maroso
La parola appare nella descrizione dell'allegorica tempesta incontrata dal protagonista del Fiore (XXXIII 1): Quand'i' vidi i marosi sì 'nforzare / per lo vento a Provenza che ventava... (cfr. Roman de la Rose 4113 " Des or enforcera mi deus ").
I m. rappresentano le avversità che si abbattono sull'amante a seguito del malefico intervento di Malabocca, che provoca la reazione di Gelosia e l'imprigionamento di Bellaccoglienza. L'immagine era stata preannunciata in XXI 4-5 ma dirò come 'l mar s'andò turbando / per Malabocca, e si salda con altre tratte dalla navigazione (cfr. XXXV 3-4, XLVIII 7-8, LVI 1-8): la mutabilità dell'elemento marino diventa il simbolo delle variabili circostanze dell'amore, che è per sua natura esposto ai moti di Fortuna (nella letteratura religiosa è comune l'uso di m. per indicare i travagli dell'animo in balia degli accidenti terreni).
Lo spunto era nei vv. 3494 ss. del romanzo di Guillaume: " La mer n'iert ja si apaisiee / Qu'el ne soit troble a poi de vent; / Amors se rechange sovent, / Il oint une eure e autre point, / Amors n'est guieres en un point " (che corrisponde a Fiore XXI 4-5), ma sembra che vi s'intrecci il ricordo del fiume tempestoso di Fortune, descritto da Jean in Rose 6033 ss. " Sus ce fleuve, que je ne mente, / Zephirus nule feiz n' i vente, / Ne ne li recrespist ses ondes, / Qui mout sont laides e parfondes; / Mais li doulereus venz de bile / A contre lui bataille emprise, / Qui li contreint par estouveir / Toutes ses ondes esmouveir, / E li fait les fonz e les plaignes / Saillir en guise de montaignes, / E les fait entr'aus bataillier, / Tant veaut le fleuve travaillier " (difatti il son. XXXV giocherà sul duplice senso di fortuna: la dea bendata e il fortunale).