MATRIMONIO
Il m. veniva definito nel Medioevo, sulla scia del diritto romano, come l'istituzione tra l'uomo e la donna di una comunione di vita e di beni socialmente riconosciuta, che costituiva il presupposto per una discendenza legittima.Come in tutte le società, il m. nel Medioevo formava "la chiave di volta dell'edificio sociale" (Duby, 1981, p. 23) e per questo motivo esso fu argomento di tensioni e conflitti talvolta assai vivaci, in particolare tra la Chiesa e l'aristocrazia. In maniera progressiva, nel corso di una disputa incessantemente alimentata, dal sec. 4° al 13°, la Chiesa si adoperò nel controllarne le regole, imponendo un modello inedito di m. strettamente monogamo, indissolubile e fortemente esogamo. Visto in una prima fase con sospetto a causa del suo legame con le pulsioni della carne e dunque disprezzato rispetto allo stato verginale e di castità, il m. venne rivalorizzato dai chierici che, amplificando in epoca carolingia e poi nel momento della riforma gregoriana alcuni temi già accennati in Agostino, giunsero finalmente a esaltare in esso l'ambito della vita legittima e pia caratteristica del laicato. Al termine di questo processo, reso ancora più necessario dal rifiuto dell'istituzione matrimoniale da parte degli eretici nei secc. 11° e 12°, il m. venne incluso, alla fine del sec. 12°, nel settenario dei sacramenti (Gaudemet, 1987).Per quel che concerne il rito matrimoniale, il diritto romano-canonico vide nel consenso degli sposi il criterio essenziale dell'istituzione dell'alleanza, mentre la forma stessa del rito, assai variabile a seconda dei luoghi e delle epoche, può considerarsi pertinenza della sfera del costume, laddove, peraltro, le stesse pratiche matrimoniali costituirono occasione per una vasta produzione di oggetti, spesso dotati di una ricca decorazione, come anelli, collane, cinture, piatti, cassoni.Ciò nonostante, la Chiesa tentò di rafforzare il proprio controllo sul rituale matrimoniale, senza tuttavia giungervi pienamente, in particolare nell'Italia centrale, dove il m. rimase un rituale privato e laico (Klapisch-Zuber, 1990). La liturgia delle benedizioni nuziali si sviluppò a partire dal sec. 11°, senza divenire imperativa; la presenza di un sacerdote, cosí come la celebrazione del m. ante faciem ecclesiae, venne incoraggiata, anche se essa divenne condizione obbligatoria di validità solo con il concilio di Trento (1545-1563).La possibilità di raffigurare il m. di semplici cittadini, che nell'Antichità aveva trovato spazio nell'arte dei sarcofagi, conobbe un'eclissi nel corso del Medioevo, per riapparire solo, e in maniera ancora eccezionale, nel sec. 15°, come testimonia il ritratto su tavola dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck, dipinto nel 1434 (Londra, Nat. Gall.; Panofsky, 1953), interpretato come testimonianza pittorica della legittima celebrazione del rito matrimoniale. La raffigurazione del m. di personaggi contemporanei conservò tuttavia una certa importanza, nel Medioevo, in ambito bizantino per quel che concerne le coppie imperiali. Fu in questo contesto che venne prodotta una parte importante dei gioielli per m., cui si è già accennato, che raffigurano spesso l'unione dei due sposi attraverso l'atto di congiungere le mani destre (dextrarum iunctio), sotto l'egida di Cristo (solido di Marciano e Pulcheria, del 451, Glasgow, Hunterian Art Gall.; cintura d'oro, dei secc. 6°-7°, Washington, Dumbarton Oaks Research Lib. and Coll.; Kantorowicz, 1960; Vikan, 1990; Iacobini, 1991). In Occidente, la raffigurazione dei m. dei sovrani non rivestì una simile importanza sociale e politica; essa fu dunque assai più rara e limitata a manoscritti, quali le Grandes Chroniques de France, del 1375-1380 (Parigi, BN, fr. 2813, c. 344r).Tra i contesti principali che diedero luogo alla raffigurazione del m., merita particolare attenzione l'illustrazione dei manoscritti giuridici, che