COMPOSITI, MATERIALI
(App. IV, I, p. 497)
Notevole è stato lo sviluppo dei m.c. in questi ultimi anni, specie di quelli con matrice polimerica che hanno potuto disporre di fibre con caratteristiche meccaniche elevate. Anche nei m.c. a matrice metallica e ceramica si sono realizzati progressi sensibili, ma le maggiori difficoltà di preparazione, il maggiore costo, il loro peso più elevato porta a preferire, quando possibile, i prodotti a base polimerica in grado di offrire un rapporto prestazioni/peso (quindi caratteristiche specifiche) più favorevole; inoltre si prestano alla preparazione di manufatti più complessi, di maggiori dimensioni (che comportano meno elementi da assemblare) e si ottengono con sistemi di preparazione automatici.
Da alcuni anni è entrata nell'uso la denominazione di compositi avanzati per indicare prodotti ottenuti con fibre, corte o continue, di elevate caratteristiche meccaniche, orientate secondo direttrici predeterminate e usate in quantità elevata (di solito 50÷60% circa), specie nella tecnologia aerospaziale, elettronica, dell'auto, ecc., e che si prestano anche per elementi strutturali.
Compositi a matrice polimerica. - Inizialmente i m.c. a matrice polimerica erano costituiti da resine termoindurenti, fenoliche, rinforzate con fibre di vetro; l'indurimento, cioè la reticolazione del polimero, avveniva per innalzamento di temperatura e di pressione, richiedendo quindi stampi costosi per soddisfare queste esigenze; inoltre durante la fase di indurimento si aveva sviluppo di molecole di acqua che potevano creare nella massa la presenza di porosità, se non si provvedeva alla loro eliminazione.
Poiché le resine fenoliche (o a precursori fenolici) presentano alcune caratteristiche favorevoli (possibilità d'impiego fino a temperature abbastanza alte, resistenza al fuoco, agli agenti chimici e ambientali, ecc.), si è cercato di eliminare gli inconvenienti che le prime resine presentavano. Fra i miglioramenti studiati, soprattutto per eliminare o ridurre lo sviluppo dell'acqua nella fase di effettuazione delle reazioni che regolano la reticolazione, si preparano oligomeri con peso molecolare dell'ordine di 1000 (che liberano meno acqua al momento della reticolazione) o si utilizzano precursorsi diversi dal fenolo (fenoli bivalenti, derivati alchilici o arilici del fenolo). Miglioramenti (di costo, di caratteristiche) si sono avuti nei m.c. impiegando resine poliestere insature e fibre di vetro corte. Tali resine derivano dalla condensazione di acidi bicarbossilici (fumarico, isoftalico, anidride ftalica, maleica, ecc.) con glicoli (etilenico, dietilenico, propilenico, ecc.) di peso molecolare 1500÷3000; si usano in miscela con forti percentuali di stirene che riduce la viscosità della resina e agisce da ''reticolante'' formando dei ponti fra i punti di insaturazione del polimero, collegando così trasversalmente fra loro le diverse catene. Si usano anche esteri vinilici che vengono addizionati pure con stirene (che anche in questo caso funge da modificatore della viscosità e da reticolante).
Un ulteriore progresso si è ottenuto con l'uso di resine epossidiche, che possono reticolare (e quindi indurire) con diversi agenti, a temperature anche basse e in tempi non tanto lunghi; aderiscono bene a fibre di diversa natura, presentano ritiri modesti nell'indurimento, sono abbastanza stabili al calore; meno sensibili all'umidità, sono però di costo più elevato. Si hanno diversi tipi di resine epossidiche; per la preparazione dei m.c. cosiddetti avanzati, che presentano caratteristiche particolarmente elevate, utilizzabili anche per elementi strutturali, si usano resine epossidiche del tipo etere diglicidile del bisfenolo A, che possono utilizzarsi a temperature anche di 225 °C circa. Recentemente sono state utilizzate anche resine del tipo poliimmidico (v. oltre).
Per bilanciare le diverse proprietà delle singole resine si ricorre spesso all'uso di miscele di più polimeri epossidici. Fino a pochi anni orsono le resine impiegate nella preparazione di m.c. erano solo le termoindurenti, ritenute le uniche in grado di fornire buoni risultati; in questi ultimi anni si è dimostrato che invece se ne possono ottenere di buoni anche con le termoplastiche, che offrono diversi vantaggi: maggiore facilità di formatura, compatibilità con fibre di diversa natura, possibilità di foggiare più volte i manufatti senza problemi di perdita o riduzione delle caratteristiche chimiche, fisiche e meccaniche, possibilità d'impiego anche per manufatti strutturali. Le resine usate sono costituite dal nailon 66, da poliuretani, ma i risultati migliori sono stati ottenuti con resine di più recente produzione: poliammidi-immidi, polietereeterochetoni (PEEK).
Le temperature massime alle quali si possono usare i diversi tipi di resine utilizzabili come matrici per m.c. sono all'incirca:
Nella tab. 1 sono riportati i consumi, in Europa, di resine termoplastiche e termoindurenti usate come matrici di m.c. ripartite per impieghi principali.
