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CARRARA, Marsilio da

di M. Chiara Ganguzza Billanovich - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)
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CARRARA, Marsilio da

M. Chiara Ganguzza Billanovich

Nacque a Padova negli ultimi decenni del sec. XIV da Francesco Novello, signore della città, e da Taddea d'Este; collaborò fin da giovane alla realizzazione dei progetti espansionistici del padre. All'indomani della morte di Gian Galeazzo Visconti (3 sett. 1462) il C. militò infatti nella guerra contro la reggente di Milano, Caterina, distinguendosi nel febbraio del 1404, quando difese il quartiere di Ponte Molino dagli assalti di Facino Cane, e nel marzo dello stesso anno, quando presidiò il serraglio di S. Martino di Vanezza, minacciato dalle truppe viscontee. Scoppiate le ostilità con la Repubblica veneta in seguito all'occupazione di Verona compiuta da Francesco Novello il 5 maggio 1404, il C. continuò a prendere parte alle operazioni, accorrendo nell'agosto a guardia della fortezza di Gamberare; ma nel maggio del 1405, quando, caduta l'importante bastita di Castelcaro, ebbe inizio l'avanzata vittoriosa dell'esercito veneziano nel cuore del dominio carrarese, il padre preferì mandarlo in salvo a Firenze assieme al fratello Ubertino e ad altri giovani carraresi.

Dopo la conquista di Padova (17 nov. 1405) e la tragica fine toccata al padre e ai fratelli Francesco (III) e Giacomo, strangolati in carcere nel gennaio del 1406, il C. dovette subire la dura persecuzione attuata dalla Serenissima nei confronti di tutti i membri e gli amici della famiglia Carrara. Il suo governo veneto cercò infatti di ottenere la sua consegna da Rodolfo III signore di Camerino, presso il quale il C. si era in un primo tmpo rifugiato; riuscite vane le trattative, bandì forti taglie sul suo capo e mise a disposizione degli ambasciatori veneziani, che si trovavano a Firenze, dei fondi perché ne procurassero l'uccisione.

In seguito alla morte del fratello Ubertino (7 dic. 1407), il C. rimase l'unico superstite dei figli di Francesco Novello. Nel 1409, fuggito da Firenze, unì le proprie forze a quelle di un altro esule, Brunoro Della Scala, parimenti ricercato dalla Repubblica veneta, e nel giugno raggiunse Genova; da questo momento in poi cercò con ogni mezzo di recuperare la perduta signoria paterna. Il suo primo tntativo risale al 20 luglio 1410, giorno in cui il C., recatosi in un castello sul confine del territorio veronese, prese accordi con alcuni membri di famiglie filocarraresi per penetrare nottetempo in Padova. Ma il complotto, subito scoperto, venne duramente stroncato dai funzionari della Serenissima, Allora il C., fatto ritorno a Genova, trovò un sostenitore delle proprie rivendicazioni in Jean Le Maingre, signore di Boucicault, che dal 1401 governava la città in nome del re di Francia. Perciò, unitosi al suo esercito, prese parte sul finire d'agosto del 1410 a quella sfortunata marcia verso il cuore del ducato milanese, che avrebbe dovuto portare all'invasione della Lombardia e dei domini veneziani. Ma la sollevazione di Genova e la piena sconfitta che le truppe francesi subirono a Novi costrinsero il Boucicault ad abbandonare l'impresa e a ripassare le Alpi.

Un'altra occasione si presentò al C. due anni dopo, quando, scoppiate le ostilità tra Sigismondo di Lussemburgo e la Repubblica veneta per la restituzione di Zara e di altri luoghi della Dalmazia, venduti alla Serenissima da Ladislao di Durazzo il 9 luglio 1409, egli si affrettò a schierarsi a fianco di Sigismondo e nel gennaio del 1412 si trasferì a Buda. Nel mese di giugno le milizie del re dei Romani, capitanate da Pippo Spano, scendevano in Italia attraverso il Friuli, invadevano la Marca trevigiana e sconfiggevano il 22 novembre a Feltre le truppe veneziane. Poiché l'intervento del C., che guidava di persona un grosso contingente di Ungheresi, era stato decisivo per le sorti della battaglia, lo Spano acconsentì alle sue richieste e, lasciata da parte Treviso, l'8 genn. 1413 prese rapidamente la via per Cittadella e pose il campo a Vigodarzere alle porte di Padova. Era il momento che il C. aveva tanto atteso. Ma Pandolfo Malatesta, capitano dell'esercito veneto, lo aveva preceduto ed era entrato in città con numerosi rinforzi, bloccando sul nascere ogni tentativo di sollevazione del partito filocarrarese. La risoluta azione del Malatesta e la mancanza di foraggi e di vettovaglie persuasero ben presto lo Spano dell'impossibilità dell'impresa. Respinto anche da Bassano, Asolo, Marostica e convinto dell'inutilità di tentare l'occupazione di Vicenza e di Verona, alla fine di febbraio egli ritornò in Friuli. Non restò al C. che seguire le milizie imperiali e rifugiarsi a Buda presso Sigismondo, il quale firmava il 17 apr. 1413 una tregua quinquennale con la Repubblica veneta. Ma, scaduto l'armistizio, entrambi i contendenti si affrettarono a riprendere le ostilità. E nella nuova guerra, combattuta militarmente e politicamente sul fronte friulano, il C. ebbe ancora una volta parte attiva, combattendo accanitamente, seppure senza risultato, in difesa di Cividale. La resa di Udine, che avvenne il 6 giugno del 1420, segnò l'inizio della dominazione veneziana sul Friuli e privò Sigismondo di ogni speranza di conquistare la regione.

