PLASTICHE, MATERIE (XXVII, p. 493; App. I, p. 942; App. II, 11, p. 555)
Come è già noto, col nome di m. (o masse) p. si comprendono prodotti costituiti o contenenti, come ingrediente principale, una sostanza organica ad alto peso molecolare (macromolecola) e che, per quanto solidi allo stato finale, durante alcuni stadî della loro fabbricazione sono abbastanza plastici per poter essere foggiati, sfruttando nella maggior parte dei casi l'effetto della temperatura o della pressione o di ambebue.
Come tali le m. p. comprendono un ampio e vario gruppo di materiali, il cui consumo mondiale ormai è valutato intorno ai 6-7 milioni di t all'anno. La suddivisione di questi materiali può essere effettuata tenendo conto della loro origine in resine naturali o derivate da sostanze naturali mediante trattamenti chimici o fisici, ed in resine sintetiche.
Resine naturali. - Le resine naturali costituiscono una serie di prodotti solidi, per lo più capaci di formare film, di diversa solubilità e durezza superficiale. Si suddividono in diversi tipi secondo la loro origine. Le principali resine naturali sono le seguenti:
Resina copale (Manila, Pontianak, Kauri, Congo), adoperata principalmente per vernici, inchiostri da stampa, adesivi, cere liquide. Presenta una superficie brillante, un'ottima resistenza del colore e buona flessibilità.
Gommalacca (Shellac) che deriva da un albero (Taccardia lacca); presenta le caratteristiche di un legante sia termoplastico sia termoindurente; il riscaldamento ne aumenta la resistenza meccanica.
Ambra, resina fossile, giallastra, da trasparente a translucida, che deriva da una conifera estinta. È la più dura tra le resine naturali e per pulitura assume una superficie liscia; è fragile e si rompe con una frattura concoidale.
Colofonia, prodotta dalle piante di pino, consiste essenzialmente di acido abietico, insieme ad altri acidi ed esteri terpenici complessi. Ha una bassa temperatura di rammollimento ed è piuttosto fragile.
Asfalti, idrocarburi complessi, chiamati bitumi, insolubili in acqua ma solubili in solfuro di carbonio ed in benzolo. Sono miscele amorfe bruno-nere variabili da liquidi viscosi a solidi duri, friabili. Lavorati possono fornire buoni dielettrici, resistenti all'umidità, acidi, basi e a molti reagenti chimici.
Altre resine naturali sono damari, accroidi.
Materie Plastiche derivate dalla cellulosa. - Gli alti polimeri di più vasta diffusione e di basso costo sono quelli già esistenti in natura: cellulosa, proteine e silicati. L'obbiettivo delle manipolazioni chimiche è quello di preservare sostanzialmente la struttura che essi già possiedono modificando alcune loro proprietà in vista di particolari necessità specifiche. Le reazioni a cui si assoggettano tali polimeri naturali possono dividersi in: a) reazioni che implicano rottura della catena; b) reazioni che comportano modificazioni chimiche (addizione, sostituzione, ossidazione, riduzione). Le reazioni del tipo a) fanno variare le dimensioni molecolari ed influiscono sulla solubilità, plasticità, viscosità delle soluzioni, sulla tenacità. Quelle del tipo b) fanno variare forma, simmetria e polarità delle molecole; oltre ad influenzare le loro proprietà fisiche, ne cambiano il comportamento chimico.
La cellulosa è il costituente principale del cotone, lino, canapa, iuta, legno, ecc. Nelle fibre di cotone la cellulosa è quasi pura, ma in altri materiali cellulosici essa è accompagnata da impurità come lignina e varî pentosani, poliuronidi (emicellulosa), ecc. Il materiale di partenza per la fabbricazione di derivati chimici della cellulosa è costituito da fibre ottenute da linters di cotone o cellulosa di legno ad elevato contenuto in alfa-cellulosa (o vera cellulosa). La molecola di cellulosa è composta da circa 3000 unità glucosidiche. Ciascuna unità contiene tre gruppi idrossilici per l'esterificazione. I fattori che controllano la preparazione dei varî esteri ed eteri della cellulosa sono le condizioni della cellulosa, il tipo e la quantità dei reagenti, le condizioni (tempo, temperatura, agitazione) di reazione.
Nitrato di cellulosa. - È preparato trattando cellulosa propriamente condizionata, con una miscela di acido nitrico e acido solforico. Si possono ottenere diversi tipi che si differenziano come contenuto in azoto e come grado di viscosità. Normalmente la nitrocellulosa impiegata contiene il 10-11% di azoto e non è solubile in alcole. Il plastificante ideale è la canfora (naturale o sintetica) che viene introdotta nella nitrocellulosa umida di alcole; dopo filtrazione ed evaporazione del solvente si ottiene la celluloide. I pregi di quest'ultima sono la sua elevata resistenza meccanica, la resilienza, lo scarso assorbimento di acqua, la stabilità dimensionale; è facilmente colorabile e di facile lavorabilità. Il principale inconveniente è la sua infiammabilità; sotto l'effetto della luce solare tende a scolorare e a diventare fragile. Il nitrato di cellulosa non è adatto per essere stampato a compressione o a iniezione, ma può essere facilmente sagomato per azione del calore e della pressione in molti articoli.
