MATERIA (dal lat. materia o materies "legname, materia"; gr. ὕλη; fr. matière; sp. materia; ted. Materie; ingl. matter)
Fisica. - Il concetto di materia (nel senso fisico) è di quelli che è difficile racchiudere in una formula di definizione rigorosa: a precisarne i limiti e il contenuto gioverà, più di ogni definizione formale, una breve discussione del modo come in ciascuno di noi sorge empiricamente tale idea, e dei ritocchi che al concetto volgare devono essere apportati per dargli precisione scientifica.
L'idea di materia ci proviene anzitutto dalla comune osservazione dei corpi solidi e liquidi che si vedono e si toccano, oppongono una certa resistenza ai nostri sforzi muscolari, conservano un'approssimativa invarianza di volume, sono inerti e pesanti: da queste proprietà comuni, con l'astrazione dalle varie proprietà particolari dei singoli corpi (forma, colore, ecc.) si forma in noi il concetto empirico di "materia", di cui è nota caratteristica il resistere ai nostri sforzi e impressionare i nostri sensi. In seguito, con lo sviluppo dell'osservazione e con l'ampliarsi della cultura, questo concetto si estende e si affina. Si riconosce infatti l'opportunità d'includervi anche gli aeriformi, poiché, sebbene impalpabili e per la maggior parte invisibili, sono dotati di alcune proprietà comuni con i corpi solidi e liquidi, per es., il peso, e sono capaci di tramutarsi in questi, e viceversa: così si rileva che le caratteristiche di visibilità e consistenza sono assai meno essenziali e permanenti che quella di peso. In tal modo al concetto primitivo della materia che si vede e si tocca subentra un concetto più lato, in cui sono note essenziali il peso e la permanenza attraverso varie trasformazioni. Questo concetto viene poi ulteriormente precisato in uno stadio più elevato di cultura scientifica. Anzitutto si osserva che il peso è una proprietà dei corpi dipendente dalla presenza della Terra, mentre l'inerzia (misurata dalla massa) è una proprietà intrinseca, che i corpi conservano anche se portati negli spazî celesti: conviene perciò considerare l'inerzia, a preferenza del peso, come nota essenziale del concetto di materia (sebbene in pratica, finché si resta alla superficie terrestre, si possa considerare la massa misurata dal peso). In secondo luogo, la legge sperimentale della conservazione delle masse, verificata con grandissima precisione in ogni reazione chimica o cambiamento di stato fisico, convalida la nozione intuitiva che ci fa considerare la materia come qualcosa di permanente nel tempo, e permette d'affermare che "la materia non si crea e non si distrugge". Vedremo in ultimo altri ritocchi da apportare a questo concetto secondo la fisica moderna.
Per quanto riguarda lo sviluppo del concetto di materia attraverso i tempi, esso ha avuto successivamente significati più ampî e più ristretti, in genere vagamente delimitati, e solo recentemente ha raggiunto i limiti attuali (per es., il calore era considerato materia fino quasi alla metà del secolo scorso). D'altra parte, non è possibile scindere la storia di questo concetto fisico da quella del concetto filosofico di materia (v. appresso). Trattandosi qui l'aspetto fisico della nozione di materia, ci limiteremo a rilevare l'origine di tale concetto quale è rispecchiata nell'etimologia della parola: in latino materia o materies significava originariamente "legno" e specialmente "legname da costruzione", e in seguito, per ovvio traslato, anche qualunque materiale di cui è fatta una cosa; anche la parola greca ὕλη usata da Aristotele nel senso di materia, ha subito la stessa evoluzione di significato. Da ciò si vede che l'idea primitiva di materia corrispondeva presso a poco al significato del nostro sostantivo materiale: "ciò di cui è fatta una cosa".
