MASSIMILIANO Sforza, duca di Milano
MASSIMILIANO Sforza, duca di Milano. – Primogenito di Ludovico detto il Moro e di Beatrice d’Este, nacque il 25 genn. 1493 a Milano. Fu battezzato con il nome di Ercole in omaggio al nonno materno, duca di Ferrara primo di questo nome; il nome fu in seguito affiancato e poi sostituito da Massimiliano, in onore del re dei Romani. La nascita fu festeggiata con campane suonate a distesa per sei giorni, pubbliche processioni, grazie concesse ai condannati per debiti e reati. Una messa solenne, il 14 febbraio, fu celebrata anche a Roma, a S. Maria del Popolo, cui partecipò lo zio, il cardinale Ascanio Maria Sforza.
M. era l’erede del Ducato. Ebbe il titolo di conte di Pavia, nel 1499 quello di principe. Precettore dell’infante fu il conte di Borella Giovanni Antonio Secco, sulla sua salute vegliarono i medici Ambrogio Varese da Rosate e Nicolò Cusani. L’educazione di M. fu ben presto mirata a renderlo consapevole della sua posizione e a inculcargli il senso dei suoi futuri doveri. Gli furono dedicati due codici membranacei finemente miniati, il Liber Iesus, composto nel 1496-97 (Milano, Biblioteca Trivulziana, Mss., 2163), e la Grammatica di Elio Donato, probabilmente del 1496-99 (ibid., 2167), approntati per essere letti e spiegati a M., sin dall’infanzia immesso in un itinerario formativo nel quale le immagini giocano un ruolo fortemente suggestionante. Nei due manoscritti M. campeggia, infatti, raffigurato non nella sua effettiva età infantile, ma quasi adulto miniaturizzato, con una precoce coscienza del proprio rango. Il piccolo deve sì apprendere alfabeto, preghiere, rudimenti di latino, ma è raffigurato tra trombetti, su un carro, a cavallo per Milano, mentre legge, nell’incontro con il re dei Romani, in trionfo, nel cimento della scelta tra vizio e virtù. Così plasmato in tenera età, M. attendeva la sorte eccezionale che avrebbe dovuto spettargli. Nel suo testamento il Moro dispone che, nell’eventualità M. gli subentri prima dei 20 anni, l’affianchino «governatori» che lo consiglino nel governo dello Stato. Al principe adolescente competerà «l’offitio del proporre in consiglio», mentre i governatori baderanno a prepararlo progressivamente e insegnandogli a ponderare, sicché «cum la età cresca etiam la institutione». E sino ai 17 anni staranno accanto a M. un istitutore e maestri di lettere, lo studio delle quali non è solo ornamento, ma anche necessità per il governante responsabile.
Fissate nella fiducia d’una tranquilla successione del Ducato, queste istruzioni del Moro sarebbero state ben presto vanificate dal collasso dello Stato sforzesco durante le guerre d’Italia. Il 31 ag. 1499, M. e il fratello minore Francesco abbandonarono Milano dinanzi all’avanzata dell’esercito del re di Francia Luigi XII di Valois, affidati a Princisvalle Visconti, al cameriere maggiore conte Francesco Brunoro Pietra, al medico Luigi Marliani. Li accompagnava un seguito di 4000 persone, con 350 dignitari e cortigiani, con il tesoro ducale di gemme e preziosi del valore di 130.000 ducati e 200.000 ducati in moneta. Il 2 settembre partì lo stesso Moro, che si ricongiunse con i figli e riparò dapprima a Trento, poi a Bressanone. Qui restarono M. e il fratello, affidati a Camilla Marzano d’Aragona, vedova del signore di Pesaro, Costanzo Sforza, e con loro il cardinale Ascanio Maria, mentre falliva il tentativo di recupero dello Stato da parte del duca Ludovico. Il 25 apr. 1500 M. e Francesco partirono per Innsbruck: consegnatosi, il 15 aprile, Ascanio Maria alla Serenissima, prigioniero della Francia il padre, i due fanciulli non potevano contare che su Massimiliano I d’Asburgo re dei Romani, il quale subito incamerò denari e preziosi dei figli del Moro per un valore di 60.000 ducati, così garantendosi in anticipo dalle spese di mantenimento. Il quale non fu certo splendido: d’altra parte il seguito dei due Sforza ammontava a 25 persone. Nell’agosto 1500 Massimiliano I pare impegnato a corrispondere 10.000 fiorini l’anno a M. e al fratello e 1000 alla corte, ma nel febbraio 1501, a Innsbruck, furono venduti i loro cavalli e, una volta trasferiti nel castello