COLONNA, Marzio
Figlio di Ottaviano, nacque nel primo decennio del sec. XVI. Nel 1527, durante l'esilio a Orvieto di Clemente VII, combatté nella Campagna romana contro gli Orsini. Nel 1528 militò nel Regno contro i Francesi del Lautrec che stavano completando il recupero dei porti pugliesi, ma vicino Troia - secondo altri a Nocera e sarebbe allora probabilmente in epoca leggermente diversa - fu preso prigioniero. Fu riscattato dal consorte cardinale Pompeo Colonna, per 1.000 scudi. Subito dopo, insieme con Pirro Colonna e con Ottaviano Spiriti, si impadronì della rocca di Viterbo, che tenne fino al mese di giugno del medesimo anno.
Conclusasi la spedizione francese nel Regno, il C. seguì l'esercito imperiale dell'Orange nella guerra di Toscana, partecipando prima alle operazioni contro Perugina e portandosi quindi all'assedio di Firenze; il 3 ag. 1530 partecipò alla battaglia di Gavinana.
Subito dopo il C. si rese protagonista di un episodio odioso, se il Varchi non ha fatto confusione, sdoppiando un unico avvenimento, quello analogo che vide di fronte un consorte del C., Stefano Colonna, e Amico d'Arsoli. Il C. infatti, saputo che era stato fatto prigioniero un tale di nome Amico d'Ascoli, che due anni prima, a Magliano dei Marsi, aveva ucciso un suo parente, il vescovo Scipione Colonna, lo riscattò per 600 ducati dai soldati che lo avevano catturato e lo strangolò, per vendicare il congiunto, con le proprie mani.
Quando il 12 agosto fu firmata la capitolazione di Firenze il C. vi appose la sua sottoscrizione fra gli altri testimoni.
Precisamente un anno dopo il C. si trovava a Crema, dove comandava soldati indisciplinati e scontenti, cui il soldo tardava a essere pagato. Nello stesso mese di agosto egli con i suoi uomini iniziò una lunga marcia di trasferimento verso l'Ungheria, sotto il comando del marchese del Vasto, per fronteggiare il pericolo turco, sempre incombente sull'Austria. Arrivò nell'ottobre in Carinzia, con il problema continuo e assillante di tenere a freno, spesso non riuscendovi, i soldati esasperati dalla mancanza delle paghe.
Nello stesso anno il congiunto cardinale Pompeo Colonna acquistò per lui la contea di Marieri e gliela donò. A questa due anni dopo il C. aggiunse la contea di Ugento, conferitagli da Carlo, V, dopo averla confiscata ai Del Balzo. Quando dopo l'impresa di Tunisi, l'imperatore giunse da Napoli a Roma, anche il C. fu tra coloro che lo accolsero e lo ossequiarono.
Per qualche anno non si hanno notizie del C., cui fra il 1538 e il 1539 morì la moglie, Virginia Carafa, che nel 1538 aveva ottenuto che fosse venduta a suo favore la contea di Ugento. L'anno dopo il C. chiese in sposa la parente Livia di Marcantonio Colonna, la quale, essendo orfana del padre, doveva essere dotata da Ascanio Colonna; questi pertanto doveva dare il suo assenso al matrimonio, ma lo negò. Il C. cercò di ottenere la ragazza dalla madre e infine, non riuscendo ad averla con il consenso deiparenti, la rapì con l'aiuto di Pier Luigi Farnese e dopo averla affidata in un primo momento alla principessa di Sulmona, la sposò. Sembra che Paolo III non avessecondannato con la dovuta energia questo episodio e che perciò esso sia stato un altro dei motivi di astio fra il pontefice e Ascanio Colonna, che portarono allo scoppio della guerra di Paliano. In questo conflitto il C. si schierò non dalla parte del consorte, ma da quella del pontefice.
Ai primi di aprile del 1541 il C. si trovava ad Albano, dove raccoglieva gente per andare a espugnare Ardea, come era stato incaricato di fare, mentre l'esercito pontificio era schierato all'assedio di Paliano. Il 4 aprile egli ebbe ragione della cittadina e andò a rinforzare il grosso dell'esercito; andò in campo a S. Pietro. Qui il 9 aprile lo assaltarono quattrocento o cinquecento fanti usciti da Paliano. Dopo un combattimento di un'ora il C. li respinse. Due giorni appresso egli fece al papa una particolareggiata relazione dello scontro. Il C., che era al comando di uno dei campi, l'8 maggio, un giorno prima che cadesse la parte bassa di Paliano, la cui cittadella si sarebbe arresa il 26 dello stesso mese, si adoperò in parlamentari per convincere i difensori e i cittadini alla resa.
Nel 1544, dopo la battaglia di Ceresole (14 aprile) vinta dai Francesi sugli Spagnoli, mentre l'esercito imperiale e quello inglese tentavano l'invasione della Francia, il C., evidentemente ancora al servizio di Carlo V, condusse in Piemonte, in soccorso del marchese del Vasto, seimila fanti e fu posto quindi al governo di Chieri.
Il C. ebbe cinque figli, Marzio, Giangerolamo, Marzia, Giulia dalla prima moglie Virginia Orsini e, da Livia Colonna, Orinzia. Morì nel 1546.
Fonti e Bibl.: B. Varchi, Storia fiorentina, a cura di M. Sartorio, II, Milano 1846, p. 123; G. Guidiccioni, Opere, a cura di C. Minutoli, II, Firenze 1867, pp. 391 ss., 395 ss., 401 s., 406, 410, 415 s., 418, 425; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1897-1902, XLVII, col. 139; LI, coll. 103, 307: LVI-LVII, ad Indices;F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, V, pp. 192, 266; L. Santoro, La spediz. di Lautrec, a cura di T. Pedio, Galatina 1972, p. 65; A. Coppi, Mem. Colonnesi, Roma 1855, p. 302; P. Colonna, I Colonna…, Roma 1927, pp. 176, 182; L. v. Pastor, Storia dei papi, V, Roma 1959, p. 224; G. L. Masetti Zannini, Livia Colonna, in Studi offerti a G. Incisa Della Rocchetta, Roma 1973, pp. 299 302; P. Litta, Le fam. celebri ital., s. v. Colonna, tav. VI.