MARZIANO CAPELLA, Minneo Felice
Scrittore africano vissuto a cavallo tra i secc. 4° e 5°, autore del romanzo allegorico De nuptiis Mercurii et Philologiae, una sorta di enciclopedia delle arti liberali che costituì un testo base per la cultura medievale e la principale fonte iconografica per la rappresentazione delle stesse arti fino al 15° secolo.Le scarse notizie biografiche relative all'autore vengono desunte dalla sua opera, la cui interpretazione resta però alquanto dubbia per le molte correzioni apportate dai vari copisti e commentatori. Dal De nuptiis si evince sia che M. visse a Cartagine, nell'od. Tunisia, dove esercitò l'avvocatura e forse ebbe il proconsolato per l'Africa, sia che scrisse la sua opera, dove si descrive canuto e cinquantenne, fra il 410 e il 439, forse prima del 429.Il romanzo, frutto del decadentismo tardoromano, con forti accenti neoplatonici, permette di cogliere l'estremo tentativo di difesa della cultura pagana e romana e l'intento di salvare la tradizione culturale del mondo antico all'aprirsi della nuova era cristiana. Per l'opera - che si compone di nove libri, di cui solo i primi due dedicati al racconto delle nozze e i rimanenti sette alle arti liberali (Grammatica, Dialettica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia, Musica o Armonia) - si è tramandato il titolo De nuptiis Mercurii et Philologiae poiché anche le arti partecipano alle nozze, indicate quindi come soggetto principale.Il romanzo narra infatti nei primi due libri le nozze tra Mercurio e Filologia, volute da Apollo e approvate alla fine da tutti gli dei. Dono nuziale per la sposa sono appunto le sette arti liberali, che Apollo davanti alla corte celeste introduce una a una, esaltandone le virtù e mostrandone gli attributi; la descrizione di ognuna delle arti costituisce l'argomento dei sette libri successivi.Il De nuptiis, che appartiene al genere dell'antica satira menippea, mista di poesia e prosa, possiede uno stile complicato, manierato, ampolloso, in cui abbondano neologismi e parole ricercate. A causa di tale oscurità lessicale, il testo ha subìto numerose revisioni e correzioni, a partire da quella operata nel 534 dal retore romano Securus Melior Felix.Il genere letterario, la lingua e lo stile dei primi due libri si ispirano alle Metamorfosi di Apuleio; i sette libri dedicati alle arti liberali si rifanno al Liber novem disciplinarum di Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.), in cui compaiono anche Medicina e Architettura. Nell'opera di M. queste ultime (che più tardi sarebbero state considerate arti meccaniche) non possono partecipare al consesso delle arti ed è dunque evidente la maggior considerazione riservata alla vita contemplativa rispetto a quella attiva.Il De nuptiis ebbe una fortuna vastissima in tutto il Medioevo, attestata dal gran numero di manoscritti pervenuti (Eyssenhardt, 1886; Dick, 1925; Leonardi, 1959-1960, che ne ha classificati duecentoquarantuno) e dal lavoro di revisione di cui fu oggetto già un secolo dopo la sua stesura. Divenne infatti il testo fondamentale per l'educazione scolastica fra il sec. 5° e il 9°, adottato come manuale di istruzione di base sia nelle scuole monastiche sia in quelle laiche di tutta Europa, nonostante l'artificiosità del linguaggio e la difficoltà dell'interpretazione. Il notevole vantaggio offerto dal romanzo di M., di cui Gregorio di Tours raccomandava la lettura (Hist. Fr., X, 31; MGH. SS rer. Mer., I, 1, 1937, p. 536), era quello di compendiare le scienze classiche in un'unica opera, fornendo così un comodo strumento di lavoro per gli insegnanti e un'enciclopedia di media consultazione.Il periodo di massima fortuna si registrò fra i secc. 9° e 10°: su poco più di cinquanta codici contenenti tutto il De nuptiis quasi la metà sono infatti databili a quest'epoca. Fu nella Francia nordorientale, fra Corbie, Laon, Reims e Auxerre, che l'opera di M. venne riconsiderata