MASSIMINO DAZA (Galerius Valerius Maximinus)
Imperatore romano, figlio di una sorella di Galerio.
Non si conosce l'anno della sua nascita, ma, secondo le fonti (Lact., De mort. pers., xviii, lo chiama adulescentem) e a quanto mostrano le monete, doveva essere molto giovane, quando il 1° maggio 305 fu nominato Cesare. Ebbe da principio il governo della Siria e dell'Egitto con le zecche di Antiochia e di Alessandria. Nel 309 fu nominato Augusto da Galerio; alla morte di quest'ultimo, nel maggio 311, ottenne da Licinio tutte le province asiatiche. Entrato di nuovo in guerra con Licinio nel 313, fu da questi sconfitto in Tracia e rifugiatosi a Tarso in Cilicia si uccise.
Ben poco ci dicono le fonti circa l'immagine di M. D., salvo l'accenno sopracitato di Lattanzio. Lo stesso Lattanzio (De mort. pers., xliii) ci informa di statue erette da Massenzio a Massimino.
Riguardo alle monete occorre considerare quelle battute dalle zecche di Antiochia e di Alessandria e, dopo il maggio 311, anche dalle zecche di Cizico e Nicomedia. Inoltre il suo ritratto si può ritrovare anche sulle monete emesse nelle zecche di Galerio, a Eraclea di Tracia e Tessalonica, fino alla morte di Galerio stesso. L'effigie di M. D. è molto simile a quella di Galerio, per la parentela che esisteva tra i due. Però il primo si può riconoscere per l'età giovanile che dimostra anche da Augusto. Inoltre i tratti di M. sono più fini, più svelti; il naso è dritto e più sottile di quello di Galerio, il collo meno grosso; per il resto la stessa effigie un po' tozza di Galerio, con accentuata la struttura quadrangolare della testa, dove le linee della fronte e del cranio si incontrano quasi ad angolo retto; in complesso i tratti di M. hanno un'espressione meno brutale di quella di Galerio e sembrano accennare una maggiore scaltrezza.
Discussa è l'attribuzione a M. del busto in porfido da Athribis del museo del Cairo; la somiglianza con le effigi monetali di Licinio e l'età matura del personaggio rappresentato sembra debbano far preferire l'attribuzione al secondo (come proposto da alcuni studiosi: L'Orange, Delbrück); a M. D. si può forse riferire una testa in calcare dei Musei di Berlino, identificata come tale dal Delbrück.
Bibl.: Seeck, in Pauly-Wissowa, IV, 1901, c. 1986 ss., s. v. Daia; J. J. Bernoulli, Röm. Ik., II, 3, p. 206; R. Delbrück, Antike Porphyrwerke, Berlino 1933, pp. 92 ss., 122, 126; H. P. L'Orange, Studien zur Geschichte des spätantike Kaiserporträts, Oslo 1933, p. 22 ss.; id., Apotheosis in Ancient Portraiture, Oslo 1947, p. 112 ss. Monete: H. Cohen, Monn. Emp., VII, pp. 140 ss.; J. Maurice, Numismatique Constantinienne, I, pp. 65 ss.; G. Castelfranco, L'arte della moneta nel tardo Impero, in La Critica d'Arte, 1937, p. 14.