si sviluppò soprattutto a partire dal sec. 13°, in particolare delle Decretali, alle quali è collegato il Tractatus de matrimonio del domenicano Raimondo di Penyafort (m. nel 1275), e soprattutto del Decretum Gratiani (1140), in cui le causae 27-36 costituiscono la prima esposizione sistematica circa il diritto canonico del m. (Melnikas, 1975). Illustrando gli scenari di una complessa casistica, questi manoscritti forniscono un corpus assai ricco e diversificato delle raffigurazioni dei rituali matrimoniali.D'altro canto, anche il m. dei personaggi biblici forniva una messe abbondante di esempi, fra cui è possibile citare, indicativamente, il m. di Osea e Gomer, che decora spesso l'iniziale dell'omonimo libro biblico, di Tobia e Sara o ancora di Bòoz e Rut (Bibbia di Sant Pere de Rodes, del sec. 11°, Parigi, BN, lat. 6, II, c. 1r), che tuttavia appaiono meno importanti di quelli di Mosè e Sefora (Roma, S. Maria Maggiore, mosaico della navata destra, del 430-440; Bibbia moralizzata, del 1215-1225 ca., Vienna, Öst. Nat. Bibl., 2554, c. 17v) e di Davide e Micol, il cui m. è raffigurato in un piatto argenteo, del 610-628, di manifattura costantinopolitana, proveniente da Lambusa a Cipro (Nicosia, Cyprus Mus.) - la cui iconografia permette di stabilire una relazione con il m. dell'imperatore, concepito come nuovo Davide (Frugoni, 1977) - e nella Bibbia Maciejowski, del terzo quarto del sec. 13° (New York, Pierp. Morgan Lib., M.638, c. 29v).In ambito neotestamentario, il m. della Vergine e di Giuseppe riveste un'importanza del tutto particolare, giacché riguarda la famiglia di Cristo e fornisce allo stesso tempo il modello di un'unione casta, venendo a costituire un argomento nella discussione dei teologi e dei canonisti sul ruolo rispettivo del consenso e dell'unione sessuale nella determinazione del legame matrimoniale (Gold, 1982). Ignorato dal Nuovo Testamento, l'episodio è narrato negli apocrifi; secondo le versioni più antiche (Protovangelo di Giacomo, VIII-IX; Vangelo dello pseudo-Matteo, VIII), Maria, non potendo rimanere nel Tempio una volta raggiunta l'età di quattordici anni e benché avesse fatto voto di castità, si vide affidata alla custodia di un tutore assai avanti negli anni. In epoca successiva l'episodio è descritto come un vero rituale matrimoniale, in conformità al Libro della natività di Maria (VII-VIII), amplificato nella Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Se la rappresentazione del m. della Vergine e di Giuseppe fece la sua comparsa solo in maniera sporadica in epoca paleocristiana (sarcofago della fine del sec. 4°; Le Puy, Mus. Crozatier), essa risulta frequente soprattutto a partire dagli ultimi anni del sec. 10° (Evangeliario di Ottone III, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 4453, c. 28r, ove la Vergine pone entrambe le mani tra quelle di Giuseppe; lezionario del 1053, Utrecht, Rijksmus. Het Catharijnenconvente, c. 7r; evangeliario della fine del sec. 11°, Saint-Omer, Bibl. mun., 154, c. 1r). Mentre in Oriente si tendeva a rappresentare la Vergine come affidata a Giuseppe, evitando qualsiasi connotazione nuziale (Kiev, Santa Sofia, affreschi del diaconico, della metà del sec. 11°), quest'ultima si affermò invece progressivamente in Occidente (Parigi, Notre-Dame, portale di S. Anna, del 1220-1230; Lafontaine-Dosogne, 1964-1965).A partire dal 1300 il tema assunse una nuova rilevanza nei libri d'ore e nei cicli monumentali: in particolare in Italia Giotto rinnovò l'iconografia dello Sposalizio della Vergine (Padova, cappella degli Scrovegni; Klapisch-Zuber, 1990), con il mostrare il rito celebrato sotto l'autorità del Grande sacerdote, mentre in luogo della dextrarum iunctio, Maria riceve l'anello da Giuseppe. Il suo bastone miracolosamente fiorito, che lo indica come eletto da Dio, è sormontato dalla colomba dello Spirito Santo secondo la tradizione tratta dal Libro della