in un'ottica più ampia e approfondita di quella scolastica, tale da farne un testo paradigmatico delle arti liberali ed esemplare della cultura profana. Si moltiplicarono le copie e i commenti, fra i quali vanno citati quelli di Giovanni Scoto Eriugena e di Remigio di Auxerre, cui spetta la redazione del testo vulgato. Ciò avvenne durante il periodo della c.d. seconda rinascenza carolingia, tra il quinto decennio del sec. 9° e l'870-875, ma il carattere tradizionalista di queste scuole mantenne vivo fin entro il sec. 13° l'interesse verso la formazione culturale esemplificata dal De nuptiis. Nelle cattedrali di Laon, Chartres e Auxerre si trovavano infatti nel Duecento le più complete e fedeli raffigurazioni delle arti liberali ispirate all'opera di M. Capella. A partire dal sec. 14° il romanzo conobbe un nuovo periodo di fioritura.La grande fortuna goduta dal De nuptiis è confermata anche dall'elevato numero di opere letterarie che ispirò. Al De consolatione philosophiae di Boezio, al De artibus ac disciplinis liberalium litterarum di Cassiodoro e alle Etymologiae di Isidoro di Siviglia si aggiunsero: il Carmen de septem artibus liberalibus, scritto al tempo di Carlo Magno da Teodulfo di Orléans; nel sec. 11° la Rhetorimachia di Anselmo da Besate; nel sec. 12° l'Elegia de diversitate fortunae et philosophiae consolatione di Arrigo da Settimello e il famoso Anticlaudianus di Alano di Lilla; nel sec. 13° la Bataille des sept arts di Henri d'Andeli e il Mariage des sept arts di Jean le Teinturier, nonché il poema cavalleresco Erec et Enide di Chrétien de Troyes.Alcuni di questi testi descrivono opere d'arte ispirate al De nuptiis, nelle quali si può forse cogliere l'eco della conoscenza, diretta o indiretta, di reali rappresentazioni di questo tipo. La prima testimonianza si trova in Teodulfo di Orléans, che afferma di aver scritto il suo poema ispirandosi a un dipinto su tavola - forse realmente esistito (D'Ancona, 1902, p. 212; Van Marle, 1932, p. 211) - raffigurante il globo terrestre su cui si eleva un albero con alla base e sui rami le arti liberali, la cui rappresentazione mostra la conoscenza del romanzo di M. Capella. Nel sec. 12° l'Historia Karoli Magni et Rotholandi dello pseudo-Turpino (MGH. Pöetae, I, 1881, pp. 544-547) affermava che il modello di tale raffigurazione sarebbe stato un affresco nel palazzo di Carlo Magno ad Aquisgrana, benché Teodulfo si riferisse a un dipinto su tavola, come quello di Costantinopoli descritto dal poeta Manuele File (sec. 14°) come appartenuto ad Alessandro Magno.Le sette arti, in epoca carolingia incluse nel repertorio profano, in età romanica divennero appannaggio quasi esclusivo dell'arte sacra; fa eccezione la descrizione di un letto scolpito con la rappresentazione delle Arti e della Filosofia in un poema composto dall'abate Baldrico di Bourgueil prima del 1107 (Delisle, 1871).Il matrimonio tra Mercurio e Filologia era rappresentato su di un'alba della metà del sec. 10° appartenuta a Eccheardo II di San Gallo (Stammler, 1962), su di un paramento liturgico appartenuto a Enrico, figlio dell'imperatore Federico I Barbarossa, donato nel 1193 da un cardinale al S. Antonino di Piacenza, e infine, all'inizio del sec. 13°, sul tappeto annodato delle monache dell'abbazia di Quedlinburg, di cui rimangono frammenti con le figure di Mercurio e Filologia (Quedlinburg, Domschatz der St. Servatius-Stiftskirche).La classificazione delle arti liberali del De nuptiis e le esigenze didascaliche dell'arte medievale portarono tuttavia a privilegiare la rappresentazione semplificata delle varie arti. Il testo di M., infatti, pur avendo il merito di aver nettamente formulato una tipologia delle scienze del trivio e del quadrivio, propose immagini troppo complicate per essere direttamente tradotte in figura. La tipologia fissata da M. costituì la base di tale iconografia già dall'identificazione con giovani donne, anche