Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’importanza di Lutero per la storia musicale è straordinaria, in quanto straordinario è il valore religioso e pedagogico che egli attribuisce a quest’arte nella sua opera di teologo e riformatore liturgico. È anche autore e adattatore di un gran numero di testi destinati all’intonazione e collabora alla formazione del repertorio musicale della nuova Chiesa con diversi musicisti tra cui Johann Walter.
“Ho sempre amato la musica [...]. La musica è un dono sublime che Dio ci ha dato, ed è simile alla teologia. Non darei per nessun tesoro quel poco che so di musica”, scrive Lutero a Ludwig Senfl nel 1530.
Certamente è l’enorme passione dell’uomo Lutero nei confronti della musica che giustifica la sua straordinaria considerazione per quest’arte, al di là delle possibili spiegazioni ideologiche.
Né l’appartenenza all’ordine di sant’Agostino (che scrisse sì di musica, ma in termini che spesso hanno poco da spartire con la concezione di Lutero) né la nuova esegesi biblica protestante, che porta Calvino e Zwingli a provvedimenti talora radicalmente antimusicali, sono sufficienti a rendere conto di un atteggiamento che avrà conseguenze straordinarie per la civiltà musicale religiosa e civile della Germania e di parte dell’Europa.
Questa passione trova nutrimento nelle competenze musicali di cui è dotato Lutero: da fanciullo impara a cantare, in seguito a suonare il liuto e il flauto e acquisisce nozioni di teoria musicale. Durante il suo viaggio a Roma (1510-11) ha modo di conoscere la superba vita musicale della capitale della cristianità; apprezza le composizioni polifoniche dei fiamminghi, di Heinrich Isaac, Ludwig Senfl (con cui è in rapporto epistolare) e soprattutto Josquin Desprez.
Punto centrale della filosofia musicale luterana è la natura divina della musica. Egli capovolge la concezione cattolica e moralista (condivisa peraltro da Calvino e altri riformatori) secondo cui sono la funzione religiosa e i testi di natura spirituale che nobilitano, redimono, o almeno rendono tollerabile la musica.
Per Lutero, invece, la musica possiede un valore religioso intrinseco, che solo il suo utilizzo in contesti funzionali e verbali di carattere lascivo può distorcere.
La musica deve accompagnarsi alla parola di Dio non per utilitarismo o per esserne redenta, ma perché la loro natura è affine. La musica, unita alla parola, è il mezzo naturale per pregare e lodare Dio e per diffonderne il verbo, ma è anche, per il fedele, esperienza del divino. Lutero non ignora la capacità della musica di agire sulla sfera affettiva, ma ne esalta soprattutto le potenzialità positive di moderazione delle passioni violente, conforto per gli afflitti e incitamento alle buone imprese.
Lutero insiste particolarmente sulla funzione edificante ed educativa (ma anche terapeutica e catartica) della musica, che si esplica, più che nell’ascolto, nella pratica musicale attiva, cioè nel canto. La musica glorificata nella concezione di Lutero è la musica vocale: è nel canto infatti che si concretizza la naturale unione della musica con il verbo divino e la voce è lo strumento musicale per eccellenza, attraverso cui ogni uomo beneficia del dono della musicalità che Dio gli ha concesso.
L’affermazione del valore primario del canto nel contatto con Dio, insieme alla concezione del “sacerdozio di tutti i fedeli”, avvalorano la musica come pratica comune prima che come attività specialistica. Nel rito l’esercizio musicale attivo si sposta dunque, in tutto o in parte, dal coro alla comunità. Contemporaneamente, attraverso un deciso intervento in ambito pedagogico, viene incentivata la preparazione musicale di base, favorendo una tradizione che ancora oggi segna una differenza sensibile nella cultura musicale tra Paesi cattolici e Paesi protestanti.
Sebbene la teologia luterana si basi sulle scritture piuttosto che sulla tradizione della Chiesa, il problema di Lutero nella sua opera di riforma musicale non è quello di opporsi al canto gregoriano o alla polifonia, allo stesso modo in cui il latino viene progressivamente sostituito con il tedesco.