Varie classificazioni della materia. - La materia ci si presenta, come è noto, sotto diversissimi aspetti. Una classificazione di essi si può fare in base al criterio dello stato di aggregazione, che conduce, in una prima approssimazione, a distinguere tre stati fondamentali (solido, liquido e aeriforme), con alcuni stati intermedi (corpi pastosi, vischiosi, ecc.): un'indagine più profonda porta a distinguere almeno nove stati (v. aggregazione, stati di). In linea generale, ogni sostanza può presentarsi in ciascuno dei tre stati fondamentali e può passare dall'uno all'altro per variazioni di temperatura o di pressione; tuttavia molte sostanze si presentano sempre nello stesso stato di aggregazione, o perché il passaggio ad altri stati richiederebbe condizioni eccezionali di temperatura o di pressione, o perché il calore produrrebbe, prima del cambiamento di stato, una trasformazione di altra natura. Il legno, ad es., non può fondere, perché riscaldato nell'aria brucia, e riscaldato senz'aria si decompone.
Un altro criterio di classificazione dei corpi (del tutto indipendente dal precedente) prende per base il fenomeno della vita, e può essere compendiato nello specchietto seguente:
La distinzione tra materia inorganica e materia organica era considerata essenziale quando si riteneva che la materia organica potesse essere prodotta solo dagli organismi viventi: oggi si sa che non è così, e la distinzione è puramente convenzionale (v. chimica; una caratteristica comune delle sostanze organiche è di contenere il carbonio). La materia organica poi si considera "organizzata" quando è composta di cellule come il corpo degli animali e delle piante (per es., il legno è materia organizzata, invece l'olio è materia organica, ma non organizzata). Infine la materia organizzata è "vivente" quando presenta i fenomeni caratteristici della nutrizione e della riproduzione.
Ricorderemo infine la classificazione tradizionale dei corpi nei tre regni: minerale (che coincide presso a poco col gruppo della materia inorganica), vegetale e animale, tra i quali è però assai difficile stabilire razionalmente un confine. Difatti molte sostanze organiche possono essere ottenute artificialmente da sostanze inorganiche: non si può quindi classificarle in base al criterio della provenienza, come si credeva di poter fare in antico; inoltre, perfino per gli organismi manca un criterio assoluto di distinzione tra regno animale e vegetale, poiché esistono esseri (protisti) aventi caratteri intermedî tra gli animali e le piante.
Le proprietà generali della materia. - Fino ad alcuni anni addietro era tradizionale elencare un certo numero di cosiddette proprietà generali della materia: impenetrabilità, estensione, divisibilità, porosità, compressibilità, ecc. Oggidì si tende a dare assai minor valore a queste schematizzazioni di carattere scolastico, alcune delle quali hanno dovuto talmente modificarsi col progredire della conoscenza della natura da perdere quasi ogni contenuto sostanziale. Per es., il concetto d'impenetrabilità, nella sua accezione primitiva è derivato dall'osservazione volgare che dove si trova un corpo non può contemporaneamente esservene un altro. Naturalmente si scoprono subito molte apparenti eccezioni (per es., i corpi che, come i mattoni, possono assorbire dell'acqua senza aumentare sensibilmente di volume), ma queste si spiegano facilmente con la presenza d'interstizî (pori) entro la materia assorbente, i quali sono visibili anche con un modesto ingrandimento. Ma vi sono poi molti casi in cui tali interstizî non sono visibili, per es., nei liquidi (mescolando acqua e alcool si ha una notevole contrazione di volume), e allora, per salvare formalmente il principio dell'impenetrabilità, si è attribuita tale proprietà non ai corpi delle dimensioni ordinarie ma alle molecole che li compongono, o addirittura agli atomi: con ciò il principio perdeva non solo ogni valore pratico, ma anche ogni fondamento sperimentale, poiché non vi era alcun fenomeno che dimostrasse che gli atomi sono impenetrabili. E difatti essi non lo sono, come diremo più avanti, tanto è vero che possono essere attraversati da proiettili materiali (esperienze di E. Rutheford, con le particelle: v. atomo). Se poi si vuol trasportare l'impenetrabilità alle particelle elementari che costituiscono gli atomi (elettroni, ecc.) si fa ancora un'affemazione a priori senza alcun fondamento sperimentale. Le altre proprietà della materia sopra elencate si devono invece intendere applicate ai corpi di dimensioni ordinarie, mentre per le particelle di grandezza atomica o subatomica esse o perdono significato o cessano di valere o per lo meno non si ha alcuna ragione per ritenere che valgano. Invece la proprietà d'inerzia (e quella, a essa legata, di peso) è, come si è detto sopra, generale per ogni specie di materia, e vale tanto per i corpi ordinarî come per le particelle che li costituiscono.