Acetato di cellulosa. - È preparato trattando la cellulosa con acido acetico ed anidride acetica in presenza di catalizzatori (acido solforico). Il triacetato di cellulosa contiene il 62,5% di acido acetico combinato ed è solubile negli acidi di reazione; viene precipitato in acqua, lavato ed essiccato. Le composizioni per stampaggio di acetato di cellulosa vengono preparate da fiocchi di acetato, plastificanti (10-70 parti), pigmenti e coloranti, mescolando tali ingredienti in mescolatori a cilindri, in estrusori o in mescolatore chiuso (Banbury) a temperature comprese tra 175 °C e 270 °C. L'acetato di cellulosa possiede buone proprietà di tenacità e di resistenza all'urto; è stabile a temperatura ambiente ed ha buona resistenza alla discolorazione se esposto alla luce solare. Tale materiale può essere prodotto in un'ampia scelta di colori, in forma trasparente o translucida. Il campo delle applicazioni è molto ampio includendo giocattoli, articoli varî, casalinghi; sotto forma di fogli è largamente impiegato nell'imballaggio, isolamento elettrico, nastri. Viene inoltre usato in grande quantità per la produzione di film fotografici non infiammabili.
Aceto-butirrato di cellulosa. - Analogamente all'acetato viene preparato trattando la cellulosa con una miscela di acido acetico e butirrico in presenza di anidridi. Le composizioni per stampaggio sono analoghe a quelle dell'acetato; esse richiedono una minor quantità di plastificante. L'aceto-butirrato è in massima parte lavorato per estrusione ed iniezione.
Questo materiale possiede un'elevata resistenza all'urto, ottima tenacità, ed un basso peso specifico; la sua rigidità dielettrica è alta e la sua conducibilità termica è bassa. È meno igroscopico degli altri esteri cellulosici e quindi presenta una buona stabilità dimensionale. Può essere facilmente colorato in ampia varietà di colori e di toni.
Propionato di cellulosa. - La reazione di acido propionico e anidride sulla cellulosa, in presenza di catalizzatori fornisce il propionato di cellulosa. Le composizioni da stampaggio necessitano di una quantità relativamente bassa di plastificante. Il propionato è adatto per essere stampato ad iniezione o ad essere estruso. Questo materiale è un estere molto stabile, avente caratteristiche di invecchiamento molto buone e caratteristiche meccaniche eccellenti. Le applicazioni comprendono accessorî per auto, parti di radio a transistors e televisione, articoli varî.
Etilcellulosa. - Si produce dapprima sodio-cellulosa per azione di idrato sodico sulla cellulosa; questa viene fatta reagire con un agente etilante come cloruro o solfato di etile. Si forma così l'etilcellulosa che viene quindi lavata e purificata. Questo materiale è disponibile in polvere per estrusione e per stampaggio, in fogli colati, film e fiocchi. Il colore naturale è ambrato, ma può essere ottenuto in un ampio rango di colori trasparenti od opachi. Le caratteristiche della etil-cellulosa dipendono dal grado di etilazione che può essere controllato durante la preparazione. Oltre alla buona tenacità e alla buona resistenza all'acqua, possiede proprietà elettriche superiori ed una eccellente stabilità dimensionale. Inoltre è il più leggero dei materiali cellulosici.
Altri derivati cellulosici sono la carbossimetilcellulosa costituita da acidi carbossilici legati alla cellulosa attraverso un ponte etereo, la idrossietilcellulosa ottenuta facendo reagire l'ossido di etilene con la cellulosa, la benzilcellulosa, ecc.
Cellllosa rigenerata (cellofan): v. cellofane, in questa App.
Resine fenoliche (App. II, 11, p. 559). - Sono impiegate per laminati, rivestimenti, adesivi, applicazioni da stampaggio e da colata. Includono una grande varietà di prodotti fatti per reazione di un fenolo (fenolo, cresoli, xilenoli, p-t-butilfenolo, bisfenolo, resorcinolo) con un'aldeide (formaldeide, furfurolo). Le resine maggiormente impiegate sono quelle a base di fenolo e formaldeide, che possono combinarsi mediante reazione di addizione o di condensazione. Il meccanismo mediante il quale si ottiene la resina si divide in tre stadî: lo stadio A (resoli) è il prodotto iniziale di condensazione del fenolo con la formaldeide; tale prodotto è solubile in acetone; lo stadio B (resitoli): a questo punto si hanno alcuni legami trasversali e la resina rammollisce ancora per azione del calore; lo stadio C (resite) è lo stadio finale con una notevole quantità di legami trasversali; la resina è completamente infusibile ed insolubile.
Con catalizzatori acidi e con un rapporto molare formaldeide: fenolo inferiore a 1 si ottengono le novolacche. Per indurire queste ultime è necessario l'impiego di agenti reticolanti come l'esametilentetrammina.
