MASO di Bartolomeo
MASO (Tommaso, Masaccio) di Bartolomeo. – Figlio di Bartolomeo, nacque nel 1406 a Capannole Valdambra (ora frazione di Bucine) nell’Aretino.
Non ci è nota la formazione giovanile di M., la cui attività si può ricostruire a partire dalla collaborazione con Donatello e Michelozzo nei lavori per il pulpito esterno del duomo di Prato.
L’opera fu commissionata nel 1428, ma i lavori iniziarono negli anni successivi e l’attività di M. nel cantiere è documentata dal settembre 1433 con pagamenti fino al 1435. Egli lavorò alla costruzione architettonica del pulpito, destinato all’ostensione della reliquia della Sacra Cintola e ne edificò anche la copertura conica; ma non vi sono prove di una sua collaborazione con Donatello e Michelozzo alla lavorazione scultorea delle formelle, in larga misura negata dalla critica (Cerretelli; Fattorini; Bonsanti, 2000).
Nel luglio 1434 l’Opera del duomo di Prato commissionò a M. la costruzione di un secondo pulpito interno al duomo, posto in controfacciata e ugualmente destinato all’ostensione della reliquia.
Fu questo il suo primo lavoro autonomo nel cantiere di Prato e si concluse presumibilmente nel 1438, benché il saldo fosse pagato nel 1441 (Cerretelli). Il pulpito è costituito da una balconata rettangolare in pietra serena, le cui formelle sono decorate con motivi a compasso; la balconata è sostenuta da mensoloni e la superficie inferiore è decorata con motivi vegetali. Sulla parete retrostante un ampio arco, fiancheggiato da lesene, completa l’insieme che spicca per la sobria e classica eleganza.
Il 4 ott. 1438 la stessa Opera del duomo commissionò a M. anche la realizzazione della cancellata in bronzo destinata a chiudere su due lati la cappella della Sacra Cintola.
La lavorazione degli elementi metallici procedette fino all’estate del 1442, quando l’impresa si interruppe a causa di una vertenza con i committenti. Nonostante una stima del lavoro, a cui parteciparono anche Donatello e Michelozzo, si arrivò a una seconda vertenza e a una ulteriore stima, che coinvolse F. Brunelleschi e L. Ghiberti; ma infine il lavoro venne affidato ad altri esecutori, tra i quali il fratello minore Giovanni (1412 circa - 1474), suo assiduo collaboratore che, anche dopo la sua morte, gli subentrò in alcuni cantieri, e Pasquino da Montepulciano. La cancellata fu terminata solo nel 1468 (Cerretelli; Fattorini)e, vista la successione e la molteplicità degli interventi, appare difficile individuare nell’opera le diverse mani. A M. si fa risalire l’invenzione del motivo quadrilobato a compasso che decora la cancellata, per la sua somiglianza con l’analogo motivo decorativo nel pulpito interno del duomo, nonché una parte dei fregi vegetali sormontati da piccoli putti (Marchini, 1968, pp. 236 s.; Scalini, p. 267).
Il 2 nov. 1440 il vescovo di Pistoia Donato de’ Medici commissionò a M. un candelabro in bronzo e due piedistalli per candelabri d’argento, probabilmente portati a termine entro la fine del 1442, benché i pagamenti si protrassero fino al 2 genn. 1448 (Piattoli).
Il monumentale candelabro pistoiese è tuttora conservato nella cattedrale cittadina e mostra nelle finiture decorative un gusto classicista che ricorda taluni dettagli delle opere di Donatello (Marchini, 1968). Presso l’Opera del duomo si conserva anche una base per candeliere in bronzo che è stata ascritta a M. e collegata alla stessa commissione (Natali); mentre alla sua bottega è attribuito un treppiede in metallo conservato nello stesso duomo (Cerretelli, p. 143). Per affinità con il candelabro pistoiese, viene concordemente attribuito a M. anche un candelabro conservato nel duomo di Prato, datato agli stessi anni e di cui si segnala il modello ligneo presso il Museum of fine arts di Boston (Marchini, 1968, p. 237; Bonsanti, 1986).