Unità della materia. - Fino dall'antichità le continue trasformazioni a cui vediamo sottoposta la materia hanno indotto lo spirito umano, sempre desideroso di vedere la semplicità anche nei più complessi fenomeni della natura, a ritenere che tutte le innumerevoli sostanze, che appaiono ai nostri occhi così diverse, non siano che combinazioni di poche sostanze fondamentali, o anche trasformazioni di una sola: sorse così nei filosofi greci l'idea di "elemento". È forse in tal senso che, secondo Talete, tutti i corpi derivano dall'acqua, secondo Anassimene dall'aria, ecc.; più tardi Empedocle introdusse la teoria dei quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco), che, avendo avuto l'autorevole sanzione di Aristotele dominò fino al sec. XVIII, nonostante la confusione e l'oscurità apportata in materia dagli alchimisti, alcuni dei quali ammettevano principî diversi. Naturalmente tali designazioni degli elementi non avevano alcun serio fondamento sperimentale, e tutte queste idee non hanno oggi altro valore che quello d'illustrare l'atteggiamento del pensiero antico di fronte ai fenomeni della natura.
Soltanto quando la chimica, per opera di R. Boyle (1626-1691) e soprattutto di A.-L. Lavoisier (1743-1794), divenne una scienza sperimentale, il concetto di elemento acquistò precisione scientifica. Dapprima s'indicarono con quel nome le sostanze che non si sapevano scomporre in altre più semplici: Lavoisier ne elenca 23, specificando però che egli riguarda tali sostanze come semplici non perché si possa dire con sicurezza che questi corpi non consistono di due o più elementi, ma perché non abbiamo alcun mezzo per scomporli". Negli anni successivi furono rapidamente individuati parecchi altri elementi o "corpi semplici" (dove la parola corpo è usata nel senso di "sostanza") e, con l'introduzione della teoria atomica nella chimica, si fece corrispondere a ogni elemento una specie distinta di atomi, dando così al concetto di elemento un significato intrinseco e indipendente dall'incapacità, più o meno provvisoria, da parte dell'uomo, di scomporre la sostanza. Però fu solo più tardi, con la scoperta del sistema periodico del Mendeleev, e con lo studio delle proprietà fisiche (soprattutto quelle riguardanti i raggi X e l'analisi spettroscopica) che si ebbero criteri sicuri per accertare se a una data sostanza, ritenuta semplice, corrisponda effettivamente una specie atomica. Così si è giunti all'attuale elenco di 92 elementi, corrispondenti senza alcun dubbio ad altrettante specie atomiche distinte: si dirà più oltre come l'indagine fisica abbia riconosciuto che le 92 specie di atomi sono tutte costituite con non più di quattro o cinque specie di particelle subatomiche.
Gli elementi si possono combinare tra loro secondo leggi ben definite e in certi rapporti quantitativi costanti per dar luogo ai corpi composti: ognuno di questi rappresenta una sostanza di composizione e proprietà fisiche e chimiche ben definite, generalmente diverse da quelle dei singoli componenti. Infine le varie sostanze semplici e composte si possono mescolare tra loro in modi svariatissimi e in proporzioni variabili, dando luogo ai miscugli (in cui rientrano le soluzioni, le emulsioni, ecc.); caratteristica di queste unioni è che non sono vncolate a proporzioni definite e che nel miscuglio si ritrovano, più o meno, le proprietà dei componenti. In questo modo, per combinazione o per miscela si formano dai 92 elementi tutte le svariatissime sostanze dell'universo. Se ora si pensa che i composti oggi conosciuti sono centinaia di migliaia e che questi generalmente si presentano in natura mescolati in milioni di modi, si deve riconoscere che l'aver messo ordine in questo sterminato caos di sostanze che la natura ci ha posto dinanzi, e l'avervi scorto i 92 elementi fondamentali che ne costituiscono le pietre di costruzione, è uno dei più mirabili risultati del lavoro umano.