La lavorazione delle resine fenoliche può essere schematizzata in queste classificazioni: 1) novolacche solide che vengono fatte reagire successivamente con un induritore; 2) resoli solidi che si induriscono con il calore; 3) soluzioni di resoli induribili a caldo; 4) soluzioni in solventi organici (vernici) induribili a caldo. I resoli da stampaggio vengono prodotti in forma granulare ed addizionati di lubrificanti, plastificanti, coloranti e riempitivi. Questi ultimi, oltre ad abbassare il prezzo, conferiscono agli oggetti stampati migliori proprietà e costituiscono il 50-70% della composizione di stampaggio. Tra i più usati la farina di legno, fibre e cascami di cotone, rayon e nailon, grafite, mica, amianto, farina fossile.
Resine amminiche (ureiche, tioureiche) (App. II, 11, p. 559). - Sono formate per reazione tra un ammino composto e un'aldeide in condizioni controllate di rapporto molare, tempo, temperatura e pH. Possono essere suddivise in termoindurenti (ureiche, tioureiche, guanidiniche, cianammidiche, uretaniche, melaminiche) ed in termoplastiche (aniliniche, poliammidiche). Alla struttura finale reticolata si giunge in genere attraverso tre stadi simili a quelli del caso delle resine fenoliche. I primi amminoplasti entrati nell'uso ed oggi maggiormente impiegati sono le resine ureiche; simili a queste sono le tioureiche. Tipi importanti sono le resine melaminiche e poliammidiche (per le quali, v. oltre). Le resine ureiche trovano applicazioni come polveri da stampaggio (addizionate di riempitivi), vernici semplici e modificate, adesivi, per trattamenti antipiega di tessuti, per rivestimenti superficiali.
Resine melaminiche (App. II, 11, p. 560). - Sono ottenute per condensazione della triamminotriazina (o melamina) con formaldeide secondo reazioni analoghe a quelle per le resine fenoliche ed ureiche. Sono impiegate come polveri per stampaggio, vernici, colle, prodotti per impiego tessile. Le resine melaminiche sono molto impiegate per la produzione di laminati plastici dotati di ottima durezza, di buona resistenza agli agenti chimici e all'abrasione e di ottimo effetto decorativo. Tali laminati sono ottenuti impregnando dei fogli di carta con una soluzione di resina ed essiccando. Diversi fogli di carta impregnata sono quindi laminati in pressa per 15-30 minuti a 140-170 °C, sotto una pressione di 70-150 kg/cm2.
Resine poliestere (App. II, 11, p. 560). - Sono il prodotto di policondensazione di acidi dicarbossilici con dialcoli. La forma sotto la quale è disponibile la resina ed il suo uso specifico dipendono principalmente dalla materia prima impiegata e dal modo in cui è preparata.
Le resine poliestere insature sono un gruppo molto importante; esse sono preparate fecendo reagire per policondensazione un dialcole con un diacido, dei quali uno almeno è insaturo. La resina poliestere insatura così formatasi può essere reticolata facendola reagire con un monomero polimerizzabile (ad es. stirolo) in presenza di un iniziatore radicalico; si ottiene una resina infusibile ed insolubile. Tale resina può essere rinforzata con fibre di vetro, di amianto, fibre cellulosiche o sintetiche ottenendo i cosiddetti plastici rinforzati che possono essere facilmente sagomati anche in oggetti di grandi dimensioni (barche, carrozzerie, elmetti, ecc.). Usando come monomero polimerizzabile il diallilftalato si possono ottenere anche resine da stampaggio simili alle fenoliche.
Le resine poliestere sature sono ottenute da dialcoli e diacidi saturi in condizioni controllate di reazione; esse possono essere impiegate per resine a basso peso molecolare come plastificanti (plastificanti polimerici). I tipi preparati da acido tereftalico e glicol etilenico hanno trovato un vasto campo di applicazioni come fibre (terylene, terital) e films (mylar, montivel).
Un altro gruppo è costituito dalle resine alchidiche per rivestimenti; esse sono resine poliestere ottenute da anidride ftalica che contengono acidi monobasici come modificazione oleosa e sono disponibili solitamente in soluzione.
Resine epossidiche. - Sono il prodotto di condensazione dell'epicloridrina con difenoli (bisfenolo A). Allo stato non reticolato sono termoplastiche e hanno aspetto variabile da liquidi a bassa viscosità fino a solidi fragili ad alto punto di fusione. Il gruppo epossidico si comporta come un sistema altamente insaturo e reagisce con molte sostanze. Le resine epossidiche possono indurire a temperatura ambiente o ad alta temperatura per reazione con un agente reticolante che di solito è un'ammina od un acido (o anidride).
Le resine epossidiche presentano ottime caratteristiche meccaniche, termiche ed elettriche; hanno una buona resistenza all'acqua ed agli agenti chimici. I principali usi sono per adesivi, rivestimenti superficiali, laminati, stampaggio per colata e stabilizzanti per resine viniliche.