di Linz, fu loro ridotta la familia. In compenso di loro si occupava con sollecitudine la moglie di Massimiliano, Bianca Maria Sforza, loro cugina. M. e il fratello crebbero nella corte di questa a Linz e a Vienna. Il 5 apr. 1505, il giorno dopo la pace conclusa a Haguenau con Luigi XII, Massimiliano concesse al re di Francia l’investitura del Ducato milanese annullando l’antecedente a favore del Moro. Ciononostante M. presenziò con il titolo di dux di Milano alla Dieta di Costanza, apertasi all’inizio di maggio 1507. In agosto circolò la voce che Massimiliano I volesse reintegrare i figli del Moro nello Stato, mentre in dicembre Luigi XII promise di concedere loro feudi in Francia. Siffatta disponibilità fu confermata ancora nel febbraio 1509, con la precisazione di un’entrata di 40.000 scudi e con la prospettiva di benefici ecclesiastici, purché cessasse ogni rivendicazione sforzesca sul Ducato. Morta, il 31 dic. 1510, Bianca Maria Sforza, fu la reggente dei Paesi Bassi Margherita d’Austria a occuparsi dei due fratelli, sia pure senza molta sollecitudine. Ciò non toglie che M., ormai adolescente, nella corte di Malines nei Paesi Bassi, abbia per un po’ potuto condividere insegnamenti ed esercizi con i quali veniva educato il futuro Carlo V.
Nel 1512 gli eventi presero una piega favorevole a Massimiliano. All’inizio dell’anno morì, per una caduta da cavallo a Noiremont in Piccardia, Francesco Maria, l’unico figlio di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona, che era autorizzato a nutrire qualche aspirazione sul Ducato usurpato al padre dal Moro. L’11 aprile i Francesi si ritirarono dalla battaglia di Ravenna e il cardinale Matthäeus Schiner, vittorioso con i suoi Svizzeri, pose fine all’occupazione oltremontana: il 6 giugno prese Cremona, il 13, conquistata Pavia, intimò la resa a Milano. Il 20 giugno entrò a Milano il vescovo di Lodi Ottaviano Sforza in veste di luogotenente della Lega santa e del «duca» M., il quale, intanto, era in Brabante a fianco di Massimiliano I nell’impresa contro il duca di Gelder Carlo di Egmont.
La restaurazione sforzesca, con M. duca, fu approvata nella Dieta di Mantova del 30 luglio - 21 agosto e nelle tre diete di Baden, dell’11 agosto, 6 e 29 settembre: gli Elvetici si impegnarono alla protezione militare del Milanese in cambio d’un versamento di 150.000 ducati, d’un censo annuo di 40.000 e del riconoscimento di Lugano, Locarno, Domodossola.
In una Dieta a Colonia M. fu inviato da Massimiliano I a prendere possesso del dominio. Da lì il 9 agosto giunse a Ulm; per Spira, Innsbruck, Vipiteno il 15 settembre arrivò a Trento, mentre a Roma si trattava un matrimonio con la nipote di papa Giulio II, Maria Giovanna, sorella del duca d’Urbino Francesco Maria Della Rovere, da dotarsi con Parma e Piacenza. Questa trattativa non ebbe esito e in novembre si pensava «che dovrà sposare una figlia dell’arciduca di Borgogna» (Sanuto, XV, col. 348). Il 28 ottobre M. entrò a Verona e ne partì l’11 novembre per Mantova; il 17 novembre era a Cremona, il 15 dicembre a Lodi, da qui si portò nell’abbazia di Chiaravalle. Dopo una puntata a Milano il 23 dicembre relativamente in incognito – era travestito, ma con ben 25 cavalli –, il 29 mosse da Chiaravalle per l’entrata ufficiale nella capitale. Con lui erano Schiner, il viceré di Napoli Raimondo Cardona, Matteo Lang, quasi a sottolineare che era sotto loro stretto controllo. I Francesi non minacciavano più: alla resa del castello di Novara il 23 dic. 1512, seguirono quella del castello di Trezzo il 3 genn. 1513, quella a fine mese di Lugano e Locarno agli Svizzeri e, finalmente, quella delle guarnigioni francesi asserragliate nel castello di Cremona il 17 novembre e in quello milanese di Porta Giovia il 19, ultimo caposaldo in mano francese. Il 9 genn. 1513 M. pretese l’omaggio della cittadinanza; il 21 una sua grida decretò l’espulsione dal Ducato dei ribelli a Giulio II. Un’imperiosità apparente: M. «non par sia ducha in Milan», scrive, il 25 gennaio, il provveditore veneto Daniele Dandolo. «Il ducha non ha ubedientia», conferma, il 13 febbraio, il castellano veneto di Pontevico Francesco Lippomano.
