Vedi MARSIGLIA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
MARSIGLIA (Μασσαλία, Massilia)
Fondata verso il 60o a. C. da una colonia focese, nelle vicinanze delle Bocche del Rodano. Eretta su uno sperone che ricordava la posizione di Focea, di Efeso e di Mileto, era circondata d'acque da tre lati; esposta a Mezzogiorno, si stendeva ad anfiteatro sulle colline, dominando la laguna del Lacydon, il cui ingresso era difeso da una stretta imboccatura.
La data di fondazione è assicurata da numerosissime ceramiche trovate negli scavi, provenienti dai porti dell'Asia Minore, di Naucrati, di Corinto, dell'Attica, della Laconia; seguono, dal IV sec. in poi, le ceramiche della Magna Grecia e della Sicilia. La statuaria d'età greca è limitata ad alcune stele a forma di naòs, che rappresentano la Grande Dea Artemide, seduta, talvolta con un piccolo leone sulle ginocchia. Il tipo arcaico di questa rappresentazione dall'Asia Minore si era diffuso in Magna Grecia (Velia, al museo di Napoli) e a Marsiglia.
La colonia, pur non riuscendo a penetrare decisamente tra le tribù indigene del retroterra, fondò insediamenti sul delta del Rodano e sulla costa ligure: alla Ciotat, Tauroentum (Sanary?), Cavalaire, Olbia (Hyère), Antibes, Nizza, Monaco, forse Ventimiglia.
Distrutta nel 49 a. C. da Cesare, che ne distribui il territorio a coloni di Arles, la città venne ricostruita in epoca romana. La sua cinta e i pubblici edifici furono ricostruiti per la generosità di un medico originario di M., Crinas, discendente da Pytheas, il quale viveva a Roma sotto il regno di Nerone.
Difesa da una cinta dal lato di terra, la città constava di una parte alta, l'acropoli, ove sorgevano i templi di Artemide e di Apollo, e di una città bassa, la "marina", lungo il porto. La sua estensione era ridotta. A settentrione, la cinta seguiva la serie delle strade situate sul pendio della collina dei Molini, dall'ansa formata dal fiume Ourse sino ai piedi della collina dei Carmes (Carmelitani), detta Roca barbara, e verso oriente seguiva l'attuale rue Négrel.
Gli scavi eseguiti tra il 1945 e il 1950, in seguito alle distruzioni provocate dalla guerra in questo quartiere, hanno rimesso in luce la base di questa cinta, formata di blocchi squadrati quadrangolari. In epoca romana la città si estese verso oriente, a spese delle paludi. La sua nuova cinta, dovuta alla generosità di Crinas, è stata ritrovata 200 m ad E della prima, tra l'attuale Borsa e la rue Sainte-Barbe, tracciato che approssimativamente segua il perimetro della città sino all'XI secolo.
Non sappiamo nulla della città alta, a parte che vi esisteva uno stadio, probabilmente addossato al pendio N della collina; un elemento architettonico di esso con iscrizione greca (Stadion), della seconda metà del I sec. d. C., è stato ritrovato accanto alla cattedrale. La pianta del quartiere detto Plintheia secondo uno scolio di Luciano, diviso a scacchiera, pare venisse tracciato regolarmente, secondo l'uso ionico; pavimenti cementati di case romane sono stati ritrovati sul colle St. Laurent, il castrum Babonis del Medioevo.
La città bassa, conosciuta attraverso gli scavi, era meno estesa di oggi; il litorale del Lacydon nel VI sec. a. C. era difatti a 117 m dall'attuale banchina, la cui posizione sta ad indicare un lento interramento del porto. La spiaggia primitiva è stata ritrovata e datata da frammenti di ceramiche arcaiche; era ad una quota che corrisponde a quella del mare di oggi, ciò dimostra che il livello del mare dall'epoca greca ai nostri giorni è rimasto invariato. Da oriente ad occidènte si stendevano i cantieri per costruzioni navali. Seminterrati in epoca romana, vennero occupati da un edificio pubblico, senza dubbio le terme (mosaico); più ad O, il porto commerciale con magazzini, horrea (pavimento cementato con canaletti di scolo e dolia), simili a quelli di Ostia, ed infine il quartiere degli edifici pubblici, Foro e teatro. La costruzione di questi due monumenti rivela un vero progetto urbanistico all'epoca romana, che ha provocato il livellamento del suolo e il riempimento di calanchi. La pavimentazione del Foro, più volte rimaneggiato dal I al IV sec., era stata impiantata sul livello greco, previo livellamento, mentre l'orchestra del teatro, cementata e ricoperta di marmi policromi, è sistemata su profonde sostruzioni di sabbia marina e di scaglie provenienti dal taglio delle pietre; la cavea, appoggiata alla collina, ha conservato qualche settore dei gradini, costruiti all'uso greco: il sedile non è cubico, bensì in aggetto, dello stesso tipo dei teatri greci e di quello di Siracusa, Taormina, Velia, Pompei, Ippona, ecc.
