ISOLANTI, MATERIALI
(v. isolanti, XIX, p. 640)
L'aumento delle tensioni delle grandi reti elettriche fino a molte centinaia di migliaia di volt, dovuto all'incessante crescita di energia elettrica prodotta, trasportata e consumata, e la necessità di ottimizzare i progetti d'ingegneria, onde consentirne la massima sicurezza unita alla massima economicità e al minor consumo d'energia, ha reso il problema dell'isolamento elettrico d'importanza sempre maggiore, soprattutto in relazione all'uso di nuovi materiali e al loro comportamento in rapporto alle molteplici sollecitazioni a cui l'isolamento è assoggettato. I grandi progressi della chimica dei polimeri hanno consentito di utilizzare, con notevoli vantaggi, m.i. sintetici in quasi tutti i campi dell'ingegneria elettrica, mentre la ricerca scientifica ha approfondito la conoscenza dei fenomeni e ha permesso un più razionale sfruttamento dei materiali onde ottenere la desiderata affidabilità delle apparecchiature, strettamente legata alla capacità di resistenza dell'isolamento, un cui difetto, congenito o sopravvenuto, rappresenta una delle cause più frequenti di guasto dell'intero apparato.
Il proporzionamento dell'isolamento. - Com'è noto, i m.i. elettrici hanno lo scopo d'isolare, fra di loro e da ogni oggetto conduttore posto nelle vicinanze, le parti dei circuiti elettrici sotto tensione. L'isolamento dei conduttori rende possibile la realizzazione pratica dei circuiti elettrici, consentendo alla corrente elettrica d'incanalarsi nelle apposite condotte senza disperdersi all'intorno.
Poiché la capacità di un materiale di condurre la corrente è misurata dalla conducibilità elettrica (e, viceversa, la capacità di opporsi a tale passaggio è misurata dal suo inverso, la resistività), sembrerebbe che l'unica condizione necessaria per un buon isolamento sia l'impiego di materiali a resistività molto alta, ovvero con conducibilità trascurabile rispetto a quella dei conduttori. Di fatto, il rapporto fra la resistività di un buon isolante e quella dei conduttori è enorme, dell'ordine di 1018÷1020, ciò che garantisce che la corrente viaggi esclusivamente all'interno dei conduttori.
Le cose non sono però così semplici. In ogni punto del conduttore vi è un potenziale elettrico diverso da quello della terra e da quello degli altri conduttori, cosicché all'isolamento è applicata una differenza di potenziale (ddp) e quindi agisce un campo elettrico E dipendente dal valore di questa ddp e dalle dimensioni e forma dell'isolamento stesso, campo che può essere definito come gradiente del potenziale e al quale si applicano le classiche leggi dell'elettrostatica, anche quando la corrente nel conduttore sia variabile nel tempo, come nel caso della corrente alternata. L'intensità del campo nell'isolante è sempre molto elevata, enormemente superiore al campo elettrico longitudinale che agisce nel conduttore e determina la circolazione in esso della corrente. A ddp dell'ordine di pochi volt su lunghezze di centinaia di m nei conduttori, si contrappongono tensioni di migliaia di volt applicate a pochi cm o mm d'isolante, con rapporti pertanto dell'ordine di 108 nel valore del campo elettrico. Ma il campo E nell'isolante non può superare, per ogni materiale, un certo limite (detto rigidità dielettrica), pena la perdita delle proprietà isolanti, che si traduce nella scarica disruptiva, cioè nella rottura (perforazione) dell'isolante stesso e di conseguenza nel guasto dell'apparato.
Il gradiente elettrico nell'isolante costituisce dunque la sollecitazione in esso agente, così come la tensione σ è la sollecitazione in una struttura meccanica. In questo confronto, la tensione elettrica corrisponde al carico complessivo, e il campo elettrico alla σ. E alla σR, limite superiore della σ (valore alla rottura), corrisponde per il campo elettrico nell'isolante la rigidità dielettrica. Le dimensioni dell'isolamento sono dunque proporzionate alla tensione e il progetto dell'isolamento consiste nell'imporre che il campo elettrico in ogni punto dell'isolante sia inferiore al valore della rigidità dielettrica, diviso per un opportuno coefficiente di sicurezza.