Il Ducato – questa l’idea che se ne ha a Venezia – è di fatto «governato da tedeschi, da sguizari et spagnoli, tutti sitibondi de denari». Il nuovo duca è «debole», «posticcio», «sanza armi, sanza danari» in un Ducato «esausto e taglieggiato» eccessivamente rispetto a un gettito annuo delle imposte calcolabile sul mezzo milione di scudi d’oro. Palese, a giudizio di Guicciardini, la incapacità di M., inadeguato al ruolo anche sul piano dell’immagine: «estravaganti» i suoi «pensieri», «sordidissimi i suoi costumi». Egli – così nel profilo dedicatogli da P. Giovio – non cambiava mai gli indumenti intimi; sporco e puzzolente, nella sua arruffata capigliatura abbondano i pidocchi. «Indegno d’ogni grandezza» – come insiste Guicciardini –, M. non sa nemmeno simularla esteriormente: «assurdo e stolto» lo qualifica Giovio, con un che di balzano, umorale, sin di folle. Le cose di governo l’annoiano, le trascura, le lascia ad altri; preferisce la caccia, le donne. Nel contempo, il 25, Giacomo Suardino scrive al marchese di Mantova Francesco II Gonzaga che i sudditi «se doleno» d’un malgoverno nel quale «niuna cosa se expedisce, pochi ponno avere audientia». M. «fa la più strana vita del mondo»: s’alza tardi, pranza e cena con gli orari più disordinati, per lo più «sta rinchiuso e non fa niente». La confisca dei beni d’una novantina di persone particolarmente compromesse con la Francia costituì un vantaggio per le finanze statali, ma M. sperperava, oltre che in banchetti, conviti, feste, soprattutto col dissennato largheggiare in donazioni ed elargizioni. Ne beneficiarono soprattutto Girolamo Morone, cui andò la contea di Lecco, Schiner, destinatario di Vigevano con la Sforzesca e Gambolò, Oldrado Lampugnani, gratificato con la Ghiara d’Adda e Rivolta. M. favorì pure l’inviso fratello Francesco, concedendogli in feudo, il 18 giugno 1514, Tortona eretta a marchesato. Ristretti con queste donazioni i cespiti d’entrata, M. fu costretto a intensificare il ricorso alle taglie, alle angherie, ai contributi straordinari, all’aumento delle gabelle.
M. fu bersaglio dell’alleanza franco-veneta di Blois, del 23 marzo 1513, cui il 26 aprile seguì, con un proclama ai Milanesi, l’apertura delle ostilità. Scese le Alpi, i Francesi mossero verso Alessandria. Lasciata Pavia, M. questa volta diede segni d’energia. A fine maggio attestato a Novara con 4000 fanti elvetici (altri 12.000 erano congregati a Oleggio e altri 5000 ne attendeva), era deciso a battersi. Il 6, con un vigoroso attacco a sorpresa, circa 15.000 svizzeri sconfissero all’Ariotta l’esercito francese, forte di 20.000 fanti e di 1200 uomini d’arme: una grande vittoria, con l’uccisione di circa 12.000 nemici, conquista di artiglieria, cavalli, salmerie. Rientrato trionfalmente a Milano, il 27 luglio, per tenere a bada gli Svizzeri (in Svizzera era suo oratore, nel settembre-ottobre, Giovanni Colla, già suo precettore in Germania) M. fu costretto ad appoggiarsi a Cardona e all’ambasciatore cesareo Andrea Borgo, cui Schiner era ostilissimo. Sempre in debito con gli Svizzeri, M. fu costretto a imporre taglie a sudditi sempre più malcontenti. Nel frattempo assecondava gli eventi aspettando l’evolversi della situazione. Nel 1513 pensava che il nuovo papa Leone X gli rendesse Parma e Piacenza; invece il pontefice meditava per M. un matrimonio con Bona Sforza, la figlia di Gian Galeazzo Maria e Isabella d’Aragona. L’ipotesi sfumò ma l’accasamento di M. rimase argomento d’interesse, oltre che papale, europeo, per il quale si prospettò, a un certo punto, pure il parentado con la non più giovane Margherita d’Asburgo, già sua tutrice. Il 1° genn. 1515 salì sul trono di Francia Francesco I, intenzionato al recupero di Milano: l’accordo antifrancese e antiveneziano del 3 febbraio concluso da Leone X con l’imperatore, Ferdinando il Cattolico, gli Svizzeri e lo stesso M. non metteva il Ducato al riparo dall’offensiva francese.