I nuovi presupposti teologici portano certo a sensibili interventi sul repertorio liturgico romano, come l’eliminazione dell’Offertorio, la decisa riduzione del proprium missae, e quindi dell’uso di graduali e sequenze.
Ma al di là dei contenuti del testo liturgico, la preoccupazione di Lutero è che il contatto tra il fedele e Dio sia diretto e non mediato da una ritualità monopolizzata dal celebrante e dai suoi agenti (tra cui la cappella dei musicisti professionali) e contemplata dall’esterno, o subita, dalla comunità.
Il canto comunitario quale canale privilegiato del contatto tra uomo e Dio va salvaguardato e incentivato, ed è indispensabile che il fedele comprenda il senso della parola sacra in esso veicolata e della preghiera che egli innalza al Signore. Questo è il motivo per cui, al di fuori delle chiese cattedrali e dei templi frequentati dalle comunità universitarie, il tedesco deve sostituirsi al latino, così nella liturgia in prosa come nel canto.
La spiccata sensibilità musicale con cui Lutero dimostra di cogliere l’intimo connubio tra parola e intonazione musicale lo porta tuttavia a riconoscere come le versioni tedesche, letterali o “teologicamente perfezionate”, dei testi latini spesso non si adattino facilmente alla struttura musicale del gregoriano: “testo e note, accento, melodia e modo di esecuzione dovrebbero trovare origine nella vera lingua materna e dalle sue inflessioni” (Lutero, 1525).
Anche le melodie sacre vengono dunque rielaborate e adattate, altre si attingono dal già ricco repertorio del Lied sacro tedesco preriformistico, o si prendono a prestito dal repertorio popolare, dalle melodie d’arte dei Lieder tedeschi più conosciuti, altre vengono create (spesso attraverso elaborazione e centonizzazione di materiale esistente) parallelamente alla produzione di nuovi testi. Si crea dunque il repertorio di un canto religioso comunitario, monodico e di facile cantabilità che i fedeli sentono come proprio sia dal punto di vista testuale che musicale.
Lutero stesso è estensore di numerosi testi originali (ce ne sono pervenuti 36), nonché di adattamenti o travestimenti spirituali di testi latini o tedeschi che riceveranno svariate intonazioni come canti monodici comunitari e come elaborazioni polifoniche, e andranno a formare la base di tutti i Gesangbücher evangelici. È inoltre del tutto probabile, in virtù della sua più volte attestata competenza musicale, che Lutero stesso fornisca di intonazione alcuni dei suoi testi.
In ogni caso nel suo lavoro di riforma si giova della consulenza di diversi musicisti tra i quali Georg Rhau, Conrad Rupsch e, soprattutto, Johannes Walter.
Johann Walter il principale compositore della prima generazione della Riforma, assieme a Balthasar Resinarius e Sixtus Dietrich, si trova al servizio della cappella di corte dell’Elettore di Sassonia quando iniziano i suoi contatti con Lutero. Questi risalgono al più tardi al 1524 anno in cui viene pubblicato il Geystliche gesank Buchleyn con prefazione dello stesso Lutero. Nel 1525 Walter trascorre tre settimane a Wittenberg come consigliere musicale di Lutero, assieme a Conrad Rupsch, nella stesura della Deutsche Messe. Di quella collaborazione Walter offre un resoconto riportato nel primo volume del Syntagma musicum di Praetorius (Wittenberg, 1614-19).
Luterano fervente, Walter legala sua importanza storica anche all’attività di fondatore e organizzatore delle prime istituzioni musicali protestanti. Scioltasi la cappella musicale della corte sassone, Walter infatti insegna musica nella scuola di latino di Torgau. Qui egli organizza una cantoria cittadina i cui cantori provengono dalla scuola e dalle confraternite religiose e sono di diversa estrazione sociale. Questa è la prima istituzione corale libera e non professionale, in cui si realizza l’integrazione propugnata da Lutero tra scuola, chiesa e municipalità, un esempio di grande significato sociale presto seguito in molti altri centri.
Scrivendo la prefazione al Geystliche gesank Buchleyn, Lutero offre il patrocinio alla prima raccolta di Lieder polifonici composti sul nuovo repertorio dei corali protestanti, conferendogli così autorità di modello per le raccolte successive.
