MASCHERAMENTO (fr. sp. ted. ingl. camouflage)
Il mascheramento, considerato dal punto di vista militare, ha lo scopo di sottrarre quanto più possibile alla visibilità del nemico, truppe e materiali; di occultare opere offensive e difensive, postazioni di artiglierie, mitragliatrici, lanciagas, lanciafiamme; di celare accampamenti, baraccamenti, depositi; o quanto meno il mascheramento tende a ostacolare la determinazione dell'entità, vastità, specie e importanza di tutti questi elementi che nel quadro della guerra, anche singolarmente, hanno, oltre il valore assoluto, un valore deduttivo.
Il mascheramento, se non riesce a impedire l'indagine aerea - oggi la più temibile - obbliga però il nemico a fare ripetute ricognizioni con perdita di tempo e a rischiare apparecchi e piloti in voli a bassa quota.
L'idea del mascheramento non è nuova. Fu applicata anche in antico. In tempi prossimi a noi la convenienza di occultare le truppe, o ridurne almeno la visibilità, fu riconosciuta dagl'Inglesi nella guerra del Transvaal e dai Giapponesi nella guerra di Manciuria, e per questa ragione le vistose uniformi dei militari furono sostituite con altre di colore meno appariscente. Col crescere della potenza delle armi da fuoco, e con l'introduzione delle polveri senza fumo, l'occultamento divenne una necessità. Poi con l'aviazione e la fotografia si studiarono durante la guerra mondiale procedimenti varî e il mascheramento ebbe carattere di una vera nuova arte che oggi occupa un posto di primaria importanza nella complessa attività bellica.
Il mascheramento non sempre ricopre materialmente uomini o cose; spesso si limita a dissimularli, o per renderli poco visibili o per trarre in inganno l'avversario; pertanto si distingue in mascheramento diretto e indiretto, quest'ultimo integrato con la creazione di elementi fittizî. L'arte del mascherare deve tener conto dei mezzi di osservazione e di tutti quei fattori che influiscono sulla visibilità. E poiché fra i procedimenti adottati il più efficace è quello per ricognizione fotografica dall'alto, si richiede nell'uso dei mascheramenti una sicura conoscenza dei fenomeni luminosi e delle interpretazioni che sono possibili con la fotografia stereoscopica.
Gli elementi principali che influiscono sulla visibilità diretta sono, oltre alla distanza, il contorno, il rîlievo e il colore degli oggetti, considerati per sé stessi, e in relazione a ciò che sta loro d'intorno. Per quanto riguarda il contorno e il rilievo bisogna considerare l'ombra propria, determinata dalla superficie non illuminata, e l'ombra portata, cioè proiettata sul terreno e sulle altre cose viciniori; e così per ottenere il mascheramento di un oggetto in rilievo, occorre annullare tanto l'ombra propria quanto l'ombra portata, tenendo presenti le forme del terreno per riprodurre artificialmente le stesse variazioni di luce ed ombra.
Il colore ha notevole influenza sulla visibilità, perché esso concorre a far rilevare la natura e la specie dell'oggetto; le diverse tinte producono effetti di chiaroscuro che variano a seconda della distanza, delle condizioni di luce, del grado d'incidenza delle visuali e della superficie dell'oggetto osservato; ne consegue che si deve tener conto, nel mascherare, della tinta (e relative variazioni) di ciò che circonda l'elemento da occultare.
Nei rilievi fotografici aerei dovendosi impiegare otturatori a funzionamento rapido, non si può, come nella fotografia da terra, ottenere l'esatta tonalità nella riproduzione delle tinte, tuttavia per ben mascherare un'opera si deve cercare di dare alla stessa una tinteggiatura che possa confondersi con i colori naturali circostanti.
Oggi nell'arte del mascherare si seguono tre concetti fondamentali: il primo consiste nell'impiego di schermi improvvisati per sottrarre, sia pure parzialmente, alla visibilità orizzontale i movimenti, le postazioni delle armi, le opere difensive. Il secondo, che è il più efficace e che però richiede maggior tempo e capacità, consiste nell'occultare le cose anche all'osservazione verticale seguendo procedimenti tecnici varî di cui si dirà in appresso. Il terzo è basato sulla creazione di lavori e opere belliche fittizie allo scopo d'ingannare l'avversario, rendergli più ardua l'identificazione degli obiettivi reali e dell'esatta loro ubicazione, cioè per disorientarlo e provocare così anche una maggiore dispersione del suo tiro.
