SARACENO, Martino (Marino)
Nacque verosimilmente attorno alla metà del Quattrocento, in luogo ignoto; e forse da famiglia modesta, come sovente accade per i prototipografi.
Saraceno si affacciò nel 1485 nell’affollato ma redditizio mercato veneziano del libro a stampa; nella città lagunare, culturalmente vivacissima anche per i rapporti con l’Oriente mediterraneo, la domanda era molto forte e si produceva, fra Quattrocento e Cinquecento, quasi la metà dei libri stampati in Italia. I cospicui capitali necessari suggerirono a Saraceno di associarsi ad altri tipografi. Col parmense Annibale Fosio e con Bartolomeo de Blavis tra il 1485 e il 1486 pubblicò le Canzonette di Leonardo Giustianian (I.G.I., n. 4330) e una raccolta di liriche di Niccolò Lelio Cosmico (I.G.I., n. 3244). Secondo Tiziana Plebani, è attribuibile ai tre tipografi anche la stampa dell’Opera del grammatico latino Prisciano nel settembre del 1485 (I.G.I., n. 8052), realizzata nello stesso periodo delle due opere citate in precedenza.
Queste prime edizioni dimostrano la rudimentale ma efficace capacità degli imprenditori tipografici veneziani di rispondere a una domanda, che in qualche modo intuiscono; dimostrano altresì l’attenzione di alcuni ambienti istituzionali della Serenissima per alcuni testi particolari. In dettaglio, Prisciano divenne il referente di nuovi studi sulla letteratura latina, intrapresi dai componenti della Cancelleria ducale; anche le Canzonette di Giustinian e le Canzoni di Cosmico circolavano negli ambienti cancellereschi. Erano opere di svago, ma denotano il fervore culturale di Venezia in quel periodo.
Nel 1486, Saraceno e Annibale Fosio sono ancora attestati in società; il 31 maggio un libraio veneziano, Francesco de’ Madi, commissionò loro le stampe delle Quaestiones quodlibetales (I.G.I., n. 9566) di Tommaso d’Aquino. Circa un mese dopo (il 2 luglio 1486, cfr. Predelli, 1886) Madi ordinò ai due anche la stampa della Summa di s. Antonino, precisando bene tiratura (1700 esemplari, di cui la metà più 100 volumi per lui) e accordi tecnici (fornitura stampa e caratteri), ma il lavoro non fu mai realizzato.
Forse per qualche dissidio, Saraceno e Annibale Fosio sciolsero la società poco dopo; ma la situazione economica di Saraceno restò solida e la sua officina tipografica continuò a operare a Venezia ancora per un quinquennio.
L’11 settembre 1486, si occupò della stampa del Manipulum curatorum di Guido de Montrocher (I.G.I., n. 4580). Il 14 gennaio 1487, stampò la Pars I della Summa theologica di s. Antonino (I.G.I., n. 968) e il 14 giugno del 1487 la Naturalis Historia di Plinio (I.G.I., n. 7887). Negli ultimi mesi del 1487, realizzò in stampa due opere di Cicerone: il 18 settembre il De inventione e il 20 dicembre il De officiis (rispettivamente I.G.I., nn. 2873 e 2912). Il 19 maggio 1488 realizzò il Liber pandectarum medicinae di Matteo Silvatico (I.G.I., n. 8984). L’8 maggio del 1490, stampò la Summa conservationis et Curationis di Guglielmo da Saliceto su commissione di Giovanni e Gregorio de Gregoriis di Forlì (I.G.I., n. 8518).
Tuttavia, sicuramente diversi mesi prima del 2 maggio 1491 Saraceno abbandonò Venezia e si recò a Lione, dove è attestato sino al 1497. Iniziò per lui un nuovo prolifico periodo lavorativo, in associazione con un altro tipografo, Antoin Lambillon. I due effettuarono un cospicuo numero di nuove edizioni a stampa di testi manoscritti. Il 2 maggio 1491 stamparono i Practica, seu Lilium medicinae di Bernardo de Gordon (I.G.I., n. 1570); tra il 1491 e il 1492 i Disticha moralia di Michele Verino (IBport, n. 1838); il 14 febbraio 1492 l’Aurea Practica di Pietro de Aureliaco (I.G.I., n. 4966); l’8 ottobre del 1494 l’edizione di un messale romano (Torchet, 1987, n. 675); nel 1494 il Super coelestium motuum indagatione di Guglielmo Egidio (I.G.I., n. 53); tra il 1494 e il 1495, il Floreto di Bernardo de Clairvaux (I.G.I., n. 1529). L’ultima stampa di Saraceno insieme a Lambillon risale al 28 novembre 1497, giorno in cui fu realizzata un’edizione delle Tragoediae di Seneca (I.G.I., n. 8907). In tutte queste edizioni, i due tipografi riportarono il loro stemma: Saraceno scelse di apporre nella parte inferiore di un cerchio il suo monogramma, mentre nell’altra parte vi era lo stemma di Lambillon.
Dopo l’edizione delle tragedie di Seneca si perde ogni traccia del tipografo proveniente da Venezia.
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