Ma qual è questo valore? È assai difficile dare una risposta precisa, in quanto la rigidità dielettrica è influenzata da molte grandezze e dalle stesse dimensioni dell'isolamento, e inoltre diminuisce nel tempo a causa dell'invecchiamento. I m.i. di più largo uso, essendo organici, sono infatti soggetti a invecchiamento, a causa di vari fattori quali la temperatura, le sollecitazioni meccaniche, chimiche, ambientali; lo stesso carico, se alternato, può contribuire a esso. Siamo così di fronte a un caso simile a quello di una struttura meccanica soggetta a corrosione e inoltre sottoposta a fatica. Occorrono dunque lunghe e difficili prove sui materiali e sulle strutture isolanti per determinarne i limiti di resistenza nelle effettive condizioni di esercizio, onde commisurare a tali limiti i valori delle sollecitazioni applicabili.
Proprietà macroscopiche. - La permettività. - Un m. i. è detto anche ''dielettrico'' in quanto sede di fenomeni detti appunto dielettrici. Esso, assoggettato a un campo elettrico, si polarizza, presenta cioè una reazione al campo elettrico applicato. Il fenomeno viene descritto con l'ausilio del vettore polarizzazione, P, la cui relazione col campo elettrico E è la seguente: P=(ε-ε0)E, essendo ε una costante propria del dielettrico, detta permettività (ε0 è la permettività del vuoto) o costante dielettrica. L'entità della polarizzazione viene dunque misurata dal valore della permettività, grandezza fondamentale che governa la distribuzione del campo elettrico nei m. isolanti. Essa, com'è noto, determina il valore della capacità di un condensatore ed è evidente come, per ridurre le dimensioni dei condensatori reali, sia vantaggioso l'uso di materiali ad alta permettività.
Si noti che per quasi tutti i materiali ε non è molto superiore a ε0, il loro rapporto (che dà il valore della permettività relativa) variando fra 1 o poco più per i gas, a qualche unità per i dielettrici solidi. Solo i cosiddetti materiali ferroelettrici (ceramiche derivate dal biossido di titanio) presentano una ε elevatissima e una polarizzazione che si comporta in modo analogo alla magnetizzazione dei materiali ferrosi (da cui il nome).
Nel caso di isolanti composti o impregnati, cioè sistemi a due o più dielettrici, il campo elettrico risulta minore nel dielettrico a più elevata ε, perché ivi è maggiore la polarizzazione dielettrica. Per due dielettrici in serie si ha: E1/E2=e2/ε1, cosicché nel caso di vacuoli o bolle d'aria all'interno di un dielettrico solido il campo elettrico risulta maggiore nella zona in cui l'isolante è più debole, con grave pericolo di scarica. Ciò implica particolari e costosi processi tecnologici onde non essere costretti a un eccessivo sovradimensionamento dell'isolamento. La presenza di vuoti all'interno degli isolanti solidi, dovuti a imperfezioni costruttive o all'invecchiamento, è sempre pericolosissima, dando origine a scariche parziali, che costituiscono una dalle cause più frequenti di cedimento degli isolanti, come si vedrà più avanti.
La conducibilità statica. - Come già detto, la conducibilità di un buon isolante è bassissima e del tutto trascurabile rispetto a quella dei conduttori. Essa non può tuttavia essere ignorata, essendo fortemente variabile con la temperatura (secondo una legge esponenziale). Poiché, a causa della conducibilità non nulla, si hanno nel dielettrico delle perdite per conduzione, si ha un debole riscaldamento del materiale che determina un aumento di conducibilità, e quindi di perdite. Il fenomeno, in generale contenuto, può diventare instabile qualora il campo elettrico superi un valore critico, portando al cedimento dell'isolante per instabilità termica.