Fibre per compositi. − Le fibre usate nei m.c. sono di tipo sia inorganico che organico; fra le prime quelle di vetro, di carbonio (o grafite) di carburo di silicio, di allumina, ecc.; fra le organiche notevole importanza hanno quelle con elevate caratteristiche meccaniche ottenute da poliammidi aromatiche, ma anche le poliolefiniche, il nailon 66, ecc., prodotte con procedimenti particolari. Tutte queste fibre si usano sotto forma di filo sia continuo che corto (fiocco).
Le fibre di vetro, le prime a essere usate, si impiegano anche oggi in larga misura per il loro costo non eccessivamente elevato, per le buone prestazioni che sono in grado di offrire, per la compatibilità con diversi tipi di matrici; così negli USA si impiegano nei m.c. 450÷500.000 t/anno di fibre di vetro e appena 10.000 t delle altre (carbonio, poliammidiche, ecc.). Se ne producono diversi tipi; le più impiegate sono le varietà E ed S; la prima è usata specialmente in forma di fiocco per la preparazione di feltri; la seconda, con elevate caratteristiche meccaniche, si preferisce per i filamenti continui da utilizzare nei sistemi di preparazione dei m.c. per avvolgimento. Le caratteristiche di adesione tra queste fibre e le matrici possono essere potenziate applicando sulle fibre agenti che ne migliorano la bagnabilità o che favoriscono addirittura la formazione di legami chimici tra fibre e matrici. Si hanno anche fibre di vetro C (con elevata resistenza chimica), usate nei preimpregnati come feltri per migliorare gli aspetti superficiali o quando si richiede ai manufatti maggiore resistenza agli agenti chimici. Le resine più usate nei m.c. con fibre di vetro sono le epossidiche e le poliammidiche. Nella tab. 2 sono riportate le differenze di caratteristiche di manufatti preparati con fibre di vetro E ed S; queste si impiegano specialmente per applicazioni non strutturali; sotto forma di feltri di fibre corte trovano larga applicazione nei preimpregnati (BMC, SMC, ecc.) in percentuali, in peso, inferiori al 55÷60%, di solito 30÷40%.
Le fibre di carbonio (e/o di grafite) presentano caratteristiche, proprietà e costo differente a seconda dei materiali di partenza e dei trattamenti effettuati durante la preparazione; quelle più usate derivano dalla carbonizzazione di filamenti di poliacrilonitrile, da raion, da peci di petrolio (queste ultime però hanno dato finora scarsi risultati).
I m.c. risultanti da matrici termoplastiche aromatiche (PEEK) con elevate percentuali di fibre di grafite (oltre il 50%) presentano elevata tenacità, resistenza alla fiamma, agli agenti ambientali. Recentemente sono state messe in commercio miscele per compositi grafite/PEEK sotto forma di preimpregnati, contenenti il 68%, in peso, di fibre unidirezionali, che si lavorano per termoformatura; i m.c. che si ottengono presentano, oltre a caratteristiche elevate, una bassissima porosità (di solito i vuoti non superano lo 0,1% e al massimo non arrivano allo 0,5%). Questo risultato deriva da un trattamento operato nelle fibre per elevarne la bagnabilità della superficie da parte della resina della matrice. Il prodotto, più leggero dell'alluminio (del 30% circa), mantiene le caratteristiche (resistenza all'urto, ecc.) quasi inalterate anche a temperature elevate, ciò che risulta vantaggioso per applicazioni nelle costruzioni aerospaziali, militari ecc.
Tra le fibre organiche particolare importanza hanno raggiunto quelle ottenute da poliammidi aromatiche (o arammidiche) indicate spesso con nomi depositati, assegnati dalla ditta produttrice (Du Pont), per es. Nomex, kevlar; sono costituite da catene di nuclei aromatici tenuti insieme da legami covalenti -N-C- e collegate trasversalmente le une alle altre da legami d'idrogeno che si stabiliscono fra gli atomi N di una catena e C di un'altra. Le fibre kevlar, le più importanti, si ottengono per policondensazione di p-fenilendiammina e cloruro di tereftaloile, due composti aromatici, entrambi bisostituiti in posizione para, così da dare struttura lineare alle catene polimeriche. Commercialmente si hanno più tipi di kevlar, distinti dai numeri 29, 49 e 149 (il secondo differisce dal primo per un'azione di stiramento, subito dal filamento a caldo, che conferisce al prodotto un modulo elastico quasi doppio di quello del prodotto 29; il 149 ha un modulo elastico ancora maggiore e assorbe meno umidità). Queste fibre sono caratterizzate da un carico di rottura elevato e per la bassa densità (1,44) il valore specifico di questa caratteristica supera quello di ogni altro materiale usato. Queste fibre si usano largamente con resine epossidiche.
Le proprietà dei m.c. dipendono dalla natura e quantità dei componenti usati (resine e fibre) e per le fibre anche dalla loro forma (corte, lunghe, singole, multiple, ecc.), dalla loro distribuzione (disordinata, ordinata) o dalla loro preventiva trasformazione in tessuti. Diverse sono le funzioni che la matrice esplica: mantenere separate le fibre (evitando che si abbiano azioni di sfregamento a seguito di piegamenti, di stiramenti, ecc., dovuti all'applicazione di carichi), aderire saldamente alle fibre, sostenere i carichi applicati ripartendoli sulle fibre e attenuandone anche le brusche variazioni.
