Il contributo è tratto daStoria della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La storia dei Marrani ha origine con la conversione forzata degli ebrei spagnoli al cattolicesimo alla fine del XIV secolo e si snoda lungo il XV secolo, intrecciandosi con la nascita dell’Inquisizione spagnola. Quella dei Moriscos ha origine nel 1492 con la conversione forzata al cattolicesimo dei musulmani del califfato di Granada e si conclude ai primi del XVII secolo con la loro espulsione dai domini spagnoli.
Con il termine marrano, termine di incerta etimologia il cui significato acquisito equivale a “porco”, “suino” e finanche “sudicio”, vengono designati in Spagna, a partire dal XIV secolo, i giudei convertiti al cristianesimo. Termini equivalenti sono conversos, nuevos cristianos, falsos cristianos e anche judeoconversos o judaizantes.
Fino al XIV secolo la Spagna non conosce quelle punte di violento antisemitismo che segnano invece il resto dell’Europa con pogrom ed espulsioni. Si può dire anzi che nel corso del XII secolo, e soprattutto verso la fine del XIII, le comunità ebraiche assumono un ruolo di rilievo nella società spagnola. Si occupano di finanze e commercio; arrivano a ricoprire ruoli direttivi nella gestione dei possedimenti della corona; è di loro competenza l’appalto delle imposte. Non pochi esponenti della comunità si dedicano alla medicina e quasi monopolizzano l’esercizio di questa disciplina. Si tratta insomma di una comunità ben inserita nei gangli vitali della società spagnola, e di elevato spessore culturale.
Nel corso del XIV secolo le cose cambiano. Le lotte per la cosiddetta Reconquista rompono l’equilibrio che si era instaurato fra cristiani, ebrei e arabi, spostando il baricentro del potere politico in favore dei cristiani. Le crisi che travagliano l’Europa nello stesso periodo, con le ripetute epidemie di peste, le congiunture economiche e la carestia fanno il resto. Anche in Spagna si innesca quel meccanismo perverso che porta all’odio per l’ebreo, capro espiatorio di tutti i mali, potenziato nel caso spagnolo dall’insofferenza per la vitalità culturale e il predominio economico-finanziario della comunità ebraica. Le due comunità, cristiana ed ebraica, cercano così di evitare il contatto reciproco. L’una stima impura l’altra. Avanza e prende piede l’idea del ghetto; a Valenza la juderia viene circondata con alte mura.
L’episodio più grave si verifica a Siviglia nel 1391. L’arcidiacono Hernan Martinez d’Ecija comincia ad aizzare il popolo contro i giudei prendendo spunto da delitti attribuiti ad alcuni di loro. Dopo la morte dell’arcivescovo di Siviglia Pedro Gomez Barroso, moderato e poco incline al fanatismo, ha mano libera nel chiedere la distruzione della sinagoga, che viene così rasa al suolo da una folla inferocita. Almeno 4 mila ebrei vengono massacrati. Le sommosse antiebraiche si diffondono a macchia d’olio in tutta la penisola iberica, coinvolgendo città e villaggi. Agli ebrei non resta molta scelta: convertirsi al cristianesimo o rischiare di morire. Si convertono a forza, ma spesso sono proprio loro a chiedere il battesimo. Agli inizi del XV secolo, quindi, la comunità ebraica è divisa in due gruppi. Una minoranza è rimasta coraggiosamente fedele alla religione avita, in comunità raggruppate prevalentemente nel regno di Valenza e in Aragona; gli altri, la maggioranza, sono diventati conversos, convertiti, judeoconversos, passando alla nuova religione. Non sempre recidono completamente i legami con la juderia, e da subito cominciano a essere considerati giudaizzanti, falsi convertiti. In realtà la tipologia dei conversos è piuttosto variegata. Alcuni sono senz’altro sinceri, altri credono davvero di essere buoni cristiani ma conservano più o meno consapevolmente usanze o credenze giudaiche. Altri ancora praticano il sincretismo, pensando che siano valide entrambe le religioni, frutto questo della riflessione filosofica dell’ebraismo spagnolo, attento alla sintesi fra le varie religioni più che agli elementi di contrapposizione. Infine ci sono giudaizzanti manifesti e conversos che, privi di profonde convinzioni religiose, osservano esteriormente le pratiche cristiane come copertura per un tranquillo disbrigo dei loro affari. D’altronde una vera e propria opera di catechizzazione nei confronti dei giudei convertiti comincia solo nel 1413, con l’arrivo a Valenza di Vincenzo Ferrer che, d’accordo col governo cittadino, cerca di spezzare i legami fra i nuovi cristiani e la juderia, cercando così di favorire anche sul piano spaziale l’integrazione dei convertiti.
La diffidenza nei confronti dei convertiti non impedisce a questi ultimi di inserirsi rapidamente e in nuova veste nelle classi dirigenti. Liberi dai vincoli giuridici che in qualche modo, quando erano ancora ebrei, potevano limitare il loro campo d’azione, i nuovi cristiani dilagano nel mondo delle finanze, delle scienze, dell’esercito, dell’amministrazione pubblica, finanche della Chiesa. I conversos percorrono carriere spettacolari: l’amministrazione regia è nelle mani dei Sanchez, dei Santangel, dei Caballeria, che pure pretendono di discendere da Davide.
