Girotti, Massimo
Attore cinematografico e teatrale, nato a Mogliano (Macerata) il 18 maggio 1918 e morto a Roma il 6 gennaio 2003. La prestanza fisica e il volto fotogenico contribuirono alla sua fortuna nel mondo dello spettacolo, dove dimostrò notevoli qualità drammatiche, sempre caratterizzate da una particolare misura. Interprete professionale ed eclettico, capace di passare con disinvoltura dal cinema commerciale al film d'autore, dalla fine degli anni Sessanta rivelò nuove risorse espressive lavorando con registi come Pier Paolo Pasolini e Bernardo Bertolucci. Nel 1949 era stato premiato con il Nastro d'argento come migliore attore protagonista per In nome della legge di Pietro Germi, mentre nel 2003 gli è stato assegnato, postumo, il David di Donatello per la sua ultima, intensa interpretazione in La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek.Campione di nuoto, studente di giurisprudenza a Roma, frequentò i corsi di dizione di T. Franchini e debuttò nel 1939 con una piccola parte in Dora Nelson di Mario Soldati. Grazie alla sue doti atletiche fu scelto da Alessandro Blasetti per il primo ruolo importante della sua carriera, quello di Arminio in La corona di ferro (1941). Durante la guerra interpretò spesso il personaggio del giovane di estrazione popolare, sincero e onesto (La famiglia Brambilla in vacanza, 1941, di Carl Boese; Harlem, 1943, di Carmine Gallone; Apparizione, 1943, di Jean de Limur), o dell'eroico combattente (Un pilota ritorna, 1942, di Roberto Rossellini). Nel 1943 Luchino Visconti lo volle in Ossessione, nel ruolo del vagabondo Gino, coinvolto dall'amante Giovanna (una perfetta Clara Calamai) in una cupa storia d'amore e di morte. Nell'immediato dopoguerra continuò a essere impiegato in ruoli di giovane dall'animo retto, diventando quasi il simbolo della nuova Italia democratica. Così, in Caccia tragica (1947), sotto la direzione dell'amico Giuseppe De Santis, interpretò l'onesto Michele, costretto a fronteggiare banditi ed ex fascisti. La figura del giovane in lotta per un'Italia migliore trovò tuttavia la sua incarnazione più riuscita nel personaggio del magistrato idealista che si batte contro la mafia nel film In nome della legge. Nel 1950 Michelangelo Antonioni gli affidò la parte di protagonista in Cronaca di un amore, chiamandolo a un insolito ma riuscito lavoro di scavo psicologico. Dopo ruoli di routine (l'atletico soldato romano in Spartaco ‒ Il gladiatore della Tracia, 1953, di Riccardo Freda, o il proletario in film di atmosfera neorealista come Persiane chiuse, 1951, di Luigi Comencini e Roma, ore 11, 1952, di De Santis), G. tornò a misurarsi con un personaggio complesso in Senso (1954) di Visconti, dove ebbe il ruolo, per lui inconsueto, di un aristocratico, il patriota Ussoni, che rese con vibrante partecipazione.Alla fine degli anni Cinquanta si aprì una lunga fase d'incertezza professionale, con molti film commerciali e periodi di inattività: solo in poche occasioni G. poté dimostrare di essere un attore maturo, pronto a ruoli nuovi (notevole la sua interpretazione del prete integro ma tormentato in Lettere di una novizia, 1960, di Alberto Lattuada). Le soddisfazioni più importanti gli vennero in quel periodo dal teatro, dove aveva già fatto numerose esperienze sin dal 1945, sotto la direzione di Blasetti, Visconti, L. Squarzina, O. Costa. In particolare si distinse, diretto nel 1951 da Squarzina, in Detective story di S. Kingsley, e nel personaggio di Trofimov in Il giardino dei ciliegi di A.P. Čechov, messo in scena da Visconti nel 1965. Nel 1968 Pasolini gli affidò il complesso ruolo del padre nel film Teorema: l'incontro con Pasolini (con il quale girò successivamente Medea, 1969, nella parte di Creonte) segnò l'avvio di una nuova stagione artistica e la nascita di un fecondo rapporto con il cinema d'autore. Anche se continuarono le sue numerose apparizioni in film corrivi, G. offrì pregevoli interpretazioni in produzioni di rilievo. Nel trio dei protagonisti di La coppia (1969) di Enzo Siciliano ebbe il ruolo decisivo dell'uomo maturo ma forte, pur se ambiguo nelle intenzioni e negli atti. In Ultimo tango a Parigi (1972) di Bertolucci fu l'amante della moglie di Paul, un personaggio stanco e disfatto che G. rese con grande finezza interpretativa. Nel 1976 lavorò di nuovo con Visconti nell'ultimo film del regista, L'innocente, dove è ancora, come in Senso, un aristocratico, mentre in Passione d'amore (1981) di Ettore Scola interpretò l'anziano colonnello padre di Fosca. Negli anni successivi apparve sempre più sporadicamente sugli schermi, impersonando con l'innata sobrietà figure eleganti di anziani (Rebus, 1989, di Massimo Guglielmi; Il mostro, 1994, di Roberto Benigni), fino all'ultima interpretazione in La finestra di fronte di Ozpetek.Era stato attivo anche in televisione, con numerose e incisive interpretazioni (in particolare negli sceneggiati, tratti da grandi classici, Cime tempestose, 1956, di Mario Landi, I promessi sposi, 1967, di Sandro Bolchi, nonché in Paura per Janet, 1963, di Daniele D'Anza).
Puck, Galleria. Massimo Girotti, in "Cinema", 1942, 80.
A. Ribera, E. Malatesta, Massimo Girotti, Milano 1942.
F. Virdia, Massimo Girotti, in "Maschere", 1957, 2.
M. Azzopardi, Massimo Girotti: un acteur aux cent visages, Paris 1998.