M. puntò soprattutto sulle milizie elvetiche, il cui aiuto chiese tramite Giovanni Colla. In un primo momento promise loro la somma enorme di 300.000 scudi da ottenersi con un contributo straordinario pagato da Milano. Ma il 19 giugno l’Assemblea cittadina nominò una delegazione per rappresentare agli Svizzeri e allo stesso M. l’impossibilità di erogare tale cifra. M., con impulso sconsiderato, fece arrestare i delegati e il 20 scoppiò un tumulto cittadino, che il 23 lo costrinse a revocare il «taglione» e ad accontentarsi di 50.000 ducati, in cambio della cessione all’amministrazione urbana di alcune proprietà ducali e del diritto d’incamerare alcune imposte. Con atto notarile dell’11 luglio cedette formalmente a Milano il Naviglio grande, il canale della Martesana con relativi diritti e rendite e il dazio della macina. Fu attribuito pure in perpetuo alla Comunità ambrosiana il diritto di nomina del governo municipale (il vicario, i Dodici di provvisione, i sindaci, il tesoriere) sino allora di competenza ducale.
Passata l’Argentara, Francesco I il 10 ag. 1515 era a Villafranca di Piemonte. Il 14 catturò il condottiero delle milizie sforzesche Prospero Colonna. Parte degli Svizzeri ripiegati a Novara, di contro alla volontà di resistenza a oltranza di Schiner, fu sensibile alle profferte di pace del re di Francia, il quale inoltre ventilò, a indennizzare M. delle perdite del Ducato, di concedergli l’annua pensione di 12.000 lire, le nozze con una principessa di Francia nonché il Ducato di Nemours. Dopo che 10.000 svizzeri del Cantone di Berna ebbero accettata la pace, Francesco I s’impadronì di Novara, Pavia, Magenta, Corbetta, Boffalora, accampandosi a Marignano (l’odierna Melegnano). Di nuovo prospettò a M. di dargli in moglie Luisa, figlia di Cesare Borgia, ed entrate per 40.000 scudi in Francia. Ma per un accordo senza combattere M. pretendeva pure «stado dotale in Franza». Respinta questa sua pretesa, la guerra continuò. Mosso da Milano, il 13 settembre Schiner attaccò animosamente, battendosi a capo degli Svizzeri in prima persona. L’assalto fu efficace, ma non altrettanto il successivo, dopo il ripiegamento notturno dei Francesi: le speranze di vittoria furono disdette dal fuoco dell’artiglieria, dalle abili manovre di Gian Giacomo Trivulzio, dal concorso delle truppe venete capeggiate da Bartolomeo d’Alviano. Gli Elvetici superstiti ripararono ordinatamente a Milano per poi – una volta rafforzato il presidio del castello di Porta Giovia – rimpatriare. In preda al panico, M. ora confidava che il fratello gli inviasse da Como altri svizzeri e che arrivasse in aiuto gente del papa.
Il 4 ott. 1515 s’arrese il castello. M., consigliato da Giovanni Gonzaga, fratello del marchese di Mantova Francesco II, e da Morone, si portò il 5 a Pavia, qui atteso dal re, cui baciò la mano: rinunciò definitivamente al Ducato in favore di Francesco I e accettò di risiedere da privato in Francia con l’assegno vitalizio di 36.000 scudi annui e nella speranza della porpora cardinalizia.