Il fattore di dissipazione. - Le perdite per conduzione sopra accennate non sono le uniche. Anche considerando un dielettrico perfettamente omogeneo, esso in corrente alternata è sede di perdite per isteresi dielettrica. Tutte le perdite, anche quelle non determinabili teoricamente perché dovute all'imperfezione dei dielettrici reali, possono essere valutate tramite il fattore di dissipazione.
Un condensatore di potenza reattiva Pr assorbe anche una potenza attiva Pa=Prcotg ϕ. Considerando l'angolo δ=90°−J, possiamo anche scrivere: tgδ=Pa/Pr. Questa grandezza misura dunque la potenza in watt, dissipata nell'isolante per voltampere reattivo, ed è detta appunto fattore di dissipazione.
I migliori dielettrici solidi hanno valori di tgδ dell'ordine di 10−4 o in qualche caso anche inferiori. Si osservi che le perdite dielettriche per unità di volume dipendono dal quadrato del gradiente elettrico (esse valgono 2πf ε E2 tgδ) e quindi sono importanti solo se esso ha valori molto elevati, come nel caso dei cavi in alta tensione. Non è poi tanto il valore assoluto delle perdite che preoccupa, ma il fatto che il riscaldamento da esse prodotto obbliga a ridurre la corrente nel conduttore, e quindi la potenza trasmissibile, se si vuole mantenere la temperatura dell'isolante a valori non solo non pericolosi dal punto di vista dell'instabilità termica, ma tali da garantire una durata di vita economicamente conveniente del cavo stesso.
La rigidità dielettrica. - Crescendo la tensione applicata a un dielettrico, a un certo punto si ha la scarica (breakdown). La rigidità dielettrica (RD, unità di misura kV/mm o kV/cm) è il valore dell'intensità del campo elettrico a cui avviene la scarica, in determinate condizioni di prova. Quest'ultima specificazione è necessaria perché la RD varia sensibilmente in funzione di molte grandezze, fra cui le principali sono le seguenti:
a) forma e dimensione degli elettrodi; se la forma è tale da aversi un campo elettrico uniforme, la RD si può calcolare semplicemente dividendo la tensione di scarica per lo spessore del provino;
b) condizioni ambientali, in particolare temperatura; che la temperatura influenzi la RD è ovvio se si considera il fenomeno dell'instabilità termica sopra accennato;
c) tipo di tensione; in tensione continua si ottengono valori di RD molto superiori che in alternata;
d) modo e velocità di salita della tensione; la tensione può essere aumentata con continuità (rampa) o a gradini. Al diminuire della velocità di salita della tensione aumenta il tempo di applicazione della tensione e diminuisce la RD. Le norme internazionali consigliano velocità di salita tali che la scarica si verifichi in tempi molto brevi (decine di secondi);
e) spessore dei provini; al crescere dello spessore dei provini la RD diminuisce sensibilmente.
Il fenomeno può anch'esso spiegarsi alla luce del processo di instabilità termica: all'aumentare dello spessore dei provini le condizioni di smaltimento del calore divengono infatti più difficoltose (le perdite aumentano col volume, e quindi proporzionalmente allo spessore, mentre il calore dissipato nell'ambiente circostante dipende dalla superficie di smaltimento);
f) superficie dei provini; la RD diminuisce anche con la superficie sottoposta a tensione, e questo non può essere spiegato dal punto di vista termico, ma è dovuto alla disomogeneità dei provini la cui RD varia in realtà da punto a punto. Si tratta di un fenomeno aleatorio, particolarmente importante nel caso dei materiali polimerici, e a esso si possono applicare le classiche metodologie statistiche. Si può dire che la probabilità di scarica a parità di gradiente applicato aumenta con l'aumento delle dimensioni dei provini.