natività di Maria (VIII), mentre gli altri uomini, i pretendenti rifiutati, spezzano le loro verghe. Inscrivendosi nel medesimo schema, alcune opere più tarde, come un affresco con Storie della Vergine (1365-ante 1371) della cappella Guidalotti Rinuccini in Santa Croce a Firenze, sottolineano in misura ancora maggiore l'aggressività dei giovani rifiutati ed evocano così il rituale dello charivari ('scampanata'), che era spesso associato al nuovo m. di un vedovo.Attraverso questi differenti contesti, due sono i gesti principali che si impongono largamente per significare il rituale matrimoniale: la dextrarum iunctio e la consegna dell'anello. Nell'Antichità, il gesto con cui gli sposi univano le loro destre era il segno matrimoniale per eccellenza, tanto nel rituale quanto nell'iconografia (Reekmans, 1958); in quel caso compariva, in posizione mediana, Giunone o la dea Concordia, nel ruolo della pronuba, che poneva le mani sulle spalle dei congiunti. Ripreso nella rappresentazione del m. imperiale bizantino, con Cristo pronubus che si sostituisce alle divinità antiche, il gesto simboleggia l'unione e la concordia tra gli sposi. Nell'arte medievale sono possibili numerose varianti che riguardano sia l'identità del pronubus sia il suo gesto: discostandosi dalla postura antica, questi può acquisire un ruolo più attivo nel compimento del rituale, tenendo i polsi dei due sposi (Decretum Gratiani, del 1314; Parigi, BN, lat. 3893, c. 285r) al fine di procedere egli stesso a congiungere le loro destre (cofanetto eburneo con Sposalizio della Vergine, del sec. 14°, Tolosa, Mus. Paul Dupuy; Lafontaine-Dosogne, 1964-1965). I due sposi possono tuttavia anche compiere da soli la dextrarum iunctio (m. di Davide e Betsabea nella citata Bibbia Maciejowski, c. 42v; Decretum Gratiani, della fine del sec. 13°, da Bologna, Roma, BAV, Vat. lat. 1374, c. 255v).La consegna dell'anello, praticata tanto per il fidanzamento quanto per il rituale matrimoniale propriamente detto, è il secondo gesto frequentemente presente. Ben attestato nel rituale della Tarda Antichità, nel corso del Medioevo tale gesto giunse, nell'iconografia, solo tardivamente a far concorrenza alla dextrarum iunctio (Decretum Gratiani, del 1300 ca., da Bologna, Roma, BAV, Vat. lat. 1375, c. 267r). Come nel caso di quest'ultima, l'intervento del pronubus può tuttavia essere anche più attivo, evidentemente in conformità con il rituale che si svolgeva in Italia (Klapisch-Zuber, 1990): egli avvicina le mani dei due sposi, affinché l'uomo faccia scivolare l'anello al dito della sua promessa (scene di m. di Anna e Gioacchino e dello Sposalizio della Vergine, Offiziolo Visconti di Modrone, Firenze, Bibl. Naz., B.R. 397, cc. 1r e 90r).Altri elementi del rituale matrimoniale trovano più raramente spazio nell'immagine. È il caso della velatio nuptialis, sia nella sua forma antica, in cui la donna è ricoperta da un velo che simboleggia la protezione da parte del marito, sia piuttosto secondo la versione attestata nei rituali ecclesiastici almeno a partire dal sec. 12° (Molin, Mutembé, 1974), nella quale un velo è posto sui due sposi, simboleggiando così la loro unione (Decretali, del 1330 ca., Roma, BAV, Vat. lat. 1389, c. 241r; Melnikas, 1975, pp. 1013-1015). Per contro, l'incoronazione nuziale, che costituisce peraltro nel m. bizantino il momento culminante del rituale, non sarebbe praticamente documentato se non fosse per l'esistenza di corone matrimoniali (Vikan, 1990). Va comunque citato il caso eccezionale di una miniatura del sec. 12° che raffigura l'Incoronazione matrimoniale dell'imperatore Costantino VII e di sua moglie Elena nella Cronaca di Giovanni Skilitze (Madrid, Bibl. Nac., 5-3 n. 2, c. 125r; Vikan, 1990).Infine, elementi importanti del rito, quali la deductio ad domum, in cui la donna viene condotta alla dimora del suo sposo, non sembrano mai rappresentati, mentre la fase finale del