Fallito dunque anche questo tentativo e incapace di rinunciare all'idea di recuperare Padova, il C. si recò a Milano nel 1423 e trovò in Filippo Maria Visconti, in lotta con la Serenissima, un altro potente alleato. Alla sua corte rimase per circa dieci anni, assistendo impotente a quella lunga guerra che, attraverso alterne vicende ed episodi drammatici, si concluse con la piena vittoria di Venezia, sancita dalla pace di Ferrara nell'aprile del 1433. Allora il C., disperando ormai di riuscire con le armi del Visconti a riconquistare la perduta signoria, ritentò da solo l'impresa, che tante volte, con l'aiuto altrui, non gli era riuscita.

Sia che contasse su un forte partito filocarrarese entro Padova sia che prevedesse rallentata la vigilanza della Repubblica veneta, organizzò nel gennaio del 1435 quell'audace colpo di mano che doveva costargli la vita. Suoi complici furono Antonio Sartorello e Benedetto Caponegro, padovani, Nicolò da Vicenza e Cristoforo da Ancona. Il piano prevedeva che il C. si presentasse dinanzi alle mura di Padova inalberando lo stendardo carrarese; le porte gli sarebbero state aperte dai congiurati; Cristoforo da Ancona avrebbe dovuto impadronirsi di sorpresa del castello, mentre numerosi ribelli sarebbero accorsi in città dal contado.

Partito da Milano, dopo aver attraversato con piccola scorta il territorio veneto, il C., secondo gli accordi stabiliti, doveva arrivare a Padova la mattina del 16 marzo 1435, ma, ostacolato lungo il viaggio dalla neve e dalla pioggia, non poté giungervi che all'indomani. Si trovava a Carturo, villaggio alle porte della città, quando seppe che il complotto era già stato scoperto. Il C. cercò scampo nella fuga, avviandosi a cavallo, con pochi seguaci, alla volta del ducato milanese. Venne però riconosciuto a Forni di Rozzo e subito catturato da un drappello di milizie veneziane. Condotto in un primo tempo a Vicenza e successivamente, sotto buona scorta, a Padova, fu trasferito il 22 marzo a Venezia. Breve il processo: sottoposto a tortura, fece piena confessione dei suoi propositi e rivelò i nomi di tutti i complici. Venne decapitato il 24 marzo in piazza S. Marco e poi sepolto, come il padre, nella chiesa di S. Stefano ai Frari.

Fonti e Bibl.: G., B. e A. Gatari, Cronaca carrarese, I, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 1, a cura di A. Medin-G. Tolomei, ad Indicem; Il copialettere marc. della cancell. carrarese (genn. 1402-genn. 1403), a cura di E. Pastorello, Venezia 1915, ad Ind.;[G. R. Papafava], Dissert. anon. in difesa della famiglia da Carrara contro la dissertazione del conte G. Coronini [Venezia 1771], pp. 109-111; G. B. Verci, Storia della Marca trivigiana e veronese, X, Venezia 1788, pp. 141 s.; P. Ceoldo, Albero della fam. Papafava, Venezia 1801, pp. 64 s.; G. Cittadella, Storia della dominaz. carrarese in Padova, II, Padova 1842, pp. 441-449; A. Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), II, Padova 1888, ad Indicem;I.Raulich, La caduta dei Carraresi signori di Padova, Padova 1890, pp. 100-110; E. Piva, Venezia, Scaligeri e Carraresi. Storia di una persecuz. politica del XV secolo, Rovigo 1899, pp. 13 s.;A. Segarizzi, Contributo alla storia delle congiure padovane, in Nuovo Arch. ven., n. s., XXXI (1916), pp. 48 s.; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Carraresi diPadova, tav.V.

Vedi anche
capitano Comandante di una compagnia di soldati o di un corpo equivalente; nella gerarchia militare di quasi tutti gli eserciti fa parte della categoria degli ufficiali inferiori. Nella navigazione mercantile, capitano marittimo è qualifica professionale di chi ha il comando della nave.  ● Nel corso del tempo, ... castello architettura Presso i Romani il castellum era un’opera di fortificazione, generalmente di minore entità rispetto al castrum, lungo i confini dell’Impero. I castello erano temporanei o permanenti: i primi erano semplici ridotte, di forma circolare o quadrangolare, spesso senza baraccamenti per le truppe; ... conte Titolo nobiliare che nella gerarchia araldica segue quello di marchese. ● A Roma, nell’età repubblicana, il conte (comes) assisteva e consigliava i magistrati preposti al governo delle province. Con Costantino il termine indicò una serie di pubblici funzionari: alcuni dirigevano importanti uffici centrali ... Verona Comune del Veneto (206,7 km2 con 264.191 ab. nel 2008), capoluogo di provincia. La città è situata a 59 m s.l.m., al margine settentrionale della Pianura Veneta, ai piedi dei Monti Lessini e in prossimità dello sbocco della valle dell’Adige. Il nucleo antico, localizzato all’interno di una delle due ...
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da' da’ prep. – Forma tronca, di uso tosc. o letter., della prep. articolata dai (= da i).
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