Si può facilmente dimostrare che il rapporto fra i gradienti E1 ed E2 corrispondenti alla stessa probabilità di scarica per provini di dimensioni in rapporto N è dato da: E1/E2=N1/β. Il coefficiente β, al crescere del quale l'effetto dimensionale diminuisce, è detto coefficiente dimensionale e il suo valore, per i moderni isolanti polimerici, è dell'ordine di 10 o più.
Scarica e invecchiamento degli isolanti. - La scarica negli isolanti. - Nel caso delle prove di rigidità dielettrica, la scarica ha luogo solitamente a causa dell'instabilità termica che si verifica quando il campo elettrico raggiunge un valore critico in corrispondenza del quale viene meno la condizione di equilibrio termico: perdite nell'isolante pari al calore ceduto all'ambiente esterno, cosicché la temperatura dell'isolante tende a crescere indefinitamente e così la conducibilità. Ciò, come abbiamo visto, spiega l'influenza di molte grandezze (quali la temperatura, il tipo di tensione, lo spessore dei provini) sul valore della RD.
Il fenomeno dell'instabilità termica si può presentare nell'isolante in esercizio se la sua temperatura subisce un aumento rispetto al valore di progetto. Ciò può accadere sia per un imprevisto aumento della temperatura esterna, sia per un sovraccarico che porti un aumento della potenza dissipata nel conduttore isolato.
Un'altra causa di scarica possono essere le sovratensioni, sia di origine esterna, come le fulminazioni, sia di origine interna agli impianti, come le sovratensioni di manovra. Le reti sono protette da tali sollecitazioni mediante apposite apparecchiature (scaricatori) che riducono il loro livello a un valore sopportabile dagli apparati.
Le prove di tenuta alle sovratensioni atmosferiche (che sono di tipo impulsivo, con durate dell'ordine di alcune decine di μs) sono le cosiddette prove a impulso, cui le apparecchiature che possono essere soggette alle fulminazioni devono essere sottoposte prima di essere ammesse in servizio. Poiché però col tempo si ha una diminuzione delle proprietà isolanti, accade che le sovratensioni siano spesso causa di guasto, specialmente per apparecchiature che si trovano da tempo in servizio.
Scariche parziali e ''treeing''. - Sovratemperature e sovratensioni sono eventi aleatori che possono determinare la scarica, che per gli isolanti solidi (non autoripristinanti, come i gas e, in certa misura, i liquidi) è un fenomeno irreversibile e quindi significa il guasto definitivo. Ma anche senza questi eventi la vita degli isolanti solidi non sarebbe infinita, essendo limitata dalle stesse sollecitazioni di esercizio (tensione, temperatura, eventuali sollecitazioni meccaniche) e da quelle ambientali, che determinano una progressiva degradazione nei materiali organici. Accade così che a un certo punto si formino nel materiale piccole zone (imperfezioni, fessurazioni), in cui s'innescano piccole scariche, dovute sia a concentrazioni di campo che a condizioni d'indebolimento locale della struttura isolante. Queste scariche (ingl. discharges), dette ''parziali'' per non confonderle con la scarica totale (rottura dell'isolante, ingl. breakdown), una volta innescate si espandono più o meno velocemente a seconda del materiale, cosicché un canale ramificato di scarica (ingl. treeing, nome col quale il fenomeno è universalmente conosciuto) avanza progressivamente nel materiale, conducendo inevitabilmente alla scarica totale.
Resistenza degli isolanti alla tensione (''voltage endurance''). − I fenomeni che portano all'innescarsi del canale di scarica risultano ovviamente tanto maggiori quanto maggiore è il campo elettrico. Ne risulta che la durata di vita dell'isolante diminuisce rapidamente in proporzione del crescere del gradiente applicato.