Una resa vergognosa per Schiner che, tenacemente fedele alla causa sforzesca, non desistette dall’agognare una qualche rivincita, puntando però su Francesco, che giudicava migliore di Massimiliano. M. «era una bestia», ricorderà, quando ormai era «preson in Franza», nel novembre 1516, il veneziano Andrea Trevisan. Curiosamente in un’arringa a palazzo ducale del novembre 1519 contro la riconferma dei capitoli del 1508 relativi agli ebrei, il patrizio veneziano Gabriel Moro citò il caso di M. che sarebbe stato cacciato dal Ducato proprio per aver favorito i giudei. Uno sproposito argomentativo senza fondamento, che però attesta l’assenza in M. d’animosità antiebraica.
L’8 ott. 1515 M. lasciò Milano, nella quale l’11 entrò trionfante Francesco I. Gli fu concessa la compagnia del gentiluomo pavese Gaspare Borroni e sino alla frontiera piemontese lo scortò Jacques II de Chabannes, signore di La Palisse, quindi, sino a Parigi, Aimery de Rochechouart, signore di Montemart. A tutta prima pare M. potesse avere un vescovato, ma non se ne fece nulla. Il 4 apr. 1522 il fratello Francesco fece il suo ingresso da duca in Milano festante. M., invece, in Francia subì gli effetti delle difficoltà militari di Francesco I: il 29 ott. 1523 l’ambasciatore veneto Giovanni Badoer informa che il re, sempre a corto di denaro, «ha disfato la sua credentiera […] per 24 mila ducati», nonché quella del duca Carlo di Borbone e quella di M., il quale, precisa Badoer, «tiene corte bellissima».
Quando Francesco I fu sconfitto a Pavia il 24 febbr. 1525 e cadde prigioniero, M. un po’ rientrò nei velleitari abbozzi di rivalsa improvvisati durante la reggenza di Luisa di Savoia. Da Lione, dove risiedeva quanto meno da aprile, nel luglio inviò al fratello un nunzio segreto a persuaderlo ad attivarsi in una lega antimperiale. Intanto in Francia gli si prospettarono benefici e il cardinalato. Se poi Francesco – cagionevole di salute – morrà, M. sarà di nuovo duca. Un’eventualità caldeggiata dalla reggente, non sgradita al papa, auspicata dai Grigioni, desiderata dai maggiorenti milanesi. In dicembre fu un gran parlare di preparativi bellici francesi e di una prossima venuta di M. in Italia con l’esercito di terra. Rimase invece a Lione, dove era la corte. Dall’inizio del 1526 sino a marzo era sempre data per imminente la sua andata in Svizzera per puntare di lì, con truppe elvetiche, su Milano. Ma erano solo chiacchiere: in aprile, fra gli arrestati per aver concepito il piano di deporre la reggente, figurava Pietro Francesco da Pontremoli «gubernator» di M. e in un capitolo della lega di Cognac, del 22 maggio, l’onere del mantenimento di M., sino allora gravante sul re, fu addossato sul fratello Francesco. L’illusione d’una reintegrazione svanì, sicché – in un colloquio con il re ad Angoulême di cui informa una lettera del 1° giugno del segretario veneto Andrea Rosso –, pur ricordando di essere lui il primogenito del Moro, s’accontenta d’aggiungere che, «se non li vien dato il stado, almen habbi la pension su quello et sia fatto dal papa cardinal». Ma, per quanto sollecitato almeno sino alla fine del 1528, il sospirato cappello cardinalizio non venne. Logorato dalla vana attesa, M., dal 1527 di nuovo a Parigi, s’incupì, divenne malinconico, depresso, sinanco aggredito da attacchi di follia.
E non poteva certo consolarlo che il fratello, nella sua impotenza operativa, andasse esclamando – come riporta una lettera da Lodi del 15 apr. 1529 dell’oratore veneziano Gabriele Venier – che, «non volendo darlo», il Ducato, «a mi», lo si dia «a mio fradelo», a Massimiliano. Ciò fu assolutamente escluso da Carlo V: stando ad avvisi del 28-29 giugno relativi al riappacificamento in corso con il pontefice, l’imperatore era deciso a punire Francesco Sforza; ma, in ogni caso, non voleva dare il Ducato a Massimiliano. Nel frattempo questi lamentava ristrettezze, dato che Francesco I aveva sospeso le provvisioni per disporre del denaro per il riscatto dei figli. S’aggiunse, nell’aprile 1530, la tortura d’un atroce male alle mani; ne soffrì pure a Fontainebleau, dove – modificando antecedenti sue volontà testamentarie a favore del fratello – istituì proprio erede universale Francesco I.
