usati in età faraonica. Le principali cave di alabastro antiche erano presso Hatnoub.
Turchia. - Dall'Asia Minore i Romani traevano moltissimi marmi bianchi e colorati. Ben noti sono il pavonazzetto da Dokimion, presso Synnada, i marmi bianchi del Meandro, gli alabastri di Hierapolis. Nel 1966 sono state scoperte a Theos le cave di uno dei marmi più famosi usati in età romana, il cosiddetto Africano, nel quale è da vedere il marmo Luculleo, menzionato da Strabone (ix, p. 437, dove la lezione corretta è senza dubbio Λευκολλέιας, come già ben vide lo Tzschucke) e da Plinio (Nat. hist., xxxvi, 49) dove la lettura heo, data dal miglior codice pliniano, il Bambergense, è da restituire in teo, la quale per Plinio era appunto un'isola (Nat. hist., v, 128, 138). Altri marmi importanti sono quelli di Iasos in Caria, rosso con brecce o tortuose vene bianche (il "rosso brecciato" o "cipollino rosso" della tradizione marmoraria romana) usato soprattutto nel tardo impero ed in età bizantina; i marmi conchigliari rossi e pavonazzi del Sagario ("occhio di pavone" rosso e pavonazzo) largamente impiegati a Roma ed a Costantinopoli la "breccia corallina" della Bitinia. Da varie località della Troade proveniva una sorta di granito grigio (marmor troadensis) largamente esportato in Italia ed altrove e da Assos il cosiddetto lapis sarcophagus (Plinio, Nat. hist., xxxvi, 131), una sorta di trachite bigiastra di cui esistono numerosi sarcofagi ad Alessandria, Ravenna, Salonicco, Tiro, ecc.
Grecia. - Per le pietre originarie della Grecia va ricordato il Fior di Pesco, dai pressi di Eretria in Eubea, largamente impiegato a Roma, Leptis, ecc. (già rappresentato ad Ercolano); il "rosso antico", dal Tenaro e il "bigio morato", sempre del Tenaro. Dalla Grecia provenivano anche talune brecce, la più importante delle quali è la cosiddetta "breccia di Aleppo", largamente usata in età flavia.
Italia. - A parte il m. di Luni, le pietre da decorazione italiane usate in antico sono piuttosto poche. Vanno tra esse elencate alcune brecce scarsamente usate e di incerta provenienza (per esempio, la "breccia dorata"), taluni gabbri della Liguria ed oficalci del Piemonte.
Francia. - I marmi delle Gallie furono esportati poco e tardi. Il più importante di essi è di gran lunga il cosiddetto "bianco e nero antico" (il marmo di Aquitania, delle fonti bizantine) cavato ad Aubert, presso S. Girons, esportato in età costantiniana ed oltre. Il marmo di Aquitania è rappresentato, perloppiù in colonne piccole o mezzane a Ravenna, Roma, Costantinopoli, Salona, Tunisi, Venezia, ecc. Negli scavi di Roma si trovano occasionalmente frammenti di altri marmi francesi, soprattutto dei cosiddetti marbres Campan, verde, isabelle, violetto, ecc. Verosimilmente, essi non furono introdotti prima del III secolo. I marmi bianchi e bigi di S. Béat furono soprattutto destinati ad uso locale.
Spagna. - L'unico m. spagnolo d'una certa importanza, esportato a Roma, è il cosiddetto "broccatello", cavato presso Tortosa ed usato soprattutto per mattonelle di pavimenti e piccole colonne. Non sembra che se ne riscontrino esempî in edifici precedenti all'età severiana.
Bibl.: R. Gnoli, Su alcuni marmi e pietre da decorazione usate nell'antichità, in La Parola del Passato, LVI, 1966, pp. 41-55; M. H. Ballance, The Origin of Africano, in Papers Br. School Rome, XXXIV (N.S. XXI), 1966, pp. 79-81; R. Gnoli, Marmora romana, Roma 1971.