I giudei rimasti tali diminuiscono mentre i conversos crescono numericamente, ma pian piano, nell’odio popolare, all’ebreo come capro espiatorio si sostituisce il converso, il marrano. Nel 1449 a Toledo il bersaglio di una rivolta popolare sollecitata da una ribellione fiscale sono proprio i conversos, che fra l’altro erano i collettori delle imposte. Si fa strada il principio che solo chi ha limpieza de sangre possa accedere alle cariche pubbliche. Anche l’alta nobiltà è infetta, per via delle accorte politiche matrimoniali dei conversos. Lo stesso Ferdinando d’Aragona detto il Cattolico (1452-1516), in un’accezione larga del termine converso, poteva essere definito tale per ascendenza materna, e così pure Teresa d’Avila (1515-1582) o Tomás de Torquemada, il primo grande inquisitore spagnolo.
Dopo gli episodi di Toledo le rivolte continuano fino al 1474, coniugando il malcontento per le avverse congiunture economiche con l’ostilità verso i conversos, ancora forti sul piano finanziario, malvisti anche dalla vecchia aristocrazia e accusati pure di omicidi rituali. La Castiglia, l’Andalusia, Siviglia sono coinvolte. Ovunque si adottano statuti che sulla base della limpieza de sangre escludono i conversos non solo dagli uffici pubblici ma anche dalle confraternite. Il 1474 è anche l’anno in cui ascende al trono Isabella di Castiglia (1451-1504) con Ferdinando d’Aragona, i futuri re cattolici. La necessità di ripristinare l’ordine pubblico e sottrarre le città alla violenza incontrollata della plebaglia e quella, più cogente, di preservare l’unità nazionale anche attraverso l’assimilazione delle minoranze e la comune identità religiosa, passa attraverso la creazione di un nuovo istituto, l’Inquisizione spagnola. Uno dei suoi compiti, anche se non necessariamente quello principale, è proprio la ricerca e la repressione dei giudaizzanti. Istituita il primo di novembre 1478 da papa Sisto IV (Francesco della Rovere), è affidata dal 17 ottobre 1483 al domenicano Tomás de Torquemada.
Un passo successivo nella stessa ottica dell’unificazione ideologica del nuovo Stato, giustificato però con la necessità di sottrarre i nuovi cristiani, i conversos, alle insidie degli ebrei che li spingono a “giudaizzare”, è proprio l’espulsione degli ebrei, sancita da un editto regio del 31 marzo 1492. Ancora una volta gli ebrei sono posti di fronte a una scelta: convertirsi o essere espulsi. Si calcola che circa 200-250 mila ebrei siano diventati cristiani e che un buon 150 mila abbia preferito invece l’esilio, trasferendosi nel tempo massimo di quattro mesi, senza portare oro né denaro, nell’Africa del Nord, in Turchia, in Italia e in Portogallo, dove si formano ben presto nuove comunità di giudeo-cristiani, inquisite però a partire dal 1536, dopo rinnovate ondate di antisemitismo, dal locale tribunale dell’Inquisizione che si conformerà nel 1547 al modello spagnolo.
Col termine Moriscos vengono designati i musulmani che, sempre in Spagna, dopo la conquista del Regno di Granada (1492) da parte dei re cattolici, sono costretti a convertirsi al cristianesimo.
Il 1492, data dell’espulsione degli ebrei, è anche quella della caduta del califfato di Granada, ultima terra musulmana di Spagna. All’epoca i musulmani costituivano il 10 percento della popolazione della Spagna. Non erano concentrati solo a Granada, che ne contava circa 300 mila: da 20 a 50 mila mudejares sono in Castiglia, 100 mila ancora a Valenza, 50 mila nel Regno d’Aragona. C’era una convivenza tutto sommato pacifica se i primi atti di ostilità contro i musulmani sono da collocarsi alla metà del XV secolo, quando a Valenza comincia a circolare la voce che la comunità musulmana avrebbe dovuto convertirsi o essere messa a morte, cosa che portò al sacco della “moreria” della città. Dopo la conquista, ai Mori di Granada viene offerta libertà di culto dietro pagamento di un tributo. L’accordo ben presto non viene rispettato e contemporaneamente si dà avvio a una politica di cristianizzazione forzata, provocando una vera e propria ribellione che ha il suo acme nel 1500-1501 e che viene repressa militarmente. In conseguenza i musulmani, come gli ebrei nel secolo precedente, sono costretti a scegliere fra conversione ed esilio. La maggioranza opta per la nuova fede: è l’atto di nascita dei Moriscos. Il provvedimento di espulsione o conversione è esteso a tutta la Castiglia nel 1502 e nel 1525-1526 a tutta l’Aragona. Anche l’Inquisizione si attiva dal 1529 per Castiglia e Granada e più tardi per Valenza e Aragona.
Il problema dei Moriscos è diverso da quello dei conversos. I Moriscos non occupano nella società spagnola una posizione di primo piano come quella dei conversos: sono in genere agricoltori o artigiani. Parlano in prevalenza l’arabo e vivono l’attaccamento all’islam, al di là della conversione di facciata, come un elemento identitario. Guadagnano tempo, cercano di rallentare il processo di omologazione, ottengono in un primo momento di poter mantenere in vita le pratiche musulmane minori per 20 anni, e di poter continuare a parlare la loro lingua per altri dieci. Per lo stesso periodo alle donne è consentito indossare il velo. A partire dal 1567 però le concessioni sono via via revocate. Al di là del dissidio religioso c’è ormai un insanabile conflitto di civiltà: progressivamente anche esponenti illuminati delle gerarchie cattoliche, e fra gli altri l’arcivescovo di Valencia Juan de Ribera (1532-1611), falliti i tentativi di evangelizzazione, si schierano per l’espulsione dei Moriscos, che abbandonano la Spagna fra il 1609 e il 1613.