Ancora nel 1446, l’Opera del duomo di Prato commissionò a M. uno sportello in bronzo dorato raffigurante l’Assunta che dona la cintola, per l’altare della cappella della reliquia, sportello oggi perduto (Cerretelli, p. 107). Nello stesso anno ebbe il contratto anche per la cassetta reliquiario, destinata a conservare la Sacra Cintola: essa fu realizzata entro il 1448 e si conserva nel Museo dell’Opera del duomo.
La cassetta è in rame dorato, corno e avorio, su anima di legno e riporta all’interno del coperchio lo stemma di Niccolò Milanesi, preposto della cappella. Considerata una delle più felici realizzazioni di M., ha una struttura architettonica a tempietto con eleganti colonnine e una copertura con volute di ispirazione classica. I putti danzanti in avorio, che la decorano spiccando coloristicamente sul fondo, richiamano i putti di Donatello e hanno un originale sapore tardoantico.
Il 28 febbr. 1446, mentre portava a termine i numerosi lavori per il duomo di Prato, M. partecipò con Michelozzo e Luca Della Robbia alla lavorazione della porta bronzea per la sagrestia delle messe nel duomo di Firenze, precedentemente affidate a Donatello.
La lavorazione è testimoniata nel Libro dei ricordi di M. che, conservato in due manoscritti (Prato, Biblioteca Roncioniana, Cod., 388 [1448-1449]; Firenze, Biblioteca nazionale, Baldovinetti, 70 [1449-1455]), è ricco di notizie sull’attività dell’artista per circa otto anni (Yriarte). Dopo aver procurato il bronzo e dato avvio alla fusione di alcune parti strutturali della porta (Pope-Hennessy, p. 69), M. non completò comunque l’opera, che fu terminata molti anni dopo, nel 1474, da Luca Della Robbia, Pasquino da Montepulciano e Andrea Verrocchio.
Successivamente, tra il 1447 e il 1448, sempre a Firenze, M. fu incaricato da Piero de’ Medici di realizzare la cancellata di recinzione del tempietto destinato a proteggere la venerata immagine mariana nella Ss. Annunziata, di cui l’architettura fu affidata a Michelozzo. Nel 1449, sempre per Piero de’ Medici, M. eseguì due aquile in bronzo, simbolo dell’arte di Calimala, per decorare nella chiesa di S. Miniato al Monte la sommità della cappella del Crocifisso, progettata da Michelozzo e decorata da Luca Della Robbia.
Lo stesso anno M. si recò a Urbino per l’esecuzione del portale maggiore della chiesa di S. Domenico, lavoro nel quale ebbe come collaboratori Pasquino da Montepulciano e Michele di Giovanni, e per il quale il massimo impegno si concentrò fra l’agosto 1449 e il giugno 1451: l’opera fu portata a termine nel 1454 dai suoi due assistenti (Höfler, 1998).
Il grande portale ad arco di impronta pienamente rinascimentale colpisce sia per la monumentalità delle due colonne che lo fiancheggiano sia per la finezza dei dettagli decorativi di gusto classicistico. La lunetta del timpano ospita un bassorilievo in terracotta invetriata, opera di Luca Della Robbia, di cui l’originale è conservato a Urbino, nella Galleria nazionale delle Marche. Le sculture che occupano il timpano triangolare, un Dio Padre fra angeli, sono invece di attribuzione discussa fra la mano di Luca della Robbia e quella dello stesso M. o di un suo collaboratore (Höfler, 1998).
Le affinità rilevate tra alcuni elementi del portale di S. Domenico e le decorazioni presenti nell’appartamento della Jole nel palazzo ducale di Urbino hanno originato l’ipotesi di un possibile coinvolgimento di M. nella progettazione di quell’ala del palazzo quattrocentesco antecedente ai lavori di F. Laurana. Ma poiché appare singolare il silenzio di M. riguardo a una commissione così prestigiosa nel suo Libro di ricordi, la maggioranza degli studiosi propende per un’attribuzione a Pasquino da Montepulciano e a Michele di Giovanni (Höfler, 1998). Per Federico di Montefeltro, inoltre, M. eseguì alcune armi, due cerbottane e una bombarda, lavori nei quali era esperto poiché ne vengono registrati numerosi nei suoi Ricordi (Yriarte, vol. 24, p. 143).