M. morì a Fontainebleau il 25 maggio 1530, dopo essersi confessato, comunicato e avere ricevuto l’estrema unzione.
Data la penuria di danaro dei suoi ultimi tempi, spettò al re – subito preoccupato di notificare al rappresentante sforzesco che, con il testamento M. gli lasciava il Ducato – l’onere delle esequie. Francesco I stanziò 3000 franchi perché si svolgessero con la pompa dovuta e altri 1000 per il sepolcro. Solenne, a Parigi, il 10 giugno il funerale: con il vescovo, i canonici di Notre-Dame, cavalli nerovestiti, 100 incappucciati, 24 arcieri, 24 sergenti, 5 altri vescovi, araldi e gran concorso di popolo. La salma, rinchiusa in una cassa di piombo, fu portata da 12 carmelitani sino alla chiesa dei Carmini. L’orazione funebre fu pronunciata, in francese, da un carmelitano, cui fu espressamente vietato di nominare M. come duca di Milano. La nuova della sua morte giunse a Milano il 4 giugno. Le esequie iniziarono il 20 a Cremona e durarono tre giorni per tutte le chiese della città, altrettanto le cerimonie a Milano nel duomo.
Fonti e Bibl.: B. Senarega, De rebus Genuensibus commentaria…, a cura di E. Pandiani, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIV, 8, pp. 152, 155-157, 159, 162, 164 s., 170; In praestanda oboedientia Leoni X pro Maximilianum Sfortiam ducem H. Moroni senatoris oratio, s.l. né d.; Documenti di storia italiana…, a cura di G. Molini, Firenze 1836-37, ad ind.; Correspondance de l’empereur Maximilien Ier et de Marguerite d’Autriche…, a cura di [A.-J.-G.] Le Glay, Paris 1839, ad ind.; Cronache milanesi scritte da G.P. Cagnola, G.A. Prato e G.M. Burigozzo, in Arch. stor. italiano, s. 1, 1842, t. 2, ad ind.; D. Barbaro, Storia veneziana dall’anno 1512 al 1515…, ibid., s. 1, 1844, t. 7, parte 2a, pp. 949-1137 ad ind.; G. Burigozzo, Cronica milanese dal 1500 al 1544, Milano 1851, pp. 8-10, 14 s., 17, 140; G. Morone, Ricordi inediti, a cura di T. Dandolo, Milano 1855, pp. 43-50, 62-69; A. Grumello, Cronaca dal 1467 al 1529…, a cura di G. Müller, Milano 1856, ad ind.; L. Da Porto, Lettere storiche, a cura di B. Bressan, Firenze 1857, ad ind.; G. Morone, Lettere latine… pubblicate sugli autografi, a cura di D. Promis - G. Müller, Torino 1863, ad ind.; Documenti che concernono la vita pubblica di Girolamo Morone, a cura di G. Müller, Torino 1865, ad ind.; Ambrogio da Paullo, Cronaca milanese dall’anno 1476 al 1515, a cura di A. Ceruti, Torino 1871, pp. 278-353 passim; M. Sanuto, I diarii, Venezia 1879-1903, II-V, VII, VIII, X, XIV-XXIV, XXVIII, XXXIII, XXXV, XXXVI, XXXVIII-XLII, XLIV, XLIX, L, LI, LIII, ad indices; I. d’Auton, Chroniques de Louis XII, a cura di R. Maulde de la Clavière, Paris 1889-95, ad ind.; Les registres Panigarola et le gridario général de l’Archivio di Stato de Milan pendant la domination française (1499-1513), a cura di L.