PILOTTI, Massimo.
– Nacque a Roma il 1° agosto 1879 da Giuseppe e da Francesca Gasti.
Di famiglia piemontese, si laureò in giurisprudenza all’Università di Roma nel 1900 ed entrò per concorso in magistratura nel maggio del 1901.
Uditore giudiziario a Roma (Corte d’appello, 1901-1902), fu destinato da aggiunto giudiziario a quel Tribunale (1903-1904). Fu quindi pretore a Bagnorea (Viterbo) e a Magliano Sabina (ora in provincia di Rieti), dal 1905 al 1906 e dal 1907 al 1913. Giudice dal 1909, nel 1914 tornò al Tribunale di Roma, per essere poi consigliere della Corte d’appello (1923) e della Corte di cassazione (1926). Nel 1930 fu designato, ma solo nominalmente, primo presidente della Corte d'appello di Trieste.
La sua carriera fu presto caratterizzata da impegni di livello internazionale. Grazie al suo maestro, Vittorio Scialoja, allora ministro degli Esteri, nel 1919 divenne capo della segreteria del Comitato per il commercio dei sudditi nemici e fu scelto come membro della delegazione italiana alla Conferenza di pace. Nel 1924, questa volta su indicazione di Antonio Salandra, fu nominato rappresentante dell’Italia come delegato supplente alla Società delle Nazioni (lettera Pilotti 26 ottobre 1944).
Partecipò a numerose conferenze internazionali: a quella di Spa e a quella finanziaria di Bruxelles del 1920, alla conferenza di Londra per le riparazioni (1924), a quella di Locarno (1925) e alla Conferenza per il disarmo (1932).
Nel 1920 era stato nominato componente del comitato di redazione della Conferenza degli ambasciatori e del Consiglio giuridico delle riparazioni di guerra, nonché presidente della Commissione arbitrale di Coblenza per la valutazione delle prestazioni ai sensi degli articoli 8 e 12 del cosiddetto Patto renano (il Trattato di garanzia reciproca tra Germania, Belgio, Francia, Gran Bretagna e Italia, 1925). Nel 1926 fu chiamato a far parte della Commissione per il contenzioso diplomatico nonché, l’anno successivo, nominato consigliere giuridico (jurisconsulte) del ministero degli Affari esteri.
Dal 1° luglio 1933 fu segretario generale aggiunto (era stato, dal 9 dicembre 1932, sottosegretario generale) della Società delle Nazioni, carica che ricoprì fino al 1937, quando l’Italia uscì dalla Lega. A favore della sua nomina si era espresso, nel 1932, il segretario generale, il britannico Eric Drummond che, stando a un appunto 'riservatissimo' del 2 novembre considerava Pilotti un’ottima scelta, avendo egli «perfetta conoscenza dell'ambiente». L’appunto aggiungeva: «il prestigio di cui gode tanto negli ambienti del Segretariato quanto presso i delegati stranieri che frequentano Ginevra, militano a favore di questa scelta non soltanto nell'interesse della Società delle Nazioni, ma anche del Governo italiano» (Archivio storico diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, Società delle nazioni 1920-1945, b. 11, f. 4A). Il 30 giugno 1933, quando Drummond fu sostituito dal francese Joseph Avenol, questi volle confermare Pilotti. Nei giorni della guerra etiopica fu Pilotti a guidare e coordinare l’azione della delegazione italiana per giungere all’approvazione del piano Laval-Hoare, che avrebbe dato di fatto «piena soddisfazione a Mussolini» evitando le sanzioni all’Italia (De Felice, 1996, p. 717 ss.), anche se il piano per diversi motivi fallì.
Dopo la revoca delle sanzioni economiche (1936), l’impegno di Pilotti si concentrò sul rientro nel consesso internazionale ma l’11 dicembre 1937 l'Italia dovette abbandonare definitivamente la Società delle Nazioni.
In quegli anni difficili, comunque, Pilotti – secondo la testimonianza di alcuni diplomatici italiani – fu «nel brain trust della Società delle Nazioni, il cervello che superava di gran lunga gli altri per preparazione, per scintillio, per acutezza; fornito di cultura eccezionale, con uno spiccatissimo senso giuridico, […] l’uomo che tutti i delegati andavano a consultare per averne un parere illuminato»: insomma, una «colonna maestra dell’istituzione» (Colli, 1989, p. 19).
Intanto la sua produzione scientifica si concentrava soprattutto sul diritto internazionale, con diversi contributi sui fondamenti della disciplina, tra i quali il corso tenuto presso l’Academie de droit international dell’Aja nel 1928, dedicato alle unioni di Stati (Les Unions d’Etats).
