martello
L'immagine del fabbro e del m. ricorre più volte, e sempre in funzione di esempio, nel ragionamento dantesco; in Cv I XIII 4 lo fuoco e lo martello sono cagioni efficienti de lo coltello, avvegna che massimamente è il fabbro, l'esempio vuol dimostrare l'asserto di Aristotele che vi possono essere più cause efficienti. Ancora questa immagine troviamo in Cv IV IV 12 sono li colpi del martello cagione del coltello, e l'anima del fabbro è cagione efficiente e movente: la dimostrazione che si svolge è che l'Impero romano non fu fondato dalla forza, ma dalla divina Provvidenza, di cui la forza era lo strumento. La stessa immagine in Pd II 128, nella conclusione della grande spiegazione delle macchie lunari: lo moto e la virtù d'i santi giri, / come dal fabbro l'arte del martello, / da' beati motor convien che spiri.
L'immagine del fabbro e del m. è in Alberto Magno De Coelo II III 14 " hoc modo quo accipit malleus formam artificis ferrarii ad inducendum in ferrum "; nella terzina dantesca è fissata la conclusione del problema della causalità efficiente del moto del cielo, posta da Aristotele in modo simile a quello di Platone (De Coelo II 2,285a 29) come animazione dei cieli che dà origine al moto e dove i cieli sono appunto considerati come organa o strumenti della causalità universale (cfr. B. Nardi, Saggi di filosofia dantesca, Firenze 1967², 33 e 98).