matematica
L’enorme sviluppo del sapere in campo matematico dall’antichità sino ai nostri giorni non consente più di accettare, per tale disciplina, la definizione di «scienza razionale dei numeri e delle misure», né di accogliere l’identificazione medioevale con le discipline del quadrivio (aritmetica; musica; geometria; astronomia), e neppure di ritenere soddisfacenti molte moderne definizioni sintetiche di tipo logico-formale. Il paragone di H. Weyl tra la m. novecentesca e il delta del Nilo, le cui acque si estendono in tutte le direzioni, chiarisce infatti in modo intuitivo perché ormai più correttamente si debba parlare di matematiche, piuttosto che di matematica.
Sebbene già nella cultura delle civiltà pre-elleniche del Medio Oriente siano presenti tracce di speculazioni matematiche (soprattutto aritmetiche e geometriche) legate a soluzioni di problemi agricoli e commerciali, fu solo con la elaborazione greca di tali nozioni che le m. hanno avuto un loro sviluppo come scienze, svincolato dall’applicabilità pratica. Nell’antica Grecia molti problemi empirici trovarono una loro analisi generalizzata, molti nuovi problemi e soluzioni si inserirono in un contesto teorico adatto, e si impose una sistemazione razionale dei risultati raggiunti. Si pensi, per es., alle ricerche della scuola pitagorica; alle indagini di Ippocrate di Chio (studi su quadrature e duplicazioni), di Eudosso di Cnido (teoria delle proporzioni), di Teeteto (studi sui poliedri regolari); agli studi dei grandi matematici alessandrini quali Eratostene (studi astronomici e sui numeri primi); Euclide (sistematore della geometria e aritmetica elementare), Archimede (studi sulle curve e superfici), Apollonio (studi sulle coniche); agli studi trigonometrici di Tolomeo; all’aritmetica di Diofanto, ecc. A questa grande attività matematica si unirono i grandi studi indiani (di Āryabhata; Brahmagupta; Bhāskara Acārya) e arabi (per es., di al-Khuwārizmī) sui calcoli numerici e sull’algebra. Tali ricerche indiane e arabe segnarono profondamente gli sviluppi delle m.: basti pensare, per es., agli studi di L. Fibonacci sulla numerazione posizionale e sulle trattazioni algebriche delle equazioni di 1° e 2° grado; o agli studi di S. del Ferro, N. Tartaglia, Cardano, L. Ferrari sulle equazioni di 3° e 4° grado. Nel 17° e 18° sec. le m., grazie a studiosi come Descartes, F. Viète, P. Fermat, Leibniz, Newton, L. Eulero, G.L. Lagrange, si arricchirono degli strumenti della geometria analitica e dell’analisi infinitesimale. Lo sviluppo, infine, degli studi fondazionali in geometria e più in generale degli studi logico-matematici; della teoria degli insiemi; della teoria delle categorie; della teoria della misura e dell’integrazione; dell’algebra astratta; della topologia degli insiemi di punti; dell’analisi funzionale; della topologia algebrica; della geometria algebrica; della teoria dei numeri; della teoria dei giochi, ecc. danno intuitivamente la dimensione (sia nel loro sviluppo puro che in quello applicativo all’informatica, economia, biologia, ecc.) della complessità e ricchezza di metodi e problemi delle ricerche matematiche contemporanee.
In stretta connessione con gli sviluppi delle m. sopra descritti, anche le riflessioni filosofiche su queste hanno subito nel tempo modificazioni. Sia nell’indagine platonica sia in quella aristotelica si ritrova, per es., l’idea di una m. come scienza delle quantità e della misura. Platone nella Repubblica descriveva la m. come avente per oggetto le grandezze ideali; e Aristotele, nella Metafisica e nella Fisica, identificava il lavoro matematico con quello della costruzione di una teoria per mezzo dell’astrazione, che prescinde dalle qualità sensibili e si limita a considerare la quantità e la continuità. Quest’antica idea, pur permeando le riflessioni filosofiche sino al 19° sec. (quando apparve fortemente riduttiva per esprimere tutti gli aspetti dell’indagine matematica), si è raffinata di pari passo con gli ulteriori sviluppi delle m.; un esempio in proposito è fornito dalle complesse riflessioni sulle m. elaborate nella scuola platonica e aristotelica con riferimento alla logica della scoperta e della giustificazione in m.; ulteriore esempio è lo sviluppo, tra Seicento e Ottocento, dell’idea di m. come scienza delle relazioni legata alla logica (così in Descartes, Leibniz, G. Boole, Frege), una definizione questa che lascia percepire fortemente l’eco degli studi algebrici e logici coevi. Un analogo discorso può essere fatto per gli sviluppi delle m. del tardo 19° sec. e primo 20° sec., che stimolarono riflessioni e definizioni delle m. come quelle proposte dal logicismo, dal formalismo e dall’intuizionismo (➔). In generale, dunque, la complessità delle m. nel loro sviluppo storico-critico ha messo in evidenza, principalmente nelle riflessioni contemporanee, come il termine denoti un sapere costituito da una doppia natura: una dinamica (sistema aperto) e una statica (sistema chiuso). Da un lato, infatti, le m. hanno una natura dinamica in ragione della quale le loro ricerche hanno un aspetto empirico (per tentativi ed errori), che coinvolgono molte facoltà oltre a quella logico-deduttiva; dall’altro lato, le m. si pongono come un sapere volto a stabilire relazioni necessarie, nessi logici, tra le proprietà di oggetti di un universo astratto, e, proprio in forza della necessità dei nessi, le m. si configurano come un sapere ipotetico-deduttivo.