Chiusa l’esperienza ginevrina, Pilotti, pur restando nei ruoli della Giustizia, rimase a disposizione degli Esteri. Nell’aprile del 1941, dopo l’invasione della Jugoslavia, fu designato presidente della Corte suprema di Lubiana.
Nel 1944 fu nominato procuratore generale della Corte di cassazione; divenne anche presidente dell’Istituto internazionale per l’unificazione del diritto privato ed ebbe l’incarico di presiedere le commissioni di epurazione del ministero degli Esteri, del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dell’Avvocatura dello Stato. Tutte nomine conferitegli dal governo Bonomi.
L’ultimo incarico però durò poco (fino al 1° novembre 1944), in quanto Pilotti si dimise dalle commissioni di epurazione dopo un attacco da parte de Il Tempo (25 ottobre), che lo accusò, non solo di aver tratto benefici dal regime fascista, ma anche di aver «tramato» con gli alti funzionari sottoposti al processo di epurazione – tra cui Renato Prunas, allora segretario generale agli Esteri – per il loro proscioglimento in primo grado o, comunque per «ridurre al minimo» le sanzioni nei loro confronti (lettera Pilotti 26 ottobre 1944; Borzoni, pp. 439 s.).
L’incidente non arrestò la carriera di Pilotti, che nel settembre 1945 fu confermato in quel ruolo anche dal governo Parri. Dai verbali del Consiglio dei ministri emerge tuttavia sul magistrato un conflitto tra il ministro degli Esteri Alcide De Gasperi e il guardasigilli Palmiro Togliatti. Mentre per il primo Pilotti restava «uomo d’eccezione e giurista di fama internazionale», per l’altro era stato la persona «di fiducia del Governo fascista al momento della conquista dell’Etiopia e per lo scardinamento dell’organismo ginevrino»; «ottimo magistrato» – avrebbe aggiunto Ferruccio Parri – ma con la «pecca di non aver fatto carriera nella Magistratura» e di essere «troppo in vista come rappresentante del passato regime fascista» (Verbali del Consiglio… Governo Parri, 1995, pp. 460 ss.). Di lì a poco emersero clamorosamente le riserve di Pilotti nei confronti della Repubblica appena proclamata.
Dapprima in occasione del referendum costituzionale, quando nell’oggettiva incertezza relativa al conteggio dei voti, la Corte di Cassazione, chiamata il 10 giugno a proclamare i risultati, rinviò la dichiarazione lasciando il Paese in una rischiosa situazione. Il ritardo fu dovuto alla renitenza di Pilotti, che in camera di consiglio sostenne la tesi monarchica del conteggio totale e che, «profittando della debolezza del primo presidente», Giuseppe Pagano, coniò la formula dilatoria (Gualtieri, 2007, pp. 101-103). Fu necessario rigettare la proposta di Pilotti perché il 18 sopravvenisse finalmente la comunicazione ufficiale dei risultati.
Nel gennaio 1947, nel corso della solenne cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario alla presenza del capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il discorso ufficiale di Pilotti fu totalmente privo di riferimenti al nuovo ordinamento repubblicano. Il riverbero dell’episodio anche in Assemblea costituente indusse, nel 1948, il governo a rimuovere Pilotti dall’incarico, nominandolo però (con il suo accordo) presidente del Tribunale delle acque (carica elevata appositamente al secondo grado, pari a quella di procuratore generale).
Dopo essere stato collocato a riposo, nel 1949 fu nominato arbitro italiano alla Corte permanente di arbitrato dell'Aja su proposta del governo De Gasperi. Infine, nel 1952, fu presidente, in rappresentanza dell’Italia, della Corte di giustizia della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), nomina dovuta al suo curriculum ma anche alla stima di cui ancora godeva in ambito governativo (V governo De Gasperi); anche il suo passato alla Società delle Nazioni giocò probabilmente un ruolo, essendo stato Jean Monnet, presidente dell’Alta autorità, segretario generale aggiunto (dal 1920 al 1923) dell’organo internazionale. Nel nuovo ruolo Pilotti fece valere la sua esperienza, anche se la Corte svolse di fatto una funzione limitata. Pilotti fu, inoltre, nella Commissione dei quattro presidenti (Alta autorità, Assemblea comune, Consiglio speciale dei ministri, Corte di giustizia), che ebbe compiti amministrativi e finanziari legati alla definizione dello statuto del personale della CECA e all’approvazione del suo bilancio.
