MASSA e CORSICA, Marchesi di
Con la quadripartizione del patrimonio obertengo, avvenuto nei primi del sec. XI (v. lunigiana), la linea primogenita, rappresentata negli atti divisorî da Adalberto (II), si fissò più particolarmente nel tratto costiero della marca ereditaria (Liguria orientale); in pari tempo, del più vetusto predio toscano della casa, ritenne le tenute in comitato pisano e volterrano, sì che gli adalbertini, padroni delle basi navali della Liguria e dell'alto Tirreno, da Genova a Portovenere e a Porto Pisano, esercitarono, a preferenza degli altri rami, l'ufficio militare-marittimo della marca, conservando, fino agli albori del comune, il governo delle forze navali che il loro autore aveva guidate alle prime imprese ultramarine.
Infatti, come navarca, duce d'una spedizione vittoriosa contro i Saraceni, conquistatore della Corsica, è celebrato Adalberto (II) nel suo titolo funebre, in S. Maria di Castiglione (Fidenza); forse aveva capitanato, nel 1016, un'armata genovese-pisana contro il pirata saraceno Mugetto (Mugāhid); certamente era sbarcato nella Corsica prima del 1029, nel quale anno dispone di alcune corti e d'un monastero nell'isola a favore dell'abbazia di Fruttuaria.
I suoi successori si mantennero nella Corsica e vi estesero il loro dominio, specialmente nel versante occidentale, introducendovi gl'istituti feudali (furono, in origine, loro visconti anche quei potenti feudatari di Capo Corso, attraverso i quali la sovranità dell'isola passò poi al comune genovese).
Nelle città della Marca, la loro giurisdizione decadeva, frattanto, già sulla metà del sec. XI; in Tortona e in Luni, per l'affermarsi della giurisdizione vescovile, in Genova, per il divenire del comune, uscente dal consorzio dei loro visconti: dopo giurate le consuetudini, circa il 1056, finiscono per conservare in Genova soltanto alcuni diritti fiscali di porta, ripa, macello, ecc., a titolo puramente patrimoniale, nei rapporti con le famiglie viscontili (iura marchionum adversus vicecomites).
Tuttavia, il loro dominio extraurbano è ancora assai vasto e presenta un certo carattere unitario, almeno per tutto il sec. XI; si estende più specialmente nella valle Scrivia, fra Genova e Tortona, nell'estrema Riviera di Levante e nel Golfo della Spezia, a Massa e nella Versilia, a Livorno e nella Maremma. Nei primi del sec. XII, verificandosi la disintegrazione della Marca in marchesati, con Oberto Brotoporrada, Guglielmo Francigena, e un terzo figlio non bene identificato di Alberto (IV) Rufo, diramano dal ceppo comune diverse linee di marchesi, i quali portano unitamente, o separatamente, i titoli di Gavi, Parodi, Massa e Corsica, aventi tutti un centro comune nel castello di Massa (lunense), che doveva rimanere, con le tenute di Livorno, nella seconda metà del secolo, l'ultimo dominio di terraferma della casa.
In questa nuova situazione territoriale, i marchesi di Massa e Corsica, staccati dalla forzata concittadinanza e dalle alleanze navali genovesi, più volte rinnovate nel corso del sec. XII, per necessità di difesa contro l'espansione del comune lucchese, entrano nell'amicizia pisana. Col favore di Pisa, nel 1186, il marchese Oberto di Massa (linea di Oberto Brotoporrada) acquista, col titolo di giudice, il regno cagliaritano, e lo conserva suo figlio Guglielmo (circa 1192-1212), estendendo, con lotte incessanti, la sua influenza anche sui giudicati d'Arborea e di Torres. Questa linea continua per successione femminile con le figlie di Guglielmo, Benedetta (1212-1232) e Agnese, attraverso la quale ultima, per il matrimonio di sua figlia Adelasia con Enzo, figlio naturale di Federico II, il dominio ereditario dei Massa-Cagliari venne a formare gran parte del labile regno dato dal padre a questo principe (1239). Nel 1248, lo stesso Federico II concedeva Massa ai Lucchesi. La casata collaterale (linea di Guglielmo Francigena), che aveva mantenuto il condominio di Massa e insieme i feudi della Corsica, risalita a prestigio italiano, nella seconda metà del secolo XII, con Guglielmo Pallodo, grande fautore del Barbarossa e suo vicario per la Garfagnana e Versilia (1185), viene similmente esautorata dai decreti federiciani; conserva soltanto, sotto la sovranità lucchese, il titolo marchionale e qualche diritto feudale in Massa, usurpato in breve dalla famiglia dei suoi vecchi visconti, i nobili di Vallecchia, mentre i frammenti del suo più vasto dominio lunigianese sono divorati dai Malaspina. Si difende però, disperatamente, questo ramo, nella Corsica, a lungo, in fiera lotta contro la feudalità minore; resiste ancora nel sec. XIV ai movimenti comunali di Samboccuccio d'Alando, finché, stremati, gli ultimi dinasti offrono gli avanzi del loro predio al santuario della famiglia, il monastero di S. Venerio del Tino, nel Golfo della Spezia, fondato (o restituito) dai primi adalbertini sulla metà del sec. XI.
Bibl.: E. Repetti, Dizionario storico della Toscana, Firenze 1833-46, III, e VI (supplemento); C. De Simoni, Sui marchesi di Massa in Lunigiana e di Parodi nell'oltregiogo ligure nei secoli XII e XIII, in Atti della Società ligure di storia patria, XXVIII, Genova 1896; Colonna de Cesari-Rocca, Origine de la rivalité des Pisans et des Génois en Corse, 1014-1117, Genova 1901; E. Besta, La Sardegna medioevale, Palermo 1908, voll. 2; G. Sforza, Mugâhid e le sue scorrerie contro la città di Luni, Torino 1917; F. Gabotto, I marchesi obertenghi fino alla pace di Luni, in Giorn. st. della Lunigiana, IX, La Spezia 1918; G. Falco, Le carte del monastero di S. Venerio del Tino, Torino 1912-33, voll. 2; U. Formentini, Marca Januensis, Pontremoli 1926. Cfr. malaspina.