m. potrebbe essere ricordata dalle raffigurazioni delle feste e dei banchetti che caratterizzavano i festeggiamenti nuziali. Allo stesso modo risulta eccezionale vedere rappresentato il giuramento degli sposi, per es. nei Libri Sententiarum (1142-1158) di Pietro Lombardo (Roma, BAV, Vat. lat. 681, c. 271r), o evocate le rispettive doti, come in una miniatura nella quale, al momento della dextrarum iunctio, il marito indica la residenza che offre alla moglie (In excelsis Dei thesaurus, detto Vidal Mayor, del 1260-1280, da Barcellona, Malibu, J. Paul Getty Mus., Ludwig XIV 4; 83.MQ.165, c. 197v).Occorre sottolineare inoltre che l'iconografia costituisce l'eco del processo, lento e parziale, di clericalizzazione del rituale matrimoniale. Se il ruolo di pronubus può essere ricoperto da un componente delle famiglie, come nel caso di Saul nella scena del m. di Davide e Micol nel citato piatto argenteo da Lambusa o, caso frequente soprattutto in Italia, da un notaio (Decretum Gratiani, metà del sec. 14°, da Bologna, Roma, BAV, Urb. lat. 161, cc. 272v, 276r, 281r), sempre più spesso compare in posizione centrale un sacerdote, sia che si tratti di scene sacre, per es. lo Sposalizio della Vergine, sia di illustrazioni giuridiche, come nella già citata miniatura del manoscritto detto Vidal Mayor. La scena può d'altro canto svolgersi ante faciem ecclesiae, conformemente a una pratica attraverso la quale la Chiesa, in mancanza del potere di imporre un rito ecclesiastico, cercò almeno di inscriverlo nella sua sfera d'influenza (Decretum Gratiani, fine del sec 13°, Parigi, BN, lat. 3898, c. 285r). Le benedizioni liturgiche - in particolare quella del letto nuziale - con le quali i chierici tentarono ugualmente di rafforzare il proprio ruolo nel rituale, sembrano essere state poco rappresentate, sia pure con qualche eccezione, come in una miniatura inglese degli anni 1250-1260 delle Decretali (Hereford, Cathedral Lib., O. 7. VII, c. 156r): mentre il vescovo avvicina le mani dei due sposi per la consegna dell'anello, un diacono tiene al di sopra del marito un libro che reca l'iscrizione "Deus Abraham", allusione alle formule liturgiche che invocavano a vantaggio della nuova coppia l'esemplare fecondità del patriarca. Infine, il processo di clericalizzazione appare ancora più chiaramente attraverso la scelta di raffigurare la messa di m., a proposito della quale occorre comunque ricordare che essa non costituiva affatto il rito in grado di istituire giuridicamente l'alleanza, ma solamente un complemento facoltativo, come nelle citate Decretali del 1330 ca. (Roma, BAV, Vat. lat. 1389).Per quanto riguarda l'istituzione divina del matrimonio, se già Agostino affermava che l'unione coniugale (copula coniugalis) era stata istituita da Dio nel paradiso, tra Adamo ed Eva (De civ. Dei, XIV, 21), l'iconografia del m. dei progenitori si andò comunque formando attraverso un processo assai lento. Così, a eccezione di un sarcofago paleocristiano, degli anni 300-320 ca., che mostra Adamo ed Eva, a fianco dell'albero del peccato, uniti nel gesto della dextrarum iunctio (Velletri, Mus. Civ.), i cicli figurati del paradiso terrestre seguirono in un primo tempo la Bibbia (Gn. 2, 22): Jahvè presenta ad Adamo la compagna che ha tratto dal suo costato, senza che peraltro la scena sia investita di una connotazione matrimoniale. In tali casi lo stesso Jahvè pone la mano sulla spalla di Eva e sembra spingerla verso Adamo (Bibbia di Viviano, dell'846 ca., Parigi, BN, lat. 1, c. 10v; Hildesheim, duomo, porta di bronzo detta Paradiestor, battente sinistro, del 1015; Venezia, S. Marco, mosaico dell'atrio ovest, cupola con Storie della Genesi, prima metà del sec. 13°); altrove Jahvè, posto tra le sue due creature, designa Eva ad Adamo (Saint-Savin-sur-Gartempe, nel Poitou, abbaziale, volta ad affresco, del 1100 ca.; Monreale, cattedrale, mosaico della controfacciata, del 1180-1194 