MASSA TRABARIA
. Regione storica delle Marche corrispondente alla montuosa, selvosa, impervia zona interna dell'estremo angolo nord del Piceno, posta immediatamente a oriente delle vene del Tevere; onde essa viene a incunearsi tra quattro regioni medioitaliche, Romagna, Toscana, Marche e Umbria. Detta zona circonda il Carpegna (m. 1415), fino al Titano di San Marino. L'alte valli della Marecchia e del Metauro la stringono a N. e a S., mentre le acque della Conca e della Foglia scendono da essa; ma la zona, nelle sue caratteristiche forestali, con le stesse essenze (farnia, cerro, elce, castagno, faggio, carpino, avellana, sorbo) si estende alquanto più a S., fino al Nerone, al Catria e oltre.
Il carattere selvoso è impresso a evidenza nella toponomastica: Carpegna, Farneto, Cerrone, Casteldelci, Faggiola, Licciano, Avellana, Sorbetolo, Sorbolongo, Spinabeto, ecc., elencano tutte le essenze boschive della zona; come l'antichissima utilizzazione costruttiva, soprattutto delle grandi querce secolari (farnie), è ricordata nei vocaboli frequenti - Tavoleto, Tavolicci, Castello e Monte dei Fabbri, Bocca Trabaria, ecc. - e l'affluire a valle di taglie, travi, tavole, carbone grosso da "spacco" o di quercia, e sottile "cannello" di carpino e di faggio, è ricordato nelle frequentissime voci di Mercato, Mercato vecchio, Mercatello, Mercatino, ecc.
Ancor oggi, sopravvivono, nei paesi indicati della Marca Monferetrana e prossimi, le industrie dei boschi, dei legnami da costruzione, della legna da ardere e del carbone; come è frequente il caso delle "proprietà collettive" (comunanze o università agrarie), preesistenti, secondo il Finali, al diritto romano e, per il Sensini, forme tipiche d'uno stadio rudimentale di civiltà.
Storia. - Il nome fu dato alla provincia dal passo dell'Appennino tra le alte valli del Metauro e del Tevere, detto appunto Bocca Trabaria perché di lì passavano le travi dei boschi feretrani che si conducevano poi per via d'acqua a Roma. Non si conoscono con precisione i confini della Massa Trabaria; si sa però che nel versante tirrenico questi toccavano il territorio di Borgo S. Sepolcro. Il nome massa è indizio certo che i primi possessori, durante le invasioni barbariche furono monasteri o abbazie; appartenne poi per la donazione di Pipino alla Chiesa che la governò per mezzo di suoi rettori. In realtà, però, la sua storia si fraziona in quella dei varî luoghi che furono in possesso, più o meno lungo e pacifico, di parecchi signori: i Brancaleoni, i conti di Carpegna, i Faggiolani, i Feltreschi e i Malatesta. La provincia fu definitivamente smembrata da Leone X che diede in pegno alla repubblica di Firenze tutta la parte del versante tirrenico (Piviere di Sestino, Badia Tedalda, ecc.) a garanzia di 100.000 scudi avuti in prestito per la guerra contro il duca d'Urbino (1519) e da allora quella parte fu tolta anche alla giurisdizione ecclesiastica del vescovo feretrano. La provincia così ridotta fece parte del ducato d'Urbino fino alla devoluzione alla Chiesa (1631).
Bibl.: V. Lanciarini, Tiferno metaurense e Massa Trabaria, Roma 1890-1912; E. Repetti, Diz. geogr. fisico storico della Toscana, III, Firenze 1839, s. v.: G. Finali, Le Marche. Ricordanze, Ancona 1897; G. Speranza, Il Piceno, Ascoli 1900; Studii Marchigiani, ann. I e II, Macerata 1907, pp. 399-449; E. Dehò, Paesi Marchigiani, Pescara 1910; V. Vitali Rosa, L'agricoltura nelle Marche prima e dopo la guerra, Fermo 1924; E. Ricci, Le Marche, Torino 1929; L. Franciosa, Marche, Roma 1931.