Fattore importante di questa adesione è la ''bagnabilità'' delle fibre da parte della matrice (che è funzione della tensione superficiale della resina allo stato fluido) e dalla quale dipende la possibilità di stabilire legami di vario tipo (covalenti, dipolari, van der Waals) fra fibre e resina. All'interfaccia fra matrice e superficie delle fibre si vengono a concentrare le sollecitazioni originate da differenze di coefficiente di dilatazione termica dei componenti o dai ritiri che si producono nell'indurimento, dai carichi applicati al manufatto, ecc. È stato dimostrato che la resistenza a trazione e la deformazione limite dipendono largamente dal grado di adesione e quindi dai fenomeni di natura chimica e fisica che avvengono all'interfaccia. Ciò ha portato anche alla ricerca di agenti capaci di migliorare quest'adesione quando non risulta sufficiente.
Le fibre sono responsabili del conferimento ai m.c. di quelle caratteristiche meccaniche elevate che mancano ai polimeri: resistenza a trazione, a flessione, che risultano particolarmente significative tenendo presenti le loro basse densità. Le fibre impiegate presentano un largo spettro di proprietà poiché possono variare in funzione della composizione, del sistema di preparazione, del trattamento operato (stiramento, ecc.).
Nel campo delle fibre organiche, visto il successo di quelle kevlar si è cercato di ottenere analoghi risultati da altre di minore costo; così si vanno sempre più affermando fibre poliolefiniche (polietileniche o polipropileniche) e poliammidiche (del tipo nailon 66). Le caratteristiche meccaniche delle fibre poliolefiniche vengono incrementate (fibre ultrastirate) usando sistemi di filatura del polimero allo stato di gel e sottoponendole a un forte stiramento, incrementando così la cristallinità delle catene. Data la bassa densità di questi polimeri (0,90÷0,96) le caratteristiche specifiche delle varie proprietà presentate da queste fibre risultano elevate, tanto da poterle usare anche per applicazioni strutturali.
M.c. con con caratteristiche elevate, ma anche di costo elevato, si ottengono incorporando in matrici polimeriche fibre inorganiche o ceramiche (boro, carburo di silicio, allumina, ecc.); risultati ancora migliori si possono realizzare usando miscele di fibre organiche e inorganiche (per es. boro e kevlar). Si usano anche miscele di fibre di tipo organico (fibre ibride), che si dimostrano convenienti perché consentono di sfruttare i vantaggi dei diversi prodotti. L'adozione di ibridi vale anche per le matrici, per es. nell'impiego contemporaneo di resine termoplastiche e termoindurenti, che offrono diversi vantaggi: prodotti facilmente lavorabili (coi sistemi dei polimeri termoplastici, più semplici, meno costosi) con le prerogative di quelli termoindurenti (stabilità dimensionale dei manufatti, ecc.).
Le fibre, oltre che sotto forma di filo continuo (per nastri o per avvolgimento) o di fiocco (per feltri), trovano impiego anche per preparare tessuti (a maglia, unidirezionali, bidirezionali), che si impiegano nello stampaggio di lastre, di preimpregnati; il loro uso è attualmente appena agli inizi, ma se ne prevedono estese applicazioni.
Risultati soddisfacenti si stanno ottenendo anche nell'impiego di fibre a elevate caratteristiche meccaniche distribuite non solo sul piano, ma trasversalmente a questo, al fine di realizzare manufatti strutturali con particolari caratteristiche meccaniche in tutte le direzioni, richiesti soprattutto per applicazioni aerospaziali e militari.
Preparazione. − Inizialmente la preparazione di m.c. con resine termoindurenti (fenoliche) prevedeva il riempimento di uno stampo con fibre (del tipo corto), alla rinfusa o sotto forma di feltri, e con la resina allo stato sufficientemente fluido per poter riempire tutti i vuoti. L'indurimento della resina, che avveniva a seguito della reazione di reticolazione, richiedeva un riscaldamento e un aumento di pressione e ciò comportava tempi relativamente lunghi e stampi costosi, ammortizzabili solo nel caso di produzione di numerosi ''pezzi'', non di grandi dimensioni.
Un notevole progresso è stato fatto con l'adozione di resine fluide capaci di indurire a pressione ambiente e a temperatura normale o di poco superiore (come diversi tipi di resine epossidiche la cui reticolazione è facilitata dall'aggiunta di catalizzatori); in questo caso gli stampi potevano essere in materiale poco costoso (gesso, gomma, legno, ecc.) e si potevano preparare manufatti anche di grandi dimensioni.
Alle resine epossidiche, relativamente costose, con bassa sensibilità all'umidità, piccoli ritiri durante l'indurimento, si sono affiancate le poliestere insature, di costo minore, facili da impiegare, aventi la proprietà d'indurire anche a temperatura ambiente, che però presentano ritiri più elevati e una scarsa stabilità agli agenti ambientali. Queste resine si prestano a essere messe in opera allo stato viscoso, poiché vengono miscelate a una elevata percentuale di stirene che agisce da solvente e da reticolante.