-G. Pélissier, Paris 1897, pp. 71, 73, 131-136; Chants historiques français du seizième siècle, a cura di É. Picot, Paris 1903, pp. 15 s.; I Libri commemoriali della Repubblica di Venezia, VI, a cura di R. Predelli, Venezia 1904, ad ind.; Korrespondenzen und Akten zur Geschichte des Kardinals Matth. Schiner, a cura di A. Büchi, I-II, Basel 1920-25, ad ind.; B. Dovizi da Bibbiena, Epistolario, a cura di G.L. Moncallero, I, 1490-1513, Firenze 1955, pp. 514, 516; P. Bondioli, Documenti… sul card. M. Schiner, in Studi storici in memoria di mons. Angelo Mercati…, a cura di L. Donati, Milano 1956, pp. 80-83, 89-91; N. Machiavelli, Opere, a cura di S. Bertelli, Verona 1968-82, ad ind.; B. Corio, Storia di Milano, a cura di A. Morisi Guerra, Torino 1978, pp. 1622, 1628; F. Guicciardini, Storia d’Italia, a cura di E. Scarano, Torino 1981, ad ind. (s.v. Sforza, Massimiliano); Squarci d’archivio sforzesco, Como 1981, pp. 15, 105, 108, 112 s.; P. Giovio, Historiarum sui temporis, a cura di D. Visconti - T.C. Price Zimmermann, Roma 1985, ad ind.; Guerre in ottava rima, I-IV, Modena 1988-89, ad ind. (s.v. Sforza, Massimiliano); Carteggio degli oratori mantovani, a cura di F. Leverotti, XV, 1495-1498, a cura di A. Grati - A. Pacini, Roma 2003, pp. 30 n., 93 n., 96, 101, 106, 111, 124, 198; P. Giovio, Elogi degli uomini illustri, a cura di F. Minonzio, Torino 2006, pp. 849-852, 874; C. de’ Rosmini, Dell’istoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian-Jacopo Trivulzio…, Milano 1815, I, pp. 311, 446-504 passim; II, ibid. 1815, pp. 309-311; Id., Dell’istoria di Milano, Milano 1820, ad ind.; L. Sonzogno, Il castello di Milano. Cronaca di cinque secoli, Milano 1837, pp. 133-137, 153-157; G.E. Saltini, G. Morone…, in Arch. stor. italiano, s. 3, 1868, t. 8, parte 1a, pp. 70 s., 74 s., 101 s.; M. Formentini, Il Ducato di Milano. Studi storici documentati, Milano 1877, pp. 109, 116 s., 247-250, 276, 280-292, 323, 389-397, 607, 619 s., 654-660, 709 s., 730 s.; A. Portioli, La nascita di M. S., in Arch. stor. lombardo, IX (1882), pp. 325-331; C. Magenta, I Visconti e gli Sforza nel castello di Pavia…, I, Milano 1883, pp. 595-630 passim; II, ibid. 1883, pp. 485-497; H. Ulmann, Kaiser Maximilian I.…, Stuttgart 1884-91, ad ind.; C. Gioda, Girolamo Morone ai tempi di M. S., in Riv. stor. italiana, II (1885), pp. 1-37; A. Rusconi, M. S. e la battaglia dell’Ariotta…, in Arch. stor. lombardo, XII (1885), pp. 1-16; C. Gioda, Girolamo Morone e i suoi tempi, Torino 1887, passim; E. Verga, Delle concessioni fatte da M. S. alla città di Milano…, in Arch. stor. lombardo, XXI (1894), pp. 331-349; F. Calvi, Il castello visconteo-sforzesco nella storia di Milano, Milano 1894, pp. 142-169 passim; L. Beltrami, Il castello di Milano (Castrum Portae Jovis) sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, 1368-1535, Milano 1894, pp. 538-548; L.-G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498 - 23 juillet 1500): recherches dans les archives italiennes, II, Paris 1896, pp. 208-210; C. Magenta, La certosa di Pavia, Milano 1897, pp. 120 s.; C. Kohler, Les Suisses dans les guerres d’Italie de 1506 à 1512, Genève-Paris 1897, ad ind.; J.M. Cartwright, Beatrice d’Este duchess of Milan, 1475-1497, New York 1905, passim; Id., Baldassar Castiglione, the perfect courtier: his life and letters, 1478-1529, London 1908, ad ind.; G. Fischer, Die Schlacht bei Novara (6 Juni 1513), Berlin 1908, passim; H. Harkensee, Die Schalcht bei Marignano, Göttingen 1909, passim; G. Clausse, Les Sforza et les arts en Milanais: 1450-1530, Paris 1909, pp. 253-258; F. Malaguzzi Valeri, La corte di Ludovico il Moro, Milano 1913-23, ad ind. (s.v. Sforza, Ercole poi Massimiliano); L’Archivio Gonzaga di Mantova, I, a cura di