NERI, Massimiliano
NERI (Negri), Massimiliano. – Nacque presumibilmente a Bonn, tra gennaio e febbraio 1620 (Einstein, 1907-08, p. 348 n. 1), da Giacomo e da Caterina Hennes.
Il nome della famiglia, d’origine veronese, è normalmente riportato nella forma ‘Negri’ nella documentazione coeva di quella città.. Già il prozio Orazio fu cantore dapprima nella cappella del duomo di Verona, poi in quella del principe elettore di Monaco di Baviera (1609-10); il padre Giacomo fu cantore e maestro di cappella alla corte palatina di Neuburg sul Danubio dai primi del 1619, e dal 1624 a Düsseldorf, indi a Bonn-Colonia, e forse a Vienna (Rismondo, 2005, pp. 60-70).
A 7-8 anni d’età si trasferì a Venezia col padre, probabilmente giuntovi al seguito del duca Volfango Guglielmo del Palatinato-Neuburg, di cui era maestro di cappella (Claudio Monteverdi, in una lettera del 24 luglio 1627, afferma di aver dovuto far musica privatamente in onore di quel principe, in qualità di maestro della cappella marciana; cfr. Claudio Monteverdi. Lettere, a cura di É. Lax, Firenze 1994, p. 166). Si stabilì presso il palazzo di Giacomo Soranzo, componente di un’illustre casata veneta; anche in seguito il nobiluomo e altri componenti dello stesso casato furono suoi protettori e mecenati. A giudicare dalle qualità delle sue opere, e dalle non poche sue scritture autografe conservate, tale ambiente nobiliare gli dovette assicurare anche un’ottima educazione e istruzione generale.
Nel 1644 venne nominato organista nella chiesa conventuale dei Ss. Giovanni e Paolo e, pochi mesi dopo, nella chiesa ducale di S. Marco; dai documenti marciani sembra potersi dedurre che, dapprima destinato al primo organo, venisse di lì a poco dirottato al secondo, forse per rispettare l’anzianità di servizio dell’altro organista, Francesco Cavalli (entrato a far parte della cappella come fanciullo cantore solista già dal 1617, e come secondo organista dal 1630).
Dal 1655 fu ‘maestro di coro’ dell’Ospedaletto, uno dei quattro grandi ospedali (ovvero orfanotrofi) di Venezia. Le ricevute autografe attestano che nel 1660-61 venne coinvolto nella ricostruzione delle parti adibite all’esecuzioni musicali nella chiesa annessa, cioè la tribuna sopraelevata e l’organo: da lì infatti si esibivano, nascoste da una grata o «gelosia», le «putte» cantatrici e strumentiste (Rismondo, 2005, pp. 85-88).
Nel 1658 fu direttore musicale delle esecuzioni musicali nella chiesa del convento di S. Caterina, per la festa della santa; ma pare si protraessero troppo a lungo, non rispettando le norme vigenti in materia nell’ordinamento veneziano, sicché il musicista venne processato, condannato e brevemente imprigionato.
Il lungo iter del processo rivela particolari interessanti sullo svolgimento consueto di tali feste, date in numerose chiese veneziane, patrocinate spesso da famiglie nobili (nel caso specifico, ancora dai Soranzo).
Nel frattempo aveva mantenuto vive le relazioni con le corti tedesche di osservanza cattolica, ereditate dai predecessori, specie quella di Bonn-Colonia dove lo zio Giuseppe era cantore, e quella imperiale: nel 1654 impartì lezioni di organo e clavicembalo a Gaudenz Groll, importante cantore della cappella di Bonn-Colonia; nel 1651 fu a Vienna, per presentare all’imperatore Ferdinando III la sua opera seconda, una raccolta di sonate stampata in quell’anno; il che avvenne tramite l’allora maestro della cappella imperiale, il veronese Antonio Bertali, anch’egli autore di importanti musiche strumentali.
Nella stagione operistica veneziana del 1651-52 fu garante del contratto della cantante fiorentina Caterina Giani per alcune recite nel teatro di S. Aponal (S. Apollinare).
In quell’anno vi andarono in scena La Calistoe L’Eritrea del collega marciano Cavalli, nelle quali la cantante sostenne rispettivamente le parti di Calisto e della seconda donna, Laodicea (Glixon - Glixon, 2006; cfr. l’ed. critica della Calisto a cura di Á. Torrente, Kassel 2012, pp. XX s.).
Nel 1654 il compositore sposò la cantante, che gli diede in seguito almeno otto figli (sei a Venezia, e almeno due nel successivo soggiorno in Germania); fu forse anche sua allieva per la composizione, poiché sembra di poterla identificare con la «Catar: Giani» autrice di un mottetto (Liebster Jesu, trautes Leben), datato 1663 (Uppsala, Universitetsbiblioteket, Collezione Düben, Vok. mus. i hs. 79, c. 13v-14r).