Poiché la scelta della quantità di fibre, la loro disposizione entro gli stampi, la quantità di resina da impiegare e di additivi da aggiungere, tutti fattori decisivi per la riuscita dei manufatti, erano lasciate ai singoli operatori, non era facile per tutti ottenere risultati soddisfacenti. Così, anziché mettere in commercio i vari componenti, le ditte produttrici hanno ritenuto opportuno, per facilitare l'opera degli utilizzatori (stampatori), che non dispongono di mezzi e di personale adatto, preparare dei semilavorati contenenti tutti i componenti necessari, nella giusta misura, sotto forma di miscele da stampaggio (BMC, Bulk Moulding Compound) o di lastre da stampaggio (SMC, Sheet Moulding Compound).
Le prime sono miscele di resine poco fluide contenenti fibre di vetro corte con tutti i necessari componenti; per la foggiatura debbono solo essere introdotte in stampi fra piastre riscaldate. Gli SMC sono costituiti da lastre o da nastri di diverso spessore e sono formati da feltri di fibre impregnate di resina, con tutti gli additivi, che si conservano anche per alcuni mesi, in condizioni però particolari (bassa temperatura); per la foggiatura si stampano in presse riscaldate. Gli SMC oltre alle fibre, in percentuale variabile dal 20 al 35%, alle resine, ai catalizzatori, contengono additivi minerali (filler): calcare, silice, argilla in polvere, che, oltre ad abbassare il costo, hanno il compito di addensanti, contribuendo ad assicurare alle lastre una sufficiente consistenza per poter essere manipolate e conservate fino al momento dello stampaggio.
Queste lastre possono poi essere foggiate nella forma definitiva ritagliandole nelle misure necessarie, introducendole negli stampi, sotto presse riscaldate, dove, a temperature di 100÷130 °C e pressioni di 1 MPa, in alcuni minuti (2÷5) la resina prima fluidifica sufficientemente per poter occupare tutte le cavità dello stampo, poi reticola dando un prodotto stabile. Lastre preimpregnate possono formarsi con feltri di fibre corte o con filamenti continui, unidirezionali; lastre di questo tipo possono essere poi sovrapposte le une alle altre con le fibre incrociate in modo da ottenere prodotti con caratteristiche pressoché isotrope nel piano delle fibre.
Pultrusione: mentre nell'estrusione il materiale rammollito è spinto (per es. da una vite senza fine, da un pistone) attraverso una filiera, nella pultrusione il materiale attraversa la filiera per azione di uno stiro esercitato a valle della filiera. Il materiale di rinforzo, dopo avere attraversato uno stadio d'impregnazione con la resina, attraversa una filiera, riscaldata, dove acquista il profilo prestabilito (circolare, quadrato, rettangolare, ecc.) e subisce l'indurimento conseguente alla reticolazione del polimero. Il riscaldamento della filiera viene fatto con sistema a radiofrequenza (specie quando si impiegano fibre di vetro) o a induzione (nel caso di fibre conduttive, grafite, ecc.). I manufatti uscenti, se solo parzialmente induriti, possono essere usati come semilavorati, suscettibili di subire una foggiatura per dare manufatti di forma differente da quella ottenibile dalla semplice trafilatura.
Avvolgimento: il sistema è usato per preparare strutture aventi uno (o più) assi di rotazione partendo da fili singoli o multipli (stoppe); si usa largamente per prototipi, per pezzi di grandi dimensioni, per recipienti, serbatoi, tubi, ecc. I filamenti svolti da uno o più rocchetti attraversano, sotto tensione, un bagno di resina e sono poi avvolti su un mandrino, che riproduce la forma dell'interno del pezzo da foggiare; regolando la velocità di rotazione del mandrino e il moto del dispositivo d'alimentazione del filamento si producono geometrie diverse di disposizione del filo con angoli d'incrocio e con successione degli strati a piacere. Poiché da questi vari fattori dipendono largamente le caratteristiche dei manufatti prodotti, oggi nella gran parte dei casi l'avvolgimento è comandato da microprocessori, che consentono di ottimizzare i vari parametri in funzione delle caratteristiche richieste e che assicurano una perfetta loro ripetibilità. Raggiunto lo spessore di filamento prestabilito, la resina viene fatta indurire a temperatura ambiente, o più alta, a seconda dei tipi impiegati; i manufatti sono poi sfilati dal mandrino (formato da più segmenti, apribili, o in gomma sgonfiabile, ecc.); si possono anche applicare filamenti sulla superficie esterna dell'oggetto di resina da rinforzare (nel caso di tubi, di serbatoi).
Iniezione: è un sistema di stampaggio prevalentemente usato per resine termoplastiche, ma che può anche essere applicato alle termoindurenti. In questo caso però i ritmi di produzione sono più lenti perché occorre che il materiale reticoli entro lo stampo prima di poterlo aprire e riutilizzare. Il metodo prevede la sistemazione delle fibre all'interno dello stampo, la sua chiusura e l'introduzione della resina, sotto pressione, attraverso uno o più condotti di entrata. Ovviamente, nel caso di resine termoindurenti, questa introduzione presenta maggiori difficoltà.