Se consideriamo la curva di vita elettrica di un materiale isolante, cioè il grafico che riporta i tempi ts alla scarica in funzione del campo elettrico E applicato, essa può generalmente suddividersi in tre tratti principali (fig. 1): nel primo tratto, per alti gradienti e bassi tempi, si è al di sopra della soglia di innesco delle scariche parziali cosicché si ha subito il treeing con abbassamento dei valori del gradiente di scarica; il secondo tratto, per tempi medi o lunghi, è pressoché rettilineo ed è il tratto statistico, in quanto le scariche sono distribuite nel tempo in modo aleatorio, con grande dispersione; per bassi gradienti infine la linea tende a divenire orizzontale, il che mostra l'esistenza di una soglia, Et, al di sotto della quale il gradiente elettrico non provoca più deterioramento nel materiale cosicché, senza il contributo di altri fattori di invecchiamento, peraltro sempre presenti, non si avrebbe la scarica.
La soglia può essere considerata come l'equivalente del limite di fatica nel caso delle sollecitazioni meccaniche a fatica. Per accelerare le prove si usa spesso, come nel caso meccanico, l'accorgimento di aumentare la frequenza, anche se ciò nel caso elettrico non è esente da critiche.
Qualora il tratto rettilineo si estenda fino a tempi molto lunghi (è il caso, per es., del polietilene termoplastico e dell'EPR), è la pendenza di questo tratto che interessa per la valutazione della resistenza degli isolanti alla sollecitazione elettrica. Detto n l'inverso di tale pendenza, si vede che al crescere di n la linea tende a disporsi più orizzontalmente, ciò che significa un aumento delle durate a parità di gradiente; n è dunque un parametro che misura la resistenza alla tensione (da cui il nome Voltage Endurance Coefficient, VEC). I valori del VEC forniti dai vari ricercatori sono compresi fra 9 e 12 per il polietilene e fra 16 e 20 per l'EPR (etilen-propilene).
Invecchiamento termico. - Il problema di limitare la temperatura degli isolanti onde evitarne un troppo rapido invecchiamento si è posto fin dai primordi dell'elettrotecnica. Fin dagli anni Trenta si suddivisero i materiali in classi d'isolamento a seconda della temperatura massima consentita. Le prime classi d'isolamento furono la A (materiali organici), la B (materiali inorganici impregnati di organici) con temperature massime ammesse di 105° e 130 °C, rispettivamente, che riguardavano i due tipi d'isolamento fondamentali per le macchine elettriche. Indubbiamente, se la temperatura rimanesse costante a tali livelli, la durata degli isolanti organici sarebbe troppo breve, ma la temperatura di esercizio, variando con il carico, solo per periodi limitati raggiunge il valore massimo, e una diminuzione di 8÷10° porta a un raddoppio della vita (regola di Montsinger). L'introduzione di nuovi materiali obbligò ad aggiungere altre classi termiche (v. tabella). Sorse però il problema delle prove atte ad accertare l'appartenenza di un materiale a una determinata classe, dal momento che questa non dipendeva più dalla natura del materiale. Poiché però le condizioni di esercizio sono assai diverse da quelle di laboratorio, le prove non possono fornire il limite di temperatura di un materiale in esercizio (e meno che mai di un sistema isolante) ma soltanto un ''indice di temperatura'' (ingl. temperature index, TI) utile per valutare e classificare i materiali. Esso esprime la temperatura corrispondente a una vita termica di 20.000 ore.
Per determinare il TI viene usato il grafico di vita termica (fig. 2), avente in ascisse le temperature T in una scala proporzionale a 1/T (temperatura assoluta) e in ordinate i tempi t al guasto in scala logaritmica (carta di Arrhenius). In questo particolare sistema di coordinate, il grafico è in genere rettilineo, sicché, una volta tracciata la retta, come retta di regressione da almeno tre punti sperimentali, da essa si può facilmente ricavare, estrapolando a 20.000 ore, il TI.