Tre necropoli sono state identificate: la più antica continuò ad essere usata sino al Medioevo, sulla riva meridionale del Lacydon, gli altri a E sulla via per l'Italia e a N sulla via di Aix.
All'epoca romana il porto conservò la sua funzione commerciale, attestata dall'importanza delle banchine e dai detriti di ceramica romana (aretina della decadenza, Graufesenque, anfore), trovati nel Lacydon. Ma la città non ebbe una parte importante nell'Impero; nel 310 dette asilo a Massimiano, rivale di Costantino, che l'assediò e assistette alla morte del suo avversario. In epoca merovingia M. crebbe d'importanza, a spese di Arles e di Narbona; al sicuro dagli attacchi dei Visigoti, che l'assediarono nel 413, attirò l'attenzione dei re franchi, che ne fecero il loro porto mediterraneo sin dal VI secolo.
In conseguenza delle sue relazioni con la Siria e con i commercianti ebrei dell'Asia Minore, la città contò presto una comunità cristiana. Ebbe i suoi martiri: un'iscrizione trovata nel cimitero del Lacydon nel 1837 menziona la morte sul rogo di due marsigliesi, Volusianus, figlio di Eutyches, e di Fortunatus, che godranno del refrigerium nell'Aldilà, certamente in relazione alla persecuzione del 177, che decimò le chiese di Lione e di Vienne.
Dipendente di fatto dalla chiesa di Lione fino al III sec., M. non ha vescovi a noi noti prima della pace della chiesa: Oresius compare nel 314 al concilio d'Arles. Fa parte invece della leggenda l'episcopato di Lazzaro, che sarebbe sbarcato in Provenza con le sante Marie, dopo la morte di Cristo.
Già a quell'epoca venne fondata alla periferia della città la cattedrale, la "Major", vicino alla Porta Gallica dalla quale si accedeva alla strada litoranea. La chiesa aveva un battistero, il massimo della Gallia (23 m di diametro), che servì di modello a quello di Aix; ritrovato nel 1850, fu completamente distrutto durante la costruzione della nuova cattedrale.
La chiesa di M. dovette lottare contro la supremazia della città di Aix, promossa nel 375 a metropoli della III Narbonense, poi contro Arles, la cui chiesa nel 417 fu elevata al grado di primaziale. Il vescovo Proculo (381-428) rivendicò al concilio di Torino (398) le chiese fondate da M. nel suo antico territorio ed entrò in conflitto con il vescovo d'Arles, Patroclo.
Fu sotto l'episcopato di Proculo che Cassiano, scita d'origine (Dobrugia) e vissuto nei monasteri di Palestina e della Tebaide, fondò due abbazie, circa il 415; una maschile, sotto il patronato di S. Vittore, nella necropoli del Lacydon, l'altra femminile, la quale, per lo meno dall'XI sec. in poi, fu trasferita in città sulla riva settentrionale del porto.
Della primitiva abbazia rimane una piccola basilica decorata di avanzi di mosaico e di stucchi, preceduta da un atrio a colonne antiche, che è stato incorporato nelle sostituzioni della chiesa, nell'XI-XIII sec.; forse la memoria di Cassiano, sistemata accanto alle reliquie di S. Vittore e dei martiri, portatevi sin dalla fondazione dell'abbazia. Questa fu il centro di un cimitero paleocristiano, la cui scuola di scultura fece sopravvivere sino al V sec. le tradizioni plastiche della scuola romano-arlesiana.
Il Museo Borély conserva una tavola d'altare del V sec., con un iscrizione greca, ornata di viticci, di colombi e d'agnelli, nonché numerosi sarcofagi che rivelano l'evoluzione dell'arte dalla fine del IV alla metà del V secolo.
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