Un sistema adottato più recentemente, ma già affermatosi, è quello per iniezione con reazione che va sotto la sigla RIM (Reaction Injection Mould) nel quale vengono immessi nello stampo non il polimero, ma i monomeri componenti, che reagiscono all'interno dello stampo dando origine al polimero e quindi al manufatto della forma voluta. Il sistema è stato utilizzato inizialmente per resine poliuretaniche, ma poi è stato esteso anche alle epossidiche, al nailon, ecc. Il metodo serve per lo stampaggio di resine tal quali e per compositi; in questo caso il materiale di rinforzo, di solito in fibra corta, o macinato, viene addizionato a uno dei monomeri oppure sotto forma di feltri viene sistemato all'interno dello stampo prima della introduzione dei monomeri. Questi, riscaldati a 70÷80 °C, sono introdotti in una camera di miscelazione dalla quale, in quantità dosata, vengono spinti entro lo stampo dove il calore sviluppato nella polimerizzazione ne innalza la temperatura favorendo la reazione che si completa nel giro di pochi minuti (2÷4 circa).
L'introduzione delle matrici termoplastiche ha offerto il vantaggio di poter sfruttare sistemi di foggiature più semplici, più rapidi e meno costosi. In alcuni casi si applicano anche, opportunamente modificati, sistemi usati per i polimeri termoindurenti, per es. quello per compressione; nel caso si voglia garantire un'intima penetrazione della resina nella massa fibrosa in manufatti di struttura particolare, quello per pultrusione (usando però filiere raffreddate anziché riscaldate). Più usati sono i sistemi per termoformatura, per trasferimento di resina, per iniezione con reazione (RIM), ecc.
Per l'estrusione di m.c. a matrice termoplastica, pure con elevata percentuale di fibre e di cariche, si sono realizzati estrusori di elevata potenza, del tipo a due viti, a uno o due stadi, comandati e controllati anche con microprocessori.
Produzione e settori di impiego. - Il settore dei trasporti, sia aerei che terrestri, è fra i maggiori utilizzatori di m.c., specie di quelli capaci delle migliori prestazioni per i benefici del minor peso, delle elevate caratteristiche meccaniche specifiche e dei minori costi di produzione e assemblaggio.
Un'idea dell'impiego dei m.c. si può avere osservando le statistiche della produzione e dei principali settori di impiego (tab. 1), dai quali risulta che le maggiori applicazioni si hanno nelle costruzioni civili, aeronautiche, spaziali, nell'auto, ecc.
Non è possibile un elenco dettagliato di tutte le parti costruite con m. c. ed entrate nell'uso; molte di esse sono costantemente sotto i nostri occhi: basta pensare al settore automobilistico, ove alla comparsa di nuovi modelli corrisponde un crescente impiego di resine e di m.c. per la costruzione di paraurti (anteriore e posteriore), parafanghi, coperchi del cofano, pannelli laterali, pannelli delle portiere, griglie della presa d'aria, cruscotti, pannelli di strumentazione, dischi per le ruote, ecc., senza contare i numerosi componenti più piccoli o alloggiati nelle parti interne della struttura come albero di trasmissione, molle, ecc.
La Renault monta per es. su un modello di camper alberi di trasmissione ottenuti per avvolgimento di un ibrido di fibre di grafite (75% in peso) e di vetro (25%) in matrice di resina epossidica, fabbricati in un solo pezzo, con un peso pari alla metà di quello del manufatto metallico, e più facile da montare. Le due fibre hanno ''compiti'' diversi: quelle di vetro contribuiscono prevalentemente a sopportare gli sforzi di torsione, quelle di grafite a fornire le proprietà di rigidità.
In USA un pullman della Greyhound, con carrozzeria della lunghezza di 12 metri, ha sostituito le fiancate formate da 22 pezzi di alluminio anodizzato con cinque lastre di m.c. in poliestere e fibre di vetro, stampate per pultrusione, che pesano 30 kg di meno, e consentono una notevole riduzione del tempo di assemblaggio, poiché si applicano con linguette a incastro anziché mediante rivetti. L'impiego dei m.c. nelle parti esterne dell'auto comporta la risoluzione del problema della verniciatura, che, per poter avvenire in linea, deve contare su prodotti resistenti alle temperature richieste dalla cottura in forno delle superfici verniciate. Attualmente molti pezzi vengono verniciati a parte, fuori linea.
Il problema della finitura e verniciatura delle parti esterne dell'auto, in particolare degli elementi di grandi dimensioni (porte laterali, portellone posteriore, coperchio del cofano, ecc.) è in parte superato poiché oggi è possibile ottenerli direttamente dallo stampaggio con gradi elevati di finitura (cosiddetta di classe A), con aspetto lucido, speculare, senza difetti (porosità, vaiolature, ondulazioni, ecc.). Ciò si può realizzare con diversi accorgimenti: scelta del sistema e delle condizioni di stampaggio, resine con caratteristiche particolari (per es. poliuree), aggiunta alle fibre di vetro, anche vetro macinato o in piccole scaglie, aggiunta di particolari filler (wollastonite, ecc.). Inoltre sono state anche studiate vernici da applicare in linea, resistenti a temperature del forno di 130÷150 °C. Il parafango e il pannello anteriore della Ford Fiesta è in poliuretano RIM, verniciato a forno insieme con la carrozzeria. Il costo degli stampi per pezzi di grandi dimensioni risulterebbe dell'80% inferiore a quello per lo stampaggio degli analoghi pezzi in metallo.