Resine acetaliche. - Sono in commercio solo dal 1960 e la loro struttura è quella di un polimero costituito da una catena lineare poliossimetilenica. Presentano una elevata cristallinità ed un'alta temperatura di fusione (175 °C); hanno inoltre ottime caratteristiche meccaniche, buona resistenza a fatica, basso assorbimento d'acqua, buona resistenza ai solventi, ottime proprietà elettriche. Tali buone proprietà vengono ritenute anche a temperatura relativamente alta. Può essere colorato a piacere, con superficie brillante. Può sostituire in alcune applicazioni anche i metalli, come ad esempio in chiusure lampo, trasportatori, cruscotti, centrifughe per lavatrici, ecc.
Resine acriliche (App. II, 11, p. 558). - Comprendono i prodotti ottenuti per polimerizzazione di acido acrilico e metacrilico, dei loro esteri ed altrì derivati. I più importanti sono i polimeri degli esteri metilici degli acidi acrilico e metacrilico; possono essere ottenuti con tecniche diverse in vista soprattutto della loro utilizzazione finale; 1) polimerizzazione in blocco mediante la tecnica per colata per dare fogli trasparenti; 2) polimerizzazione in sospensione per preparare polveri da stampaggio; 3) polimerizzazione in solventi organici per l'applicazione degli adesivi, rivestimenti superficiali; 4) polimerizzazione in emulsione formando lattici che danno films per essiccamento. La polimerizzazione dell'acrilonitrile produce il materiale base per l'ottenimento di fibre tessili (orlon, acrilan, leacril). I polimeri acrilici sono molto impiegati per la loro ottima trasparenza, resistenza all'urto ed all'invecchiamento in diversi articoli come vetri, diffusori, pannelli, ecc.
Polietilene (App. II, 11, p. 557). - Viene prodotto per polimerizzazione dell'etilene in presenza di catalizzatori. È un polimero cristallino prodotto in una grande varietà di tipi che si possono raggruppare in tre classi, secondo la densità: 1) polietilene a bassa densità (fino a 0,925); 2) a media densità (da 0,926 a 0,940); 3) ad alta densità (da 0,941 a 0,965). Ogni classe inoltre può essere ottenuta con pesi molecolari diversi. Aumentando la densità migliorano in genere le proprietà meccaniche, la durezza superficiale, la resistenza alle temperature elevate ed il grado di cristallinità. Le applicazioni principali riguardano articoli stampati per iniezione, films per imballaggio, isolamenti elettrici (buone proprietà elettriche anche ad alta frequenza), tubi, rivestimenti, imballaggi soffiati, filamenti, ecc.
Polipropilene. - Ottenuto per polimerizzazione (v.) del propilene secondo il metodo di G. Natta e collaboratori. I polimeri del propilene possono essere stereoregolari (isotattico, sindiotattico) o irregolari (atattici). Il polipropilene isotattico (moplen) è un polimero cristallino ad elevata temperatura di fusione (175 °C) ed avente ottime caratteristiche meccaniche, elettriche, termiche e di resistenza agli agenti chimici. Le applicazioni principali sono articoli stampati per iniezione capaci di sopportare la sterilizzazione, films dotati di ottima trasparenza, tubi, imballaggi soffiati, cavi elettrici. Un campo importante d'impiego è inoltre costituito dalle fibre tessili (meraklon) dotate di una bassa densità ed ottime caratteristiche meccaniche.
Policarbonati. - Sono preparati per reazione diretta del fosgene con bisfenolo. Possiedono una elevata temperatura di rammollimento (215-230 °C) e ottime caratteristiche meccaniche e di resistenza all'urto; presentano inoltre buone proprietà elettriche ed un buon grado di trasparenza. Sono facilmente colorabili e sono autoestinguenti. Le applicazioni includono usi elettrici, elettronici, strumenti per aviazione, ecc.
Polimeri e copolimeri dello stirolo (v. App. II, 11, p. 557). - Sono ottenuti per polimerizzazione dello stirolo, da solo o con altri monomeri, in blocco, in sospensione, in emulsione od in soluzione. Sono così disponibili molte resine termoplastiche per stampaggio ciascuna delle quali offre proprietà tali da soddisfare usi particolari. Si può quindi avere polistirolo di impiego generale a base di solo polistirolo, polistirolo resistente al calore, polistirolo chimicamente resistente costituito da un copolimero dello stirolo con piccole quantità di acrilonitrile, polistirolo resistente all'urto costituito da miscele di polistirolo con gomma butadiene-stirolo. Le applicazioni riguardano principalmente oggetti stampati per iniezione come casalinghi, giocattoli, pettini, imballaggi, accessorî fotografici e per radio e televisione, contenitori per batterie, parti per frigorifero, ecc. Una particolare menzione meritano le cosiddette leghe stiroliche note anche come resine ABS (acrilonitrile-butadienestirolo). Esse sono costituite da miscele di un copolimero stirolo-acrilonitrile con gomma butadiene-nitrile; costituiscono una serie versatile di resine termoplastiche dotate di notevoli caratteristiche meccaniche. Possono essere impiegate per parti di automobile, valvole, giocattoli, contenitori e tubi.
