MATRIMONIO (XXII, p. 585; App. I, p. 829)
La riforma del diritto matrimoniale è entrata in vigore in Italia dieci anni dopo la stipulazione del concordato con la S. Sede e la emanazione della legge 27 maggio 1929, n. 849, che aveva riconosciuto gli effetti civili al cosiddetto matrimonio religioso (celebrato davanti al ministro del culto cattolico) e l'autorità delle sentenze pronunciate dai tribunali ecclesiastici in materia di nullità di matrimonio. Il sistema inaugurato dai Patti lateranensi è restato immutato con l'intervento del nuovo codice civile e continuano, perciò, ad aversi due ordinamenti giuridici dell'istituto: quello canonico e quello civile, richiamato esplicitamente il primo dall'art. 82 del nuovo codice. La riforma riguarda quindi esclusivamente il matrimonio civile e la nuova disciplina ha anzi tentato di adeguare il più possibile anche questa forma ai principî della legge canonica. Ciò è evidente in talune delle innovazioni più notevoli apportate rispetto alla disciplina dettata dal vecchio codice. Così ad es. nell'abbassamento del limite di età necessaria per contrarre matrimonio, che da 18 anni per l'uomo e 15 per la donna è stata portata rispettivamente a 16 e 14 anni (art. 84), sebbene non si contestasse l'opportunità che, da un punto di vista eugenetico, il limite suddetto fosse piuttosto elevato; nella dispensabilità di alcuni impedimenti (derivanti da adozione o da lutto vedovile, articoli 87, 89); nella introduzione del cosiddetto matrimonio in extremis, anche quando manchi prole vivente da legittimare (art. 101), ecc. Ma le innovazioni introdotte dal nuovo codice riguardano più aspetti di dettaglio che la sostanza dell'istituto, che ha continuato a conservare i suoi caratteri tradizionali: unità ed indissolubilità. I quali del resto sono rimasti fermi - e ciò si dica in particolare per il secondo che, com'è noto, era ed è quello sul quale si accentrano le maggiori dispute - anche con la Costituzione della repubblica, la quale ha solennemente riconosciuto il matrimonio come fondamento della "società naturale", rappresentata dalla famiglia e costituente la cellula prima dello stato (art. 29; v. anche divorzio, in questa seconda App., I, p. 797).
Ciò premesso, basta qui accennare sommariamente alle maggiori novità introdotte dal codice 1942. Nel codice è stata accolta la prevalente dottrina che afferma il carattere negoziale dell'atto, negando quindi la funzione costitutiva della dichiarazione dell'ufficiale di stato civile, anche se l'intervento di questo è stato considerato essenziale.
A parte quanto già accennato circa il requisito di età - e se si prescinde dal cosiddetto impedimento razziale introdotto con le leggi sulla razza del 1938 e richiamato dall'art. 91 del codice, abrogato con decr. legisl. lgt. 14 settembre 1944, n. 287, in conseguenza dell'abrogazione delle leggi citate - in tema di condizioni necessarie per contrarre matrimonio (capo III, sez. I), la novità più importante è rappresentata dalla previsione dell'impedimento derivante da un istituto introdotto dal nuovo codice, l'affiliazione (v. in questa App.). In quanto alle formalità preliminari (capo III, sez. Il), è da rilevare che queste non sono più necessarie nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi (cosiddetto matrimonio in extremis), ma sono sostituite dal giuramento degli sposi sulla inesistenza di impedimenti non suscettibili di dispensa (art. 101). E stata ammessa la celebrazione (capo III, sez. IV) per procura, già disciplinata da varie leggi speciali, ma limitatamente a due ipotesi: a) per i militari e per le persone che per ragioni si servizio si trovino al seguito delle forze armate; b) previa autorizzazione del procuratore generale della Corte d'appello del distretto di residenza di uno degli sposi, quando l'altro sposo si trovi all'estero e concorrano gravi motivi. La procura mantiene in ogni caso la sua efficacia per 180 giorni ed è revocabile. Ma la revoca è inefficace se essa sia stata ignorata, al momento della celebrazione, dall'altro sposo e se vi sia stata coabitazione anche temporanea (art. 111).
È stata anche disciplinata l'ipotesi di celebrazione davanti ad apparente ufficiale dello stato civile (art. 113), e risolta applicando il criterio elaborato dalla dottrina per disciplinare gli effetti degli atti del cosiddetto funzionario di fatto: purché l'apparente ufficiale dello stato civile eserciti pubblicamente la funzione e sussista la buona fede degli sposi al momento della celebrazione, il matrimonio è valido.
Tra le ipotesi in cuî può aversi annullamento del matrimonio (capo III, sez. IV) sono da ricordare quelle regolate dagli articoli 120 e 123. L'uno ammette l'impugnazione da parte di quello tra gli sposi che provi di essere stato, per qualunque causa anche transitoria, incapace di intendere e di volere, quantunque non interdetto, al momento della celebrazione, applicando così al matrimonio il principio più generale sancito dall'art. 428; l'altro determina la rilevanza della impotenza. Non si richiede più che questa sia manifesta, specificando che essa viene in considerazione in quanto perpetua e anteriore al matrimonio, sia che si tratti di impotenza assoluta sia che di relativa. D'altra parte è stato chiarito che l'impotentia generandi può essere causa di annullamento solo quando si concreti nella mancanza degli organi necessarî alla generazione.
Per quanto riguarda lo scioglimento del matrimonio, è da rilevare che tale effetto viene attribuito dal nuovo codice anche alla dichiarazione di morte presunta, cosicché, divenuta eseguibile la relativa sentenza, il coniuge può contrarre nuovo matrimonio (art. 65). Tuttavia l'effetto stesso è a sua volta risolubile, perché il nuovo matrimonio è considerato nullo - salva la sua rilevanza come putativo (art. 128) - qualora la persona di cui fu dichiarata l'assenza ritorni o si accerti che essa è ancora in vita (art. 68).
Il titolo relativo al matrimonio si chiude con la regolamentazione dei rapporti patrimoniali fra coniugi. Ai tradizionali istituti (dote, comunione e separazione dei beni), il nuovo codice ha aggiunto quello del patrimonio familiare (v. in questa App.), soddisfacendo ad una esigenza da lungo tempo sentita.
Bibl.: C. A. Jemolo, Il matrimonio, in Trattato di diritto civile, dir. da F. Vassalli, vol. III, tomo I, Torino 1937; C. Rebuttati, Matrimonio, in Nuovo Digesto italiano, VIII, p. 246 segg.; id., in Commentario al codice civile, diretto da M. D'Amelio, libro I, Firenze 1940, p. 255 segg.; G. B. Nappi, Trattato di diritto matrimoniale concordatario e civile, Milano 1940; G. Stocchiero, Il matrimonio in Italia dopo il concordato lateranense, 5ª ed. Vicenza 1946; C. Gangi, Il matrimonio, 2ª ed. Milano 1947.