In questi ultimi anni sono stati allestiti da diverse case costruttrici prototipi preparati completamente, o quasi, con m.c. e con parti stampate in sola resina; lo stesso è avvenuto anche per piccoli autobus, a struttura modulare. Nonostante i risultati che ne dimostrano la fattibilità, i progettisti dell'industria automobilistica ritengono che almeno per la maggior parte di questo decennio la carrozzeria delle auto sarà ancora ibrida, cioè parte di metallo e parte in m.c., con crescente utilizzazione di questi ultimi; per la pressocché completa sostituzione dell'acciaio o di metalli leggeri, occorre attendere ancora la soluzione di diversi problemi relativi allo stampaggio di varie parti, alla scelta dei sistemi di formatura più adatti a realizzare le macchine relative (necessità per es. di presse da 2500÷3500 t per lo stampaggio a iniezione).
Le percentuali in peso di materie plastiche impiegate nelle costruzioni di auto in questi ultimi anni sono le seguenti:
Un elemento importante studiato dalla Chevrolet è rappresentato dalle balestre, sia per auto che per autocarri, prodotte in m.c. con fibre di carbonio che consentono una riduzione di peso del 40÷50% rispetto a quelle in acciaio. Molti altri componenti sono allo studio per poter sostituire i corrispondenti in metallo: valvole di scarico, camicia dei cilindri, albero a camme, ecc.
L'aviazione, civile e militare, fa largo uso di m.c. sfruttandone sia le specifiche caratteristiche meccaniche, sia le diminuizioni di peso che essi consentono, con il relativo risparmio di carburante.
Le applicazioni negli aerei militari hanno preceduto quelle negli aerei civili. Fin dal 1970 la Marina statunitense ha adottato nell'F-14 lo stabilizzatore orizzontale in fibra epossidica, rinforzata con fibre metalliche; l'aereo da combattimento AV-88, della stessa Marina, contiene circa il 40÷45% di m.c. avanzati, corrispondenti al 20% della massa strutturale (parte anteriore della fusoliera, substruttura dell'ala, ecc.). Sono allo studio aerei da combattimento con strutture formate in larga parte da m.c. avanzati (aventi peso inferiore del 25% circa rispetto alle analoghe strutture in alluminio o in sue leghe) capaci di una maggiore autonomia di volo senza necessità di rifornimento. Nel caccia tattico AMX dell'Aeritalia le parti in m.c. costituiscono circa l'8% del peso delle strutture. In m.c. sono costruite varie parti (impennaggi verticali, timoni, componenti delle ali, parti della fusoliera, deflettori, ecc.) del caccia EFA, frutto della collaborazione europea (fig. 1).
Una recente applicazione di m.c. si ha nei cosiddetti aerei clandestini, o invisibili, perché sfuggono all'osservazione radar in quanto impiegano materiali capaci di assorbirne le onde. Si tratta di m.c. (a base di carbonio e di prodotti ferromagnetici) dotati di basso indice di riflessione per le onde elettromagnetiche, in quanto il segnale che raggiunge il bersaglio, anziché rimbalzare verso la fonte che lo ha emesso, viene assorbito dal materiale; per favorire tale assorbimento si usano strutture a nido d'ape (con le cavità ripiene di nero fumo, di polvere d'argento) in modo che le onde elettromagnetiche restino intrappolate negli alveoli.
Alle perplessità iniziali dei costruttori di aerei civili, per i quali il fattore sicurezza è fondamentale, è seguita prima l'adozione di alcuni elementi e poi di componenti sempre più importanti e numerosi.
Nel Boeing 757 da trasporto passeggeri sono presenti circa 1800 kg di m.c. (prevalentemente grafite/epossidici) che consentono un risparmio di peso di circa 900 kg; le sostituzioni riguardano sia parti strutturali (secondarie) che rivestimenti. La carenatura dei montanti, ai quali sono fissati i motori nel Boeing 707-200, viene ottenuta per stampaggio a iniezione di un m.c. (fibre di carbonio-resina PEEK), che pesa il 30% in meno e costa il 90% in meno del manufatto in alluminio usato in precedenza. La Lockheed nell'aereo da trasporto L-1011-500 ha introdotto 1140 kg di m.c. (fibre aramidiche/resine epossidiche) con una riduzione di peso di 366 kg. Si calcola che in un aereo da trasporto passeggeri il risparmio di 1 kg di peso comporti nella vita dell'aereo (circa 15 anni) un minore consumo di circa 3000 litri di carburante.
Largo impiego di m.c. viene fatto nella costruzione di aerei executive, in alcuni dei quali quasi tutta la struttura principale è formata da m.c.; dello stesso materiale sono i timoni, parte della gondola, del motore, il radome, ecc. In alcuni casi la fusoliera viene fabbricata in due metà che vengono congiunte al centro. Per questi aerei l'introduzione dei m.c. porta, oltre alle solite economie di peso, a una riduzione del numero dei pezzi e a una facilità di assemblaggio.
Gli elicotteri utilizzano pure largamente i m.c.; per essi si presenta la necessità di disporre di prodotti con elevata resistenza a fatica per ridurre i pericoli di rotture ed effettuare economie nel costo.