Polimeri e copolimeri vinilici. - Sotto questo nome vengono compresi i polimeri del cloruro di vinile, dell'acetato di vinile, dello stearato di vinile, dell'acool vinilico, del butirrale di vinile, del cloruro di vinilidene ed i loro copolimeri. Possono venire prodotti mediante polimerizzazione in blocco, in sospensione, in emulsione od in soluzione; cambiando le condizioni di polimerizzazione si possono ottenere enormi varietà di tipi di resine.
Polivinilcloruro (App. II, 11, p. 558). - È prodotto sotto forma di polvere, che fonde per azione del calore e della pressione, in presenza di plastificanti, lubrificanti e coloranti. Queste miscele possono essere convertite in una serie di articoli che possono essere di tipo rigido o più teneri fino a tipi elastomerici. I manufatti vengono sfruttati per le ottime proprietà meccaniche del polivinilcloruro, per la sua ininfiammabilità e per la sua resistenza all'acqua ed agli agenti chimici. La lavorazione di questa resina può essere divisa in due classi principali: 1) comprende le usuali operazioni di stampaggio, estrusione, calandratura; 2) impiegando resine in dispersione (plastisol, organosol) con diverse tecnologie di formatura dei manufatti (ad immersione, a rifiuto, per rivestimento).
Copolimeri cloruro-acetato di vinile. - Sono resine aventi proprietà molto simili a quelle del polivinilcloruro, ma con una migliorata flessibilità. Contengono 85-97% di cloruro di vinile. Gli usi sono molto simili a quelli del polivinilcloruro; si possono inoltre ottenere dischi ad alta fedeltà.
Polivinilacetato (App. II, 11, p. 558). - Sono resine impiegate principalmente per adesivi, rivestimenti e trattamenti per tessuti.
Polivinilalcool (App. II, 11, p. 559). - prodotto per idrolisi del polivinilacetato usando preferibilmente un catalizzatore acido. Sono solubili in acqua, danno prodotti tenaci, flessibili, resistenti a molti solventi.
Polivinilidencloruro. - Ottenuto per polimerizzazione del cloruro di vinilidene, è un polimero cristallino, duro, con una eccellente resistenza agli agenti chimici, agli olî ed ai grassi; inoltre presenta una bassa permeabilità al vapor d'acqua. Può essere impiegato per fare fibre (saran).
Poliuretani. - Vengono ottenuti per reazione di un diisocianato con glicoli, poliesteri, polieteri; durante la reazione si svolge gas (CO2) che risulta inglobato nella struttura reticolata del polimero. Il materiale reticolato è la spugna poliuretanica. Se il glicol, il poliestere hanno una lunga catena si ottengono spugne flessibili, se la loro catena è corta, si ottengono spugne rigide. Oltre alle spugne i poliuretani possono trovare impiego per rivestimenti, adesivi e per la produzione di gomme.
Resine scambiatrici di ioni (App. II, 11, p. 684). - Possono essere classificate cationiche ed anioniche. Vengono normalmente preparate copolimerizzando lo stirolo con il divinilbenzolo e facendo reagire tale polimero con agenti che introducono il gruppo funzionale desiderato. Il controllo della porosità viene effettuato variando la quantità di agente reticolante o aggiungendo sostanze inerti.
Resine fluorurate. - Costituiscono una classe di resine caratterizzate principalmente da un'eccezionale resistenza alle alte temperature.
Politetrafluoroetilene (App. II, 11, p. 558). - Si ottiene per polimerizzazione del tetrafluoroetilene e risulta così formato solo da atomi di carbonio e di fluoro. Presenta buone proprietà elettriche, un basso coefficiente d'attrito, ottima resistenza all'urto, un'estrema inerzia verso l'attacco dei reagenti chimici. Viene lavorato principalmente secondo il seguente schema: 1) formatura a freddo; 2) sinterizzazione; 3) raffreddamento. I semilavorati possono poi essere lavorati con le comuni macchine utensili.
Materiali aventi caratteristiche analoghe sono il politrifluorocloroetilene ed i copolimeri del tetrafluoroetilene con l'esafluoropropilene.
Poliammidi (App. II, 11, p. 428). - Sono resine termoplastiche ottenute per policondensazione di diacidi con diammine, in catene lineari contenenti gruppi ammidici. Sono principalmente impiegate per produrre fibre di ottime qualità (nailon). Vengono anche impiegate come resine da stampaggio e per estrusione e le applicazioni di questi materiali sfruttano il loro insieme di buone proprietà fisiche e chimiche (resistenza all'abrasione, alta temperatura di fusione, resistenza all'urto).
Sistemi di lavorazione. - Prima di essere sottoposte alla lavorazione molte m. p. devono essere combinate, mescolate intimamente con uno o più modificanti chimici o con materiali rinforzanti in varie proporzioni in modo da ottenere determinate caratteristiche finali. Tali addizioni possono prendere la forma di plastificanti (che rammolliscono la resina e la rendono più flessibile), di stabilizzanti (che prevengono la degradazione quando la resina è esposta all'azione del calore e della luce), di riempitivi (che in genere diminuiscono il costo totale), di materiali rinforzanti (che migliorano le proprietà meccaniche), di coloranti, ecc. Spesso vengono anche impiegati dei solventi per dare alla composizione plastica un temporaneo grado di fluidità, necessaria per alcune lavorazioni come rivestimento per immersione, impregnazione; talvolta vengono anche aggiunti dei catalizzatori per accelerare la reticolazione di una data composizione. Dopo tali addizioni, la m. p. è pronta per la sua lavorazione finale e viene fornita al trasformatore sotto forma liquida granulare od in polvere.
