MASI, Massimo Teofilo
– Nacque a Firenze il 23 febbr. 1509 da Bernardo e da Maddalena di Leonardo d’Ambrogio, sua seconda moglie. Bernardo, calderaio, era imparentato con la casata nobiliare dei Masi, che aveva ricoperto nella Repubblica di Firenze un ruolo importante.
Il M. risulta come «D. Maximus de Florentia» oppure «Massimo Teofilo (Theofilo) fiorentino» nei documenti genealogici della famiglia e nelle intestazioni delle opere. Non è però da accantonare la variante Leonardo, nome col quale è menzionato nelle Ricordanze del fratellastro Bartolomeo, anch’egli calderaio, opera che si ferma al novembre del 1526.
Il 28 ott. 1527, dopo la morte del padre (avvenuta il 28 luglio 1526), il M. emise la professione di fede nella badia fiorentina e divenne monaco benedettino cassinese. Il cursus degli studi seguiti comprese la conoscenza del greco, del latino e della lingua ebraica, le tre lingue e culture dei teologi e filologi del Cinquecento, accanto alla lettura di Cicerone, Orazio, Ovidio, e l’appropriarsi di un genere letterario tipico della tradizione umanistica: l’epistola, che il M. usa per discutere con i confratelli problemi teologici oppure relativi alla cultura classica. Le lettere che si snodano negli anni 1544-50, pur nel loro carattere colloquiale e per lo più prive di una datazione, documentano questo aspetto della sua vita culturale e una sensibilità religiosa in trasformazione. Fra i destinatari compare il monaco Denis Faucher, cui il M. inviò da Milano due lettere, rispettivamente il 1° maggio e il 1° giugno 1544. Risulta così che, nel soggiorno ambrosiano, il M. continuò lo studio dei classici. Sempre da Milano, nel maggio 1548, scrisse a Faucher, ormai amico, e appena eletto abate a Lérins, con una sensibilità cara all’Erasmo del Dulce bellum inexpertis, alludendo al piacere di dedicarsi alle Sacre Scritture, che anche quanti non padroneggiano il latino e il greco dovrebbero poter conoscere.
Gli anni della corrispondenza con Faucher coincidono con l’ascesa editoriale di Pietro Perna a Strasburgo e Basilea, da dove diffondeva libri di autori riformati a Venezia e Bergamo. È probabile che il M. fosse già in contatto con questa rete editoriale mentre iniziava la traduzione del Nuovo Testamento, proseguita fra il 1548 e il 1550 nel monastero di S. Giovanni Evangelista a Parma, di cui divenne priore.
Le opere del M. si possono enumerare proprio a partire dal 1550. Innanzitutto Il Nuovo ed eterno Testamento di Giesù Christo nuovamente da l’original fonte greca, con ogni diligenza in toscana tradotto (Lione, J. Frellon, 1551), di cui Perna fu promotore. Un falcone incappucciato posato su una mano ricoperta da un guanto ne costituisce l’emblema con il versetto della Bibbia «Post tenebras spero lucem». L’itinerario delle nuove edizioni trasporta l’opera del M. nel mondo di Giovanni Calvino: l’edizione del 1556 (Lione, S. Honorat) reca la prefazione di Calvino, riproposta nelle edizioni successive fino al 1598. Nel 1559 l’opera fu posta da Paolo IV nell’Indice dei libri proibiti; nello stesso anno fu ricordata da P.P. Vergerio (Postremus catalogus…) e nel 1560 nel processo a Girolamo Donzellini. L’opera è accompagnata da una lettera dedicatoria a Francesco de’ Medici. Epistola analoga si trova nell’opera Oecumenii Graeci… in omnes s. Pauli Epistolas… commentarii, a cura del M. (Basilea, M. Isengrin, 1553), in Arethas, In D. Joannis Apocalypsim compendiaria explanatio (ibid., Id., 1552) e in Joannes Chrisostomus, In omnes Pauli Epistolas absoluti commentarii (ibid., Id., 1554). Contemporanee al Testamento sono Le semenze de l’intelligenza del Nuovo Testamento, che formano il repertorio di parole essenziali alla lettura e comprensione del Nuovo Testamento, e l’Apologia overo Difesa sopra la sua tradozzione del Nuovo Testamento in volgare e di tutte l’altre Sacrosante Scritture volgarezate (entrambe Lione, J. Frellon, 1551; un’altra variante: L’intelligenza di alcuni vocaboli sparsi per el Nuovo Testamento nuovamente poste in luce, con una Apologia del medesimo, Lione, B. Honorat, 1565). L’Apologia si conclude con un riferimento alla superiorità della lingua di Firenze rispetto a quella di Roma; del toscano, il M. si propone come uno dei «moderni» esperti, citando Ovidio e Cicerone, ma con l’influenza del Principe di N. Machiavelli e di L.B. Alberti. Afferma inoltre quanto importante fosse pure per i «minimi artefici» (gli artigiani) possedere un testo per una lettura quotidiana. Queste opere sono state interpretate nell’ambito del mondo di Heinrich Bullinger e Antonio Brucioli; vi sono stati rintracciati elementi provenienti da Calvino e risonanze erasmiane; sono state poste a confronto con Le dotte e pie parafrasi di Gian Francesco Virginio (Lione 1551) e ricondotte alla vita di un gruppo veneziano del quale nel 1551 il M. entrò a far parte con Zuane de Honestis, Lucio Paolo Rosello e Cornelio Donzellini. Ma, in definitiva, le opere del M. partecipano alla religio Helvetica capeggiata da Bullinger e aperta ai principali movimenti riformati europei. Inoltre mettono in risalto l’importanza delle tipografie riformate di Lione, con la figura del promotore di traduzioni Pietro Perna, il ruolo tipografico di Jean Frellon, accanto alle figure di Philibert Rollet e Guillaume Rouillé; il Nuovo Testamento fu invece ristampato nel 1556, 1558, 1585 senza il nome dell’autore. Tra il 1548 e il 1550 sarebbero comparse le Theophili Institutiones, segnalate nella Bibliotheca instituta et collecta di K. Gessner (Zurigo 1583, p. 163), testo del M. importante per comprendere il suo avvicinamento alla Ginevra di Calvino.
Dal 1550 la biografia del M. segue il percorso delle opere. Dopo avere forse soggiornato nel 1556 alla badia fiorentina, quell’anno fu a Subiaco, in qualità di abate, quindi a Mantova presso la badia di S. Benedetto al Polirone; divenne abate della badia di Firenze nel 1557-58, ricoprendo l’incarico lasciato dall’abate Iacopo di Bartolomeo Dei. Fu processato dall’Inquisizione romana e assolto dall’accusa di eresia per opera dei confratelli Stefano Cattaneo e Ilario da Genova; il processo pose termine alla sua attività di traduttore ed editore di testi paolini e neotestamentari. Nel 1574 risulta essere alle Campore in Liguria, malato ma in rapporti con la corte Farnese di Parma, dove il nipote Cosimo era segretario di Alessandro.
Il M. morì a Piacenza nel monastero di S. Sisto nel 1587: è probabile che sia sepolto nella chiesa di S. Giovanni Evangelista a Parma.
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