P. Torelli, Ostiglia 1920, ad ind.; II, a cura di A. Luzio, Verona 1922, ad ind.; F. Ercole, Da Carlo VIII a Carlo V: la crisi della libertà italiana, Firenze 1932, ad ind.; A. Büchi, Kardinal Matthäus Schiner als Staatsmann und Kirchenfürst, Freiburg 1937, ad ind.; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, p. 23 n. 8; Novara e il suo territorio, Novara 1952, pp. 377-381; P. Pieri, Il Rinascimento e la crisi militare italiana, Torino 1952, pp. 501, 521, 566; Storia di Milano, Milano 1953-66, ad ind.; P. Prodi, Relazioni diplomatiche fra il Ducato di Milano e Roma sotto il duca M. S. (1512-1515), in Aevum, XXX (1956), pp. 437-494; Mantova, La storia, a cura di L. Mazzoldi, II, Mantova 1961, pp. 223-226, 228, 256, 262; G. Thürer - M. Zermatten, Marignan, tournant de notre histoire…, Zürich 1965, pp. 34, 40 s.; L. Cerioni, Gli uffici di Pavia durante il ducato di M. S., in Boll. della Soc. pavese di st. patria, n.s., XX-XXI (1968-69), pp. 203-216; R. Tisot, Ricerche sulla vita e sull’epistolario del cardinale Bernardo Cles (1485-1539), Trento 1969, ad ind.; G. Bologna, Libri per una educazione rinascimentale. Grammatica del Donato. Liber Iesus, Milano 1980; Gli Sforza a Milano e in Lombardia e i loro rapporti con gli Stati italiani ed europei, 1450-1535. Convegno internazionale… 1981, Milano 1982, pp. 183-185, 596; Milano e Borgogna: due Stati principeschi tra Medioevo e Rinascimento. Atti del Convegno, Milano… 1987, a cura di J.-M. Cauchies - G. Chittolini, Roma 1990, pp. 26, 31, 33; G. Bologna, La Trivulziana e le sue preziose raccolte, Milano 1990, pp. 22 s., 67 s.; L. Cappellozza, I libri del principe… M. S., in Libri e documenti, XVIII (1993), 2, pp. 29-41; P.L. Mulas, I libri per l’educazione di M., in Ludovicus Dux, a cura di L. Giordano, Vigevano 1995, pp. 58-63; C.M. Pyle, Milan and Lombardy in the Renaissance. Essays in cultural history, Roma 1997, ad ind.; A. Esch, I mercenari svizzeri in Italia. L’esperienza delle guerre milanesi (1510-1515) tratta da fonti bernesi, in Verbanus, XX (1999), pp. 217-305 passim; M. Ferrari, «Per non manchare in tuto del debito mio». L’educazione dei bambini Sforza nel Quattrocento, Milano 2000, ad ind.; M.C. Giannini, Note sulla dialettica politica nel Ducato di Milano…, in Arch. stor. lombardo, CXXVII (2001), pp. 48-50; Milano e Luigi XII. Ricerche sul primo dominio francese in Lombardia, 1499-1512, a cura di L. Arcangeli, Milano 2002, pp. 419, 759, 766, 782, 839, 842 s.; M. Pellegrini, Ascanio Maria Sforza: la parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, Roma 2002, pp. 419, 759, 766, 782, 839, 842, 849; Louis XII en Milanais. Guerre et politique, art et culture. Actes du LXIe Colloque international d’études humanistes… 1998, a cura di J. Guillaume - P. Contamine, Paris 2003, pp. 351 s., 360 n.; D. Le Fur, Marignan 13-14 septembre 1515, Paris 2004, ad ind.; S. Meschini, Luigi XII duca di Milano. Gli uomini e le istituzioni del primo dominio francese (1499-1512), Milano 2004, ad ind.; Id., La Francia nel Ducato di Milano. La politica di Luigi XII (1499-1512), Milano 2006, ad ind.; R. Sacchi, Intorno al perduto ritratto di Francesco II Sforza di Tiziano, in Il ritratto nell’Europa del Cinquecento. Atti del Convegno… 2002, a cura di A. Galli et al., Firenze 2007, pp. 72-74.