Contrariamente a Calvino e ad altri riformatori,Lutero non ripudia infatti la presenza della polifonia all’interno del rito religioso e investe il suo esercizio del più alto valore pedagogico.
Martin Lutero
Prefazione
Symphoniae jucundae
[La musica] è signora e governatrice di quelle emozioni umane (...) che come un padrone governano, o più spesso sopraffanno gli uomini. (...) Se si volesse confortare il triste, spaventare l’allegro, incoraggiare il disperato, umiliare il fiero, calmare l’eccitato o placare chi è in preda all’odio (...) quale mezzo più efficace della musica potremmo trovare? Lo stesso Spirito santo onora in lei lo strumento per il proprio fine (...).
Non è così senza ragione che i padri e i profeti non vollero altro che la musica in sì stretta unione con la Parola di Dio. Dal ché abbiamo cotanti inni e salmi dove la parola e la musica si uniscono per muovere l’animo di chi ascolta, mentre presso altre creature viventi, o quando eseguita su uno strumento, la musica rimane un linguaggio senza parole. Dopo tutto il dono del linguaggio combinato col dono del canto fu donato all’uomo al solo fine che egli sapesse di dovere lodare Dio con la parola e la musica unite (...).
Ma quando a tutto ciò si aggiunge lo studio e l’arte, che corregge, sviluppa e raffina la musica naturale, allora possiamo in fine cogliere con meraviglia (sebbene non ci sia dato di comprendere) l’assoluta e perfetta sapienza di Dio in quella sua mirabile opera che è la musica. È straordinario come una voce continui a cantare il Tenor [cioè la melodia corale] mentre, contemporaneamente, molte altre voci le saltellino attorno gagliardamente, giubilando e adornandola di esuberanti melodie, come se la guidassero in una danza divina, cosicché coloro che riescono ad esserne almeno un poco toccati non conoscono nulla di più meraviglioso al mondo. Ma coloro che rimangono insensibili sono in verità degli zotici incapaci di intendere altro che le parole dei poeti da pollaio e la musica dei maiali. (...)
E voi, miei giovani amici, lasciate che vi raccomandi questa nobile, salutare e gioiosa creazione di Dio. Grazie ad essa potrete sfuggire desideri indecenti e cattive compagnie, avvezzandovi al tempo stesso a ravvisare e lodare il Creatore.
La raccolta di Walter, come altre raccolte successive, si rivolge infatti principalmente alla scuola, ma è certamente intesa anche per l’uso liturgico cui prendono parte i cantori non professionali addestrati appunto nella scuola pubblica.
Il Gesang Buchleyn, apparso lo stesso anno delle prime raccolte di corali monodici comunitari, contiene 43 composizioni a 3, 4 o 5 voci, 38 su testi tedeschi (23 di Lutero) e 5 su testi latini.
Musicalmente esso rispecchia in pieno lo stile del primo periodo della Riforma, ancora privo di originalità e legato alla tradizione tedesca del Tenorlied peraltro segnata dal forte influsso fiammingo. E’ lo stesso Lutero che ci offre una descrizione di questo stile polifonico e del suo effetto sull’ascoltatore: una voce continua a cantare il Tenor mentre, contemporaneamente, molte altre voci le saltellano attorno adornandola di esuberanti melodie, come se la guidassero in una danza divina.
La fortuna di questa raccolta si misura in quattro nuove edizioni accresciute, pubblicate fino al 1551, e una edizione ridotta delle sole melodie corali pubblicata nel 1526 che costituisce in effetti la prima raccolta organica di canti comunitari.
Accanto alla Bibbia tedesca e al sermone, il corale è certamente lo strumento più potente della dottrina evangelica. Secondo l’opinione gesuita, i corali di Lutero gli procurano seguaci più di quanto la sua predicazione sia in grado di fare. Certamente la diffusione del corale è enorme, nelle chiese, nelle scuole e nelle case dei fedeli. Inoltre, grazie all’atteggiamento liberale di Lutero nei confronti della musica polifonica, esso diviene il sostrato di una grande fioritura artistica che si manifesterà soprattutto a partire dal secolo successivo.