Singolare testimonianza della stima di cui godeva allora Neri in Venezia e fuori è in una lettera inviata da Paolo del Sera (agente mediceo a Venezia) alla corte granducale di Toscana, che in origine doveva accompagnare l’invio del prologo per un’opera di Cavalli (doveva trattarsi dell’Ipermestra, poi rappresentata a Firenze nel 1658 forse con tale prologo, che non si è conservato), già precedentemente, e invano, richiesto a quest’ultimo compositore: «Il Cavalli musico è uomo assai rozzo, e vedendo la difficultà di poter aver presto quelle musiche sopra le parole che Vostra Altezza mi mandò, mi sono risoluto d’inviarli intanto la composizione che ha fatto il signor Massimiliano Neri maestro assai stimato non solo qui, ma anco alla corte dell’Imperatore, e spero che non dispiaceranno all’Altezza Vostra, avendole fatte accomodare in un fagottino diretto a Vostra Altezza Serenissima» (Arch. di Stato di Firenze,Carteggio d’artisti, reg. 5, c. 62r, lettera datata da Venezia, 20 novembre 1655).
La parte più significativa della produzione musicale di Neri è costituita dalle composizioni per complessi di 3-12 strumenti, contenute in due raccolte pubblicate a Venezia nel 1644 e nel 1651 (dati completi in Mischiati, 1992, pp. 695-700). Ma meritano adeguata considerazione anche i pochi, pregevolissimi pezzi vocali pervenuti in modo sufficientemente completo, ossia i due mottetti contenuti nella collettanea Sacra corona edita da Bartolomeo Marcesso (Venezia 1656) e l’unico mottetto trascritto da Carl von Winterfeld dalla raccolta a 2-3 voci (Venezia 1664).
Le stampe originali delle raccolte citate, conservate in copia unica nella Biblioteca universitaria di Breslavia, vennero in parte distrutte nei bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale; da esse Winterfeld aveva ricavato intorno al 1830 alcune copie parziali, piuttosto fedeli, tali comunque da consentire una valutazione critica complessiva dell’opera neriana; mentre la scrittura rigorosamente contrappuntistica adottata dall’autore ha reso possibile, in anni recenti, plausibili ricostruzioni delle composizioni pervenute mutile.
Nei frontespizi di tali edizioni Neri si dichiarava membro dell’Accademia bresciana degli Erranti, e nelle prime due compare il suo nome accademico, L’Affaticato; negli anni della formazione di Neri (1620-40 circa) quell’accademia promosse una notevole attività musicale, sotto la direzione di uno stimato organista e compositore locale (noto anche nelle corti germaniche di ambito imperiale), Francesco Turini, autore di musiche strumentali e di una raccolta di messe spesso citata per la serrata elaborazione contrappuntistica (Guerrini, 1929); in assenza di documentazione, si può presumere che Turini sia stato uno dei maestri di Neri per l’organo e la composizione.
Secondo un documento fatto rogare da Giacomo Soranzo (edito integralmente in Miller, 1994, p. 276), la prima raccolta di sonate sarebbe stata «fatta con sua molta fatica e spesa») e la lunga elaborazione richiesta dalle sue opere sembra confermata dal nome accademico che si scelse (nonché dalla scarsità della sua produzione). Ma all’ascolto ciò non si avverte affatto: le parti contrappuntistiche si muovono con scioltezza, l’armonia, spesso audace, non è dura né forzata, le ampie sezioni nelle quali è suddivisa la composizione si susseguono con eleganza. Ciò avviene grazie alla meditata ed equilibrata disposizione formale e contrappuntistica, mentre l’impressione di unitarietà che si ricava sin dal primo ascolto è dovuta, tra l’altro, al fatto che tutti i temi (o soggetti) che caratterizzano le varie sezioni della composizione sono derivati da pochi e semplici nuclei melodici (Selfridge-Field, 1975; Apel, 1990).
Quasi tutte le sezioni delle musiche strumentali di Neri sono fugate, e spesso – in particolare quelle d’apertura – di notevole durata: forse per la prima volta nella storia della musica strumentale d’arte europea si può ragionevolmente parlare di movimenti indipendenti, dotati di vita propria.
La prima sezione è di norma un ampio fugato, basato su un unico soggetto assai protratto; con un procedimento applicato sistematicamente (e quindi intenzionalmente), il soggetto viene man mano scomposto nei singoli elementi, sino a ridursi in frammenti di poche note. La progressiva contrazione ritmica che ne deriva porta a una climax, che giunge solo poche battute prima dell’ampia e solenne conclusione.
I movimenti centrali sono di solito più brevi, e nella loro successione sfruttano intensivamente gli improvvisi cambi di tempo, metro e tonalità osservabili anche nelle musiche strumentali dei contemporanei (Dario Castello, Biagio Marini, Antonio Bertali ecc.); ma anche in tal caso la sostanza musicale proposta da Neri è più consistente (specie dal punto di vista armonico).