Le resine sotto forma di polvere o di granuli vengono rammollite e sagomate per stampaggio o per estrusione. Possono anche essere trasformate in semilavorati (lastre, films) per estrusione o per calandratura; le lastre a loro volta possono essere rammollite di nuovo e stampate nella forma finale.
Sotto forma liquida le m. p. possono essere impiegate per rivestimenti ad immersione. a spruzzo, per impregnazione oppure in stampaggi per colata od essere incorporate in lacche, vernici, adesivi. Per miscelamento meccanico o per addizione di agenti gonfianti le resine liquide possono essere rigonfiate in materiali cellulari (spugne, espansi) adatti per applicazioni nel campo dell'isolamento, dei galleggianti, ecc.
Dei metodi di lavorazione sopra menzionati lo stampaggio è il metodo utilizzato per la maggior parte dei materiali plastici. I procedimenti di stampaggio sono basati sul fatto che, quando una resina è riscaldata. essa si trasforma in un liquido ad elevata viscosità, il quale può essere forzato in uno stampo di forma desiderata, dove solidifica.
Stampaggio per presso-iniezione. - È il metodo più comunemente usato per ottenere prodotti finiti da materiali termoplastici (fig.1). I granuli vengono alimentati dalla tramoggia, nella parte posteriore del cilindro riscaldante, dove ha inizio il riscaldamento del materiale. Con una successiva corsa del pistone il materiale viene compresso e forzato in avanti attraverso uno spazio anulare tra un torpedo riscaldato e le pareti del cilindro; qui il materiale viene portato a fusione completa. Subito dopo raggiunge l'ugello di iniezione, attraverso il quale viene iniettato in uno stampo freddo. La m. p. allo stato fluido riempie completamente le cavità dello stampo che è conformato secondo i contorni del pezzo finito. Quando la resina è raffreddata e solidificata, lo stampo viene aperto ed il pezzo finito, immagine esatta della cavità dello stampo, viene espulso mediante un eiettore. Per accelerare il ciclo di stampaggio e per facilitare la produzione, la pressa ad iniezione può essere munita di un preplastificatore (di solito a coclea). Quest'ultimo ha semplicemente la funzione di un cilindro di riscaldamento, che provoca la fusione dei granuli e trasferisce la massa fusa nel cilindro di iniezione dove è ulteriormente riscaldata e tenuta pronta per l'iniezione.
Stampaggio a compressione. - È il metodo generalmente impiegato per lo stampaggio delle resine termoindurenti. Il procedimento consiste essenzialmente nel porre la composizione da stampare (generalmente preriscaldata) nella cavità dello stampo aperto; segue quindi la chiusura dello stampo e l'applicazione combinata dell'azione del calore e della pressione sul materiale fino a che questo rammollisce ed è forzato a riempire le cavità dello stampo (fig. 2). Nello stampo chiuso il materiale rimane un certo periodo di tempo e subisce delle reazioni chimiche che danno luogo alla reticolazione e quindi ad un indurimento permanente. Dopo tale periodo lo stampo viene aperto ed il pezzo solido viene espulso.
Una variazione dello stampaggio a compressione è lo stampaggio a trasferimento: in questo caso il calore e la pressione vengono applicate alla resina in un recipiente al di fuori dello stampo. Il materiale fluido viene quindi forzato per mezzo di un pistone attraverso dei canali che portano dal recipiente esterno alla cavità chiusa dello stampo; qui ha luogo l'indurimento finale.
Estrusione. - Questo metodo è comunemente impiegato per la produzione di lastre e films continui, di tubi e di altri profilati anche a sezione complessa. Nel processo di estrusione (fig. 3), il materiale, in granuli o in polvere, viene alimentato attraverso una tramoggia di carico nella parte posteriore della macchina, in un corpo cilindrico riscaldato; qui il materiale viene plastificato per azione del calore e dell'energia meccanica della vite. La resina allo stato fuso viene spinta in avanti dalla vite continua ruotante, passa in una camera di riscaldamento e viene quindi estrusa attraverso un orifizio (matrice, stampo) che produce la sagoma desiderata. L'estruso che può essere un tondino, un tubo di grande diametro, oppure un foglio continuo, un monofilamento in dipendenza dalle dimensioni e dalla forma della matrice, viene convogliato, mediante un dispositivo di traino, dalla testa dell'estrusore solitamente in un bagno d'acqua in modo da solidificarlo in un tempo relativamente breve.