Dati i mezzi di osservazione e di offesa degli aerei e considerata la grande autonomia di volo conseguita dagli aeroplani da ricognizione e da bombardamento, il mascheramento non può limitarsi alla zona di operazione ma si deve estendere alle retrovie e a taluni particolari obiettivi situati nell'interno del paese. I mascheramenti si classificano in: naturali (alberi, siepi, boscaglie, ecc.) e artificiali (zolle erbose, ramaglie, tele dipinte, reti mimetiche, chiazzatura, ecc.); e possono essere visibili o invisibili; i visibili si distinguono in palesi e occulti. Sono palesi quelli che il nemico può scorgere con una certa facilità, come ad es.: festoni, diaframmi, schermi, frascate, nebbie artificiali, ma che fanno conseguire egualmente lo scopo di celare movimenti di truppe, veicoli, navi, ecc.; si dicono occulti quelli che, pur vedendosi, non vengono identificati come elementi mascheranti, quali potrebbero essere alberi, pagliai che occultano osservatorî, siepi che mascherano reticolati, grotte che dissimulano postazioni di mitragliatrici, ecc.
Per i mascheramenti artificiali s'impiegarono durante la guerra mondiale, e sono tuttora in uso per le esercitazioni del tempo di pace: stuoie, arelle, graticci, coltivazioni artificiali tra cui, principalmente, prati per coprire terre di riporto ricavate nell'esecuzione di lavori fortificatorî. Più volte soldati incaricati di compiti particolari riuscirono a sottrarsi alla vista mediante frasche legate alla parte superiore del corpo. Anche il mimetismo è stato sfruttato specialmente nel 1917-18, e tuttora il problema mimetico forma oggetto di studî ed esperienze intesi a ottenere con maggiore successo, mercé colorazioni opportune, illusioni cromatiche atte a confondere l'osservatore dall'alto anche nel caso in cui abbia fatto rilievi od osservazioni precedentemente alla sistemazione del nuovo particolare bellico mimetizzato. Reti mimetiche e chiazzature sono i mezzi comunemente usati. Le reti mimetiche, cosiddette perché intonate all'ambiente, sono costituite da un intreccio di filo di ferro o di spago tra le cui maglie, variabili da 4 a 6 cm., viene disposto materiale diverso secondo le circostanze, come sterpi, rafia, paglia, muschio, vegetali, ecc. così da dare l'illusione di prati, terra smossa, roccia, ghiaiato, ecc.
Il mascheramento a chiazze - detto dai francesi maquillage - consiste nel colorire gli oggetti o le cose da mascherare con chiazze irregolari a tinte varie, neutre, di cui alcune intonate al terreno circostante col quale vengono a confondersi, rendendo così difficile all'osservatore il poter distinguere la natura dell'oggetto di cui rileva una forma non ben definita quale può risultare dall'insieme delle chiazze che spiccano sullo sfondo. Questo genere di mascheramento era stato usato nella guerra mondiale specialmente per le artiglierie, carri d'assalto, autoblindomitragliatrici, ecc. I Tedeschi avevano mascherato i loro elmetti con chiazze verdi e kaki. Ora sono stati adottati teli da tenda con chiazzature, denominati teli mimetici, i quali, oltreché servire per rendere meno visibili piccoli accampamenti, costituiscono un mezzo a immediata disposizione del soldato per mascheramenti speditivi.
