matematica finanziaria
Branca della matematica che si pone fra la m. applicata e la teoria della finanza (➔ finanza p).
Fino alla prima metà del 20° sec., la m. f. si occupò prevalentemente delle applicazioni della m. alla finanza in ambito certo, lasciando alla m. attuariale (➔) l’analisi delle situazioni aleatorie, riguardanti perlopiù questioni assicurative. Gli argomenti trattati includevano: le operazioni f. elementari di prestito (capitalizzazione) e di sconto; lo studio delle leggi e dei regimi f. principali (regime dell’interesse semplice, dell’interesse composto, esponenziale, dello sconto commerciale, dello sconto razionale) e delle loro proprietà; le operazioni f. complesse, con particolare riguardo alle operazioni di rendita e al calcolo dei rispettivi montanti e valori attuali; gli ammortamenti dei debiti; le problematiche riguardanti emissioni obbligazionarie; la valutazione di progetti di investimento mediante i criteri del valore attuale netto (➔ valore attuale) e del tasso interno di rendimento (➔).
Il campo d’azione della m. f. si ampliò notevolmente a partire dalla metà del 20° sec., sia nei contenuti sia negli strumenti di analisi, per effetto del riconoscimento del ruolo centrale dell’incertezza (➔) in tutti gli aspetti economici e finanziari. Pionieri di questa impostazione furono, in modo indipendente, B. de Finetti (➔) e H. Markowitz (➔), con l’introduzione di metodologie di analisi integrata di rendimento e rischiosità di portafogli, rispettivamente assicurativi e finanziari. L’analisi di Markowitz si giovò di raffinate tecniche di ottimizzazione vincolata (➔ Kuhn-Tucker, condizioni di), che ebbero da allora un ruolo sempre più significativo nella matematica finanziaria. Nel giro di pochi anni, la teoria di Markowitz divenne la base microeconomica di un ragionamento più articolato sugli equilibri macro dei mercati finanziari e sul collegamento fra rendimento atteso e rischiosità delle attività finanziarie. Ciò permise di scoprire nuove misure di rischiosità (il coefficiente beta) di attività f. singole e di portafogli e di inserire nel discorso riflessioni sul ruolo della correlazione fra titoli nella valutazione della rischiosità di portafogli; consentì inoltre di definire con precisione e misurare il prezzo di equilibrio del rischio. Il passaggio dalla m. f. classica in ambiente non rischioso (in cui conta esclusivamente il tasso di interesse come prezzo del tempo) alla m. f. moderna (in cui al prezzo del tempo si somma il prezzo del rischio) era compiuto.
Passi avanti ulteriori furono determinati dall’applicazione di strumenti di calcolo sempre più sofisticati in una cornice in cui si passava da modelli di ottimizzazione statica (uniperiodale) all’ottimizzazione dinamica aleatoria in tempo continuo. Pioniere degli avanzamenti in questa direzione, con l’applicazione di principi di ottimizzazione dinamica aleatoria, che fondevano il principio di ottimalità di R.E. Bellman (➔) e il calcolo stocastico di K. Itō (➔), fu, negli anni 1970, R. Merton (➔), premio Nobel dell’economia.
La consuetudine a trattare i problemi aleatori in un ambiente continuo fu la spinta per modellare il mercato finanziario (o un suo segmento) come un processo stocastico multidimensionale adattato all’informazione generata da una opportuna filtrazione (➔). Il rifiuto di situazioni che consentivano arbitraggi non rischiosi, ossia extrarendimenti (rispetto al tasso di interesse risk free) in assenza di rischio, permise di imporre condizioni stringenti all’evoluzione aleatoria dei prezzi e diede vita a un altro formidabile avanzamento teorico, dovuto allo stesso Merton e a F. Black e M. Scholes (➔ Black-Scholes, formula di): il prezzo per assenza di arbitraggio (arbitrage free pricing) di attività derivate (in particolare di opzioni put e call europee, ➔ put option; call option). Esso era ottenuto imponendo che un’attività localmente replicabile da una combinazione (portafoglio) di due o più altre (nel senso che localmente, qualunque sia l’informazione che arriva, abbia lo stesso rendimento del portafoglio), deve condividere con il portafoglio replicante anche il prezzo.
Fu l’inizio di una inarrestabile valanga di variazioni teoriche sul tema e anche di applicazioni pratiche sempre più sofisticate. Fra i contributi teorici vanno segnalate la teoria delle trasformazioni di misura e l’applicazione di processi aleatori a traiettorie non continue (con componenti di salto). La teoria delle trasformazioni ha riconciliato l’eleganza e la maneggevolezza computazionale del criterio di valutazione del valore medio (speranza matematica) con la realistica presa d’atto che in un mondo di soggetti avversi al rischio questo va rimunerato in eccesso rispetto al prezzo del tempo. Sotto certe condizioni è possibile operare sullo spazio di probabilità in modo tale da trasformare il mondo reale in un mondo virtuale (detto neutrale al rischio) nel quale tutte le attività seguono processi aleatori di submartingala finanziaria (➔ martingala), il cui rendimento atteso cioè è pari a quello dell’attività non rischiosa e il cui prezzo corrente è dunque il valore attuale atteso del prezzo futuro.
La capacità della tecnologia f. di definire regole semplici (anche se basate su tecnologie estremamente sofisticate) e apparentemente irrefutabili di calcolo dei prezzi delle attività f. più complicate e cervellotiche ha consentito di ampliare i mercati f., coinvolgendo una massa sempre più ampia di risparmiatori, incoraggiati da questa pretesa oggettività. La crisi del 2007-08 ha dimostrato che molti di questi calcoli erano basati su ipotesi eroiche o sottovalutavano gravemente la probabilità di eventi estremi o la possibilità di errori nelle stime dei dati o nel modello utilizzato per i prezzamenti. Ne sono derivate conseguenze disastrose non solo per singoli o gruppi ristretti di investitori, ma anche per istituzioni finanziarie ritenute solidissime e addirittura con inquietanti prospettive di contagio di intere economie, attraverso il canale della sfiducia nella solidità del sistema finanziario. Non è esagerato dire che la moderna m. f. svolge all’inizio del 21° sec. il ruolo che la fisica nucleare ebbe nella prima metà del secolo precedente.