Nel luglio del 1451 M. fu di nuovo a Firenze, dove eseguì un cimiero d’argento con le armi delle città di Volterra per Jacopo degli Alessandri; nello stesso anno fu inoltre incaricato dai Dieci di balia di Firenze di ispezionare le fortificazioni e inventariare le munizioni della fortezza di Pisa e delle fortificazioni prossime alla città. Questa occupazione lo tenne impegnato per circa un mese in compagnia del fratello Giovanni. Per i Dieci di balia eseguì anche un certo numero di bombarde (ibid., p. 151).
Il 12 sett. 1452 ricevette la commissione da Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, per una cancellata di ottone con stipiti di bronzo (oggi perduta), destinata alla cappella di S. Sigismondo nel Tempio Malatestiano.
Nella trattativa furono coinvolti Matteo de’ Pasti e Bartolomeo Sassetti e la cancellata venne messa in opera a Rimini dal fratello Giovanni, entro il 1454 (Turchini; Fattorini).
Nel 1452 M. intervenne nell’architettura nel palazzo di Parte guelfa a Firenze con il disegno di alcuni pilastri, capitelli e finestre ancora visibili (Saalman, 1993). Su incarico di Cosimo de’ Medici disegnò fregi decorativi e un architrave destinati al cortile di palazzo Medici (oggi Medici Riccardi; Mc Neal Caplow, p. 167).
I numerosi lavori sia di scultura in pietra che di fusioni in bronzo menzionati nel Libro di ricordi di M., tra cui armi e campane, camini, come quello monumentale per Angelo Vettori, le armi destinate ad Astorre Manfredi, signore di Faenza, testimoniano di una bottega molto fiorente (Yriarte, vol. 24, pp. 144-155).
Sempre nel Libro di ricordi, M. registrò un suo intervento nelle parti ornamentali del Monumento di Pietro Mellini, mercante dell’arte della lana, in S. Croce (ibid., pp. 153 s.; Höfler, 1988, pp. 537, 543 n. 19).
Il 26 luglio 1455 M. stipulò un contratto con Marino di Tommaso, mercante dalmata che risiedeva a Firenze, in cui si impegnava a recarsi a Ragusa (Dubrovnik) per offrire i propri servigi alla Signoria della Repubblica, probabilmente in qualità di esperto fonditore di armamenti (Höfler, 1996, pp. 101 s.).
Giunto a Ragusa nell’ottobre 1455, M. si impegnò nella fusione di diverse bombarde, ma il 29 febbr. 1456 consegnò alla Signoria anche alcuni disegni architettonici per il nuovo chiostro del convento cittadino di S. Domenico. Il chiostro fu eseguito dopo la scomparsa del M. e quindi le modifiche intervenute non consentono di riconoscervi pienamente la sua personalità (Höfler, 1996).
M. morì a Ragusa tra la fine di aprile e il mese di maggio del 1456, a causa dell’esplosione durante il collaudo di una bombarda. Lasciò due figli, Tommasa e Agnolo, sotto la tutela del fratello Giovanni (Höfler, 1988); fu il suo collaboratore Michele di Giovanni a sostituirlo, dal 1457, presso i committenti dalmati.