se gli artisti operarono una drastica selezione dell'abbondante e complicato apparato di attributi e simboli, a vantaggio di chiarezza e comprensione.Il più antico manoscritto miniato superstite del De nuptiis risale agli inizi del sec. 10° (Parigi, BN, lat. 7900A), ma ricalca un modello dei secc. 5°-7° (Heydenreich, 1956, figg. 1-3), e l'unico interamente miniato è quello illustrato nel sec. 15° da Attavante degli Attavanti per il re d'Ungheria Mattia I Corvino (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. XIV,35).Rappresentazioni ispirate all'opera di M. sono contenute in manoscritti del sec. 11°, quali la Seconda Bibbia di Limoges - in cui per es. un'iniziale mostra Sapientia con sette libri simboleggianti le arti liberali (Parigi, BN, lat. 8, II, c. 74v) - e la Bibbia di Arras, ove, nel tempio di Sapientia, un fregio con sette teste simboleggia le arti liberali (Arras, Bibl. Mun., 559, III, c. 1r). Anche nel sec. 12° numerose furono le miniature che seguirono, almeno in parte, le indicazioni di M., per es. quelle contenute in un codice proveniente dalla Francia settentrionale (Firenze, Laur., S. Marco 190) e nel perduto Hortus deliciarum di Herrada di Landsberg (già Strasburgo, Bibl. Mun.; rimane una copia a Parigi, BN, Cab. Estampes, Fond Bastard, A d 144 a), nel quale personificazioni delle sette arti sono inserite in altrettanti archi disposti a raggiera intorno a un grande cerchio, all'interno del quale sta Filosofia. Solo Geometria, con verga e compasso, offre precisi punti di contatto con la descrizione di Marziano Capella.Le raffigurazioni scultoree delle arti sui portali e sulle facciate delle cattedrali del sec. 13° sono più vicine delle miniature alle indicazioni del De nuptiis; tra le più antiche vanno annoverate le sculture del portale Vecchio della cattedrale di Chartres e quelle della facciata della cattedrale di Laon; sculture e vetrate ispirate all'opera di M. si trovano anche nelle cattedrali dei maggiori centri intellettuali della Francia medievale (Auxerre, Sens, Soissons, Rouen, Clermont-Ferrand, Parigi), in cui le arti compaiono con questi attributi: Grammatica, identificata dalla ferula, viene accompagnata da due bambini intenti a leggere; Dialettica conserva il serpente - più fedele al testo di M. è la raffigurazione sul candelabro Trivulzio (Milano, duomo), variamente datato fra i secc. 12°-14°, dove ha i capelli arricciati che le circondano il viso, il serpente e, al posto degli ami per accalappiare chiunque si avvicini troppo, un secondo serpente o uno scorpione, secondo la versione dell'Anticlaudianus (III, 1; PL, CCX, col. 509) di Alano di Lilla -; Retorica - che indossa l'elmo, la lancia e lo scudo in un'unica miniatura a Parigi (Bibl. Sainte-Geneviève, 1041-1042, c. Iv) - è rappresentata generalmente con estrema semplicità; Aritmetica è raffigurata mentre conta con le dita (Auxerre, cattedrale, rosone), oppure davanti a una tavola coperta di cifre (Clermont-Ferrand, cattedrale; Chartres, cattedrale, vetrata della cappella di Saint-Piat; Soissons, cattedrale, vetrata; Parigi, Bibl. Sainte-Geneviève, 2200, c. 58v); Geometria traccia figure geometriche su una tavola e tiene un compasso o una canna per misurare, non la sfera che avrebbe potuto generare confusione con Astronomia; Astronomia possiede solo lo strumento per misurare l'altezza delle stelle e talvolta un libro in cui sono raffigurati metalli di differenti colori; Musica solitamente batte con martelli su piccole campane, invece di suonare uno strumento come nell'opera di M. e come in un portale della cattedrale di Auxerre e nel candelabro Trivulzio, dove suona la cetra.Nel portale occidentale della cattedrale di Laon, accanto alle sette arti liberali sono raffigurate anche Medicina e Architettura, quest'ultima con sembianze maschili, forse perché ritrae l'architetto della cattedrale (Mâle, 1891).
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