L’ampio movimento finale, mantenendo l’intensa scrittura contrappuntistica tipica dell’autore, è spesso caratterizzato da episodi contrastanti, che si avvicendano a più riprese: contrasti evidenziati – quando la composizione ha un organico ampio – dal fatto che gli episodi sono riservati ciascuno a una diversa sezione strumentale.
Le sonate per grande organico, contenute nell’Op. 2, sfruttano combinazioni strumentali a volte inconsuete (come la Sonata X, per «due violini, violetta e tiorba, tre flauti e tiorba»), cosa che peraltro trova precedenti in composizioni di autori attivi a Venezia nei primi decenni del secolo (Francesco Sponga-Usper, Giovanni Battista Grillo, Giovanni Picchi e altri); ma a differenza da quei primi esempi gli effetti che si possono ricavare dal contrasto tra l’uso del pieno organico e le sue varie suddivisioni sono sfruttati nelle loro potenzialità costruttive, e non solo a fini coloristici.
Nel 1664 si trasferì alla corte del principe di Bonn-Colonia come maestro della cappella musicale; non si hanno dati precisi su tale nuova attività, dato che veniva retribuito direttamente dalla borsa privata del principe-vescovo. Nel 1666 fu tra i componenti di una commissione riunitasi per eleggere l’organista del duomo di Bonn, e in seguito testimone al battesimo del figlio d’un cantore della cappella principesca.
Nel 1670, con un documento rogato a Venezia, rinunciò al vitalizio assegnatogli da Soranzo per via testamentaria, in cambio di una cospicua somma di denaro versatagli dagli eredi. Quest’ultimo documento costituisce sinora il termine post quem per la morte, mentre quale termine ad quem possono forse valere alcuni pagamenti effettuati dal principe di Bonn-Colonia alla vedova di un Negri (forse la stessa Giani), effettuati a partire dall’ottobre del 1673 (come segnala il genealogista Alfred Strahl di Düsseldorf). Morì dunque tra settembre 1670 e ottobre 1673, presumibilmente a Bonn.
Fonti e Bibl.: A. Einstein, Italienische Musiker am Hofe der Neuburger Wittelsbacher, 1614-1716, inSammelbände der Internationalen Musikgesell-schaft, IX (1907-08), pp. 347-349; Le cronache bresciane inedite dei secoli 15.-19., a cura di P. Guerrini, IV, Pavia 1929, pp. 251, 268, 270 s., 295; P. Nettl, Zur Geschichte der kaiserlichen Hofmusikkapelle von 1636-1680, in Studien zur Musikwissenschaft, XVII (1930), p. 96; K. Weiler, Musiker am kurkölnischer Hofe der 17. Jahrhundert, in Studienzur Musikgeschichte des Rheinlandes 2. Karl Gustav Fellerer zum 60. Geburtstag, a cura di H. Drux - K.W. Niemöller - W. Thoene, Köln 1962, pp. 288 s., 301; R. Brockpähler, Handbuch zur Geschichte der Barockoper in Deutschland, Emsdetten 1964, pp. 73-79, 290-294; E. Selfridge-Field, Venetian instrumental music from Gabrieli to Vivaldi, Oxford 1975 (trad. it. La musica strumentale veneziana da Gabrieli a Vivaldi, Torino 1980, pp. 145-150; rist. con addenda: 3a ed., Mineola, NY, 1994); J. Moore, Vespers at St. Mark’s, Ann Arbor 1981, pp. 20, 88, 194; W. Apel, Italian violin music of the seventeenth century, a cura di T. Binkley, Bloomington-Indianapolis 1990, pp. 136-141; O. Mischiati, Bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740, a cura di M. Sala - E. Meli, II, Firenze 1992, pp. 695-700; R. Miller, Bartolomeo Barbarino and the allure of Venice, in Studi musicali, XXIII (1994), p. 276; G. Vio, Nuovi elementi biografici su alcuni musicisti del Seicento veneziano, in Recercare, XIV (2002), pp. 193-215, 210-213; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XII (2004), coll. 994 s.; P.A. Rismondo, M. N. (ca. 1618 - dopo il 1670) e la famiglia Negri tra Italia e Germania, in Rivista internazionale di Musica sacra, XXVI (2005), pp. 57-109; B.L. Glixon - J.E. Glixon, Inventing the business of opera: the impresario and his world in seventeenth-century Venice, New York 2006, pp. 197, 200 s., 203; T. Jeż, La Biblioteca Rhedigeriana di Wrocław (Breslavia): una collezione unica delle stampe italiane del primo Seicento, in Barocco padano, VII, a cura di A. Colzani - A. Luppi - M. Padoan, Como 2012, pp. 384, 391, 396; P.A. Rismondo, Orazio, Giuseppe, Giovanni Giacomo, e M. Ne[g]ri, in Bayerisches Musiker-Lexikon online, http://www.BMLO.Uni-Muenchen.de.