Il procedimento di estrusione si presta molto bene per l'ottenimento di svariati articoli. Nella fig. 4 è riportata la testa di un estrusore costruita per il rivestimento continuo di fili e di cavi. L'ottenimento di films può essere compiuto mediante l'estrusione di films tubolari (fig. 5) per i quali si ha uno stiramento nel senso longitudinale (provocato dal dispositivo di traino) e nel senso trasversale (provocato dalla pressione interna dell'aria). L'ottenimento di films o lastre piane continui può essere realizzato con estrusori muniti di testa piana, quale quella mostrata in fig. 6. In questo caso può anche essere utile accoppiare l'estrusore con una serie di cilindri (riscaldati o raffreddati) in modo da ottenere migliori uniformità di spessore o in qualche caso migliori caratteristiche del film (fig. 7).
Stampaggio per colata. - Sebbene i metodi di lavorazione sopra menzionati differiscano l'uno dall'altro sotto molti aspetti, essi hanno una cosa in comune: l'uso contemporaneo del calore e della pressione. Quando invece non viene sfruttato l'impiego della pressione, il procedimento viene chiamato stampaggio per colata. In quest'ultimo caso, la m. p. (termoplastica o termoindurente) viene impiegata sotto forma liquida o in forma granulare (o pulveriforme) che può essere resa fluida per azione del calore o per aggiunta di solventi. La m. p. allo stato fluido viene versata nella cavità dello stampo e quindi indurita alla forma solida finale a temperatura ambiente (in presenza di induritori) o per ulteriore riscaldamento ad alta temperatura.
Su questo schema di lavorazione sono possibili diverse variazioni. Nel caso dei plastisol (cloruro di polivinile in pasta) uno dei metodi impiegati per l'ottenimento di articoli flessibili (giocattoli, ecc.) è il cosiddetto stampaggio a rifiuto (fig. 8). Il procedimento consiste nel versare la sospensione della resina in uno stampo, previamente riscaldato a temperatura alta (a); il calore omogeneizza la sospensione in vicinanza delle pareti dello stampo, in uno strato gelatinoso dello spessore desiderato (b), mentre il rimanente della sospensione viene versato fuori dallo stampo (c). Lo stampo contenente lo strato di resina gelatinizzato viene quindi ulteriormente riscaldato per un determinato tempo; dopo raffreddamento l'oggetto finito viene tolto dallo stampo che è pronto per un nuovo ciclo.
Altre variazioni di questo procedimento nel caso dei plastisol è lo stampaggio ad immersione (ad es. per guanti), stampaggio rotazionale. La tecnica di stampaggio per colata viene spesso impiegata nel caso di resine termoindurenti (resine fenoliche, epossidiche, poliesteri) per incapsulare ed isolare parti elettriche.
Lavorazione alla calandra. - Questa tecnica è molto impiegata per la produzione di films e di lastre continue (fig. 9). Nella lavorazione alla calandra, la composizione plastica normalmente sotto forma di una massa calda pastosa, viene fatta passare attraverso una serie di cilindri riscaldati dove è profondamente omogeneizzata e lavorata. Essa emerge dalla coppia finale di rulli compressa sotto forma di un foglio piatto, il cui spessore uniforme è determinato dalla distanza tra i due ultimi cilindri; prima di uscire dalla macchina, il foglio viene raffreddato su un ultimo cilindro. La lavorazione alla calandra è molto impiegata per l'ottenimento di accoppiamenti di films plastici flessibili con materiali di supporto quali carta o tessuti. Il film ed il materiale di supporto sono solitamente compressi semplicemente tra una coppia di cilindri riscaldati, ottenendo in tal modo il rammollimento del materiale plastico e la sua adesione al supporto.
Formatura a decompressione. - Con questo termine viene definita una tecnologia che permette di modellare materiali termoplastici già sotto forma di foglio; il processo (fig. 10) consiste in un riscaldamento (di solito per calore radiante) del foglio che diventa così modellabile, sfruttando la naturale pressione dell'aria che lo preme contro uno stampo, quando si applichi il vuoto in una camera a tenuta, delimitata da un lato (di solito il superiore) dal foglio stesso. Le macchine che realizzano questo procedimento devono disporre di apparecchiature per il trattamento termico e per la produzione del vuoto; devono essere inoltre munite di dispositivi per fissare con chiusura ermetica i lembi del foglio e di un appoggio per sostenere lo stampo. La formatura a decompressione può essere realizzata mediante stampi positivi (fig. 11) o mediante stampi negativi (fig. 12). In molti casi può convenire un prestiramento del foglio riscaldato (in genere mediante pressione di aria) per non avere eccessivi assottigliamenti dello spessore in alcune pareti del pezzo finito.
Stampaggio per soffiatura. - Questo procedimento viene sfruttato per la produzione di bottiglie, flaconi e contenitori di vario tipo in un solo pezzo. È applicabile a qualsiasi resina termoplastica, ma viene sfruttato principalmente per polietilene. Come metodo di stampaggio è sostanzialmente analogo a quello della soffiatura del vetro e consiste nel dilatare mediante pressione d'aria un corpo cavo di m. p., ancora caldo e plasmabil,. fino a farlo aderire alle pareti di uno stampo d'acciaio. Dopo raffreddamento dello stampo il pezzo viene tolto e rifinito. Il procedimento può essere suddiviso in diverse varianti (figg. 13, 14) che si differenziano tra loro per il modo in cui si produce il corpo cavo di materiale plastico (di solito per estrusione o per iniezione) e dalla posizione e dal movimento dello stampo d'acciaio.