Veduta d'insieme sulla struttura della materia. - Rimandando alle voci aggregazione, stati di; atomo; elemento; elettrone; gas per i particolari delle odierne vedute sulla struttura della materia in relazione ai fatti sperimentali che a esse hanno condotto, e per notizie storiche sulla teoria atomica, ci limitiamo qui a una schematica ed elementare ricapitolazione del modello che sembra oggi il più adatto a rappresentare la struttura della materia.
Ogni specie di materia, anche la più compatta, è composta di atomi, tutti di una specie se si tratta di un corpo semplice, di tante specie diverse quanti sono i componenti semplici se si tratta di un composto o di un miscuglio. Vi sono dunque 92 specie di atomi (veramente, in parecchie di queste si possono distinguere delle sottospecie, ma con quasi tutte le proprietà fisiche e chimiche in comune; v. isotopismo): di ciascuna specie si conosce molto esattamente il peso (che va da 1,649.10-24 grammi, peso che indicheremo con H, per l'idrogeno, a 238 H per l'uranio). Le dimensioni degli atomi sono dell'ordine di 10-7 cm., cioè varie centinaia di volte inferiori alla lunghezza d'onda della luce: perciò è impossibile, anche teoricamente, vederli in senso proprio. Il numero degli atomi contenuti in un grammo di materia è immediatamente determinabile dal loro peso, e risulta dell'ordine di 1022 a 1024 (si può avere una idea dell'immensità di questo numero, osservando che il numero di centimetri cubi di acqua contenuti in tutti gli oceani è appunto dell'ordine di 1024).
Si deve ora fare una distinzione essenziale tra la struttura dei fluidi (liquidi e gas) e quella dei solidi. I fluidi sono costituiti di molecole che si muovono disordinatamente urtandosi continuamente tra loro e quindi percorrendo cammini a zig-zag: ogni molecola è generalmente un gruppo di due o più atomi collegati quasi rigidamente tra loro; in certi elementi è costituita di un atomo solo (gas monoatomici). I diversi atomi formanti la molecola sono uguali tra loro se si tratta di un corpo semplice, mentre se si tratta di un composto vi sono in ogni molecola rappresentati gli atomi di tutti i componenti, in determinate proporzioni, come è indicato dalla formula chimica (per es., nell'acqua, H2O, ogni molecola è un gruppo di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno): in ogni molecola quindi è riprodotta esattamente la composizione chimica del corpo. Quando due o più sostanze si uniscono non per combinazione chimica, ma per miscuglio, le molecole di ciascuna rimangono inalterate, frammischiandosi semplicemente con le altre, cosicché la differenza strutturale tra corpi composti e miscugli è che i primi hanno le molecole tutte eguali tra loro, mentre nei secondi vi sono tante specie diverse di molecole, quanti sono i costituenti del miscuglio. Passando alla struttura dei solidi, si deve rilevare che anche in essi gli atomi sono generalmente raggruppati in molecole di composizione ben definita, ma le varie molecole anziché essere delle unità mobili l'una rispetto all'altra sono collegate tra loro da forze non meno intense di quelle che legano i diversi atomi nella molecola: ossia la molecola perde individualità meccanica, pur conservando il suo significato come indice della composizione del corpo (v. cristalli). Gli atomi dei solidi poi non si spostano da un punto all'altro del corpo, ma oscillano sempre intorno alla medesima posizione.
