Materia e memoria: saggio sulla relazione tra il corpo e lo spirito (Matiere et memoire: essai sur la relation du corps a l'esprit)
(Matière et mémoire: essai sur la relation du corps à l’esprit) Opera (1896) di H. Bergson, rivista e accresciuta fino al 1911, anno della 7a edizione. Partendo dagli studi precedenti sul tempo (Essai sur les données immédiates de la conscience, 1889; trad. it. Saggio sui dati immediati della coscienza), Bergson affronta il problema della relazione fra materia e pensiero, aggiornando il classico problema del dualismo mente/corpo. L’analisi bergsoniana è incentrata sulla ‘percezione’ intesa alla luce del concetto di ‘immagine’, che rende possibile rimodulare la relazione fra corpo e spirito senza incorrere negli opposti errori dell’idealismo, esemplato nell’immaterialismo di Berkeley, che nega l’esistenza delle cose, e del realismo, che riconduce lo spirito, e dunque la coscienza e il pensiero, alla fisiologia dei processi psicologico-cerebrali. L’immagine, situata a metà strada fra la ‘cosa’ e la ‘rappresentazione’, è «più di ciò che l’idealista chiama rappresentazione, ma meno di ciò che il realista chiama cosa» (Prefazione, 7a ed.). L’oggetto è un’immagine, ma è un’«immagine che esiste in sé», che ha, per il senso comune, un’esistenza indipendente da quella del soggetto che la percepisce. In tal senso si può parlare del proprio corpo come di una sorgente di azione che è in grado di mutare l’ordine con cui le altre immagini si dispongono; ‘materia’ è allora l’insieme delle immagini, mentre ‘percezione della materia’ sono «queste stesse immagini, riferite all’azione possibile di una certa immagine determinata, il mio corpo». La percezione esprime le relazioni fra un vivente e l’ambiente, e il suo orizzonte è limitato proprio per questo. Non si ha mai, infatti, la percezione di ‘tutte’ le immagini, ma una selezione di queste orientata secondo una finalità di ordine pratico, non teoretico o conoscitivo (I). La ‘percezione’ implica una ‘memoria’, in quanto essa è intrinsecamente legata a una ‘durata’, e in tal senso non può essere ricondotta a processi psicologici o cerebrali (Bergson nega che, propriamente, si dia una fisiologia del ricordo). La presunta soggettività delle qualità sensibili è dovuta proprio alla memoria, e la memoria implica una soggettività (II). La scienza consiste nel mantenimento di nessi costanti entro un sistema di immagini, commettendo però l’errore di isolare teoreticamente qualcosa che costantemente varia con il variare dell’immagine del corpo. Accanto alla memoria ‘meccanica’, riconducibile all’abitudine del corpo, vi è infatti una memoria ‘pura’ che conserva il passato come un tutto, grazie alla ‘durata’. La divisione fra anima e corpo (come i problemi relativi «al soggetto e all’oggetto e alla loro distinzione e alla loro unione», I) si modula secondo la temporalità, nella quale la memoria (come durata) rinvia a un’autonomia dello spirito, il quale agisce di riflesso sul corpo sotto la forma del movimento. Tale movimento, nel quale il cervello ricopre il ruolo di mediatore fra sensibilità e movimento, nasce dalla «solidarietà fra passato e presente», è orientato verso la finalità dell’azione ed è impresso sotto il segno della libertà (IV).