Principali materiali isolanti. - Materiali tradizionali. - I principali m. i. tradizionali ancora di grande interesse sono i seguenti:
a) Il sistema carta-olio. Nonostante il sempre maggiore impiego di isolanti sintetici, il sistema carta-olio resta in pratica insostituibile in alcune fondamentali applicazioni, quali i trasformatori per grandi potenze e i cavi per altissime tensioni. La carta usata per isolamento è di pura cellulosa: la purezza è il requisito fondamentale per le carte per uso elettrico. Le principali caratteristiche per la scelta delle carte sono la resistenza meccanica (alla trazione e alla lacerazione), la densità, la porosità, l'uniformità. A eccezione di impieghi telefonici (per altro obsoleti), la carta come isolante dev'essere sempre impregnata con oli isolanti. La tecnologia del sistema carta-olio è assai complessa, in quanto occorre ottenere una perfetta impregnazione, con assenza totale di bolle d'aria o di impurità, che sarebbero sedi di scariche parziali. Ambedue i costituenti vengono quindi pretrattati e l'impregnazione viene effettuata in autoclave sotto vuoto spinto per eliminare ogni traccia d'aria o di umidità.
Per quanto riguarda i cavi, il cavo a olio fluido, isolato con carta impregnata con olio, resta insuperato, essendo l'unico per il quale si può spingere il gradiente di lavoro fin verso i 20 kV/mm senza comprometterne la sicurezza. Ciò è dovuto ai continui progressi tecnologici quali soprattutto l'uso di speciali oli sintetici in grado di assorbire eventuali bolle gassose che si formino in esercizio, e l'estrusione della guaina metallica (in piombo o alluminio), che funge a un tempo da tenuta e da protezione, effettuata all'uscita del cavo dall'autoclave stessa d'impregnazione. Il valore di tgδ di un cavo a olio fluido è dell'ordine di poche parti per mille, e la temperatura di funzionamento di 90 °C. In queste condizioni, la durata di vita del cavo è praticamente illimitata.
Un'altra importante applicazione in cui l'isolamento in carta e olio non ha rivali riguarda i trasformatori di grande potenza: infatti tutto il trasformatore è immerso in olio per migliorarne le condizioni di raffreddamento. L'olio impregna carta e cartoni usati per l'isolamento, fra le bobine e fra gli avvolgimenti e verso massa. Anche se il sistema carta-olio appartiene termicamente alla classe A (sovratemperatura di 60 °C nei riguardi dell'ambiente), esso per grandi potenze non può essere sostituito da dielettrici sintetici che possono sì sopportare temperature superiori ma non quelle che si determinerebbero in un trasformatore a secco di grande potenza e di pari dimensioni.
b) Mica. La mica è da molti anni l'isolante di miglior qualità per le macchine elettriche, essendo un isolante inorganico (e quindi di grande resistenza alla temperatura) a elevata rigidità dielettrica. Gli inconvenienti della mica naturale, cioè il fatto che essa si presenta in lamelle, il cui costo diviene elevatissimo per le dimensioni maggiori, è stato superato con l'introduzione della carta di mica o mica continua. Si tratta di un materiale ottenuto dalla polvere di mica, trattata in modo simile alla pasta di cellulosa usata per fabbricare la carta. Le proprietà dielettriche sono elevate, ma non quelle meccaniche, per cui la carta di mica richiede un supporto resistente. Il sistema oggi usato è con supporto in fibra di vetro, con impregnante termoindurente (epossidico o poliestere). Questo insieme rappresenta un sistema isolante a ottima resistenza alla temperatura, e viene usato per grosse macchine elettriche, in particolare per i grandi generatori sincroni.