In un saggio uscito nel 1957 avrebbe poi ricostruito l’evoluzione della giustizia internazionale e dei suoi organi, sottolineando come il Trattato istitutivo della CECA si presentasse non solo come un accordo internazionale stipulato dai sei Stati per la disciplina unitaria di un comune mercato carbo-siderurgico, ma costituisse «l’ordinamento giuridico interno di una unione internazionale provvista di personalità giuridica distinta da quella dei singoli Stati» che la componevano. In questo senso la Corte di giustizia presentava una congerie di funzioni giurisdizionali di vastissime proporzioni: da quelle in merito all’applicazione del Trattato, a competenze costituzionali, di giustizia amministrativa (sul «modello del Consiglio di Stato francese in sede contenziosa») e contrattuale (Pilotti, 1957a, pp. 225-230).
Con il Trattato di Roma del 1957 la Corte di giustizia fu sostituita, nel 1958, dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, e Pilotti non fu confermato nel nuovo organo.
Morì a Roma il 29 aprile 1962.
Opere. Les Unions d’Etats. Extrait du recueil des cours, Paris 1929; L’amministrazione della giustizia e la riforma costituzionale (Discorso per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 1947), Roma 1947; Intorno alla giustizia internazionale, in Scritti di diritto internazionale in onore di Tomaso Perassi, Milano 1957, pp. 213-230; Le recours des particuliers devant les jurisdictions internationals, in Grundprobleme des internationalen Rechts, Bonn 1957, pp. 355-362.
Fonti e Bibl.: Roma, Ministero degli affari esteri, Archivio storico-diplomatico, Società delle nazioni (1920-1945), b. 11, f. 4, 4A; Gabinetto del Ministro e Segreteria generale 1923-1943, 566 (Gab 249), 568 (251), 569 (252); Gabinetto De Gasperi-Segni, Epurazione, b. 4 (lettera di Pilotti del 26 ottobre 1944); Roma, Fondazione Istituto Gramsci, Fondo Palmiro Togliatti, Carte Botteghe Oscure, Attività istituzionale, 13 (Proclamazione della Repubblica, questione Brigante, 29 giugno 1946); Firenze, Archivi storici dell’Unione europea, Archives générales (historiques et courantes), CCE, CEAB1, n. 348, CEAB14, nn. 4, 8,10 e ad vocem; A. Malintoppi, Necrologio. M. P., in Rivista di diritto internazionale, (1962), vol. 45, pp. 240-243; Notice biographique, in M. Pilotti, Les Unions des États, extrait du recueil des cours, Paris 1929; Verbali del Consiglio dei ministri: luglio 1943-maggio 1948. Edizione critica, V, Governo Parri: 21 giugno 1944-10 dicembre 1945, 1, Roma 1995, pp. 460 ss.; VIII, Governo De Gasperi: 2 febbraio-31 maggio 1947, Roma 1997, pp. 107 s., 717.
Chi è? Dizionario biografico degli italiani d’oggi, Roma 1931 (Roma 1948); M. Bracci, Storia di una settimana (7-12 giugno 1946), in Il Ponte, 1946, n. 7-8, pp. 559-614; M. P., in Enciclopedia italiana, Roma 1949, Appendice, ad vocem; G. Colli, Pagine di una storia privata, Roma 1989, pp.18-20 (in Rassegna dei magistrati, 1962, p. 231); Udienze solenni 1959-1963 (pubblicazione interna della Corte di Giustizia delle Comunità europee), 1963, ad vocem; R. De Felice, Mussolini il duce. Gli anni del consenso 1929-1936, Torino 1996, pp. 597-757; P. Mathjesen, Le Debut. La Cour CECA, in La Cour de justice des Communautes Europeennes 1952-2002: bilan et perspectives. Actes de la conference organisee dans le cadre du cinquantieme anniversaire de la Cour de justice, Bruxelles 2004, pp. 3-9; G. Borzoni, Renato Prunas diplomatico (1892-1951), Soveria Mannelli 2005; R. Gualtieri, La nascita della repubblica. Dibattito politico e transizione istituzionale (1943-1946), in 1945-1946. Le origini della Repubblica, a cura di G. Monina, II, Soveria Mannelli 2007, pp. 101-103; F. Longo, Quando i magistrati erano 'apolitici'. Note sul 'caso Pilotti', in Questione Giustizia, 2011, n. 6, pp. 157-178; A. Meniconi, Storia della magistratura italiana, Bologna 2013, pp. 269-272; L. Crema, P., M., in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), a cura di I. Birocchi et al., II, Bologna 2014, pp. 1590-1591; http: //curia.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_9606/?hlText=Pilotti (5 gennaio 2015).