Circa la struttura dell'atomo molti fatti sperimentali hanno dimostrato che questo non è un corpuscolo compatto e indivisibile come pensavano gli antichi, ma è composto a sua volta di particelle più piccole, di cui il numero, la disposizione e i movimenti differiscono nelle diverse specie atomiche e conferiscono a esse le diverse proprietà fisiche e chimiche che le caratterizzano. Queste particelle subatomiche non sono ammassate insieme, ma sono molto distanziate tra loro, formando un sistema paragonabile al sistema solare: al posto del sole vi è una particella con carica elettrica positiva detta nucleo, e intorno a essa ruotano come pianeti alcune particelle tutte uguali e con carica negativa, dette elettroni, in numero variabile da 1 (per l'idrogeno) a 92 (per l'uranio): il loro numero, che suole indicarsi con Z, si dice numero atomico e caratterizza l'elemento. Le dimensioni del nucleo sono dell'ordine di 10-12 cm., quelle degli elettroni molto probabilmente sono inferiori a 10-13 cm.: entrambe le particelle quindi sono molto piccole rispetto alle dimensioni dell'atomo che abbiamo indicato più sopra (e che si devono intendere come il diametro della più esterna delle orbite elettroniche), press'a poco quanto le dimensioni del Sole e dei pianeti sono piccole rispetto a quelle del sistema solare. Ne risulta che in ogni corpo vi sono tra una particella e l'altra interstizî enormi rispetto alle dimensioni di queste: così si spiega come delle particelle lanciate a grande velocità (raggi α e β delle sostanze radioattive) possano attraversare spessori talvolta notevoli di metallo passando in tali interstizî.
Gli elettroni hanno tutti una stessa carica negativa (che si suole indicare con - e) uguale a 4,77.1010 unità elettrostatiche; il loro peso è 8,99.10-28 grammi, cioè circa 1/1840 • H. I nuclei sono invece diversi nelle diverse specie atomiche: la carica del nucleo di numero atomico Z è Ze, il peso coincide approssimativamente con quello dell'atomo, di cui il nucleo è la massa preponderante. Mentre l'elettrone è, per quanto risulta finora (1933), indivisibile, i nuclei invece sono senza dubbio aggregati di varie specie di particelle: ciò è provato dal fatto che essi talvolta si scompongono spontaneamente dando luogo ai fenomeni di radioattività e inoltre, in parecchi casi, si è potuto provocarne artificialmente la disintegrazione. La struttura dei nuclei è però assai meno nota di quella degli atomi, ed è tuttora dubbio quali, tra le diverse specie di particelle che se ne estraggono, siano elementari e quali siano composte con quelle. Finora si è constatata l'emissione, spontanea o provocata, dei seguenti tipi di particelle provenienti dal nucleo: 1. particelle negative: elettroni (identici a quelli circolanti intorno al nucleo), carica -e, peso 1/1840 H. - 2. particelle positive: a) protoni (identici al nucleo dell'idrogeno), carica + e, peso circa H; b) particelle a (identiche al nucleo dell'elio), carica + 2e, peso circa 4H, probabilmente composte di 4 protoni e 2 elettroni; c) elettroni positivi o positroni, carica probabilmente + e, peso probabilmente uguale a quello degli elettroni propriamente detti. - 3. particelle neutre: neutroni, carica 0, peso circa H. I positroni e i neutroni sono stati scoperti recentemente (1932-33) e se ne ha una conoscenza assai limitata: è per es., ancora dubbio se i neutroni siano particelle elementari o se siano composti di un elettrone e di un protone. Prima della loro scoperta si riteneva che i costituenti elementari dei nuclei fossero gli elettroni e i protoni. Allo stato attuale della scienza sembra dunque che i costituenti ultimi e indivisibili di ogni specie di materia siano le particelle sopra elencate, o alcune di esse.
Materia ed elettricità. - Dalle leggi dell'elettromagnetismo si ricava che un corpo, quando è elettrizzato, deve presentare una certa inerzia supplementare (come se la sua massa fosse aumentata) dovuta alle reazioni sulla carica elettrica del campo elettromagnetico da essa stessa generato, e la teoria della relatività aggiunge che a questa inerzia si associa anche un peso supplementare. Si presenta così una spontanea spiegazione elettromagnetica dei fenomeni di inerzia e di peso presentati dalla materia, poiché le particelle elementari che la costituiscono (salvo i neutroni, se sono composti) manifestano, come si è detto, una carica elettrica: è naturale allora pensare che l'inerzia e il peso di tali particelle non siano composti d'una parte di origine materiale (di cui è sconosciuta la natura) e una parte di origine elettromagnetica, ma che invece siano esclusivamente una conseguenza della carica elettrica. Così gli elettroni, i protoni, ecc., non dovrebbero essere concepiti come masse cariche di elettricità, ma come "pura elettricità": l'elettricità positiva e negativa sarebbero dunque le due sostanze fondamentali che costituirebbero ogni materia. Tale veduta, sebbene assai seducente per la sua semplicità, non è imposta in alcun modo dai fatti sperimentali: perciò i fisici sembrano inclini a lasciare impregiudicata la questione dell'origine elettromagnetica della massa.