c) Vetro. Il vetro è isolante fondamentale per le linee aeree, dove i moderni isolatori a sospensione sono prevalentemente in vetro temprato. Esso presenta un'elevata resistenza meccanica, e in caso di rottura si sbriciola, cosicché è facile constatare l'esistenza di un isolatore rotto in esercizio. Molto usato è anche il vetro sotto forma di tessuto di vetro, supporto che conferisce resistenza a molti materiali, come abbiamo visto nel caso della mica. Il sistema vetro-poliestere ha una resistenza meccanica elevatissima, paragonabile a quella di un buon acciaio, cosicché nastri di questo materiale vengono impiegati per i rivestimenti delle macchine elettriche in corrente continua e per la nastratura di nuclei di trasformatori a lamierini a cristalli orientati.
d) Materiali ceramici. Fra questi materiali, la porcellana resta fondamentale per gli isolatori, specie per quelli portanti per esterno. Per l'interno, si vanno diffondendo sempre più isolatori sintetici, in generale in resina epossidica (araldite), mentre per l'esterno la durata dei materiali sintetici non è ancora soddisfacente. Fra i materiali ceramici ricordiamo quelli ad altissima permettività, usati per condensatori di piccola capacità (fra alcune centinaia e alcune decine di migliaia di pF).
Materiali polimerici (sintetici). − I materiali sintetici sono divenuti gli isolanti di gran lunga più usati in ogni campo, dall'energia alle comunicazioni elettriche, all'elettronica. L'impiego del primo isolante sintetico, la bakelite (resina fenolica), risale ai primi decenni del secolo, ma è dal secondo dopoguerra che la diffusione delle resine sintetiche è divenuta generale. Fondamentalmente, i polimeri sintetici si possono dividere in termoplastici, termoindurenti ed elastomeri. Per quanto riguarda la natura chimica delle resine v. elastomeri, in questa Appendice; ricordiamo qui soltanto che le resine termoplastiche, a catena lineare, sono fusibili, mentre le resine termoindurenti, inizialmente termoplastiche, subiscono, per azione di un agente reticolante, un processo di reticolazione (per azione del calore o delle radiazioni, con o senza l'ausilio della pressione) in cui le catene si saturano assumendo una configurazione tridimensionale, e il materiale indurisce in modo irreversibile.
Gli elastomeri subiscono anch'essi il processo di reticolazione, ma il prodotto finale ha le caratteristiche di elasticità proprie delle gomme. In generale, i materiali termoindurenti hanno maggior resistenza alla temperatura e vengono lavorati per colata o per stampaggio partendo dallo stato liquido; i materiali termoplastici, di solito flessibili, sono i classici isolanti dei conduttori, cui vengono applicati per estrusione. Il processo di estrusione si applica anche agli elastomeri, ma in tal caso dev'essere seguito dalla reticolazione.
a) Resine termoindurenti. Le resine termoindurenti di maggior pregio e più diffuse come isolanti sono le resine epossidiche (EPX), usate generalmente per colata. Il loro impiego si estende alle alte tensioni, sotto forma di isolatori portanti, passanti di trasformatori, terminali di cavi, distanziatori per stazioni blindate, ecc. Un altro importante campo di applicazione riguarda l'impregnazione di supporti, in generale inorganici, per realizzare sistemi d'isolamento flessibile a elevata resistenza alla temperatura. Sono molto diffuse inoltre come protezione di motori o apparecchiature, ottenuta per immersione nella resina liquida e successivo termoindurimento; partendo dalla polvere, vengono applicate a spruzzo o a letto fluido per isolamento di piccoli motori o incapsulamento di piccole apparecchiature.
Analoghe proprietà e analoghe applicazioni hanno le resine poliesteri (insature), che presentano proprietà elettriche inferiori ma elevatissime proprietà meccaniche, come già detto a proposito della fibra di vetro. Fra le resine da stampaggio ricordiamo le resine fenoliche già accennate e le resine melaminiche.