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite… (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, pp. 291 s.; C. Yriarte, Le livre de souvenirs d’un sculpteur florentin du XVe siècle. M. di B., dit le Masaccio (1447-1455), in Gazette des beaux arts, s. 2, 1881, vol. 23, pp. 427-434; vol. 24, pp. 142-155; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, VI, La scultura del Quattrocento, Milano 1908, pp. 370-372; R. Piattoli, Tommaso di B. scultore a Pistoia in Riv. d’arte, XVI (1934), pp. 191-204; G. Marchini, Di M. di B. e d’altri, in Commentari, III (1952), 2, pp. 108-127; G. Marchini, Il tesoro del duomo di Prato, Milano 1963, ad ind.; Id., M. di B. aiuto di Donatello, in Prato, storia e arte, VII (1966), pp. 5-29; Id., M. di B., in Donatello e il suo tempo. Atti del Convegno, Firenze-Padova… 1966, Firenze 1968, pp. 235-243; F. Borsi - G. Morelli - F. Quinterno, Brunelleschiani, Roma 1968, pp. 336-339; H. Mc Neal Caplow, Sculptors’ partnerships in Michelozzo’s Florence, in Studies in the Renaissance, XXI (1974), pp. 165- 172; H. Saalman, Documenti inediti sulla cappella della Ss. Annunziata, in Scritti di storia dell’arte in onore di Ugo Procacci, a cura di M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto - P. Dal Poggetto, Milano 1977, I, pp. 226 s.; J. Pope-Hennessy, Luca Della Robbia, Oxford 1980, ad ind.; G. Marchini, M. di B. a Ragusa, in Arch. stor. pratese, LIX (1983), pp. 5-11; M. Ferrara - F. Quinterio, Michelozzo di Bartolomeo, Firenze 1984, ad ind.; J. Höfler, M. di B. in Dubrovnick (1455-1456), in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXVIII (1984), 3, pp. 389-394; G. Bonsanti, M. di B., in Donatello e i suoi… (catal., Firenze), a cura di A.P. Darr - G. Bonsanti, Milano 1986, pp. 189-191; J Höfler, M. di B. und sein Kreis, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXII (1988), 3, pp. 537-546; E. Andreatta, M. di B., in L’età di Masaccio. Il primo Quattrocento a Firenze (catal., Firenze), a cura di L. Berti - A. Paolucci, Milano 1990, p. 260; A. Natali, M. di B. Base di candeliere, ibid., pp. 244 s.; F. Petrucci, Ss. Annunziata, Roma 1992, p. 29; H. Saalman, Filippo Brunelleschi. The buildings, London 1993, p. 335; C. Cerretelli, La pieve e la Cintola. Le trasformazioni legate alla reliquia, in La Sacra Cintola nel duomo di Prato, Prato 1995, pp. 89-161; M. Scalini, I Maestri della cancellata della Cintola, ibid., pp. 265-279; G. Bonsanti, Il pulpito di Donatello, ibid., pp. 297-311; J. Höfler, Florentine masters in early Renaissance Dubrovnick: M. di B., Michele di Giovanni, Michelozzo, and Salvi di Michele, in Quattrocento adriatico. Atti del Convegno, Firenze… 1994, Bologna 1996, pp. 81-102; F. Petrucci, Luca Della Robbia, in I Della Robbia e l’«arte nuova» della scultura invetriata (catal., Fiesole), a cura di G. Gentilini, Firenze 1998, p. 148; J. Höfler, M. di B. e la sua cerchia a Urbino: il portale di S. Domenico e il primo palazzo di Federico da Montefeltro, in Michelozzo scultore e architetto (1396-1472). Atti del Convegno… 1996, a cura di G. Morolli, Firenze 1998, p. 249; G. Bonsanti, Il pulpito di Donatello, in Donatello restaurato. I marmi del pulpito di Prato (catal.), a cura di A.M. Giusti, Pistoia 2000, pp. 11-40; R. Pinney, in Encyclopedia of Italian Renaissance and Mannerist Art, II, London-New York 2000, p. 986; A. Turchini, Il Tempio Malatestiano, Sigismondo Pandolfo Malatesta e Leon Battista Alberti, Cesena 2000, pp. 250, 573-575, 615 s.; G. Fattorini, Signis potius quam tabulis delectabor. La decorazione plastica del Tempio Malatestiano, in Le arti figurative nelle corti dei Malatesta, a cura di L. Bellosi, Rimini 2002, pp. 259-393; F. Petrucci, La scultura di Donatello, Firenze 2003, pp. 153, 160; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 210.