Nell'elicottero militare Sikorsky il gruppo motore contiene circa 150 kg di m.c. avanzati, contenenti fibre aramidiche, che si preferiscono a quelle di carbonio per la migliore resistenza all'urto e per la capacità di smorzare le vibrazioni; inoltre, in caso si verifichi rottura, questa non si presenterà in maniera improvvisa, rapida, ma lenta e graduale. Nell'elicottero Dauphin SA-366-6 sono impiegati 366 kg di m.c., pari al 23% circa del peso a vuoto dell'apparecchio. Utilizzando m.c. con fibre kevlar nell'Airbus A-310 si è realizzata una riduzione del peso di 127 kg. I condotti per l'aria in fibra aramidica adottati dalla De Havilland (Dash 7) e dalla Boeing (767) pesano il 40% in meno rispetto a quelli in metallo. Nell'elicottero EH 101 (Agusta-Westland), per missioni con partenza da bordo di navi, i m.c. costituiscono il 37% del peso complessivo della struttura (si usa per il mozzo del rotore principale e di quello di coda, per la trave di coda [fig. 2], per l'impennaggio orizzontale, ecc.). Analogamente nell'elicottero A 129, versione navale, con fusoliera da 12,5 m con rotore principale del diametro di 12 m, i m.c. rappresentano circa il 40% della struttura, dei comandi, dei rotori, ecc. Molti altri elicotteri in produzione di prototipo prevedono l'impiego di percentuali ancor più elevate di m.c., specie del tipo avanzato.
Nel settore della nautica, la produzione italiana vanta un fatturato superiore ai 1000 miliardi/anno ed è largamente esportata perché ne è apprezzato il design, le finiture, l'arredo interno, ecc. Sono molti gli scafi della lunghezza di 20÷25 m e della larghezza di 5÷7 m costruiti in resine rinforzate con fibre di vetro e/o kevlar. Il buon comportamento dei m.c. in poliestere e vetro alle basse temperature è stato confermato dall'impiego di imbarcazioni da 10 m della norvegese Windy nelle isole Lofoten, al disopra del circolo polare. Per accrescere la durata dei m.c. in poliestere si usano talora rivestimenti superficiali, idrorepellenti. Il motoscafo Maltese 63, della lunghezza di 19,2 m e largo 5,2 m, ha vinto la competizione Miami-Nassau alla media di 53 nodi; ha lo scafo in m.c. con fibre di carbonio e kevlar e la coperta in sandwich con nucleo di polivinile espanso. I m.c. sono largamente apprezzati, oltre che nelle imbarcazioni da diporto, anche in quelle leggere per usi militari e civili, perché rispetto ai materiali tradizionali offrono prodotti più leggeri, con piccole variazioni dimensionali, resistenti alla corrosione marina, fattori importanti per assicurare elevate velocità, buona stabilità e durata.
Fra gli impieghi militari ricordiamo: le imbarcazioni cacciamine con scafi in poliestere e fibre di vetro, della lunghezza di 50 m, utilizzate con successo nello sminamento del Golfo Persico e vendute anche a diversi paesi esteri, e le motovedette veloci; fra quelli civili, i mezzi per l'osservazione subacquea, per l'ispezione di dighe, di impianti petroliferi offshore, ecc.
I m.c., oltre che nella costruzione di scafi per imbarcazioni a motore o a vela, hanno trovato applicazione in quella delle ''tavole'' per surf e, più recentemente, dei catamarani.
Il settore aerospaziale è forse quello di maggiore interesse perché richiede prodotti con caratteristiche veramente eccezionali, dove il costo è secondario rispetto all'affidabilità e alla sicurezza che i prodotti debbono presentare; il successo dei prodotti in queste applicazioni apre spesso le porte a utilizzazioni più vaste, in altri settori. Il consumo di m.c. termoindurenti è quantitativamente modesto (meno dell'1%), però rappresenta il 9% in valore. Nel settore aerospaziale si calcola che la riduzione di 1 kg di peso comporti un'economia nella costruzione di circa 40 milioni di lire. Inizialmente sono stati impiegati m.c. con fibre di vetro, ma è in aumento l'impiego con fibre di grafite o con kevlar e con matrici di tipo aromatico (poliimmidi, polisulfoni).
Nelle navicelle spaziali Columbia sono stati impiegati m.c. con fibre di carbonio per la costruzione dei portelli (che debbono venire aperti una volta in orbita, ma essere chiusi durante il lancio e l'ammaraggio), la testa del cono, il fronte delle ali, parti importanti che raggiungono temperature molto elevate durante il rientro nell'atmosfera. Altre parti in m.c., sempre con fibre di carbonio e poliammidi aromatiche, sono i serbatoi per il carburante.
Altre parti di missili, non a guida d'uomo, comprendono elementi strutturali, specchi solari, antenne, braccio del manipolatore, ecc. La cima del cono del missile tedesco Aries ha uno spessore di soli 4 mm (un peso di 40 kg con un risparmio del 70% rispetto al manufatto in alluminio).
Compositi a matrice metallica. − Questa classe di prodotti presenta gli stessi vantaggi dei precedenti compositi. Anche con matrici metalliche si possono ottenere m.c. aventi caratteristiche superiori rispetto a quelle del metallo di base, in questo caso tuttavia i vantaggi ottenibili sono di minore portata e i m.c. più difficili da preparare.
Le fibre che si usano sono prevalentemente metalliche o ceramiche (boro, carburo di silicio, ossido d'alluminio), ma si impiegano anche quelle usate coi polimeri (grafite, oggi anche kevlar, ecc.): come rinforzanti dei metalli si usano anche wiskers, e prodotti in granuli. Teoricamente si possono avere m.c. da qualsiasi metallo, in pratica però, per difficoltà di preparazione, ci si limita a metalli con bassa temperatura di fusione (Al, Mg, Cu), leghe di ferro, di nichel.