b) Resine termoplastiche ed elastomeri. Capostipite delle resine termoplastiche, essendo da un punto di vista della formula chimica il più semplice polimero, è il polietilene (PE) derivato dalla polimerizzazione del primo idrocarburo con doppio legame, l'etilene CH2=CH2. Questo materiale ha elevatissime proprietà isolanti: rigidità dielettrica intrinseca che su piccoli spessori può raggiungere in laboratorio addirittura il MV/mm, permettività bassa (2,2) trattandosi di dielettrico non polare, perdite dielettriche bassissime (tgδ=10−4). D'altra parte ha una bassa resistenza alla temperatura (la temperatura di lavoro non può superare i 60 °C), unita a una resistenza alla tensione sensibilissima alla tecnologia produttiva dell'isolante. Infatti imperfezioni e vacuoli all'interno di esso sono pericolosissimi, perché divengono sedi di scariche parziali che si espandono rapidamente a causa della bassa temperatura di fusione. Ne segue una grande dispersione nelle misure di rigidità dielettrica, cosicché l'elevato effetto dimensionale e il non alto valore del VEC alla temperatura di servizio abbassano il gradiente di lavoro per l'isolante estruso a pochi kV/mm. Per aumentare la resistenza alla temperatura del PE, la chimica ha prodotto il polietilene reticolato (XLPE), che è in realtà un elastomero che viene saturato con perossidi. Questo materiale può lavorare a 90° e le sue proprietà elettriche sono paragonabili a quelle del PE termoplastico, con miglioramento della resistenza alla tensione per l'esistenza di una soglia elettrica abbastanza elevata, per cui il suo impiego si è generalizzato per cavi energia a media e alta tensione. Un altro moderno elastomero impiegato per cavi energia è un copolimero etilen-propilene (EPR), che ha rispetto al PE il vantaggio di una maggior resistenza alla tensione dovuta a una quasi insensibilità a piccole imperfezioni, il che ne rende la tecnologia assai meno difficoltosa. Il maggior valore di tgδ ne limita però il campo di applicazione fino a tensioni massime dell'ordine del centinaio di kV. Per le basse tensioni, e, come guaina protettiva, a qualunque tensione, è anche usato il cloruro di polivinile (PVC) che presenta elevata rigidità, eccezionali proprietà di resistenza chimica, ottima resistenza alla temperatura, ma alto valore di tgδ (qualche percento).
Fra gli isolanti termoplastici impiegati in film ricordiamo soprattutto il polipropilene (PP) con proprietà analoghe al PE, usato per condensatori di potenza, sia impregnato (per rifasamento) che a secco (condensatori in film metallizzato, autocicatrizzante). Per condensatori sono molto usati anche i policarbonati e, nel campo dell'elettronica, il polietilene tereftalato (PET, poliestere saturo), con permettività relativa maggiore di 3. Questo materiale è anche usato per l'isolamento delle cave dei motori elettrici. Un'importante resina isolante con particolari caratteristiche è infine il politetrafluoroetilene (PTFE, nome commerciale teflon) a elevatissima resistenza alla temperatura, sì che può essere classificata di classe termica B.
Le resine termoplastiche sono anche alla base degli smalti per l'isolamento dei fili; notevolmente impiegate in questo campo le resine viniliche, poliesteri e, per smalti a elevata temperatura, le resine immidiche.
c) Siliconi. Un cenno a parte meritano i siliconi, per i quali s'introdusse un'apposita classe d'isolamento. I siliconi sono composti del silicio anziché del carbonio, e hanno pertanto una resistenza alla temperatura molto superiore a quella dei materiali organici. Essendo peraltro buoni isolanti, si ritenne che avrebbero definitivamente risolto il problema dell'isolamento per apparecchiature e macchine di elevata potenza. A ciò si sono però opposte alcune caratteristiche negative, quali soprattutto, oltre al costo elevato, le proprietà meccaniche piuttosto scarse. Attualmente il campo di applicazione dei siliconi è limitato ai casi in cui un'elevata resistenza alla temperatura sia un fattore di vitale importanza. Sono usati soprattutto elastomeri siliconici per l'isolamento di cavi e liquidi siliconici per l'impregnazione (isolamento di avvolgimenti in classe H, vedi tab.).
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