ca.). Una trasformazione importante intervenne agli inizi del sec. 13°, allorché a essere rappresentato fu realmente il m. di Adamo ed Eva (Heimann, 1975): Jahvè, in posizione di pronubus, appare nell'atto di afferrare i polsi dei due sposi per effettuare la dextrarum iunctio: così nella citata Bibbia moralizzata di Vienna (Öst. Nat. Bibl., 2554), dove a c. 2r è scritto: "Ici fet Dex le mariage d'Adam et d'Eve"; nel portale settentrionale del 1365 ca. del duomo di Friburgo in Brisgovia; nel Livre des propriétés des choses di Bartolomeo Anglico, del 1413-1414 (Cambridge, Fitzwilliam Mus., 251, c. 16r). Una tale rappresentazione conferisce al m. un'origine al tempo stesso divina e paradisiaca. Istituito prima del peccato originale, il m. di Adamo ed Eva mostra che l'unione sessuale e la procreazione possono compiersi senza colpa e fornisce il modello ideale del m. cristiano. Le modificazioni iconografiche fanno così eco all'evoluzione delle concezioni clericali del m., alla sua crescente valorizzazione e all'affermazione del suo carattere sacramentale, che si impose fermamente nel corso del 12° secolo.L'unione nuziale di Cristo e della Chiesa costituisce un altro riferimento fondamentale per il m. cristiano. Tale tema trova la sua fonte in un passo essenziale di Paolo (Ef. 5, 32), in cui l'unione è qualificata come sacramentum, termine che aveva comunque, nella fase iniziale, il solo significato di mistero, prima di svilupparsi largamente nella patristica. L'unione di Cristo e della Chiesa risulta raffigurata solo in qualche caso, in particolare nelle bibbie moralizzate, ove è posta in relazione tipologica con il m. di Adamo ed Eva (Oxford, Bodl. Lib., 270b, c. 6r, del 1240 ca.; Parigi, BN, fr. 9561, c. 8r, del 1330 ca.). Il m. tra cristiani si trova così a essere giustificato sia in riferimento alla sua origine edenica (Adamo ed Eva), sia in rapporto a un modello spirituale perfetto (Cristo e la Chiesa), di cui è il simbolo.È necessario ricordare infine l'estrema diffusione del simbolismo matrimoniale nella cultura e nell'iconografia medievali. Le più valorizzate forme di vita religiosa furono concepite come nozze spirituali: la consacrazione delle vergini è un m. con Cristo, che conferisce loro il titolo di sponsa Christi. Lo stesso avviene per il vescovo, il quale sposa la sua Chiesa con un rituale che ricalca quello del m., con il dono dell'anello, simbolo di tale unione mistica (Grégoire, 1977). D'altro canto, la rappresentazione dell'Incoronazione della Vergine possiede una forte connotazione matrimoniale, in ragione dei suoi riferimenti al Cantico dei Cantici (Thérel, 1984), testo biblico che ebbe un ruolo assai importante nello sviluppo della simbologia nuziale, pur dovendosi precisare che le rappresentazioni della coppia Sponsus-Sponsa non si riferiscono ai gesti del m., come nel caso dell'illustrazione di un passo di Ap. 19 con le nozze dell'Agnello e della Chiesa (v. Apocalisse). Infine, la rappresentazione del m. mistico con Cristo è quella privilegiata per alcune sante, come Caterina d'Alessandria o Caterina da Siena (v.), che ricevono l'anello dal loro Sposo celeste, mentre Francesco d'Assisi sposa spiritualmente madonna Povertà (Assisi, basilica inferiore, affresco giottesco).Nel pensiero del Medioevo non risultava possibile separare la simbolica nuziale dalle concezioni del m. umano. Era per contro importante situare quest'ultimo tra una connotazione dispregiativa, che associava al peccato ogni forma di sessualità, anche se finalizzata alla riproduzione, e una versione ideale delle nozze mistiche, che rovesciava la simbolica del m. per significare la rinuncia a ogni legame carnale. Tra i due estremi si andò progressivamente elaborando, nella diversità dei riti e delle rappresentazioni, un modello cristiano di m. fondato su una spiritualizzazione dell'unione carnale.
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