Materia ed energia. - Secondo alcune considerazioni, rese assai plausibili dalla teoria della relatività, a ogni massa m è legata indissolubilmente un'energia mc2 (dove c designa la velocità della luce) e viceversa ogni energia E possiede una massa E/c2 (v. energia: XIII, p. 976), cosicché comunicando a un corpo energia di qualunque forma se ne aumenta la massa (sebbene impercettibilmente, a causa del grande valore di c2). Massa ed energia sono quindi due enti trasfommabili l'uno nell'altro. Tale veduta, che va acquistando sempre più credito sulla base di numerosi indizî sperimentali, porta a considerare la legge della conservazione della massa e quella della conservazione dell'energia come leggi approssimative, mentre ciò che si conserva rigorosamente invariato nelle trasformazioni è E + mc2. Con ciò l'inerzia, il peso e la proprietà di conservazione cessano, in linea teorica, di essere atti a definire la materia: si potrebbe allora forse definire come materia tutto ciò che è costituito dalle particelle sopra descritte, o da quelle altre che eventualmente fosse necessario aggiungervi (mentre la luce, per es., pur essendo dotata di inerzia e di peso, non è materia). Tali considerazioni tuttavia hanno per ora portata puramente speculativa, essendo, nei casi pratici, quasi sempre inapprezzabile la trasformazione di materia in energia o viceversa.
Filosofia. - Il concetto filosofico di materia nasce con la filosofia ionica quando s'incomincia a distinguere una materia, da cui tutte le cose si formano, dall'oggetto dell'esperienza sensibile immediata; ma si perfeziona solo con l'atomismo nel quale la materia è concepita immutabile in sé, senza stati interni, spiegando il variare del mondo sensibile con i rapporti variabili delle parti di quest'ente invariabile. Contro questo concetto della materia come il vero concreto sorge l'idealismo socratico-platonico che trasporta la concretezza nell'intelligibile, e riduce la materia a un astratto. La definizione della materia platonica non è facile. Aristotele, dal suo punto di vista, considera ὕλη la χώρα platonica: in tal caso la materia di Platone sarebbe "la recettrice di tutto ciò che si genera, come una nutrice". Ma forse gli sfugge con ciò una sottigliezza del pensiero platonico: in Platone non pare che esista una vera e propria materia, ma la materializzazione di una realtà intelligibile e sensibile quando essa entra nello spazio, cioè si spazializza. Ci sono quindi per lui tre specie: 1. l'intelligibile; 2. la sensibile "ononima di quella che si genera nello spazio e ivi perisce"; 3. lo spazio sempre costante, "né intelligibile, né sensibile, veramente oggetto d'opinione". "Questa madre e ricettacolo di tutto ciò che si genera visibile e in generale sensibile non lo diciamo né terra, né aria, né fuoco, né acqua, né altra cosa che nasca da queste o da cui queste nascono, ma una specie invisibile e amorfa capace di qualsiasi contenuto e che partecipa in certo modo povero dell'intelligibile e che è difficile a concepirsi". Questo spazio non è la materia; ma neanche terra aria e fuoco sono materiali, finché non entrano nello spazio. In Aristotele si differenziano il concetto di ὑποχείμενον, il sostrato, che corrisponde all'uso empirico di materia, esprimendo tanto la sostanza a cui ineriscono le passioni quanto il soggetto logico di cui si predicano le determinazioni e l'ὕλη che si determina nella forma. Quest'ultima in Aristotele indica la materia in senso tecnico. Una definizione non negativa dell'ule non sarebbe veramente possibile perché essa in sé è inconoscibile (ἄγνωστος) e si conosce solo per la forma, ma essa deve porsi per spiegare la mutazione. La materia non è il contrario della forma (questo è la privazione) ma il suo sostrato indifferente; è ciò che rimane quando l'uno o l'altro dei contrarî sparisce. Tutte le cose che mutano hanno materia; anche