I m.c. a base metallica sono più difficili da ottenere di quelli a base polimerica. L'impiego di metalli fusi presenta diverse difficoltà; nel caso di stampaggio si richiedono pressioni elevate e attrezzature costose; il sistema per infiltrazione (penetrazione del metallo fuso nella massa fibrosa preventivamente predisposta), concettualmente più semplice, è ostacolato dalla elevata viscosità del metallo fuso e dalla sua scarsa tendenza a bagnare le fibre e quindi ad aderire saldamente alla loro superficie, e a riempire tutte le cavità dello stampo. Si cerca di migliorarne la bagnabilità ricorrendo a trattamenti superficiali, o a rivestimenti superficiali delle fibre. Queste difficoltà spiegano il fatto che nei m.c. a base metallica le fibre non superino mai il 20÷40% del volume e che il loro diametro sia relativamente grosso, 150÷200 μm (solo in qualche caso si scende a 5÷20 μm). Si può procedere anche a lavorazioni allo stato solido ricorrendo a metalli in polvere, che si possono miscelare alle fibre, o a wiskers corti, pressando poi la massa isostaticamente a caldo. Si possono anche rivestire le fibre, continue, con polvere metallica, comprimendo poi il tutto in presse a caldo; oppure bagnare le fibre con metallo fuso; oppure far depositare elettroliticamente il metallo sulle fibre e poi comprimere il tutto sotto pressa, a caldo.
Fra i c. di alluminio si distinguono quelli rinforzati con monofilamenti (boro, carburo di silicio), preparati allo stato solido, e quelli contenenti filamenti multipli, wiskers, rinforzanti particolari, che si preparano con metallo fuso o con metallo in polvere. Recentemente particolare attenzione hanno ricevuto i m.c. a base di magnesio con fibre di allumina o di grafite, per la maggiore facilità di fabbricazione (per infiltrazione del metallo fuso) e per le buone caratteristiche che presentano (resistenza degli agenti chimici, elevata rigidità). Dal titanio, materiale strutturale di molte parti di aerei, i m.c. sono difficili da ottenere: operando infatti alla temperatura di fusione, molto elevata, si compromettono le caratteristiche delle fibre.
I m.c. a matrice metallica sono più costosi di quelli a matrice polimerica, ma hanno il pregio di offrire caratteristiche che si conservano a temperature abbastanza elevate (300÷700 °C) non ottenibili con altri materiali. M.c. con matrice di alluminio e rinforzi di boro, di carburo di silicio, si usano per parti strutturali di veicoli spaziali; m.c. a base di magnesio, per la proprietà di smorzare vibrazioni, trovano impiego negli elementi di trasmissione degli elicotteri. Si producono sandwich di alluminio di diversi metri quadrati di superficie, formati da fogli di alluminio tenuti insieme da un adesivo impregnato con fibre arammidiche; rispetto all'alluminio questi m.c., a parità di caratteristiche, presentano un peso inferiore del 30÷40%. Si preparano tubi di m.c. di alluminio avvolgendo fibre di boro o di carburo di silicio, rivestendo poi l'avvolgimento con metallo fuso spruzzato o colato.
Compositi a matrice ceramica. - Quanto ai materiali ceramici, si tratta già di m. c., in quanto risultano da fasi cristalline e vetrose; si tratta però non di materiali ottenuti per aggiunta di fibre alla matrice ceramica, ma di una mescolanza di componenti strutturali sotto forma di particelle più o meno finemente disperse (v. ceramica, in questa App.). Rientrano in questo tipo i vari prodotti stabilizzati (allumina, zircona, ecc.) nei quali l'aggiunta di ridotte percentuali di stabilizzanti produce un aumento della tenacità del materiale di base.
M.c. a matrice ceramica o vetrosa con introduzione di fibre portano benefici notevolmente elevati; così, introducendo in un vetro (silicatico) un'elevata percentuale (anche 50% in volume) di sottili fibre di grafite (del diametro inferiore ai 10 μm), allineate o incrociate, è possibile ottenere tenacità paragonabili a quella di un metallo. Le fibre, distribuite uniformemente, debbono essere circondate e bagnate dal materiale ceramico, rispettando anche determinate relazioni: di distanza delle fibre dal materiale ceramico e di larghezza del diametro delle fibre, che deve diminuire all'aumentare della differenza di proprietà tra fibre e matrice. I m.c. con fibre in matrice ceramica sono tecnologicamente importanti, ma finora le difficoltà di preparazione e il conseguente costo elevato ne limitano l'uso.
Bibl.: F.P. Gerstle, s.v. Composites, in Encyclopedia of polymer science and engineering, New York 19852; W.B. Goldsworthy, s.v. Composites, fabrication, ibid.; B. Ilschner, J.K. Lees, A. Dhingra, R.L. McCullough, Composite materials, in Ullman's encyclopedia of industrial chemistry, Weinheim 1986; International encyclopedia of composites, a cura di S.M. Lee, New York 1989. Riviste specializzate: Materie plastiche ed elastomeri; Modern plastics; Plastics engineering.