Un altro genere di mascheramento visibile è quello delle nebbie prodotte artificialmente. Questo mezzo, già acquisito alla guerra marittima (v. appresso), andò sempre più estendendosi tra il 1917 e il 1918, a scopo così difensivo come offensivo, anche nelle operazioni di terra; talvolta questo schermo nebbioso fu usato dagli aeroplani, muniti di apparecchi generatori di una nube biancastra confondentesi con le nubi atmosferiche, che avvolgeva i velivoli ostacolando il tiro delle artiglierie contraerei. Le cortine nebbiose si ottenevano con varî sistemi; i Tedeschi usavano generalmente la cloridrina, dalla cui reazione con la calce viva ottenevano un fumo bianco opaco non infiammabile e non velenoso; altri ricorrevano alla combustione di apposite miscele fumogene racchiuse in sacchetti o compresse in formelle. Per le cortine di piccola estensione s'impiegavano speciali bombe o proietti fumogeni, e, per favorire operazioni offensive lungo i corsi d'acqua, galleggianti fumogeni abbandonati alla deriva; così, nel giugno del 1918 gli Austriaci riuscirono ad attraversare in più parti il Piave, nei pressi di Zenson, con la protezione delle cortine di nebbia artificiale. Le cortine di fumo furono altresì utilizzate per occultare le batterie da costa alla vista dal mare.
I progressi fatti dalla chimica ci consentono ora di avere gli schermi di nebbia densi e persistenti, ma la loro efficacia è però sempre influenzata dalle condizioni topografiche e meteorologiche.
Presso le varie nazioni fervono gli studî relativi all'arte del mascherare, la cui importanza è in continuo aumento perché sempre più potenti e micidiali si fanno i mezzi di offesa, più perfetti quelli di osservazione, più rapide le trasmissioni delle notizie, ed è da prevedere che, in caso di una nuova guerra, il mascheramento troverà molte applicazioni nell'aria, sul mare e particolarmente in terra.
Mascheramento navale. - La necessità di nascondere al nemico la posizione, e se è possibile, anche la presenza, delle proprie forze navali, era sempre stata presente ai diversi Stati Maggiori; ma, prima degli sviluppi impensati presi nella guerra mondiale dall'impiego dei sommergibili come arma di attacco isolato, gli studî dei competenti si erano limitati sempre alla questione, poi apparsa un po' semplicistica, del colore da dare all'opera morta e alle sovrastrutture delle navi per renderne più difficile la visibilità da lontano. La precarietà di tali mezzi risulta però evidente quando si consideri la varietà delle condizioni di visibilità in cui può venire a trovarsi una nave per effetto della direzione del suo movimento rispetto alla posizione del sole e alla posizione del nemico che la avvista, per effetto delle diverse colorazioni che possono assumere il cielo e il mare, con i quali essa dovrebbe tentare di confondersi, e ancora per effetti dell'orizzonte, che può variare sensibilmente esso pure di volta in volta: ciò spiega perché fossero assai discordi i pareri sul tono di colore più conveniente da dare alle navi da guerra e perché questi non solo fossero spesso differenti da marina a marina, inquantoché dovevano variare in dipendenza del loro più probabile campo di azione, ma cambiassero ogni tanto anche in una stessa marina, oscillando fra i toni del grigio, dal più chiaro al più scuro, con decisioni motivate spesso da ragioni economiche.
La necessità di una diversa colorazione per navi operanti in mari diversi può essere resa evidente quando si consideri la differenza, ad es., fra il Mediterraneo e i mari che bagnano le coste della Gran Bretagna: nel primo prevale un cielo chiaro con mare scuro e orizzonte a linee nette, mentre negli altri l'orizzonte è più smorto e vi è meno contrasto di colori fra il mare e il cielo. D'altra parte la colorazione uniforme è difficile in pratica a mantenersi e facilmente può essere interrotta, sulle navi che non siano pitturate di fresco, da macchie più o meno grandi, che le tolgono l'effetto dell'invisibilità, mentre per lo più non si può impedire che la nave sia localizzata da un pennacchio anche leggiero di fumo.
Nella guerra mondiale il problema dell'invisibilità delle navi si è fatto urgente non solo per le navi da guerra, per le quali anzi si può dire che era meno importante, dato che queste avevano nelle armi e nella velocità i mezzi di difendersi, ma anche, e specialmente, per le navi mercantili che si trovavano facile preda dei sommergibili disseminati per i mari. E poiché l'attacco dei sommergibili richiede una buona individuazione del bersaglio e la valutazione della direzione del suo movimento e della velocità con la quale si sposta, così sono stati escogitati sistemi per rendere difficili, se non impossibili, tali valutazioni.