quelle eterne, non generate, ma che si muovono nello spazio, solo che la loro materia non è quella che nasce e perisce, ma quella che si sposta da un punto all'altro (Met., X, 11, 2). Il concetto della materia è in Aristotele relativo, poiché ciò che è materia per una mutazione è a sua volta risultato d'una mutazione antecedente. Si dovrebbe arrivare a una materia originaria assolutamente informe. Ma bisogna ricordarsi che per Aristotele niente nasce dall'unione di una materia astratta e di una forma; ma ogni sinolo da un sinolo. In tal modo si può dire che in Aristotele non c'è una vera materia ma la funzione di materia. Nel sistema epicureo la materia torna a essere il concreto, essa è "il pieno"; nello stoico si confonde il concetto di materiale e di concreto: infatti tutto ciò di cui si vuol asserire che è reale si dice ch'è corpo: le proprietà, le forze, i rapporti: in tal modo si perviene all'assurdo della compenetrazione delle materie e cioè si toglie alla materia il suo essenziale carattere: l'impenetrabilità. Plotino considera la materia come pura negazione, incorporea (ἀσώματος) perché differente dai corpi, priva di ogni determinazione "essa non può essere chiamata essere, è un fantasma informe (εἴδωλον ἄμορϕον) ricettacolo di fantasmi, che sfugge chi cerca di vederla e si vede solo quando non si vede". Dagli interpreti arabi di Aristotele al Rinascimento, identificati i concetti di materia e potenza, e interpretata la potenza in senso attivo come una fonte delle forme, un ricettacolo di forme, la materia aristotelica a poco a poco si trasforma da aspetto astratto all'essere in essere concreto; sebbene il concetto platonico riappaia in Scoto Eriugena che dice "ipsa materies, siquis intentus aspexerit ex incorporeis qualitatibus copulatur", e quello aristotelico in Alberto Magno che identifica ὕλη e ὑποχείμενον definendo la materia "primum subiectum eius quod est". Per Tomaso d'Aquino già è "potentia pura ex qua aliquid fit", onde materia e privazione differentissime per Aristotele diventano "idem subiecto, sed differunt ratione". A Tomaso è dovuto il concetto di "materia signata" con cui si dà concretezza alla materia. Ma la concretezza vera si raggiunge solo in Cartesio che fa della materia una sostanza contrapposta alla sostanza pensante. La materia ha la capacità di occupare lo spazio non come un accidente ma come vera forma e sua essenza. In Leibniz si tenta di superare il dualismo delle sostanze concependo la materia come quello stato delle monadi in cui esse hanno percezioni confuse e oscure, cioè inconscie, e quindi sono passive rispetto alle altre monadi. Per Kant, fatto dello spazio un'intuizione pura, diviene materia l'insieme del sensibile in quanto si consideri astrattamente da quella forma mediante cui si fonda la natura (il concreto). In senso fisico è per lui materia "ciò che si muove nello spazio". Nei tentativi post-kantiani di filosofia della natura predomina il concetto dinamico della materia: la materia è data dall'unione delle forze opposte: attrazione e repulsione. Per il Herbart "la reciproca autoconservazione e la compenetrazione parziale di più reali, per la coscienza che li osserva produce l'apparenza obiettiva della materia". Per il Hegel la materia contrapposta allo spirito se ne distingue per la impenetrabilità: partes extra partes. Nella seconda metà del sec. XIX predomina la concezione della materia in senso fisico e i suoi caratteri fondamentali restano l'estensione e il movimento. Le si contrappone il concetto di energia. Ma poi non si esclude che la stessa materia finisca col risolversi nel concetto di energia.
Bibl.: P. Tannery, Pour l'histoire de la science hellène, Parigi 1887; F. Tocco, Della materia in Platone, in Studi di filol. class., 1896; G. Fraccaroli, introd. al Timeo, Torino 1906; Fr. A. Lauge, Geschichte des Materialismus, Lipsia 1866 (8ª ed., 1908).