Laminati plastici e plastici rinforzati. - Molti plastici. normalmente fluidi a temperatura ambiente, vengono impiegati come leganti o come materiali di superficie, in combinazione con materiali rinforzanti come fibre di vetro, fibre sintetiche, carta, legno. Gli impieghi per le resine di questo tipo si possono dividere in tre categorie principali: 1) materiali per rivestimenti superficiali (pitture, vernici, lacche, rivestimenti per carta e tessuti); 2) materiali leganti (includendo le resine leganti per fonderia e per la produzione di mole abrasive); 3) materiali per laminati. La terza categoria può essere ulteriormente suddivisa in due gruppi principali: a) laminati ad alta pressione; b) laminati a bassa pressione. Questi ultimi si riferiscono comunemente ai cosiddetti plastici rinforzati.
Per produrre laminati ad alta pressione, si impregnano dei fogli di materiale rinforzante (carta) con una resina allo stato fluido (o in soluzione). Ad esempio un laminato plastico decorativo è costituito dall'unione di carta di tipo diverso trattata con diversi tipi di resine, come indica il disegno (fig. 15) che schematizza la struttura: un foglio di carta protettivo trattato con resina melamminica (a), un foglio di carta decorativo trattato pure con resina melamminica (b), alcuni fogli di supporto (c) trattati con resina fenolica. Questi fogli impregnati vengono poi sottoposti all'azione del calore e di elevate pressioni per qualche minuto, ottenendo così un singolo pezzo di spessore uniforme. Questi laminati possono essere di tipo decorativo, usati per tavoli, pareti, pannelli, ecc. oppure di tipo industriale; questi ultimi sono in genere lavorati all'utensile per ricavarne oggetti di uso industriale come ingranaggi, cuscinetti.
Per la produzione di plastici rinforzati, tessuti o stuoie di materiale rinforzante (solitamente fibre di vetro. fibre sintetiche, amianto) vengono impregnate con la resina fluida (di solito resine poliesteri insature), ma in questo caso il laminato viene ottenuto a bassa pressione. Ciò può permettere la produzione di oggetti di grandi dimensioni come scafi, corpi di carrozzerie per auto, ecc. con procedimenti relativamente semplici. In alcuni casi la produzione di tali manufatti può essere semplicemente realizzata in questo modo: in uno stampo aperto vengono posti i pezzi tagliati alle dimensioni volute di materiale rinforzante; questi vengono poi impregnati con la resina allo stato liquido e induriti a temperatura ambiente ed a pressione ordinaria. In questi ultimi tempi però si va affermando per i plastici rinforzati l'uso di stampi accoppiati sottoposti a pressioni elevate, in vista soprattutto delle migliori proprietà del manufatto.
Lavorazioni e finitura. - Dopo aver ottenuto il film, il foglio, la forma estrusa o stampata, il contenitore soffiato, il laminato plastico, l'oggetto ottenuto per colata, sono talvolta necessarie alcune operazioni addizionali prima che il manufatto sia pronto per il mercato. Queste operazioni possono essere una ulteriore lavorazione del manufatto o semplicemente una finitura per migliorarne l'aspetto esteriore. La lavorazione delle m. p. rigide e semirigide siano esse termoplastiche o termoindurenti, involve cambiamenti di dimensioni e di forma del pezzo stampato, estruso o laminato, impiegando i metodi di lavorazione all'utensile già noti per i metalli ed il legno (tornitura, fresatura, trapanatura, ecc.) per sagomare definitivamente il manufatto. La lavorazione finale di film e fogli flessibili invece, può comprendere il taglio del materiale alle dimensioni volute ed ulteriori operazioni come la cucitura, la saldatura a caldo su sé stesso o su altri materiali per trasformarlo in prodotto finito.
Il termine finitura è generalmente applicato a quelle operazioni che hanno lo scopo di migliorare l'apparenza superficiale dei pezzi stampati (lucidatura, pulitura), alla rimozione del materiale in eccesso e di materie estranee nei pezzi soffiati o iniettati e alle varie tecniche decorative impiegate. Quando si tratta di m. p. rigide, la decorazione superficiale può essere ottenuta mediante stampa, dispersione a spruzzo, metallizzazione sotto vuoto (in questo caso viene depositato sul manufatto un rivestimento metallico molto sottile). I film, i fogli flessibili possono a loro volta essere metallizzati, stampati con disegni a varî colori, goffrati in modo da simulare qualsiasi tipo di superficie.
Bibl.: Modern plastics encyclopaedia, edizioni 1959, 1960, 1961; Annuario delle materie plastiche, edizioni 1958, 1959; Riviste: Modern plastics; British plastics; Kunststoffe; Materie plastiche; Journal of polymer science; Rubber and plastics age; Makromolekulare Chemie.