Di qui lo studio del vero mascheramento delle navi, il quale si è ottenuto non con la pitturazione uniforme ma con una pitturazione variata a grandi strisce di diverse dimensioni alternativamente di colori caldi e freddi (ingl. dazzle painting "pitturazione abbagliante"). Questo genere di pittura è appunto inteso a produrre un effetto ottico tale che tutte le forme note di navi vengano rotte da masse di colore contrastanti, talché il sommergibile attaccante si trovi impacciato a stabilire sia il tipo di nave con la quale sta per impegnarsi, sia la direzione del suo movimento. Non si tratta così di raggiungere l'invisibilità, ma semplicemente di confondere il bersaglio al nemico.
L'applicazione di questo concetto ha dovuto essere affidata a persone particolarmente competenti, le quali, per ogni tipo di nave da pitturare, facevano in precedenza convenienti studî su piccoli modelli di legno, preparando poi dei cartoni che venivano inviati ai porti o agli arsenali ove speciali incaricati sorvegliavano la riproduzione del cartone sulle navi da parte delle maestranze. I modelli di legno, pitturati ad acquerello, venivano studiati contro un apposito sfondo a diverse tonalità per mezzo di un periscopio da sommergibile. I piani della pitturazione si ritenevano soddisfacenti quando era massimo l'effetto di distorsione ottica ottenuto. Poi venivano completati gli studî con osservazioni dirette a mare sia da parte degli specializzati sia chiedendo il giudizio dei varî comandanti di navi che incontravano le unità mascherate.
L'idea si è sviluppata in Inghilterra nel 1917, dove dapprima venne studiata per l'applicazione alle navi mercantili attaccate così accanitamente dai sommergibili; dipoi venne estesa alle navi da guerra e adottata anche negli Stati Uniti e dalle altre nazioni belligeranti. I Tedeschi ne ebbero conoscenza esaminando le navi mercantili inglesi nei porti neutri della Norvegia; così diversi sommergibili tedeschi furono trovati al momento della resa mascherati in maniera analoga.
Si aveva cura che le navi di ugual tipo fossero tutte dipinte con disegni diversi e così di solito erano diverse le disposizioni di colori e i segni fra i due lati di ciascuna nave. La colorazione veniva estesa a tutte le sovrastrutture. Si aveva particolare cura di rompere tutte le linee che più facilmente potessero indicare qualche parte bene individuata della nave: ad es. le forme svasate e slanciate della prora, che s'individuavano per l'ombra gettata dall'orlo di coperta sulla parte concava della murata, venivano mascherate pitturando in bianco la parte superiore e in turchino o grigio la parte inferiore. La prora veniva di solito abbassata alla vista pitturandone in bianco una zona triangolare all'estremità. Gli effetti migliori si ottenevano con una larga applicazione di bianco; questo colore aveva particolare efficacia nel mascherare completamente le forme delle estremità. Dal contrasto fra i colori e a volte dall'applicazione di larghe fasce verdi fra due zone a fasce alternate bianche e turchine si riusciva a raggiungere l'effetto di rendere una parte della nave invisibile a distanza e a dare l'impressione di due navi a corto rimorchio l'una dall'altra, quando invece si trattava di una sola nave. Si seguiva il principio che un colore non dovesse mai arrestarsi in un punto di discontinuità della struttura della nave: così una fascia bianca o scura non si doveva mai arrestare sulla prua della nave, ma doveva essere prolungata senza interruzione dall'altro lato fino a confondersi con un altro gruppo di strisce verso il centro della nave. Si adottava sopra ogni nave non uno, ma sempre due toni di colore chiaro, perché vi fosse la probabilità che uno di questi armonizzasse di più con il fondo del cielo e aumentasse l'effetto di distorsione ottica. Il maggior effetto di mascheramento si otteneva sempre con gli schemi di pitturazione più semplici. Erano preferiti i colori bianco, nero, verde e turchino o vivi o mescolati in tonalità diverse.
Ma il mascheramento delle navi, sempre per deviare l'attacco del siluro dei sommergibili, non si è limitato alla pitturazione di cui abbiamo parlato finora. Esso si è esteso alla forma stessa delle navi, specialmente nelle sovrastrutture, alberi e fumaioli. È noto infatti che è facile anche all'occhio meno esperto stabilire la direzione del moto di una nave, cioè distinguere la prua dalla poppa, osservando l'inclinazione e la posizione degli alberi e dei fumaioli e analizzando la differenza delle forme di prora da quelle di poppa. Ad evitare quindi la possibilità di determinazione della direzione del moto, in molte costruzioni navali del tempo di guerra, specialmente in quelle destinate al servizio di pattuglia contro i sommergibili e al servizio di dragaggio delle mine in zone infestate da sommergibili, si sono adottati gran parte dei seguenti accorgimenti: fumaioli verticali, alberi verticali, forme di prora uguali a quelle di poppa in altezza e lunghezza, simmetria di sovrastrutture fra prora e poppa con fumaiolo o con l'aggiunta di falsi alberi e falsi fumaioli, abolizione degli alberi ove fosse possibile oppure loro allontanamento dalla linea mediana della nave verso i fianchi, ancore sistemate in alloggi ricavati entro i fianchi della nave e possibilmente coperte con lamierino, abolizione, ovunque fosse possibile, delle sovrastrutture e creazione di un ponte unico da prora a poppa. A tutti questi artifici strutturali si usava poi sempre sovrapporre il mascheramento con la pitturazione.
Ai tipi di mascheramento cui abbiamo accennato si potrebbe dare la denominazione globale di mascheramento difensivo, perché era inteso specialmente a proteggere la nave dall'attacco del sommergibile; ma è stata applicata durante la guerra anche una forma di mascheramento offensivo, per quelle unità che erano particolarmente destinate alla distruzione dei sommergibili. Questo consisteva in una forma speciale delle sovrastrutture che le faceva parere tutt'altro da ciò che erano realmente; ogni tanto però occorreva cambiare il tipo di mascheramento perché il giuoco era scoperto da qualche sommergibile nemico che non si era potuto affondare.
Per nascondere anche al gran pubblico il servizio cui erano destinate queste navi, esse venivano individuate con lettere seguite da un numero. Così le navi P potevano in distanza essere scambiate per grossi sommergibili con motori a vapore. Invece le navi PC avevano tutta l'apparenza esterna di una nave da carico: i due cannoni da 76 mm. sistemati ai lati del ponte di comando erano nascosti dalle ali stesse del ponte che si abbattevano al momento di far fuoco. Il cannone da 102 era invece molto più difficile a nascondersi, e furono escogitati al riguardo varî sistemi: uno di questi consisteva nell'aceumulare sul ponte finti ammassi di mercanzie, un altro nel sistemare un paravento articolato dove era scritto in modo ben visibile il nome di qualche agenzia di sgomberi molto conosciuta, un terzo nel mettere sopra il cannone un'imbarcazione capovolta costruita in tre pezzi, gli estremi dei quali si tiravano via mediante apposite gru al momento del fuoco, mentre quello centrale faceva corpo col pezzo e s'appoggiava allo scudo.
Dopo i PC vennero le navi Q. Siccome i sommergibili, dopo le prime sorprese di queste navi da carico travestite, contro le quali avevano creduto sufficiente di svolgere l'attacco allo scoperto mediante il cannone, erano tornati all'uso del siluro, le navi Q erano riempite di legno per poter stare a galla quando erano silurate; all'intimazione di resa da parte del nemico, una parte dell'equipaggio scendeva nelle imbarcazioni, figurando di abbandonare la nave destinata alla distruzione, e quello che rimaneva a bordo attaccava il sommergibile con i cannoni nascosti solo quando questo emergeva e si avvicinava.
I tipi PC affidavano invece la loro sicurezza alla piccola pescagione (m. 2,40), che poteva permettere loro di schivare il siluro, oltre che alla minuta compartimentazione stagna. Le navi Q (decoy vessels) erano state costruite in numero di 30 unità da diversi costruttori, ciascuno dei quali aveva avuto il permesso di adottare le forme di una nave mercantile a suo piacimento, pur conservando le caratteristiche generali del tipo (1310 tonn. di dislocamento, 17 nodi di velocità): ne vennero 15 o 20 tipi di diversa apparenza. Le navi PC erano state costruite in numero superiore a 80 e avevano 900 tonn. di dislocamento e 13 nodi di velocità.
Bibl.: N. Wilkinson, The dazzle painting of ships, in Engineering, CVIII, p. 192.